"In time" è un film ambientato in un XXII° secolo in cui l'invecchiamento non è concepito: lo sviluppo fisiologico degli esseri umani si ferma ai 25 anni, momento in cui sul loro braccio sinistro si avvia un timer digitale con tanto di countdown alla rovescia di 12 mesi.
Gli uomini muoiono al compimento del ventiseiesimo anno di età se non riescono a prolungare il loro limite di tempo.
Nel mondo descritto da questa pellicola cinematografica, il tempo è letteralmente denaro: non esistono né gli euro né i dollari né le sterline. Il tempo è la valuta con cui i lavoratori vengono pagati.
Inoltre, tramite una particolare tecnologia avanzata, gli uomini possono prendere o farsi estrarre del tempo da apparecchi elettronici oppure possono anche usufruire della possibilità di trasferirlo ad altre persone stringendo loro il braccio.
E così, entriamo in questa strana e singolare logica secondo la quale una conversazione in una cabina telefonica costa un minuto, un viaggio in autobus un'ora, un caffè due minuti.
Il protagonista è Will (28 anni è la sua età in tempo reale), giovane che vive con la madre nel ghetto, zona di New Greenwich molto povera in cui ogni abitante corre da un luogo all'altro per guadagnare tempo, in modo tale da poter sopravvivere giorno per giorno.
Siccome i contenuti del film sono molto interessanti, vorrei che entraste nella stringente logica dei timer. Questo timer, inciso sul braccio di Will Hamilton, uomo molto ricco, si legge: 116 anni, 39 mesi, tre giorni, 12 ore, 21 minuti e 6 secondi.
Questo invece è il timer tatuato su Will, profondamente diverso dal precedente dal momento che segna poco più di un giorno di vita.
Perché queste profonde diversità tra i due uomini?
Perché la società di "In time" è profondamente iniqua.
C'è una ristretta élite di uomini che possono permettersi di vivere per secoli o addirittura per millenni, sprecando l'enorme quantità di tempo che avrebbero a disposizione attraverso giochi d'azzardo e di scommesse e abitando in lussuose ville senza mai aver lavorato un solo giorno.
E poi, c'è la maggioranza: i poveri che si trovano costretti a vivere alla giornata, soggetti a quel brutto fenomeno economico che in questi anni anche noi italiani conosciamo bene: l'inflazione.
Will è nato povero, è vissuto in una zona degradata e quindi, come molti altri viventi in simili condizioni, sarebbe destinato a morire presto.
Vi ricordo che per la storia, la morte di un individuo corrisponde all'azzeramento totale del tempo sull'orologio fisiologico.
Una sera dopo il suo turno di lavoro in fabbrica, Will entra in un locale del ghetto e qui vede che un ricco signore mezzo ubriaco, Harry Hamilton, cerca di offrire da bere a tutti in modo tale da poter spendere tutto il proprio tempo, che segna per l'appunto 116 anni.
Ma, quando nel bar irrompono i membri di un'organizzazione mafiosa chiamata "I Minutemen", che vogliono rubare il tempo agli abitanti della zona 12, tutti fuggono tranne Will, che riesce a uscire con Harry e a portarlo al sicuro dai criminali all'interno di un fabbricato.
I due uomini iniziano a conoscersi. Harry gli rivela di avere, in tempo reale, ben 105 anni e di essere stanco di vivere.
Nel film non si specifica in modo esplicito che in quella società vige un sistema dittatoriale, ma appare chiaro: se, come spiega Hamilton, ''per pochi immortali la maggioranza deve morire", è abbastanza facile intuire che, più che una dittatura ideologica c'è una dittatura economica fondata dai ricchissimi magnati della finanza del tempo: essi infatti controllano i prezzi e le paghe per accentuare il divario tra ricchi e poveri, in modo tale da poter mantenere il loro status. Solo loro dunque, possono godere di una vita eterna.
Poco prima di morire cadendo da un ponte sul fiume, Hamilton compie un grande atto di generosità: trasferisce tutti i suoi 116 anni di vita a Will, lasciandogli un messaggio scritto su un vetro appannato del fabbricato in cui entrambi si sono nascosti e hanno trascorso la notte: "Don't waste my time", ovvero, "Non sprecare il mio tempo".
Notate bene che la sera prima Harry aveva chiesto a Will: "Cosa faresti se avessi tutto questo tempo su quell orologio?" e si era sentito rispondere: "Smetterei di guardarlo. Ma se avessi tutto quel tempo non lo sprecherei."
La sera successiva all'incontro con Harry, la madre di Will muore a causa dell'inflazione che perseguita sempre più gli abitanti della zona del ghetto.
