Ho deciso di liquidare la piacevole vena scherzosa di Plauto in un solo post, questo. Ho preferito offrirvi un approfondimento su una delle due commedie.
Chi mi conosce sa che di solito preferisco fare poche cose fatte bene che non molte e in modo superficiale.
ARGUMENTUM:
In 11 versi vengono riassunti i contenuti di quest'opera teatrale. Le lettere iniziali di ogni verso formano l'acrostico del titolo (MOSTELLARIA).
Manu misit emptos suos amores Philolaches
Omnemque absente rem suo absumit patre.
Senem, ut revenit, ludificatur Tranio;
Terrifica monstra dicit fieri in aedibus,
Et inde pridem emigratum. Intervenit
Lucripeta fenus fenerator postulans,
Ludosque rursum fit senex; nam mutuum
Acceptum tum dicit pignus emptis aedibus.
Requirit quae sint: ait vicini proxumi.
Inspectat illas. Post se derisum dolet,
Ab sui sodale gnati exoratur tamen.
Filolachete ha acquistato la sua amante per liberarla e, mentre suo padre manca, dilapida tutto il patrimonio. Il vecchio, quando fa ritorno, viene deriso da Tranione: (quest'ultimo) dice che in casa accadono fenomeni terribili e che già da tempo hanno dovuto trasferirsi. Giunge un usuraio, avido di guadagno, che richiede gli interessi, ma il vecchio è ingannato di nuovo: (Tranione) gli dice infatti che il prestito su pegno è stato fatto per comprare una casa. Chiede quale sia: gli risponde che è quella del vicino accanto. Va a vederla. Poi gli dispiace essere stato deriso, tuttavia, viene placato dall'amico di suo figlio.
aedibus (v.4)= da aedes, aedium, ovvero, "casa". Il singolare, aedes, aedis, significa invece "tempio".
gnati (v.11)= Voce arcaica per natus, i, figlio. Il verbo corrispondente è nascor, nasci. A proposito di sfera semantica della nascita e della generazione: i corrispondenti in greco antico sono γένος (=stirpe), γένεσις (=origine) e γίγνομαι (=nascere). Ricorda inoltre anche il latino gigno, "generare, far nascere".
*La seguente commedia, in cinque atti, è ambientata ad Atene.
ATTO I, SCENA PRIMA:
Il primo atto contiene quattro scene in totale.
La commedia si apre con il dialogo, o meglio, con il litigio fra i due servi: Tranione e Grumione.
Teopropide, il loro padrone, si trova in Egitto da tre anni per motivi commerciali. Ha lasciato a casa il figlio Filolachete che, con la complicità di Tranione, si dà ad una vita dissoluta e immorale.
Vi riporto soltanto due battute del dialogo (una per servo), vv. 12-15:
GRUMIONE: Patiar. Sine modo adveniat senex. Sine modo venire salvom, quem absentem comes.
TRANIONE: Nec veri simile loquere nec verum, frutex: comesse quemquam ut quisquam absentem possiet?
GRUMIONE: Pazienza. Lascia soltanto che ritorni il vecchio. Lascia solo che torni sano e salvo, quel pover'uomo che tu mangi mentre è assente.
TRANIONE: Ciò che dici non è verisimile né vero: testa di legno! Come si potrebbe mangiare qualcuno mentre è lontano?
salvom (v.13)= Accusativo arcaico per "salvum".
frutex (v.14)= Letteralmente significa "arboscello". Qui, sia io che Bettini, lo abbiamo trasposto in "testa di legno".
comesse (v.15)= da comedo, "mangiare", verbo derivato da edo, edis, edi, esum, edere, che porta lo stesso significato. Da qui deriva l'aggettivo italiano "edibile". Altro verbo è manduco, manducare, "masticare".
Da segnalare infine l'anafora sine modo (=lascia soltanto che). Questa espressione anaforica appartiene alla battuta di Grumione e probabilmente ha la funzione di evidenziare quanto Grumione è in disaccordo con Tranione.
