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25 aprile 2024

LA POETICA DI OKSANA STOMINA: IL TRAUMA DELLA GUERRA E IL SOGNO DI UNA "RICOSTRUZIONE"

"Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo"

(Salvatore Quasimodo)

Recentemente io e Matthias abbiamo condiviso la lettura della raccolta di poesie intitolata Lettere non spedite di Oksana Stomina, attivista per i diritti umani che, dentro di sé, desidera la fine degli orrori in Ucraina. Riportiamo alcune di queste poesie con le nostre riflessioni e quelle di Matthias sono naturalmente distinte con il colore rosso.

Ho avuto modo di conoscere l'autrice dopo aver partecipato ad una toccante presentazione di questo suo libro, ancora alla fine dell'autunno.

La mediatrice dell'evento culturale era Marina Sorina, scrittrice e giornalista ucraina originaria di Charkov, interprete e traduttrice, in Italia dal 1995. Vorrei iniziare questo post riportando alcune sue frasi che fungono da introduzione alla raccolta:

(Oksana Stomina) ha ereditato dai genitori l'amore per la scrittura: suo padre scriveva prosa e la madre, invece, si dedicava alle poesie d'infanzia. Dall'alto della sua casa, affacciata sul Teatro dell'opera, Oksana ammirava Mariupol. Ne decantava la bellezza nelle sue poesie e cercava i luoghi storici da valorizzare. Tutto è cambiato con l'arrivo del 2014, quando la città è stata presa di mira dai primi bombardamenti russi. Oksana non ha voluto migrare verso le zone più sicure: si sentiva come una guardiana della città, costretta a restare per aiutare gli altri. Come volontaria era testimone oculare delle conseguenze della guerra grazie ai suoi contatti con gli abitanti della zona di combattimento e ai profughi. (...) all'alba del 24 febbraio 2022, Oksana è rimasta in città, a fianco di suo marito, Dmytro Pascalov, per aiutare le prime vittime dei bombardamenti. Stando in un rifugio, ha cominciato a prendere i primi appunti per un diario in prosa: lo faceva al buio completo, perché in assenza di elettricità, mancavano non solo le pile ma anche le candele. A metà marzo, con l'aggravarsi della situazione, ha dovuto andarsene, su insistenza del marito, per poter portare la sua testimonianza al mondo. Così, per dirlo com le sue parole, la sua casa è diventata la sua valigia.

Al contrario del detto "quando parlano i cannoni, le muse tacciono" Oksana Stomina, come d'altronde la maggior parte dei poeti ucraini, non è rimasta in disparte. E' riuscita a conciliare il lirismo intimistico con un pathos civico che cerca di svegliare le coscienze. 

"Lettere non spedite" è rivolta a suo marito, rimasto intrappolato, insieme ad altri civili e militari, dentro l'acciaieria di Azovstal. Seguendo l'ordine del presidente Zelenskyi, il 18 maggio del 2022, le persone rimaste vive dentro i sotterranei dell'acciaieria, sono uscite per consegnarsi alle autorità russe, con le garanzie della Croce Rossa che aveva l'incarico di assicurare l'osservanza della convenzione di Ginevra. Da allora, di Dmytro non si hanno più notizie.

Il linguaggio poetico di Stomina, limpido e lucido, fissa i piccoli dettagli, presenze vitali, doni della natura o frangenti di quotidianità che acquistano un significato sinistro nel contesto della guerra (...) la narratrice ascolta il proprio dolore, ne prende atto e lo trasforma in energia di indignazione di fronte agli insensati crimini di guerra.

(dalla prefazione di Marina Sorina)

17 aprile 2024

"Le cose che ci salvano", L. Gentile:

Questo libro è stato un altro regalo di Matthias. Mi ha detto che alcuni aspetti del modo di essere  della protagonista Gea gli ricordavano me.

"Non possiamo evitare gli ostacoli, né pensare di non fallire mai, ma i nostri limiti sono la nostra ricchezza: ci dicono chi siamo e dove  possiamo arrivare se troviamo il coraggio. Raccontano la nostra storia e ci aiutano a scrivere il seguito.

Sbagliamo, a volte per proteggerci, altre per farci spazio, facciamo del male agli altri, spesso a noi stessi, non riusciamo a lasciar andare il passato, manchiamo il presente, perdiamo la speranza nel futuro, ma sappiamo anche ascoltarci, tenderci la mano, credere in un progetto e, magari, provare a realizzarlo. In qualsiasi caso, esserci l'uno per l'altro. Queste, ora lo so, sono le cose che ci salvano."

(Eccovi uno degli estratti più significativi di questo romanzo).

TRAMA:

Gea vive da sola in un quartiere di Milano vicino ai Navigli, all'interno di un appartamento che, fino a cinque anni prima, era della nonna paterna.

Ha 27 anni e aggiusta oggetti, crede nel riciclo e nell'economia di quartiere, non nel consumismo. Fa origami, le piacciono le poesie e gli aforismi.

