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29 aprile 2022

Città vs campagna: un percorso attraverso la letteratura antica e la letteratura dell'infanzia:

Adoro aprile... Ho una proposta per i miei lettori nati in questo stupendo mese che se ne sta andando: facciamo cambio di giorno di nascita?! Io sono nata a fine settembre. Nella prima metà di aprile fioriscono i ciliegi e i meli, intorno al 20 spuntano i primi papaveri e ora invece che siamo al termine del mese, e quindi a metà primavera, fioriscono i biancospini. Non è meraviglioso tutto ciò?! A fine settembre le foglie ingialliscono e avviene proprio quell'acquazzone che segna la fine dell'estate. Comunque il 26 settembre non c'è mai stato freddo né caldo afoso. Le temperature dei due mesi sono simili.

Per costruire questo post parto da otto versi dell'idillio VII° di Teocrito che ho tradotto e contestualizzato. Poi, come promesso, passo ad illustrarvi la prima metà dell'epistola X° di Orazio e infine approdo ad un recentissimo libro di letture per bambini tra i 6 e gli 8 anni. 

A) TEOCRITO, IDILLIO VII°, vv.153-143: 

In questo componimento, Simichida e due amici giungono nei pressi di una fattoria di campagna dove un loro conoscente ha organizzato una festa in onore di Demetra. Il paesaggio descritto presenta i tipici tratti del locus amoenus: il paesaggio agreste viene qui idealizzato da tre uomini abituati a vivere in un ambiente cittadino. Tenete presente che in questa poesia si sta descrivendo con occhi incantati un paesaggio nel pieno dell'estate.

Simichida è l'alter ego del poeta Teocrito. Eccovi la mia fotografia del testo originale:


Traduzione:

Molti pioppi e molti olmi stormivano sopra la nostra testa e l'acqua sacra, che scorreva giù dalla grotta delle Ninfe, gorgogliava vicino. Sui ramoscelli ombrosi le cicale si affaticavano a frinire e da lontano la rana gracidava all'interno dei rovi. Cantavano le allodole e i fringuelli, gemevano le tortore, le api volavano veloci attorno alle fonti. Tutto profumava di estate, stagione del raccolto.

Analisi lessicale:

ἱερόν= Significa "sacro, santo". Da questo aggettivo deriva l'italiano "ieratico", impiegato per definire "solenni e statiche" le figure umane dei mosaici dell'arte bizantina, caratterizzata inoltre spesso da fondi dorati.

ὕδωρ, ὕδατος= E' l'acqua e in greco antico è un sostantivo neutro. Ma da qui deriva δραυλις che è proprio il nostro "idraulico".

ἄδω significa "cantare" e da qui derivano sia ἀοιδή, ovvero, "canto", sia ἀοιδός, cioè, l'aedo, il cantore dei versi dell'epica.

B) ORAZIO, EPISTOLA X°, LIBRO PRIMO:

Qui è molto evidente la contrapposizione fra città e campagna: il primo è visto dalla semplice e schiva anima di Orazio come un ambiente di ricchezze superflue in cui la sete di potere degli uomini è evidente. La campagna invece permette di condurre una vita quotidiana semplice e a contatto con la natura.

Questa lettera è indirizzata al migliore amico di Orazio, Aristio Fusco, probabilmente autore di commedie andate perdute. Aristio compare anche in due satire oraziane in cui viene definito "mihi carus".

Qui vi riporto soltanto le mie traduzioni.

vv. 1-7:

Noi che amiamo la campagna dobbiamo salutare Fusco che ama la città; in quest'unica cosa, è chiaro, (siamo) molto diversi ma per il resto quasi gemelli, di animo fraterno, qualunque cosa rifiuta l'uno, così anche l'altro, e assieme diciamo di sì, come due vecchi colombi che ben si conoscono. Tu custodisci il nido, io lodo i ruscelli della piacevole campagna e i sassi ricoperti dal muschio e il bosco.

Una prova della forte amicizia fra Orazio e Aristio Fusco è l'immagine dei due colombi, alla quale qui si è fatto ricorso per indicare l'affinità d'animo.

vv.12-24:

 Se è opportuno vivere in accordo con la natura e se per costruire una casa bisogna prima di tutto cercare un terreno, cnosci forse un luogo migliore della campagna? Dov'è che sono più tiepidi gli inverni, dove l'aria più dolce ammansisce sia la rabbia della Canicola che il periodo del Leone, quando abbia furibondo accolto il sole che scotta? Dov'è che meno l'angoscia implacabile ti strappi il sonno? Forse l'erba profuma o splende meno delle pietruzze libiche? Forse che nei quartieri un'acqua più pura tende a spezzare il piombo, rispetto a quella che con fragore trepida per un ruscello in discesa? Certo, tra le colonne variegate viene nutrita una selva ed è apprezzata una casa che guarda ai campi lontani. Se cacci la natura con il forcone, la natura ritornerà fino a quando, vincitrice, distruggerà le ingiuste resistenze. 