Come inoltre ricorda Grumione (e come ricorderà poi lo stesso padroncino), Filolachete era, prima della partenza del padre, un giovane atletico e diligente negli studi (vv.20-28):
GRUMIONE: Nunc dum tibi lubet licetque, pota, perde rem,
corrumpe erilem, adulescentem optimum,
dies noctesque bibite, pergraecaminei;
amicas emite, liberate; pascite
parasitos; obsonate pollucibiliter.
Haecine mandavit, tibi, quom peregre hinc it, senex?
Hocine modo hic rem curatam offendet suam?
Hocine boni esse officium servi existumas,
ut eri sui corrumpat et rem et filium?
GRUMIONE: Ora, mentre tu puoi e vuoi, bevi, sperpera il patrimonio, corrompi il signorino, quel bravo ragazzo! Bevete notte e giorno, vivete alla greca, acquistate e liberate le amanti, nutrite i parassiti, imbandite banchetti degni degli dei! Sono questi gli ordini che ti aveva dato il vecchio partendo per un paese straniero? In questo modo riesci ad amministrare i suoi beni? Ritieni che il dovere di un buon servo sia questo, guastare sia il figlio sia le ricchezze al suo padrone?
lubet (v.20)= Arcaico per libet, "piace, è gradito".
pergraecaminei (v.22)= "vivere alla greca". Sostantivo largamente in uso per l'epoca letteraria di Plauto. Fa pensare al simposio, tipo di banchetto, sia greco che romano, in cui si gustavano vini, si ascoltavano le suonatrici di cetra e si cantava. Le danze non erano affatto escluse.
ATTO PRIMO, SCENA SECONDA:
Vorrei poi riportare una parte del monologo di Filolachete, nella scena seconda di questo atto (vv.118-122) e (vv.133-145). Interessante, dal momento che paragona l'essere umano appena nato e in fase di crescita ad una casa:
FILOLACHETE: Haec argumenta ego aedificiis dixi; nunc etiam volo
dicere ut homines aedium esse similis arbitremini.
Primundum parentes fabri liberum sunt.
Ei fundamentum substruunt liberorum,
extollunt, parant sedulo in firmitatem
FILOLACHETE: Ora voglio anche dirvi come dobbiate credere che gli uomini siano simili ad una casa. Prima di tutto i genitori sono i fabbri dei loro figli. Costruiscono le fondamenta dei loro figli, li tirano su, si impegnano a consolidarli.
liberum (v.120)= liberi, sono i "figli", la "prole".
firmitatem (v.122)= Fermezza morale, da firmitas.
FILOLACHETE: Nam ego ad illud frugi usque et probus fui,
in fabrorum potestate dum fui.
Postea, quom immigravi ingenium in meum,
perdidi operam fabrorum ilico oppido.
Venit ignavia. Ea mi tempestas fuit;
mi adventu suo grandinem imbremque attulit.
Haec verecundiam mi et virtutis modum
deturbavit detexitque a me ilico.
Postilla optigere me neglegens fui:
continuo pro inbre amor advenit (in cor meum).
Is usque in pactus permanavit, permadefecit cor meum.
Nunc simul res, fide, fama, virtus, decus
deseruerunt; ego sum in usu factus nimio nequor.
FILOLACHETE: Finché rimasi sotto l'autorità dei costruttori, ero un ragazzo buono e davo soddisfazioni. Ma poi, non appena mi sono trasferito in me stesso, ho presto perduto del tutto il lavoro dei costruttori. Mi prese la pigrizia. Questa fu il mio temporale: con il suo arrivo mi ha portato anche pioggia e grandine. Immediatamente mi strappò via ogni modestia ed ogni moderazione, e quasi mi ha lasciato scoperchiato. Poi non ho avuto voglia di rifarmi il tetto. E, con la pioggia, venne l'amore, e mi è filtrato sino in fondo al petto, ha oscurato ogni mia ragione. E ora patrimonio, credito, reputazione, virtù, decoro, tutti mi hanno abbandonato: io non sono più buono a nulla.
frugi (v.133)= Da frux, "frutto". Davo frutto, quindi, ero motivo di contentezza e di soddisfazione.
ignavia (v.137)= Pigrizia. L'ignavus è infatti il pigro.