Una mattina, quando la serranda rossa di una vecchia bottega rimasta chiusa per anni e chiamata "Nuovo Mondo" si rialza, nella vita di Gea inizia a cambiare qualcosa... il locale infatti è stato rilevato da un'agenzia immobiliare che vuole venderla all'asta il prima possibile.

Il negozio vintage apparteneva alla signora Dorothy, originaria del Regno Unito, donna energica e appassionata nel corso della sua vita.

Riuscirà Gea a salvare il "Nuovo Mondo" da un antipatico e scorbutico tabaccaio che vuole trasformarlo in un locale di slot machines? Troverà delle alleate che la sosterranno nel realizzare questo suo sogno?

2) TEMI DEL ROMANZO:

Vorrei illustrarveli attraverso alcune citazioni.

-Le relazioni:

C'è chi passa le giornate sulla circonvallazione trascinando dietro borse di tutti i tipi con dentro la propria vita perché non ha più dimora; gente risucchiata dalla metropoli e poi sputata via. Sono soli e abitudinari come fantasmi. Hanno sempre una storia da raccontare. Lo so da Angelina, perché quando passano dalla sua tavola calda, "Il Nulla", lei rimane ad ascoltarli. E' un modo per farli tornare ad esistere, le ho fatto notare un giorno, e lei era d'accordo.

A volte, quando trascorro un'intera giornata senza che qualcuno mi abbia guardato negli occhi, me lo chiedo, se sono ancora al mondo. Se un albero cade nella foresta e nessuno lo sente, fa rumore? Io penso di no: il mondo non può esistere se non c'è nessuno a percepirlo.

In questo passaggio si rileva l'importanza degli sguardi in qualsiasi relazione quotidiana.

L'ascolto può essere sia attivo che passivo: è attivo quando si presta attenzione anche al linguaggio non-verbale dell'altro, a come dice ciò che dice, mettere a tacere eventuali pregiudizi.

Non è detto che l'ascolto passivo sia sempre negativo. In ogni caso implica l'accogliere le frasi dell'altro con pazienza e senza interrompere.

Tuttavia essenziale è lo sguardo sull'altro mente si interagisce, dal momento che ascoltare significa accettare e creare empatia.

Quanto siamo capaci di ascoltare?

-L'ambiente cittadino:

Milano si annunciava già nelle campagne circostanti. Grappoli di palazzi e stabilimenti ti saltavano incontro. Dopo la barriera ho preso a guardare in su, verso il cielo, perché a Milano si abitava anche lì, al trentesimo piano, e forse più in alto ancora. Ho sorriso ripensando a Bianciardi e ai suoi sopralluoghi nel "torracchione". "La vita agra" era uno dei pochi film che piacevano pure a papà: ce lo aveva fatto vedere più volte per spiegarci che la città corrompe ogni desiderio, promettendo il successo e la ricchezza per poi lasciarti solo e svuotato. In città perdi te stesso, diceva.

Accenno al fatto che La vita agra è anche un romanzo, pubblicato all'inizio degli anni '60, in cui l'autore critica con ironia amara l'espandersi dei centri commerciali, luoghi anonimi che, al contrario delle piccole botteghe, non favoriscono le relazioni tra clienti e operatori.

Ad ogni modo, in questo passo Gea vede la città di Milano per la prima volta quando, con i genitori e il fratello maggiore, vanno a visitare la nonna. E' già un'adolescente. la ricchezza, l'ambiente cittadino e il consumismo moderno-contemporaneo sono in contrapposizione con uno stile di vita semplice e frugale.

Tuttavia uno stile di vita da completi isolati dalla società civile è preferibile? La dimora in aperta campagna in un luogo montuoso in cui Gea è vissuta per molti anni si chiamava "La Rocca".

Questa domanda mi permette di introdurre un personaggio problematico: il padre di Gea.

-Il padre di Gea:

Non ci avrebbe cresciuto, aggiungeva nostro padre, come i nostri coetanei, schiavi inconsapevoli della Terribile Illusione, di una società del consumo dove non si pensava più, non si sapeva più fare niente, non si poteva essere se stessi, solo semplici varianti di un modello base.

Si tratta indubbiamente di una figura autoritaria (io direi anche "un pazzo") che quotidianamente mette alla prova i due figli applicando le sue idee assurde per accrescere la loro determinazione, la loro capacità di riflettere e la loro forza interiore: farli rimanere per un giorno intero senza bere, abbandonarli nel bosco affinché trovino da soli la strada di casa, rinchiuderli per ore nel pensatoio, stanza buia, ogni volta che davano una risposta che a lui non piaceva o che si dimostravano incapaci di trovare una soluzione ad un problema:

Il tempo nel pensatoio non passava mai. Non mi veniva in mente niente, chiusa là dentro. Era come non esistere. Era peggio di morire.

Diversi sono i capitoli in cui l'autrice sviluppa vari flashbacks sull'infanzia e sull'adolescenza di Gea.