A seguito di questo tristissimo evento, con i suoi oltre cento anni di vita, il giovane decide di spostarsi nel distretto dei ricchi della città, dove diviene partecipe della mentalità vuota ed egoistica degli economisti del tempo. Con una partita a poker egli vince un millennio.
Mi fermo per un po' con la sintesi della trama del film per evidenziare cinque aspetti importanti di questa civiltà distopica:
1) L'assenza del senso generazionale.
E' vero, la famiglia continua a esistere, ma, dal momento che tutti i viventi fisicamente dimostrano 25 anni, si perde la distinzione tra le generazioni.
La madre di Will ha 50 anni, ma quando la si vede per la prima volta, si resta indubbiamente meravigliati e basiti: se Will non dicesse "Ciao mamma!" e se pochi minuti prima, nella prima scena del film, non fosse stato spiegato agli spettatori che "siamo geneticamente progettati per smettere di invecchiare a venticinque anni", si crederebbe tranquillamente che questa figura femminile sia la sorella o la cugina di Will.
Un'altra cosa che colpisce parecchio è vedersi, per qualche secondo, queste tre donne l'una vicina all'altra che appaiono coetanee ma che in realtà sono, a partire da sinistra, nonna, madre e figlia.
Tutte e tre ricchissime, tutte e tre delle Weis, ovvero, tutte e tre appartenenti alla famiglia di un rinomato direttore di banche del tempo.
Se quindi viene meno la distinzione tra le generazioni, non si riesce a capire chi sia veramente giovane (fisicamente e anagraficamente) e chi no. Questo significa che in un mondo in cui viene annullato il processo di invecchiamento si perde il senso della realtà cronologica.
2) Si vive in un eterno presente.
Ognuno, benestante o misero che sia, ha un orologio digitale sul polso che indica il proprio tempo, ma la percezione dell'evolversi degli eventi storici non esiste proprio!
A questo proposito è interessante rilevare che nel corso del film non vengono mostrati orologi appesi magari alle pareti di ambienti interni: esiste soltanto il tempo tatuato sul polso, diverso da persona a persona.
In una società del genere c'è solo la consapevolezza di un tempo non da vivere ma solo da trasferire e da prendere! Tutti dunque vivono in un eterno presente!
Mi azzardo ad affermare anche che nella mentalità di quelle persone non può esistere nemmeno una concezione individuale del tempo, ovvero, un modo di vedere il tempo come un dono in cui far fruttare le proprie doti e in cui progettare la propria identità in continuo divenire.
I ricchi, agiati e pieni di secoli come sono, non hanno bisogno né di pensare al domani né di sognare un possibile avvenire, i poveri invece, abituati a guadagnare poche ore dopo una giornata pesante di lavoro, risultano impossibilitati a "ritagliarsi" degli attimi di tempo per pensare al futuro, perché il loro presente è fin troppo difficile e travagliato.
Proprio come dichiara Sylvia a Will, figlia del signor Weis: "I ricchi non vivono e i poveri muoiono".
Non viene ricordato il passato e non si programma nessun avvenire.
Il tempo, come dicevo sopra, è denaro che appartiene a pochi, e questo scalfisce anche il senso morale delle persone.
3) Discriminazioni tra individui sulla base delle quantità di tempo.
Durante il nazismo era purtroppo molto vivo il concetto di "razza" superiore e inferiore: i "diversi" culturalmente, politicamente e religiosamente dovevano essere eliminati e dovevano subire la crudeltà degli "ariani".
Ribadisco che nel sistema socio-economico di "In time", chi ha meno tempo è destinato a morire da giovane o comunque molto prima di chi ne può avere all'infinito.
Quindi in questo caso avere più diritti degli altri non implica essere bianchi, tedeschi e di religione cristiana. Non ci sono distinzioni di razze nel XXII° secolo, ma c'è un brutto divario tra due classi sociali: una forte, che tiene sulle braccia millenni e una debole, che raramente possiede più di un giorno di vita. Tuttavia, chi appartiene alla classe debole è destinato a soccombere per i privilegi dei più forti, che aspirano e che godono di buone probabilità di poter diventare eterni come Dio e come l'Universo. Degli "dei in terra" insomma.
4) Fedi religiose inesistenti.
Questo aspetto è tipico di tutte le anti-utopie, cinematografiche e letterarie.
Se è giusto non giudicare qualcuno sulla base della religione di cui è seguace, è anche ragionevole constatare che ogni religione svolge un ruolo piuttosto importante nell'indurre l'uomo ad interrogarsi sullo scopo dell'esistenza.