Ho una domanda a proposito di questo monologo di Filolachete: ma chi sono per davvero le figure genitoriali? Dei gendarmi che controllano ossessivamente i loro figli oppure dei costruttori di anime che, una volta divenuti adulti, si riveleranno capaci di scegliere in consapevolezza e in libertà?
Il primo atto si conclude con un banchetto al quale partecipa anche Filemazio, amante di Filolachete.
ATTO II:
Atto formato da tre scene totali.
Teopropide giunge al porto di Atene. Ancora non sa che il figlio ha sperperato tutte le sue sostanze. Tranione però, una volta venuto a conoscenza del ritorno del vecchio, fa nascondere i banchettanti all'interno della casa. Ordina loro di stare in silenzio anche nei momenti in cui Teopropide busserà alla porta, li chiude a chiave dall'esterno e dice, a Teopripide che sopraggiunge, che la casa è infestata dal fantasma di un uomo ucciso tempo prima. (Ma che fantasia persuasiva!)
ATTO II, SCENA TERZA:
Dialogo fra Teopropide, che non riesce ad entrare a casa sua, e Tranione (vv.448-453):
TRANIONE: Ere, salve! Salvom te advenisse gaudeo! Usquin valuisti?
(= Salve, padrone! Sono contento che tu sia di ritorno sano e salvo! Sei sempre stato bene?)
TEOPROPIDE: Usque, ut vides.
(= Sì, come vedi)
TRANIONE: Factum optime.
(=Benissimo)
TEOPROPIDE: Quid vos, insanin estis?
(=Ma voi siete impazziti?)
TRANIONE: Quidum?
(=E perché?)
TEOPROPIDE: Sic: quia
foris ambulatis; natus nemo in aedibus
servat, neque qui recludat neque quis respondeat.
Pultando pedibus paene confregi hasce ambas foris.
(=Come "perché"? Siete tutti fuori, e in casa non c'è anima viva che dia un'occhiata, né qualcuno che apra o che risponda. A forza di bussare ho quasi fracassato i due battenti).
ere (v.448) è vocativo di erus (padrone).
foris (v.450)= Sono i battenti di una casa. Ianua è invece la porta di ingresso. Ianus, cioè Giano, era per gli antichi romani il dio del tempo con due facce. A Roma il tempietto di Giano era formato da due porte e un corridoio.
ATTO SECONDO, SCENA TERZA:
Prosegue il dialogo fra servo e vecchio padrone. Se ne riportano qui i versi 476-488:
TRANIONE: Scelus, inquam, factum est iam diu, antoquom et vetus.(= Ti dico che è stato commesso un delitto, molto tempo fa: si tratta di un crimine antico, vecchio)
TEOPROPIDE: Antiquom? (=Antico?)
TRANIONE: Id adeo nos nunc factum invenimus.
(=Noi ce ne siamo accorti solo adesso).
TEOPROPIDE: Quid istuc est sceleris aut quis id fecit? Cedo.
(=Che assassinio sarebbe questo, chi lo ha commesso? Dimmelo)
TRANIONE: Hospes necavit hospitem captum manu.
Iste, ut ego opinor, qui has tibi aedis vendidit.
(=Un ospite ha ucciso con le sue mani il suo ospite. Egli, come io credo, è colui che ti ha venduto questa casa).
TEOPROPIDE: Necavit?
(=L'ha ucciso?)
TRANIONE: Aurumque ei ademit hospiti,
eumque hic defodit hospitem ibidem in aedibus.
(=E all'ospite ha portato via il suo oro, e l'ha sotterrato, l'ospite, in questa stessa casa).
TEOPROPIDE: Quapropter id vos factum suspicamini?
(=Ma che cosa vi fa sospettare un fatto simile?)
TRANIONE: Ego dicam, ausculta. Ut foris cenaverat
tuus gnatus, postquam rediit a cena domum,
abimus omnes cubitum, condormivimus.