-Il tempo, il rapporto presente-futuro e la vita:

Sono temi che compare in diverse pagine del romanzo anche attraverso citazioni di Ursula Le Guin (scrittrice), Charlie Chaplin (attore e regista). Ecco a voi alcuni esempi:

a) Rifiutare la morte significa rifiutare la vita. Ripenso alla Rocca. A come abbiamo vissuto per tanti anni, architettando sempre nuovi modi per sfuggire alle fatalità.

b) Il tempo è un grande autore. Trova sempre il finale giusto.

c) Il mondo ci ferisce, il futuro è incerto, ma il presente è tutto ciò che abbiamo, e allora ti chiedo: perché non provare?

Onestamente, quanto siete d'accordo con la citazione c)? Il presente secondo me è il tempo che ci scorre sotto il naso ad ogni secondo, ma non possiamo permetterci di vivere alla giornata. Vivere nel rimpianto e nella memoria nostalgica del passato è struggimento, vivere attendendo solo il futuro è spreco di sé. Vivere confidando solo nel presente è mancanza di ideali, di progetti e di valori.

d) La mia vita è quella che ho vissuto, non quella che immaginavo.  Il possibile ci sembra sempre meglio di ciò che abbiamo, ma ciò che abbiamo è reale: è questo il suo vero valore.

e) Le persone sono semi. Ognuna ha dentro di sé tutto ciò di cui avrà bisogno al momento opportuno, il suo vero destino ha già sedimentato nell'intimo. Non importa quanto tempo ci vuole: il momento della crescita, alla fine, arriva.

3) CARATTERIZZAZIONE SINTETICA DEI PERSONAGGI: 

Dai, ci ritornerò sull'argomento dell'Enneagramma, (peraltro già accennato altre volte nei mesi e negli anni scorsi), con un progetto estivo.

Quanti di voi sanno che l'Enneagramma ultimamente viene utilizzato anche dai recruiter al fine di trovare figure professionali idonee a svolgere determinate mansioni per soddisfare delle precise esigenze aziendali?

Ad esempio, sia un E9 sia un E1, se sono entrambi di livello sano, hanno spesso una buona predisposizione per attività di back office o, al progredire di carriera, per mansioni di coordinamento, mentre un E3 è tendenzialmente portato per le vendite e il marketing. L'E3 viene spesso considerato idoneo ad iniziare attività imprenditoriali ma ciò non toglie che anche un E8 e un E9, se sani e maturi, possano divenire ottimi imprenditori.

Invece sia gli E2, gli E6 di livello sano e anche gli E7 di livello sano sono considerate personalità adeguate per svolgere attività di reception, di front office e di segreteria amministrativa.

Poi, è sempre bene dapprima cercare di comprendere le caratteristiche principali, fragilità comprese, di tutti gli Enneatipi. 

Mi affascinano particolarmente i meccanismi della triade istintiva (E8, E9, E1) e le loro differenti modalità di rapportarsi con la rabbia.

Però anche le "ali" sono importanti a mio avviso, e condizionano nel profondo la personalità di molti di noi. Quasi tutti hanno un'ala decisamente più sviluppata dell'altra.

Un E9w8 è molto diverso da un E9w1: il primo infatti è assertivo, ha un modo di esprimersi sintetico, chiaro e diretto, è forte e indipendente ed è più in contatto con la sua rabbia, il secondo invece è tendenzialmente introverso, decisamente mite, conciliante, paziente, autodisciplinato, serio.  

La mia struttura è una personalità molto complessa, è un Enneatipo mentale (alla fine sono E6w5) ma vado in genere molto d'accordo con i Nove e con gli Uno. 

Avere questi ultimi come colleghi è un piacere tra l'altro: collaborazione equa, rapporti chiari, responsabilità ben suddivise, interdipendenza.

Dei Nove adoro la loro grande capacità di ascolto, la loro pazienza, la loro larghezza di vedute. C'è solo una loro caratteristica che di loro mi piace molto meno: pur di mantenere la loro maschera di persone concilianti non prendono una netta posizione per difendere qualcuno in un conflitto... l'Uno invece lo fa, con l'Uno fai squadra (almeno io) soprattutto se anche tu prendi le sue difese.

Il modo degli E1 di correggere chi amano o coloro a cui vogliono bene veramente è piacevole... Non è vero che io non sono in grado di accettare critiche: da loro le accetto eccome, visto che quando me le rivolgono mi trattano come un'essere umana e non come una minorata o come un animale da deridere o a cui sbraitare dietro!! 

Tuttavia, molto meglio non vederli infastiditi: l'E1 reprime le sensazioni di rabbia diventando un blocco di ghiaccio (irrigidendosi anche fisicamente) che o sentenzia oppure vomita commenti sarcasticiLa rabbia è la loro emozione invalidante. 

E comunque, anche quando si esprime con toni irritati a proposito di quel che non è andato bene o che bisogna migliorare, in ciò che dice trovo sempre una buona parte di ragione.