è opportuno vivere in accordo con la natura= Ricorda una frase identica di Zenone lo stoico, il quale pensava che l'uomo, per perseguire la virtù, dovesse attenersi alla natura e alle sue leggi.Anche se non ha mai veramente aderito allo stoicismo e non ha mai condiviso tutti i principi di questa corrente filosofica, Orazio pensava che agli uomini dovesse bastare una vita semplice che corrispondesse ai bisogni della natura.

Canicola= Si riferisce alla stella Sirio, visibile in piena estate. In effetti poco dopo c'è Leone, che ricorda proprio l'astrologia: il Sole, a partire dal 23 luglio, entra nel segno del Leone. Orazio si riferisce alla brezza leggera che soffia sulla campagna, anche in piena estate, anche con le giornate lunghe e molto calde. 

In realtà, lo dico io che vivo in una casa in campagna, luglio mi è antipatico, soprattutto nell'ultima parte: l'afa toglie il sonno anche in campagna ma... non dimentichiamo mai che, nel XXI° secolo d.C., secolo di alta tecnologia e industrializzazione, siamo soggetti ai cambiamenti climatici e all'innalzamento, inevitabile, della temperatura.

Poi Orazio parla di pietre libiche. La Libia ora è la terra della povertà, delle violazioni dei diritti umani, del caos e delle dittature che si susseguono, ma duemila anni fa era un luogo da cui provenivano pietre preziose.

Secondo Orazio, inoltre, in campagna si dormono sonni tranquilli, lontani dagli stress cittadini.

C) "CIELO DI CILIEGIE", UNA FAVOLA OLANDESE PER LA SCUOLA PRIMARIA:

A proposito: sto lavorando ancora. Mi hanno dato alcuni giorni di servizio e, detta sinceramente, non mi aspettavo che mi chiamassero proprio alla scuola di Pastrengo! Avevo inviato la MAD per Cavaion-Pastrengo anche lì mesi prima senza troppe speranze.

In questo anno scolastico posso dire di aver lavorato per quasi quattro mesi.

Dopo l'esperienza di fuoco a Valeggio mi sento di dire che, per le esperienze finora vissute, la scuola media di Sona è un paradiso terrestre e la primaria di Pastrengo una laguna azzurra e vivace. A Valeggio molte delle mie ex colleghe meritano di lavorare con la maestra Mara: lei fa fare i lavori di gruppo anche in tempo di Covid e partecipa alle programmazioni senza mascherina, lei fa italiano attraverso gli indovinelli... lei è bravissima, io sono soltanto una str**** piantagrane. Avevo gravi problemi disciplinari in seconda ma non sono mai stata aiutata e supportata più di tanto ne' dalla dirigente ne' dalle colleghe! Avevo chiesto una riunione con i genitori sin dalla fine di gennaio... è stata indetta? Certo che no! In quella scuola se insegni ed educhi al contempo sei soltanto un problema per la preside e oggetto di invidia per le colleghe! 

(Quando do tutta l'anima e questo non arriva mi incavolo come una iena, in qualsiasi contesto ciò avvenga!)

Ad ogni modo, Cielo di ciliegie si trova sia online che nei cataloghi delle biblioteche ed è una favola a mio avviso per bambini dai 5 agli 8 anni (ho suggerito io alla bibliotecaria del mio paese di cambiare la fascia d'età 3-6 con quella dei 5-8). Si possono ricavare molti spunti di riflessione semplici ma belli se si ha una seconda elementare che accetta le regole dell'ambiente scolastico.

La storia inizia così: Alcuni amici sono più che amici. Crescono come ciliegie gemelle attaccate allo stesso gambo.

Si tratta di Adin e Dina, due nomi che sono l'uno l'anagramma dell'altro. 

(Adin) capisce tutto quello che dice Dina, persino quando non dice neanche una parola. 

Qui sarebbe interessante parlare ai bambini dell'amicizia, che implica sia la condivisione di giornate, giochi e interessi, sia un'intesa quasi magica... è magico in effetti essere trasparenti per qualcuno che entra facilmente in empatia con te.

Il passatempo preferito di Adin e Dina è quello di piantare i noccioli in paese, soprattutto nelle aiuole e tra le pietre dei marciapiedi.

Se nelle prime tre pagine è molto evidente la prevalenza del tema dell'amicizia, diviene poi rilevante, fino alla fine del racconto, la contrapposizione tra campagna e città: inizialmente Adin vive con la madre in una roulotte collocata in un ambiente di collina reso magnifico dai campi di ciliegi. La madre del bambino lavora per il padre di Dina, proprietario delle campagne, poi però decide di trasferirsi in città per trovare un altro lavoro e per avere un vero e proprio tetto sopra la testa.

Anche se è triste separarsi da Dina, dal decimo piano dell'appartamento di un condominio, Adin lancia aeroplanini di carta mettendo i noccioli tra le ali. In inverno i noccioli scavano piccole buche nella neve.

Molto positivi risultano gli adulti della favola, il padre di Dina e la madre di Adin che, al di là del cambiamento di residenza, riescono a far mantenere un contatto tra i due bambini: Dina va a trovare Adin in inverno e quest'ultimo, in primavera, quando vede la fioritura dei ciliegi vicino ai condomini, decide con la madre di tornare in campagna per rivedere Dina.