Nei sistemi sociali che le anti-utopie descrivono gli uomini che cosa se ne fanno della religione? Nulla, perché ognuno di loro usufruisce di sistemi ad alta tecnologia.
In "Fahrenheit 451" dominano la televisione e gli auricolari, in "1984" ci sono telecamere dappertutto e la politica deve costituire il credo di ogni vivente, dal momento che non basta obbedire al Grande Fratello, supremo dittatore dell'Eurasia. Bisogna adorarlo e amarlo.
Le "colonne portanti" che conferiscono un senso profondo alla civlità di "In time" sono proprio gli apparecchi da cui si prende il tempo e da cui tutti, ricchi e poveri, hanno bisogno di estrarre del tempo per poter far durare le loro funzioni vitali. Ma non c'è traccia di né di credo religioso né di edifici religiosi.
5) Città costituite da ambienti grigi e asettici.
Il film dura quasi due ore. In circa 110 minuti la cinepresa non inquadra un solo spazio naturale fatto di erba verde, di fiori e di alberi.
L'efficientissima tecnologia e l'architettura caratterizzata per lo più da palazzi grigi e altissimi sono funzionali a togliere agli uomini la fede religiosa, le relazioni umane e anche la capacità critica.
Oltre a ciò, fanno in modo anche che venga ignorata la bellezza della natura.
Anzi, delle meraviglie naturali non si deve nemmeno immaginare o ipotizzare l'esistenza!
Persino la villa del signor Weis non ha giardini, ma soltanto marmo e cemento.
In un futuro del genere si nega agli uomini ogni attimo di serenità!
Ora continuo con la storia.
Mentre Will conduce una vita da nababbo, il Custode del Tempo, il personaggio più crudele della storia, cerca di indagare sulla morte di Harry Hamilton e, sospettando di Will, una sera raggiunge la villa di Weis.
Come fa a sospettare di Will? Attraverso una telecamera che ha filmato quest'ultimo che stava sul ponte sopra al fiume esattamente pochi istanti dopo il suicidio di Harry.
Per sfuggire all'arresto, Will prende in ostaggio Sylvia, la figlia di Weis, e si reca di nuovo nel ghetto.
La mattina seguente, il giovane protagonista telefona al signor Weis ricattandolo in questo modo: se doni 1000 anni alla Caritas della zona del ghetto ti restituisco tua figlia.
Ma quando appare fin troppo evidente che Weis non è disposto a versare nemmeno un secondo (che bene vuole alla figlia?!!), Sylvia diventa una complice strettissima di Will e insieme cercano di rapinare le banche del tempo per donare questa preziosissima valuta ai più poveri.
Pian piano, l'intesa tra due ragazzi così "socialmente diversi" diviene magica e sentimentale.
Per reagire ad un nuovo aumento dell'inflazione, prendono in ostaggio il signor Weis e gli rubano un apparecchio elettronico che contiene un milione di anni.
Da questo momento inizia, da parte del Custode del Tempo, un tenace inseguimento dei due giovani.
La fine è stato il momento che mi è piaciuto di più, soprattutto perché è il momento meno triste della vicenda. Verso la fine infatti, un lato molto positivo c'è: il Custode del Tempo muore dopo aver esaurito in una frenetica corsa tutto il tempo che aveva sul polso. Era troppo impegnato a inseguire Will e Sylvia per potersi "ricaricare".
Nel corso del film c'è una frase di Sylvia che fa particolarmente pensare, nel momento in cui con Will riesce a sottrarre il milione di anni al padre: "Tu vivi da un sacco di anni, papà, ma in realtà non hai vissuto un solo giorno".
Infatti. Hai avuto un sacco di tempo e avrai la vita eterna ma non sai che cosa realmente sia il valore della vita. Hai giocato a poker, ogni sera hai dato feste e ricevimenti ai quali aderivano tutti i benestanti come te... Ma non hai mai conosciuto alcuna morale e alcun vero sentimento.
COLLEGAMENTO CON PARINI:
Può un film di genere distopico-fantascientifico offrire un rimando alla letteratura italiana? In questo caso sì!
Giuseppe Parini, letterato di origini milanesi vissuto nel pieno del XVIII° secolo, è passato alla storia della letteratura italiana per aver scritto un poemetto satirico intitolato "Il Giorno". L'ho letto tutto.
In quest'opera l'autore descrive con amarissima ironia lo stile di vita vuoto e sfarzoso degli aristocratici del suo tempo, mettendo ben in risalto i loro vizi e la loro inconsistenza. Quattro parti compongono "Il Giorno": il mattino, il mezzogiorno, il vespro e la notte.