Alla fine credo che il modo di essere di Matthias sia più vicino all'Uno che non al Nove.

Come me, l'E1 ama la ricerca della verità. 

GEA (E6) = Insicura, diffidente, sempre sul chi vive ma leale, onesta, riflessiva e dotata di senso pratico.

ADELAIDE (E7)= Ottimista, estroversa, vivace, fiduciosa nella realizzazione dei progetti.

PRISCILLA (E1)= Avvocatessa divorziata. Si presenta come una signora molto ordinata, molto seria, affidabile e precisa.

ANGELINA (probabile E9)= Generosa, conciliante, solidale con gli altri, mite ma passivo-remissiva con il marito.

ACHILLE (probabile E5)=  Ragazzo che vive nello stesso condominio di Gea e Adelaide. E' solitario, introverso, studioso analitico, sensibile.

11 aprile 2024

"Una vita", G. De Maupassant:

"La vita, vedete, non è né così bella né così brutta come si crede".

(Cit. tratta dal romanzo)

CONTENUTI ROMANZO:

Una vita è stato scritto da Guy De Maupassant e la prima pubblicazione risale al 1883. Si tratta di un'opera appartenente alla corrente del Verismo francese.

Vorrei recensire questo romanzo, che è una lucida indagine socio-morale della Francia del secondo Ottocento, approfondendo i personaggi principali.

Sicuramente non è un libro che narra la vita felice di una donna realizzata, tuttavia mi è piaciuto molto: Guy De Maupassant scrive divinamente, secondo me aveva proprio talento! Descrive molto bene i paesaggi e la natura ma è eccellente anche nel delineare gli stati d'animo dei suoi personaggi. Ve lo consiglio!

Uno dei temi fondamentali è proprio la disillusione come conseguenza di un grande sogno disatteso.

GIOVANNA:

Giovanna (Jeanne) è la protagonista ed è l'unica figlia del barone Simone Le Perthuis. All'inizio della storia è una diciassettenne piena di speranze per il futuro. Appare infatti gioiosa e spensierata, sogna un matrimonio felice e romantico.

La madre della ragazza appare sin dal primo capitolo una donna malaticcia e anche un po' insignificante che scompare quando la figlia è sposata da poco. La morte della figura materna porta alla luce dei segreti sconcertanti: infatti la figlia scopre che, quando era molto giovane, per diversi anni, sua madre ha tradito il barone Simone con un altro uomo.

Giovanna è stata istruita nel Collegio Religioso del Sacro Cuore. 

Il romanzo inizia nel momento in cui, concluso il suo percorso di istruzione, Giovanna va a vivere con i genitori ai Pioppi, residenza della famiglia vicina alla località marittima di Yport, paese che si trova nell'attuale Normandia.

Dopo soli tre mesi di fidanzamento decide di sposarsi con il giovane Giuliano De Lamare (Julièn), figura da lei idealizzata. 

I capitoli relativi al fidanzamento con Giuliano dovrebbero far riflettere i lettori sul verbo idealizzare.

Per l'Enciclopedia Treccani l'atto di idealizzare comporta "l'attribuire alle cose reali un'idea di bello e di bene che è nella propria fantasia o nelle proprie aspirazioni".

Il Dizionario Garzanti ne dà una definizione simile: "idealizzare significa attribuire a persone o cose una perfezione ideale".

Durante la lettura di questo libro ho pensato alla frase di una canzone di Ligabue che ormai avrà 10 anni: "Sono sempre i sogni a dare forma al mondo, sono sempre i sogni a fare la realtà".

I sogni fanno la realtà quando sono concreti, quando le persone a cui essi appartengono sanno essere realiste e anche consapevoli dei "lati ombrosi" della vita come i sacrifici, le salite e le difficoltà. 

I sogni fanno la realtà quando gli obiettivi prefissati non sono imperniati da idealizzazioni o mitizzazioni, altrimenti a lungo andare divengono fumo.

Anche la Jeanne adolescente sogna ad occhi aperti e, poco prima dei diciott'anni, fa una scelta che in pratica le rovina la vita, ma questo aspetto lo approfondisco meglio nel paragrafo dedicato a Rosalia.

GIULIANO DE LAMARE:

Il matrimonio con Giuliano si rivela fin da subito infelice dal momento che si dimostra un uomo egoista, insensibile, irascibile e meschino. Inoltre, il giovane ha pessimi rapporti con il suocero Simone ed è anche un marito infedele dal momento che tradisce la moglie dapprima con la serva Rosalia e poi con la contessa Gilberta, la migliore amica di Giovanna.

Con De Lamare la sofferente protagonista del romanzo ha due figli: Paolo e una bambina nata morta proprio nel giorno della morte del padre. Giuliano infatti viene ucciso dal furioso consorte di Gilberta che, in un pomeriggio primaverile, li coglie sul fatto.