 Vorrei ora riportarvi qui sotto una pagina del libro:


D) QUINZANO:

Arricchisco questo post con qualche accenno a questa suggestiva frazione di Verona. In questo paesino, vicino sia a Borgo Nuovo, Parona e Chievo, il confine tra città e campagna è molto labile: vedere per credere! Ci sono stata molto recentemente ed è stato facile riuscire a raggiungere il posto senza mai esserci stata prima: dovevo proprio vedere il presepe pasquale che rappresentava i quattro momenti fondamentali della settimana santa: ingresso di Gesù a Gerusalemme, preghiera nell'orto degli Ulivi, Crocifissione e Risurrezione.

Dicevo che qui il confine tra ambiente cittadino e ambiente campagnolo è molto sottile: da Borgo Nuovo e da Via Quarto Ponte ho preso la SS12, ho girato a destra per Via Ca' di Cozzi e sono arrivata in piazza dopo una salita. Quinzano è prevalentemente in salita: non si sale solo per visitare l'Eremo di San Rocchetto, attuale sede AGESCI, ma anche per raggiungere le colline, nelle quali domina la coltivazione degli ulivi. Ho scoperto dei sentieri silenziosi dai quali si vede Verona dall'alto, tra filari di ulivi vicini ai terrazzamenti.

Comunque, se fino a Via Ca' di Cozzi il "panorama" è fatto di condomini, ristoranti e pizzerie, supermercati, una volta arrivati all'inizio di Quinzano si scopre un paesino con case vecchio stile anni '60 circondato dal verde delle colline.




Nel nostro tempo, la città è luogo di lavoro, di traffico, di servizi, di formazione accademica, di smog, di occasioni culturali. La campagna è invece un ambiente di agriturismi, di passeggiate, di svago nei fine settimana. In Italia inoltre, la campagna testimonia la semplicità delle pievi romaniche e di piccole chiesette costruite in mattoni nei secoli scorsi, come questa, in cima a una collinetta di Sommacampagna:


Tuttavia, anche in città ci sono preziose testimonianze storico-artistiche. 
Le domande-provocazioni che vi pongo a fine post sono: dove conviene vivere nel nostro tempo? Dove ci sono più vantaggi?  Dove vorreste vivere?

Un'ultima cosa: il link vi porta ad un testo che ho scritto a inizio settimana. Quando non lavoro mi occupo di leggere, scrivere e di interessarmi di didattica. Su un libro dedicato ai metodi di insegnamento dell'italiano scritto per la secondaria di primo grado ho trovato una consegna che dava 15 parole per formare un racconto. Io ci ho messo 20 minuti per scriverlo: quando le ho viste era come se sapessi già cosa scrivere. Il mio racconto si intitola "Quartiere Elea", come Elea 9003, il proto-computer del secolo scorso. Il mio corsivo dovrebbe risultare molto leggibile. 

20 aprile 2022

"La traversata", F. D'Adamo: un romanzo per ragazzi contro l'indifferenza

Si tratta di una favola contemporanea per preadolescenti. E' una storia a lieto fine, inverosimile, un po' fantastica ma molto umana e toccante. Tuttavia, prima di iniziare la recensione non posso fare a meno di constatare che, in queste due settimane di stop, sono rimasta piacevolmente stupita del fatto che, negli ultimi quindici giorni, siano state letti e riletti soprattutto i miei post più impegnativi: la IV° ecloga di Virgilio, l'epistola VI° e il Carpe diem di Orazio, i due post sull'opera di Pasternak, Rifugio di uccelli notturni di Quasimodo, il Canto XXVI° del Paradiso di Dante e anche le mie analisi su alcune poesie di Vittorio Sereni. Questo lo so perché accedevo una volta al giorno alla pagina che mi indirizzava alle notifiche delle vostre visualizzazioni. Benissimo! Vorrà dire che il 29 aprile gratificherò questa fetta di lettori con un post sul tema della contrapposizione fra città e campagna e inevitabilmente ci sarà un rimando abbastanza importante a Orazio. 

 

Chi è deserto non vuole

 che qualcosa fiorisca in te. 

E so che non è una fantasia, 

non è stata una follia, 

quella stella lontana laggiù, 

perciò io la seguo e adesso so

che io la raggiungerò

perché al mondo

ci sono anch'io! 

(Ci sono anch'io, Max Pezzali)

LA TRAVERSATA, FRANCESCO D'ADAMO:

A) TRAMA DEL LIBRO

Scuglizzi, coste della Sicilia meridionale. 

Una mattina di giugno, alle prime luci dell'alba, alcuni clandestini provenienti dal continente africano giungono a riva, dal momento che i loro gommoni si incagliano in prossimità della costa. Dopo pochi istanti però, fuggono verso le dune, rifiutando così l'aiuto che gli abitanti di quel paesino sarebbero disposti a offrire loro. 

Ezechiele, l'anziano protagonista della storia, dal momento che si è alzato dal letto un po' prima del solito, assiste di persona all'arrivo degli immigrati. 