La quarta è molto più sarcastica delle prime tre: di notte i nobili si divertono con balli di gala che durano fino quasi all'alba. L'autore a un certo punto sbotta una frase che sostanzialmente significa: "Ma se tutti, aristocratici e contadini, veniamo concepiti nello stesso modo in quanto appartenenti al genere umano, che senso hanno tutte queste profonde differenze di agi economici tra ceto alto e ceto basso?"
Anche in "In time" le persone vengono concepite e nascono nello stesso modo e con la stessa caratteristica, cioè con un timer sul polso che si avvia a partire dai 25 anni, ma le divergenze esistono eccome! Ripeto che il tempo è distribuito in modo non equo.
Altre due domande conclusive:
A) Quanto vi sembra che siamo simili alle società descritte dalle anti-utopie?
La tecnologia avanzata c'è anche ora.
Il Cristianesimo sopravvive ancora ma faticosamente, soprattutto tra i più giovani. Cito in modo indiretto il Pasolini degli "Scritti Corsari": "Con il dilagare di una mentalità consumistica ed edonistica, i giovani non sentono la religione come una componente necessaria per la loro vita."
Diversi stati europei e nordamericani sono caratterizzati da un'iniqua distribuzione di reddito: c'è chi fa fatica ad arrivare a fine mese e chi invece riesce a mettersi via almeno cinquecento euro al mese.
Il nostro inoltre è un mondo bipolare: nell'emisfero settentrionale c'è ricchezza, abbondanza di servizi, tecnologie informatiche che facilitano la vita agli uomini.... nell'emisfero australe (tranne che in Oceania) si muore ancora di fame, le condizioni igieniche sono precarie e molti stati dell'Africa Sub-sahariana sono sempre sull'orlo della guerra civile, se non ci sono già.
Le relazioni sono superficiali e si tende a vivere in un eterno presente, in una fase di "inerzia psicologica": al mio futuro non ci penso, perché voglio godermi la vita il più possibile. Se pensassi ai miei sogni per l'avvenire, probabilmente sprofonderei nell'angoscia: scoprirei che nulla mi appassiona per davvero e non riuscirei a trovare un senso al mio posto nel mondo (non per tutti è così, ma per un buon numero sì).
Ragazzi, volete la verità?
Dobbiamo ancora vivere praticamente tutto, abbiamo molte opportunità di crescita di cui approfittare per sfuggire alla stupidità che domina il mondo della televisione e la mentalità degli adulti: possiamo e dobbiamo fare meglio delle generazioni che ci hanno preceduto!!!
Però, per poter fare meglio, bisogna reprimere pigrizia, angoscia e malinconia e incontrarsi.
L'incontro è una tappa obbligata per poter coltivare collettivamente dei valori, diversi dai disvalori con i quali gli adulti stanno danneggiando l'umanità.
Sapete? Una volta ho letto un articolo di giornale che dice che i nati negli anni '90 sono mediamente più intelligenti di chi è nato prima di loro. Il punto è che l'intelligenza, se non ci si applica, arrugginisce a poco a poco. Ma io voglio credere in noi.
Dobbiamo promettere ai nostri figli un mondo migliore di questo, in cui si stia bene economicamente ma in cui l'egoismo venga bandito in modo tale che dilaghino la semplicità, la generosità e la sincerità.
B) Vi piacerebbe svegliarvi nel giorno del venticinquesimo compleanno con un timer sul braccio? Se sì, quanto tempo vi piacerebbe avere a disposizione?
Il 26 settembre 2020 vorrei ritrovarmi con un orologio digitale sul quale stanno impressi mille anni di tempo.
Se vivessi in una società come quella di "In time" mi piacerebbe sopravvivere così tanto per un motivo linguistico: vedere in che modo si evolverà la nostra lingua, se davvero tra un po', come dice il prof. Marazzini (autore del mio manuale di storia della lingua italiana), scompariranno passato remoto, trapassati, futuro anteriore, congiuntivo e molti verbi della terza coniugazione.
Magari tra mille anni non lo chiameranno nemmeno più italiano, magari sarà una lingua in cui ci saranno innumerevoli mescolanze di termini inglesi con termini italiani!
Ah, ovviamente, nel corso del mio millennio di sopravvivenza, vorrei rimanere con l'aspetto da venticinquenne, e morire con il fisico da venticinquenne nel 3020!
"In time " a mio giudizio è un film di valore, soprattutto per i contenuti che portano a noi dei chiari messaggi simili ad ammonimenti. E poi, altra cosa che ho apprezzato molto: niente scene di sesso, pochissime parolacce e di violenza cruenta nemmeno l'ombra.