IL FIGLIO PAOLO:

Si tratta di un bambino molto viziato dalla madre ed eccessivamente protetto. In effetti Giovanna ha per lui un attaccamento molto morboso oltre che iperprotettivo: rifiuta per un po' di tempo di mandarlo a scuola per paura di separarsene. Su questo pensiero ovviamente il nonno Simone non è d'accordo: il barone infatti desidera fortemente che il nipotino divenga una persona istruita, visto che la cultura per quest'uomo è simbolo di "pensiero critico". E infine il barone la spunta: al compimento dei 15 anni Paolo (Paolino) viene finalmente inviato in un collegio cittadino. 

Tuttavia il ragazzo si rivela decisamente svogliato e molto problematico. Non completa il ciclo di studi e, intorno ai vent'anni, inizia a condurre una vita disonesta e immorale, trasferendosi per alcuni anni in Inghilterra e contattando la madre solo per questioni di saldo di debiti.

Alla fine del romanzo Paolo va a convivere con una prostituta che dà alla luce, morendo, una bambina.

ROSALIA:

Giovanna e Rosalia sono cresciute insieme, d'altronde, Rosalia era figlia di due domestici di casa Le Perthuis ed è appena più grande della protagonista.

Eppure Rosalia viene sedotta da Giuliano. Non appena Giovanna scopre questo primo tradimento del marito, si dispera follemente: la notte della dolorosissima scoperta esce di casa correndo disperata in mezzo alle campagne piene di neve fino alla riva del mare. E così si ammala gravemente, ma riesce a guarire.

Nel frattempo il barone Simone si occupa di sistemare Rosalia: non la caccia dalla propria dimora; piuttosto, le trova un coniuge disposto a contrarre matrimonio con lei e, oltre a ciò, riesce ad acquistare per loro una casa nella quale vivere con il figlio di Rosalia.

Rosalia e Giovanna si incontrano dopo vent'anni, tra l'altro proprio al funerale del barone Simone.

In vent'anni Rosalia appare molto maturata: aiuta Giovanna ad amministrare le finanze della residenza dei Pioppi e quindi si rivela una donna di grande senso pratico oltre che saggia, volitiva e decisa.

"Non bisogna ridere, signora, perché senza denari non ci son più che i tangheri e i villanacci".

Il matrimonio di Rosalia è andato bene. Quando la protagonista del romanzo le dice: "Tutto è andato male per me. La fatalità si è accanita contro di me", l'energica Rosalia ribatte: "Non bisogna dir queste cose. Voi siete stata maritata male, ecco tutto. Non ci si marita a quel modo, senza conoscere bene chi si prende".

Per buona parte del libro, da lettrice, ho solidarizzato con l'enorme sofferenza di Giovanna, insultando mentalmente e pesantemente Giuliano. 

Ma l'affermazione di Rosalia appena citata mi ha "svegliata" per due motivi: primo perché mi sono ricordata di alcuni passaggi del romanzo in cui De Lamare, da fidanzato, dimostra indifferenza verso gli stati d'animo della protagonista e, in secondo luogo, quel matrimonio con Giuliano non le è mai stato imposto. Lei si è gettata a capofitto in un'idealizzazione tardo-adolescenziale a senso unico ma, ad ogni modo, resta il fatto che i comportamenti di Giuliano non possono essere giustificati o banalizzati.

Ma all'interno di questo libro c'è un personaggio completamente positivo?

IL BARONE SIMONE:

Nemmeno lui è totalmente positivo dal momento che, a sua volta, ha tradito la moglie con qualche "avventuretta" passeggera.

Pur essendo un uomo del suo tempo, gli ho riconosciuto diverse qualità: la gentilezza nei confronti dei servitori, modalità di trattamento non così scontata da parte dei nobili, l'amore sincero che prova per la figlia, l'importanza che dà alla cultura e all'istruzione.

Certo, educa sua figlia a sottomettersi ai desideri sessuali di Giuliano secondo un'ottica indubbiamente maschilista, del tipo: "Tu appartieni interamente a tuo marito".

Per me invece un rapporto, indipendentemente dal fatto che sia completo o di "petting", quando non è consensuale è stupro e toglie dignità ad una donna.

IL "PROBLEMA SESSUALITA' " NEL ROMANZO:

Anche questo è un tema importante in quest'opera.

Il personaggio più negativo in assoluto è l'abate Tolbiac... un "ministro di Dio" sconcertante, scandaloso, con una moralità tossica impiegata per condannare, per imprecare contro gli sbagli dei fedeli, per denunciare apertamente durante le omelie e le funzioni gli amanti clandestini.

C'è un episodio che disgusta la nostra protagonista: quando il religioso massacra una cagnolina che ha appena partorito. Di conseguenza solo uno dei sei cuccioli sopravvive e viene chiamato Massacro dal barone Simone.

L'Abate Tolbiac ha un rapporto patologico con la sessualità e l'affettività, e non è certo l'unica figura religiosa del passato che considera la procreazione e i rapporti come qualcosa di sporco. 