La storia di Ezechiele è fatta di fatica, di semplicità, di solitudine e di malinconia: era un pescatore che per alcuni anni ha provato ad ambientarsi e a lavorare come operaio a Milano, è vedovo da qualche anno e suo figlio risiede in Svizzera, paese in cui è cresciuto anche il nipote.

Più volte, nel corso della narrazione, emerge la forte nostalgia per la moglie Caterina. 

La situazione di Ezechiele mi richiama un racconto dei Sillabari di Parise del quale non ricordo più il titolo, ma so che era una vicenda ambientata nel pieno degli anni '70 in una spiaggia in provincia di Venezia. La protagonista, nel caso di Parise, era una donna anziana, anonima, vedova, sola quasi tutto il giorno, con il figlio lontano. E' sera e la signora rischia uno scippo da parte di un gruppetto di adolescenti.

Ad ogni modo, Ezechiele è una figura molto positiva dal momento che è dotato di un cuore d'oro. Alla luce del sole appena sorto si accorge che sulla sabbia è rimasto uno zainetto che appartiene ad un bambino, scappato insieme agli adulti che sono riusciti per miracolo a sbarcare in Sicilia. L'anziano, con l'aiuto di un compaesano di origini arabe riesce a scoprire che lo zainetto appartiene a Omar, un ragazzino tra i 10 e gli 11 anni. Apre lo zaino e vede, al suo interno, sia i quaderni di scuola sia una fotografia che lo ritrae con la madre.

A questo punto, Ezechiele decide di compiere un gesto molto particolare e apparentemente folle: andare al di là del mare e riportare lo zainetto alla madre per rassicurarla che suo figlio è arrivato vivo in Italia. Così inizia il viaggio a bordo della sua Esmeralda, nome del suo vecchio peschereccio, immaginando di avere accanto a sé Tonino, il nipote con l'aspetto che aveva quando era bambino, e Spaghetti, un cane cucciolo che gli apparteneva anni prima.

Da qui in poi iniziano i dialoghi immaginari tra Ezechiele e Tonino e le descrizioni, meravigliose, del mare di notte.

Questa storia rievoca un pochino Up, altro film per ragazzini che insiste sul confronto e sulla relazione fra giovanissimi e anziani.

In un paese sconosciuto, probabilmente in Tunisia, visto che è il paese più settentrionale del continente africano e il più vicino alla Sicilia, Ezechiele deve riuscire ad addolcire le guardie costiere, a comunicare con le persone che incrocia per trovare la famiglia di Omar. Ezechiele è appena alfabetizzato, non è mai stato al di fuori dell'Italia e quindi non sa né l'inglese, né il francese, né l'arabo. Francese e arabo sono le due lingue ufficiali della Tunisia e le uniche due lingue menzionate dal narratore-autore nei capitoli che riguardano l'approdo alla riva e la ricerca del protagonista. 

B) DESCRIZIONE DEL MAR MEDITERRANEO DI NOTTE:

In questo romanzo risultano incredibilmente suggestive le descrizioni del mare visto di notte. Ribadisco ancora una volta che Ezechiele è in viaggio in mare aperto con Tonino e il cagnolino Spaghetti. A questi tre personaggi è riferito il "loro" degli estratti che riscrivo qui sotto.

-Ezechiele si affacciò a prua. La luna era così immensa, davanti a loro, che sembrava fossero diretti proprio là, come se l'Esmeralda all'improvviso fosse diventata una nave interstellare che viaggiava nelle profondità dello spazio. Ezechiele pensò che forse sarebbero approdati in uno dei suoi crateri asciutti da milioni di anni e che l'Esmeralda sarebbe rimasta là, inclinata nella polvere eterna, col comignolo che non fumava più e le reti inutilmente sparse attorno.  Lui, Tonino, Spaghetti, le patelle attaccate alla chiglia e un granchio che si era impigliato a poppa sarebbero stati i primi abitenti della luna.

- (...) il mare attorno a loro era luminoso e fosforescente, luccicava, baluginava, cambiava colore, si poteva scrutare fino nel profondo degli abissi come per una magia. C'erano i blu, i viola, i gialli, c'erano tutti i colori che si mescolavano, era come se si fossero accese di colpo le luci di Atlantide o di un'altra misteriosa città sommersa là sotto nel profondo.


C) RIFERIMENTO ALLA MITOLOGIA GRECA E A ULISSE:

Il viaggio di Ezechiele, Tonino e Spaghetti prosegue per qualche giorno... e il loro navigare è accompagnato da soavi melodie che ricordano le antiche sirene.

Cominciarono a sentire il canto. Andava e veniva col vento, ora sembrava più vicino, ora più lontano. Era un canto dolcissimo e malinconico, sembrava un rimpianto, sembrava che parlasse di cose antiche e mai dimenticate, quelle che ci portiamo dentro e non lo sappiamo, sembrava un pianto di bambini, sembravano vici di donne sole nell'oscurità della notte, sembrava che in quella melodia ti ci potevi perdere per sempre. (...) 

"Che cos'è nonno?", chiese Tonino, che ascoltava incantato, e con lui Spaghetti e gli uccelli tutti che si erano radunati sulla tolda.