Lucernam forte oblitus fueram extinguere;
atque ille exclamat derepente maximum.
(=Te lo dirò, ascolta. Quando tuo figlio aveva cenato fuori, dopo che è rientrato a casa dalla cena ce ne siamo andati tutti a letto, dormivamo. Per caso, mi ero dimenticato di spegnere la lucerna. Ecco che lui all'improvviso urla)
TEOPROPIDE: Quis homo? An gnatus meus?
(=Ma chi? Mio figlio?)
TRANIONE: Tace! Ausculta modo.
Ait venisse illum in somnis ad se mortuum...
(=Taci! Pensa ad ascoltare. Dice che il morto era venuto da lui in sogno).
*A causa di questo episodio dunque, per Tranione sarebbe sacrilego abitare in quella casa.
Antiquom (v.476 e v.477)= Arcaico per antiquum. Antiqua è l'antichità e con antiqui si intendono "gli antichi".
vetus (v.476)= Significa vecchio. I veteres sono gli antenati.
ATTO TERZO:
Atto di tre scene.
Compare qui l'usuraio Misargiride che, tempo prima, aveva prestato del denaro a Filolachete. Misargiride incontra Tranione e Teopropide. Ovviamente quest'ultimo è ignaro del prestito. Tranione ad ogni modo fa credere a Teopropide che i soldi
prestati al figlio erano stati impegnati per l'acquisto di una casa nuova. La casa nuova sarebbe quella del vicino Simone (ignaro di tutti questi fittizi e ponderati traffici commerciali).
Di questo atto riporto soltanto una frase di Simone, il vicino di casa di Teopropide (v.726):
SIMONE: Vita quam sit brevis, simul cogita.
(=Pensa a quanto è breve la vita!).
Le riflessioni sul tempo e sulla brevità e precarietà della vita abbondano in epoca greca e romana. Basti pensare intanto ad Asclepiade di Samo, poeta ellenistico (nato a Samo nel 305 a.C.), che scriveva δάκτυλος ἀώς e dunque, "la vita è breve come un dito".
O anche Seneca, nel suo De Brevitate vitae: la vita umana non è breve. Siamo non incapaci di sfruttare e di impiegare bene il tempo che ci è stato dato.
E poi il diabolico Tranione dice a Simone che Teopropide vuole visitare la sua casa per prenderla a modello in modo tale da poter fabbricare un gineceo.
ATTO IV, SCENA QUARTA:
Atto costituito da cinque scene.
Fanisco e Pinacio sono i servi di Callidamate, amico e compagno di bevute di Filolachete. I due servi cercano di entrare nella casa di Filolachete ma non ci riescono. Nell'incontrarli, Teopropide comprende di essere stato ingannato da Tranione.
Riporto la parte che comprende i versi 956-969:
FANISCO: Habitat profecto: nam heri et nudius tertius,
quartus, quintus, sextus, usque postquam hinc peregre eius pater
Abiit, numquam hic triduum unum desitumst potarier.
(= Ci abita, invece: infatti ieri, l'altro ieri e l'altro ieri ancora, e l'altro e l'altro, da quando suo padre è partito, qui non si è mai stati tre giorni di fila senza bere!)
TEOPROPIDE: Quid ais?
(=Che dici?)
FANISCO: Triduum unum est haud intermissum hic esse et bibi,
scorta duci, pergraecari, fidicinas, tibicinas ducere.
(=Dico che qui non si è mai stati tre giorni di fila senza mangiare e senza bere, senza affittare meretrici, senza divertirsi, senza affittare suonatrici di lira e di flauto).
TEOPROPIDE: Quis istaec faciebat?
(Chi faceva tutto questo?)
FANISCO: Philolaches.
(=Filolachete)
TEOPROPIDE: Qui Philolaches?
(=Quale Filolachete?)
FANISCO: Quoi patrem Theopropidem esse opinor.
(=Quello che ha per padre Teopropide).