5 aprile 2024

La chiesa di San Giorgio in Braida, una pinacoteca sulle rive dell'Adige:

 Una galleria di buoni quadri, tutte pale d’altare, 

anche se non dello stesso valore, tutte notevoli. 

(Scipione Maffei).

La chiesa di San Giorgio in Braida si trova presso il lungadige Re Teodorico, sulle rive del fiume Adige.

1. LA LEGGENDA DI SAN GIORGIO CAVALIERE:

San Giorgio era un soldato romano vissuto nel III° secolo d.C., durante il governo dell'imperatore Diocleziano.

Secondo una leggenda, San Giorgio è l'eroe che ha salvato una principessa dalla ferocia di un drago. 

In epoca medievale infatti, i cavalieri vedevano in questo santo l'incarnazione dei loro ideali dal momento che il combattimento tra un cavaliere e un drago simboleggiava la lotta tra il Bene e il Male. 

Dunque, se il drago era l'emblema del Male, la principessa era il simbolo della Chiesa che i cavalieri cristiani erano tenuti a difendere.

2.SINTESI DELLE PRINCIPALI FASI STORICHE DELLA CHIESA:

La chiesa di San Giorgio in Braida esisteva già nel XI° secolo come monastero benedettino. Tuttavia, dell’epoca romanica, rimane solo la base del campanile in tufo.

Nel XV° secolo la comunità dei canonici veneziani di San Giorgio in Alga ha indetto per questo edificio sacro un progetto di profondo rinnovamento architettonico. In questo periodo storico Verona era soggetta al dominio politico ed economico della Repubblica di Venezia.


San Giorgio in Braida è dunque una chiesa emblema di un “Rinascimento in riva all’Adige”, un tentativo di riforma morale e spirituale interno alla Chiesa cattolica che per la comunità di San Giorgio in Alga era troppo esposta agli interessi mondani.

3.IL TOPONIMO BRAIDA:

Ragioniamo innanzitutto sull'ubicazione di questa chiesa. 

San Giorgio in Braida si trova a pochi minuti di distanza da Ponte Garibaldi che porta al centro storico di Verona. Tuttavia, questo edificio religioso è molto vicino al quartiere di Borgo Trento. 

Accanto alla chiesa c'è il Forte dedicato a San Giorgio, una struttura con piccole stanze non pavimentate e costituita da gallerie sotterranee. Durante la seconda guerra mondiale, nelle notti in cui avvenivano i bombardamenti aerei, una parte della popolazione di Borgo Trento e alcuni abitanti del centro storico si rifugiavano all'interno del Forte che attualmente è la sede Scout del gruppo di cui anche Matthias fa parte. Oltretutto, la seconda domenica di ogni mese, un gruppo parrocchiale di San Giorgio in Braida organizza visite guidate presso il Forte seguite da un pranzo in condivisione.

La zona in cui è stata eretta San Giorgio in Braida era denominata, nei secoli scorsi, "pradonego", ovvero, "prato del fisco".

Il toponimo Breit deriva dalla lingua dei Longobardi. La parola veniva impiegata per definire un prato recintato appena al di fuori dalle mura cittadine.

4.LA FACCIATA:

Questa è la facciata che a noi, uomini e donne del XXI° secolo, rimane di questa chiesa. Come potete constatare, non ha nulla di medievale. 

Si suppone che sia stata progettata da Paolo Farinati. La sua costruzione è iniziata nel corso del Cinquecento ed è stata completata a metà Seicento.

E’ in stile rinascimentale classico costituito da lesene e capitelli ionici e corinzi. In alto c’è una finestra seriana.

Gli elementi più importanti sono le nicchie con le statue di San Giorgio e di San Lorenzo Giustiniani. Quest'ultimo è stato l’ispiratore della comunità di San Giorgio in Alga.

5. L'INTERNO DELLA CHIESA:

L’unica navata è scandita da tre lesene ioniche.



Il soffitto è costituito da volte a botte sostenute da muri contrafforti perpendicolari alla navata. L’innalzamento della cupola è stato progettato da Michele Sanmicheli.

Vi sono otto altari laterali in marmo bianco e, al di sopra di ognuno di essi, una pala d’altare.

Il pavimento della Chiesa è a labirinto, simbolo di un itinerario tortuoso ma destinato ad approdare, a fine navata, davanti a tre stelle a sedici punte che riconducono a FEDE, SPERANZA E CARITA'


6. ALCUNI DIPINTI:

6.1) "MADONNA DELLA CINTURA", DI GIROLAMO DAI LIBRI:


In quest'opera la Vergine fa cadere la cintura per ricordare agli Apostoli che, dopo la sua Ascensione al Cielo, sarà comunque sempre legata a loro.

Dietro la Madonna c’è sia un albero con le mele che ricorda il Peccato Originale sia una pianta di limoni, simbolo sia di vita sia dell’asprezza che Gesù dovrà affrontare nei suoi ultimi tre anni di vita.