"Ascoltalo bene, perché non sono in molti ad averlo sentito. Tra noi marinai se ne parla come di un evento raro, come di un incanto che ti capita una volta nella vita. Ma questa è una notte di magie. Ascolta: questo è il canto delle sirene." gli disse Ezechiele.

(...)

Non gli disse che, secondo gli antichi le sirene, metà donna e metà uccello, ammaliavano i marinai con la loro melodia, li attiravano sulle scogliere da cui cantavano, li facevano naufragare e poi li divoravano. Avrebbe voluto raccontare a Tonino il viaggio di Ulisse come l'aveva sentito raccontare lui, tanti tanti anni prima, da un cantastorie, sulla piazza principale di Scuglizzi.

(...)

Ulisse era un marinaio greco- quindi ficcanaso e impiccione quasi quanto un marinaio siciliano- che, per poter ascoltare impunito il canto delle sirene, si era fatto legare all'albero maestro della nave dagli uomini del suo equipaggio e a loro aveva tappato le orecchie con la cera perché non cadessero vittime della malìa.

Quando avrò una classe prima media dall'inizio alla fine dell'anno scolastico potrò permettermi una serie di collegamenti grazie a questo libro!

Per quel che riguarda italiano parto subito bene: in epica è prevista anche l'Odissea, quindi leggerò in classe la traduzione del canto XII° che richiama proprio all'episodio del canto delle sirene, farò un riferimento a questo romanzo considerando anche il capitolo sull'Isola che Non C'è e facendoli riflettere su questo: che cos'è l'indifferenza? 

E poi collego le descrizioni del paesaggio marino con i paesaggi d'acqua in geografia e con le migrazioni dalle campagne alle città a partire dall'anno Mille in storia.  Ci stanno tutte e tre le mie materie, wow!

D) LAZARO E L'ISOLA CHE NON C'E':

Ma Ezechiele, Spaghetti e Tonino arrivano subito alle coste africane oppure attraversano qualche altra tappa?

Arrivano, senza prevederlo nemmeno lontanamente, presso un'isola fatta di spiagge, foreste, tende da accampamenti e colline. Ad accoglierli c'è Lazaro, un uomo dall'aria malinconica circondato da alcuni bambini. 

Si tratta dell'Isola che Non C'è. Ma non ha nulla a che fare con il desiderio di Peter Pan di rimanere per sempre bambino e divertirsi. Non ci sono fate e non c'è nessun crudele capitan Uncino.

In questa Isola che Non C'è ci sono i naufraghi defunti, cioè,  tutti coloro che hanno tentato la traversata nel Mediterraneo ma sono annegati prima di giungere in Italia.

Lazaro racconta ad Ezechiele alcune storie, tra cui questa che riporto sotto. Chissà che non serva da scossone a qualcuno!

"Lo vedi quell'uomo?", gli disse Lazaro mentre continuavano la loro passeggiata sulla spiaggia. "Sì, quello. Aveva moglie e figli e una casetta in muratura alla periferia di Quetta. Viveva la sua vita. Quando cominciarono a sentire lo scoppio delle bombe e il fischio delle granate che colpivano i quartieri orientali della città, né lui né i suoi vicini sapevano che nel paese ci fosse la guerra, e non sapevano la guerra di chi contro chi. Né tantomento per che cosa si combatteva quella guerra. Ti meravigli? Certe cose ai poveri non le dicono mai. Ma la guerra era ogni giorno più vicina, consumava un quartiere dopo l'altro, e poi arrivarono gli aerei a bombardare, colonne di fumo che bruciavano il cielo. (...) Un mattino arrivarono gli uomini della milizia, avevano giacche mimetiche e scarpe sfondate e anche quelli della milizia sembravano non sapere molto bene chi combatteva contro chi e perché, ma non importava. Erano armati e barbuti e lo obbligarono a lasciare tutto, la sua casa, la sua famiglia, e ad andare a combattere con loro. Avevano preso tutti gli uomoini del quartiere che quel mattino erano in casa, e poi rastrellarono anche i ragazzi, perfino quelli che ancora non si radevano. "Non voglio combattere", diceva lui, ma lo arruolarono con la forza e gli diedero una giacca mimetica e un vecchio fucile che non sapeva usare. Dopo mesi di odore di fumo e di sangue è riuscito in qualche modo a scappare.  Ha cercato la sua casa ma non c'era più, c'erano solo mozziconi della sua città bombardata. E allora ha preso la via del mare... Aveva scelta?"

 E, qualche pagina dopo, sempre Lazaro confida al nostro pescatore protagonista:

 "La vita ci manca. Ma quello che ci pesa di più è l'indifferenza. Tutti quelli che non vogliono sapere, che non vogliono capire. Ma un giorno cambierà, ne sono sicuro, se in tanti faranno dei piccoli gesti importanti come quello che stai facendo tu. Per questo ti abbiamo voluto conoscere."

Brutta bestia l'indifferenza. Perché è indice o di superficialità o di insensibilità.