TEOPROPIDE: Ei mihi occidi
si haec hic vera memorat. Pergam porro percontarier.
Ain tu istic potare solitum Philolachem istum, quisquis est,
cum ero vostro?
(=Egli mi uccide, se tutto questo è vero. Continuiamo a fargli domande. Tu dici che questo Filolachete, chiunque sia, ha l'abitudine di bere qui, con il vostro padrone?)
FANISCO: Hic, inquam.
(=Qui, ti dico).
scorta (v.961)= Da scortum, "meretrice".
occidi (V.965)= Da occido, occidere e quindi, "cadere in rovina, morire, uccidere". Il supino attivo è occasum, da cui deriva occasus: tramonto. Occidio significa, naturalmente, "uccisione, omicidio".
Teopropide fa fatica a credere che suo figlio sia come Fanisco racconta. Ma è proprio in questo punto della commedia che inizia a crollare il meraviglioso castello di bugie costruito dall'architetto Tranione. Anzi, per dirla tutta, il castello di fandonie crolla totalmente nella quinta scena, quando Teopropide incontra Simone che sta rientrando in casa. "Tu hai ricevuto quaranta mine da Filolachete. Avete combinato un affare". "Cosa?! Quale affare? Tuo figlio avrebbe fatto un affare con me mentre tu non c'eri?".
ATTO V, SCENA SECONDA:
Teopropide, oltremodo arrabbiato, vorrebbe torturare Tranione. Il dialogo conclusivo fra Tranione, Teopropide e Callidamate convince Teopropide a perdonare sia il figlio che Tranione.
Ricopio e traduco una battuta di un Tranione un po' sconcertato dal fatto che Teopropide abbia scoperto tutti i suoi inganni (v.1071-1074):
TRANIONE: O mortalem malum!
Alter hoc Athenis nemo doctior dici potest.
Verba illi non magis dare hodie quisquam quam lapidi potest.
Adgrediar hominem, appellabo.
(=Oh, maledetto! Non si può dire che ad Atene ci sia qualcuno che la sa più lunga. Oggi sarebbe più semplice raccontare frottole ad un sasso che a lui. Mi avvicinerò e gli parlerò).
alter (v.1072)= Alter è "altro fra due", alius invece "altro fra molti".
lapidi (v.1073)= da lapis, e dunque, "pietra, sasso".
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CONCLUSIONE FATTA DI BREVI RIFLESSIONI:
A) Questa commedia antichissima ci fa riflettere su un padre che, per la maggior parte della rappresentazione, ha un'alta opinione del figlio e nutre molta stima nei confronti di Tranione, Per questo dunque crede ciecamente a tutto ciò che il servo gli dice, anche all'assurdità del fantasma dentro casa.
B) Ricordo che nelle commedie di Plauto di solito i giovani si scontrano con i valori che l'educazione paterna, autorità che controllerebbe la loro libido (anche sessuale). Per di più, il servo di casa è spesso complice del giovane e non del vecchio. Per l'appunto, è il servus callidus, astuto.
C) Monsieur Goriot è un padre abbandonato e non amato dalle figlie. E' una figura drammatica che purtroppo è cosciente anche in punto di morte, visto che, da infermo, con le poche forze che gli restano, afferra il braccio di Rastignac e quello di Bianchon e dice: "Angeli miei!". Gli unici che gli hanno voluto bene, che comprendevano la sua bontà in un mondo cinico che non ricambia affatto la generosità. Teopropide è un padre ingenuo, credulone. Però è anche un padre ingannato. Ciò che mi sorprende è anche il mancato dialogo fra Teopropide e Filolachete. Non esistono in tutti i 1100 versi battute di dialogo scambiate fra padre e figlio.
D) Questa è anche una commedia sulla bugia. Sulla menzogna che, nei rapporti umani, non porta a nulla: rovina le amicizie, allontana la confidenza fra genitori e figli e in alcuni casi fa sbollire l'interesse verso una persona. Tanto prima o poi la verità viene a galla: il castello di balle, anche virtuali, è fatto di porcellana, non di mattoni.
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