Sullo sfondo si intravede un limpido paesaggio primaverile montuoso.

A sinistra della Madonna troviamo San Lorenzo Giustiniani e a destra San Zeno, patrono della città di Verona.

6.2) "SANT'ORSOLA CON LE UNDICIMILA VERGINI":

Questo dipinto, realizzato intorno al 1545 da Giovan Francesco Caroto, è collocato al di sopra del primo altare a sinistra.

Sant'Orsola, vissuta in piena epoca medievale, è stata martirizzata dagli Unni.

Lo sguardo di Sant’Orsola, figura al centro della composizione, è rivolto verso il Cielo e quindi verso Cristo. Sullo sfondo c’è una schiera in processione.

6.3) "LA PENTECOSTE":

Quest'opera, situata a destra al di sopra del terzo altare, rappresenta la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli e sulla Madonna raccolti in preghiera al cenacolo. 

Molto probabilmente questa tela è stata realizzata da Domenico Robusti all'inizio del XVII° secolo.

La colomba bianca in alto è simbolo dello Spirito Santo, stagliata nel mezzo di un cerchio giallo-oro attorniato dal rosso, colore che rimanda alle lingue di fuoco.

6.4) MADONNA CON IL BAMBINO IN GLORIA:


Questa pala è stata realizzata nel 1540 dal pittore Alessandro Moretto ed è collocata nella zona dell'attuale organo. 
E' possibile suddividere la composizione dell'opera in due metà: nella parte superiore è stata raffigurata la Madonna con il Bambino. Il largo mantello di Maria è tenuto aperto ai lati da piccoli angeli. Il cielo è pieno di nubi vaporose.
Nella zona inferiore troviamo invece, in primo piano da sinistra a destra, Santa Caterina di Alessandria, Santa Lucia, Santa Cecilia, Santa Barbara e Sant'Agnese. Sempre in basso, scorgiamo alcune architetture simili a torri in rovina, come quella a destra, o a colonne.

7.IL PRESBITERIO:

Dietro l'altare è stato collocato un dipinto di Paolo Veronese realizzato nel 1564 che raffigura il martirio di San Giorgio.

Si tratta di una pala commissionata dai monaci di San Giorgio in Alga.

In basso vediamo i soldati che stanno per eseguire la condanna mentre San Giorgio, senza armatura, volge gli occhi verso l’alto.

In cielo sono raffigurati la Madonna con i Santi Pietro e Paolo e tre donne, simboli delle tre virtù teologali.

L’angelo che sta per porre la corona del martirio funge da raccordo tra la parte bassa e la parte alta del dipinto.



Ai lati dell'altare maggiore vi sono altri due dipinti: La moltiplicazione dei pani e dei pesci realizzata da Paolo Farinati e La caduta della manna nel deserto di Felice Brusasorzi.


8. L'OPERA NELLA CONTROFACCIATA:

Al di sopra della porta principale d’ingresso troviamo il “Battesimo di Cristo", opera attribuita a Jacopo Tintoretto.

La colomba inondata di luce è simbolo dello Spirito Santo mentre la figura di Cristo è in torsione e in penombra. L’agnello vicino al Battista anticipa il Suo sacrificio.


9. LA CAPPELLA DEL CROCIFISSO:

Collocata a sinistra della navata, questa cappella, spesso chiusa al pubblico, ha le pareti piene di piccoli quadri in legno realizzati tra Settecento e Ottocento per grazia ricevuta.


10. IL CHIOSTRO:


Si tratta di un chiostro cinquecentesco fatto costruire dai canonici di San Giorgio in Alga che si erge sul lato meridionale della Chiesa.

La struttura è rettangolare con colonne di ordine ionico (ad eccezione del lato nord dove le colonne sono di ordine dorico) in calcare bianco veronese.




28 marzo 2024

"MONTY PYTHON E IL SACRO GRAAL"- FILM UMORISTICO SUI CAVALIERI MEDIEVALI:

Film strano, visto rigorosamente in lingua inglese. 

A Matthias piace molto l'umorismo inglese, a me non dispiace, in fin dei conti lo trovo leggero e al contempo arguto, ma non mi fa impazzire.

Monty Python e il Sacro Graal è un film assurdo appartenente al genere dello humor inglese, liberamente ispirato alla letteratura del ciclo bretone. 
E' il film più conosciuto dei Monty Phyton, un gruppo di attori comici del Regno Unito.
Si tratta di una parodia delle imprese di Re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda che nel Medioevo cercavano il Sacro Graal. Secondo una leggenda, il Sacro Graal è la coppa in cui Giuseppe d'Arimatea ha raccolto il sangue di Cristo.

In questo film re Artù, accompagnato dal suo scudiero Patsy e da cavalieri come Galahad e Lancillotto, riceve da Dio l'incarico di cercare il Sacro Graal. 

La narrazione del film è un concentrato di incontri assurdi con cavalieri, contadini, maghi e streghe, guardie di una fortezza, un coniglio assassino e un mostro a tre teste.