E) FRANCESCO D'ADAMO, LO ZAINO E I VIAGGI:

Ritengo opportuno consigliarvi un breve video in cui l'autore spiega il senso di aver scritto questo libro e invita, con le sue domande finali, a mettersi in empatia con gli stati d'animo e con le situazioni che riguardano gli immigrati clandestini, completamente dimenticati da stampa e telegiornali in questi ultimi due anni... Eppure sarete d'accordo con me che è un dramma della nostra contemporaneità, spero!! Ultimamente conta soltanto la guerra in Ucraina e la positività a quella polmonite che proviene dai laboratori cinesi e che i nostri medici mezze-cartucce non sono in grado di curare. Le popolazioni del continente africano soffrono moltissimo a causa di fame, povertà, sottocultura, guerre civili, mancanza di igiene, dittature che gli occidentali e i cinesi favoriscono... e noi europei sottraiamo le loro risorse di petrolio e metalli e consideriamo quelle vite umane soltanto e unicamente dei "problemi" quando, dopo una serie di travagli nel loro viaggio, giungono nei nostri territori con il desiderio di una vita migliore.

Dopo questo video e dopo questo post facciamoci tutti un esame di coscienza! Sono di "Pax Christi" e sto aderendo anche ad una corrente socio-culturale che incoraggia l'impegno civile e sociale dei credenti nelle comunità. 

E vi dico che non è lecito, a mio avviso, considerarsi cristiani quando si invocano le chiusure dei porti e si coltivano insistentemente pregiudizi nei confronti del diverso da noi!!!!

Non è giusto considerarsi cristiani quando in parrocchia ci si comporta come un "gruppo chiuso" basato su menzogne e superficialità!!!!

Non ci si può ritenere dei bravi sacerdoti se ci si autoesclude, ad esempio, da riunioni e incontri programmati da un gruppo di adulti laici volonterosi e non ci si può ritenere dei parroci attenti all'ascolto se ci si imbestialisce (al punto di far allontanare definitivamente le persone) con un giovane che in parrocchia si impegna e riesce ad assumersi  il 90% gli impegni e a fare il 90% di ciò che gli viene richiesto ma non il 100%!!!!!

E' deleterio proclamarsi cristiani quando si svolgono servizi di volontariato con i soli intenti di ottenere visibilità e di essere lodati, apprezzati!!!

Tutto questo non è essere cristiani, mi permetto candidamente di affermarlo. Soltanto Gesù Cristo è verità, non la Chiesa con tutte le persone difettose che ne fanno parte, da religiosi o da laici.

IMPARATE LA COERENZA E LA CARITA' NEI COMPORTAMENTI... ALLORA FORSE SI POTRA' PARLARE DI CRISTIANESIMO!!!!

Sentite, sentite qui cosa dice Don Diego a proposito dei poveri!!!! I poveri hanno bisogno di volontari in ascolto, non di un'organizzazione Caritas che assomigli alla passerella di un palcoscenico!

https://www.youtube.com/shorts/ZGNDq2go2MI

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F) PASSIONE DI GESU' SECONDO MATTEO:

Non ha a che fare con La traversata ma sono riflessioni che vorrei condividere alla fine della recensione a proposito degli episodi della Passione. Ci ho riflettuto la mattina del venerdì santo.

Ma se volete potere leggerlo in un momento diverso... Anzi, ve lo consiglio per la vostra salute. Lockdown, DaD, DDI, meeting su Zoom, su Jitsi o su Meet... in due anni ne abbiamo piene le b*ll* direi del virtuale, anch'io che sono dentro, per un pelo, alla Gen Z.

https://drive.google.com/drive/folders/1Un9E1XCEiYahZxw3T7hB9UDly4D69KwK



1 aprile 2022

"The woman in white", Wilkie Collins:

Ho letto un adattamento di questo romanzo conforme al mio livello B2, non quindi la versione integrale che probabilmente contiene qualche ulteriore dettaglio. 
Ad ogni modo, si potrebbe definire The woman in white un romanzo noir uscito a puntate tra il 1859 e il 1860 sulla rivista All the year round, coordinata da Dickens, amico e quasi coetaneo di Collins.

Si tratta di una storia in cui, nello sviluppo delle vicende narrate, ha un ruolo centrale la somiglianza fisica di due ragazze.

WALTER HARTRIGHT E I MANICOMI IN EPOCA VITTORIANA:

Walter Hartright, insegnante di disegno, si trasferisce nel nord dell'Inghilterra, nella contea di Cumberland. Un amico gli ha trovato un lavoro che consiste nell'insegnare a disegnare e a dipingere alle due nipoti di Mr Frederick Fairlie. E' l'estate del 1849. 

Prima di partire però, Walter decide di salutare la madre e la sorella ma, mentre sta attraversando un incrocio, gli compare improvvisamente davanti una giovane bionda, pallida, vestita di bianco e con l'aria angosciata che gli chiede la strada per raggiungere Londra. Walter le dà alcune indicazioni e la aiuta a reperire una carrozza e un cocchiere per arrivare in città...

La ragazza è fuggita da un manicomio. In lingua inglese in realtà il vocabolo corrispondente è asylum.  

In epoca vittoriana questi tipi di ricoveri venivano istituiti per chi manifestava instabilità mentale e malattie psicologiche, come ad esempio gli isterici, i depressi, gli schizofrenici, ma anche gli epilettici. C'erano anche diverse donne, ragazze e bambini, spesso rinchiusi in queste strutture a causa di medici corrotti e di mariti e padri che consideravano mogli e figli troppo problematici e troppo ribelli per tenerli a casa con loro. 

I medici che all'interno vi lavoravano ritenevano che una severa disciplina e una routine quotidiana caratterizzata da molte ore di lavoro al giorno fossero tra le migliori tattiche di trattamento e di cura. 

Questi ricoveri erano sovraffollati (overcrowded) e, al loro interno, caratterizzati da stanze molto piccole, che erano le camere da letto dei pazienti.

C'è una storia abbastanza interessante e toccante a proposito dei manicomi in Regno Unito nel XIX° secolo che vorrei riassumervi: nel 1864 Elisabeth Clafton, appena dodicenne, figlia della "middle-class", era stata internata in uno di questi manicomi. Eccovi i motivi: incapacità di contenere le risate, dialoghi con persone immaginarie, alcuni episodi di auto-lesionismo. Adesso li si sostiene e li si aiuta in altri modi i ragazzi così! Lei è uscita dopo 4 anni.

Valeva nel XIX° secolo ma vale anche ora a mio avviso: la formazione ampia, sicura e solida dei medici è indispensabile anche perché comporterebbe un netto miglioramento del benessere nella società occidentale. DEVONO ESSERE PIU' PREPARATI DI COME SONO ORA!!!! Fossi al governo farei sudare ai futuri medici 14 camicie, così in qualche modo vendicherei la morte di mia nonna che per me è stata importantissima, era la mia grande alleata in famiglia: l'ho vissuta per 26 anni, per 26 anni viveva a casa con me, nessuno di voi può immaginare cosa significa e non lo capirete mai. 

Walter arriva a casa Fairlie e conosce sia Marian che Laura, le due sorelle. Sono orfane di madre da tempo. Marian è la più grande e la più saggia, Laura la più giovane (19 anni), la più ingenua e la più dolce. A dire il vero non sono figlie dello stesso padre: Marian era figlia di Mr Halcombe, primo marito della madre, mentre Laura è proprio figlia di Mr Fairlie. E' di lei che Walter si innamora subito:  

I, a humble drawing teacher with no money, fell in love with the rich and beautiful Miss Laura Fairlie as soon as I saw her. That evening, after dinner, Miss Fairlie went outside to walk in the garden. I started to follow her, but then Miss Halcombe called me, and I returned to the drawing room. Beyond her, through the window, I could see Miss Fairlie walking in the moonlight.

L'aspetto fisico di Laura è molto simile a quello della giovane ragazza che, la sera prima, Walter ha incontrato per la strada: bionda e pallida.

Walter riferisce a Marian il suo incontro con la ragazza che gli ha chiesto indicazioni per arrivare a Londra e, con sua sorpresa, scopre che Marian la conosce: si chiama Anne Catherick è stata un'alunna di sua madre che, quando era in vita, era un'insegnante.

Il tempo scorre. Marian intuisce che Walter è attratto dalla sorella, per questo gli rivela che Laura è fidanzata, per volere di suo padre, con Mr Percival Glyde, ricco proprietario terriero dello Hampshire. Pochi giorni dopo, Mr Percival giunge presso la villetta dei Fairlie: inizialmente adotta un atteggiamento tenero nei confronti di Laura ma, dopo il matrimonio, cambierà modo di porsi.

MARIAN HALCOMBE:

Mi è piaciuta molto come figura dal momento che rivela molto buonsenso, una notevole sensibilità e dal momento che si mostra protettiva verso sua sorella.

Da lei e dagli estratti dei suoi diari, nel quali racconta le vicende di vita familiare, i lettori apprendono che il matrimonio tra Laura e Percival Glyde avviene il 22 dicembre 1849 e che il viaggio di nozze prevede un soggiorno in Italia di diverse settimane. Ed è qui che Mr Glyde inizia a cambiare nei confronti della sua giovane moglie, rivelandole che l'ha sposata soltanto per i suoi soldi e per la sua eredità. Percival è indubbiamente irritato, perché sa che Walter è realmente innamorato di Laura.

Ma, malgrado ciò, si sono celebrate le nozze, anche se Laura ricambia i sentimenti di Walter che, il 28 novembre, si trasferisce in una località dell'America Centrale per poter lavorare sulla sua arte e per potersi concentrare su una serie di disegni nei quali realizza generi di piante e specie animali.

Nelle pagine di diario di Marian compare anche il Conte Fosco, personaggio di origini italiane che ha una notevole influenza su Percival e sulla sua vita. Dopo il viaggio di nozza Percival, Laura, Marian e il Conte Fosco si trasferiscono in una villetta di campagna vicina al villaggio di Blackwater.

IL CONTE FOSCO:

Così scrive Marian di lui: He looks like a man who could tame a tiger.

Si tratta di una persona fredda, arida, cinica, insensibile (e più o meno così è anche sua moglie!) che sembra non temere nulla e nessuno.