-Cavalli a galoppo e noci di cocco:

In molti affermano che l'idea di rappresentare il suono del galoppo dei cavalli attraverso l'uso di noci di cocco è sorta da una ragione economico-pratica: la regia non poteva permettersi cavalli veri (e infatti re Artù e i suoi cavalieri fingono di andare al galoppo su cavalli). Ma per me questa raffigurazione contribuisce anche a rafforzare l'elemento umoristico e quello del non-sense, piuttosto rilevante nel film. 

Il Morandini, dizionario di critica dei film, a proposito di Monty Python e il Sacro Graal, rileva giustamente che il doppiaggio dell'edizione italiana "fa un uso sconsiderato dei dialetti stravolgendo il testo". Per questo motivo è molto meglio vedere il film in inglese.

-Il marxismo nel Medioevo:

Nel loro percorso Re Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda incontrano contadini dalle idee radicali.

Uno di loro dice a Re Artù: "What I object to is that you automatically treat me like an inferior. You're a king, that's very nice. How did you get that? By exploiting the workers! By hanging on to outdated imperialist dogma which perpetuates the economic and social differences in our society!" 

("Quello che contesto è che automaticamente mi tratti come un essere inferiore. Sei un re, molto bene. Come hai ottenuto questo ruolo? Sfruttando i lavoratori! Aggrappandoti al dogma imperialista che perpetua le differenze economiche e sociali nella nostra società") .

E la moglie del medesimo contadino si rivolge così al re dei Bretoni: "I didn't know we had a king. I thought we were an autonomous collective."

("Non sapevo avessimo un re. Pensavo fossimo un collettivo autonomo").

Verso la fine del dialogo, quando re Artù chiede ai due contadini chi è il signore che vive in un castello poco lontano dai campi, si sente rispondere: "No one lives there. I told you. We're an anarcho-syndicalist commune".

(Nessuno vive là. Te l'ho detto. Siamo una comune anarco-socialista).

-Le animazioni:

All'interno del film sono presenti le animazioni di Terry Gilliam che riguardano soprattutto giganti, draghi, paesaggi collinari con il sole e le nuvole dotati di gambe umane. Ad un certo punto compare anche una grande lumaca.

Si tratta di elementi che hanno lo scopo di legare gli sketch del film. Gilliam ha ammesso di aver preso alcune di queste animazioni da un manoscritto miniato. 

-Finale:

Quando re Artù e i cavalieri si preparano per assalire il castello in cui credono si trovi il Sacro Graal finiscono improvvisamente nelle mani della polizia, incolpati di aver ucciso uno storico che raccontava la loro storia.

EXCURSUS LETTERARIO:

Approfitto dei contenuti di questo film per scrivere un excursus letterario sul ciclo bretone.

Va innanzitutto precisato che il ciclo bretone si è diffuso inizialmente tra la Francia e l'Inghilterra: i Normanni per un periodo hanno unificato sotto il loro regno l'Inghilterra, la Normandia e la Bretagna. Il patrimonio a cui gli autori del ciclo bretone si richiamano deriva in gran parte dalle tradizioni e dai miti celtici che accomunavano i popoli alto-medievali di quei territori. Il primo personaggio del ciclo bretone profondamente legato al mondo celtico è Mago Merlino che si serve dei suoi poteri sempre a fin di bene, proprio come i Druidi.

Interessante è poi rilevare che la Tavola Rotonda è tale affinché i cavalieri vi siedano senza distinzioni gerarchiche. Tra i cavalieri spiccano Tristano, Lancillotto e Perceval.

Tristano e Lancillotto, sempre in conflitto con potenze magiche e sovrannaturali, rappresentano la contrapposizione tra la fedeltà ai rispettivi signori per i quali sono al servizio e l'attrazione intensa per le loro mogli: Tristano per Isotta, che è già moglie di Marco e Lancillotto per Ginevra, già moglie di re Artù... compare quindi il tema dell'adulterio per quel che concerne il triangolo tra Artù, Ginevra e Lancillotto. 

Ma è nel Ciclo di Perceval, contenuto sempre nel Ciclo Bretone, il cui probabile autore è Chrètien de Troyes, che si sviluppa l'avventura della ricerca del Sacro Graal. 

Graal deriva dal latino "gradalis", ovvero, "vaso".

Infatti è Perceval che cerca questo oggetto e, con lo sviluppo narrativo delle sue avventure, appare anche il motivo ascetico-religioso mischiato ad elementi di fantasia: per divenire cavaliere il soldato deve superare una serie di prove e di avventure che lo mettono in contatto con il mondo fantastico. 

Le prove affrontate da Perceval sono finalizzate alla sua maturazione spirituale. Gli sbagli di Perceval divengono occasioni per acquisire sempre più consapevolezza del suo ruolo di cavaliere oltre che della fede cristiana e dell'amore. Proprio per questa ragione lo studioso Hermann Grosser definisce il Ciclo di Perceval un'opera di formazione.