Il Conte Fosco appoggia i maltrattamenti verbali e psicologici che Percival riserva a Laura e, per di più, persino lui controlla ogni movimento della ragazza.

Un giorno d'estate, durante una passeggiata sulle rive di un laghetto, Laura incontra Anne Catherick. Quel che entrambe non sanno è che il Conte Fosco le sta spiando poco lontano e, non appena Laura ritorna, rivela tutto a Percival che prende un provvedimento crudele: la chiude a chiave in una stanza della villetta in cui abitano, con Madame Fosco e con Marian.

Ma che cosa ha detto Anne Catherick a Laura? Ecco qui l'estratto:

She looks like a paler, thinner version of myself! She says that she is dying. She spoke of how kind mother had been to her and said that she wanted to die and be buried beside mother. Then she spoke of Percival! How she hates him! She said that her mother had told her a secret- Percival's secret- and when he discovered that Anne knew it, he put her in the asylum.

Ma qual'è il segreto di Percival?! Prima di arrivare a scoprirlo, i lettori devono andare incontro a diverse altre vicende che accadono nel libro.

Alcuni giorni dopo Marian sente una conversazione a dir poco inquietante tra Percival e il conte Fosco: vorrebbero eliminare Laura, così Sir Percival, dal suo patrimonio, otterrebbe 20.000 sterline e il conte Fosco con sua moglie altre 10.000.

Poi Marian si ammala di una brutta influenza e i due uomini biechi, approfittando di ciò, mentono a Laura dicendole che sua sorella è partita per Londra e che ha raccomandato a loro di riferirle di raggiungerla il prima possibile. Laura parte e, alcune settimane dopo, Walter ritorna dall'America. 

Appena tornato, apprende la dolorosa notizia della morte improvvisa della giovane. 

E qui avviene un colpo di scena: quando l'artista si reca, angosciato e addolorato, presso la tomba di Laura, al cimitero incontra sia Marian che sua sorella, più magra e più sciupata! Ma com'è possibile?!

E Mr Hartright si chiede: ma è davvero Laura oppure è Anne Catherick? Sì, visto che la ragazza morta è Anne Catherick.

Mr Walter Hartright riesce a rintracciare Mrs Catherick, la madre di Anne. Quest'ultima gli rivela che i genitori di Sir Percival non erano mai stati sposati, quindi Sir Percival non ha diritti giuridici sulle sue proprietà e non può godere del titolo nobiliare di "barone". Anche i registri matrimoniali, consultati da Walter dopo la visita a Mrs Catherick, confermano questo segreto, ma il disegnatore non avrà l'occasione di sfruttare questi registri come prove in un processo contro Sir Percival perché quest'ultimo, nel tentativo di distruggere i documenti matrimoniali parrocchiali, ha provocato un incendio all'interno dell'abbazia, incendio che tra l'altro lo fa morire.

Nel frattempo il conte Fosco ha dilapidato molte delle ricchezze di Laura. Attraverso altre indagini, Walter scopre che il conte Fosco faceva parte di una società segreta politica che ha tradito. Per questo vive in Inghilterra, per sfuggire alla morte ( i suoi ex compagni lo farebbero giustiziare se lo scoprissero). Hartright lo minaccia di consegnarlo agli altri membri della società, per questo Fosco scrive una confessione nella quale ammette di aver ingannato Laura con la complicità di Sir Percival. 

Dopo aver consegnato a Walter questo scritto, il conte Fosco lascia il Regno Unito e si rifugia in Francia, dove viene pugnalato, sulle rive della Senna, da uno dei suoi ex-compagni.

Alla fine di tutte queste peripezie, Laura e Walter si sposano e dalla loro unione nasce un figlio. 


LA VERA MARIAN:

 The woman in white è diventata quasi subito un'opera molto popolare nell'Inghilterra del XIX° secolo. Molti lettori apprezzavano il personaggio di Walter, così, tra il 1862 e il 1880 circa, questo nome si è diffuso ancora di più. Risulta però che alla componente maschile dei lettori fosse particolarmente piaciuta la figura di Marian, proprio perché rappresentava un modello femminile di intelligenza e forza interiore. 

Ma da chi ha preso spunto Collins per creare le caratteristiche e l'indole di Marian Halcombe? E' abbastanza probabile che abbia preso spunto da Marian Evans, autrice meglio conosciuta con lo pseudonimo di George Eliot (molte donne scrittrici in tutta Europa, duecento anni fa si firmavano con pseudonimi maschili affinché sul mercato librario i loro libri venissero considerati sul mercato librario).

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Si tratta di una trama decisamente complessa.

D'altra parte, a mio avviso, i classici della letteratura inglese sono tutt'altro che semplici: Thomas Eliot per me è complicato e altri autori, come ad esempio Jane Austen, Emily Bronte, Thomas Hardy (al di là delle vicende di Tess d'Urbervilles), Charles Dickens e Wilkie Collins, sono romanzieri che fanno attraversare ai loro protagonisti e alle loro protagoniste numerose difficoltà prima di ottenere giustizia e di raggiungere la felicità agognata.