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27 marzo 2014

Tempi moderni



Come potete comprendere da diversi post, mi piace molto il cinema. Stranamente, nutro un'insana passione anche per il cinema muto in bianco e nero (ma sottotitolato), cosa non comune tra le ragazze della mia età. 
"Tempi moderni" è un film che mi affascina molto; lo trovo molto suggestivo: è un po' avventuroso, un po' drammatico, un po' comico, un po' commovente.
 E' stato proiettato per la prima volta nel 1936.  E' un film prodotto e interpretato dal mitico Charlie Chaplin, attore, sceneggiatore e comico britannico, che è stato una delle personalità più influenti del cinema del XX secolo.

Il protagonista della vicenda è un operaio (naturalmente interpretato da Chaplin) che lavora in una fabbrica metalmeccanica ed è addetto a un nastro convogliatore. Più precisamente, la sua mansione è quella di stringere i bulloni. Il lavoro alla catena di montaggio implica ritmi estenuanti. Per di più, la legge del profitto porta ad accelerare sempre più il lavoro degli operai. Ora, quando ripenso alle prime scene del film, mi tornano alla mente alcune nozioni di storia che ho studiato all'inizio di quest'anno scolastico: all'inizio del XX secolo, in tutte le fabbriche europee, il lavoro degli operai diveniva "parcellizzato" mediante l'introduzione della catena di montaggio, che aboliva i tempi morti e dequalificava il lavoro di ciascun operaio. In questo film è presente il tema dell'alienazione dell'operaio, fenomeno descritto da molti letterati inglesi, tra cui Charles Dickens, e da alcuni filosofi, tra cui Karl Marx.

Sin dall'inizio, il film presenta alcune scene comiche; tra queste, il momento della pausa pranzo ,in cui, Chaplin viene scelto per sperimentare la macchina automatica da alimentazione, che dovrebbe consentire agli operai di mangiare senza interrompere il lavoro. Ma il macchinario non funziona ancora bene e quindi l'esperimento ha un esito piuttosto disastroso. :-)
Un giorno, Chaplin, in seguito ad una crisi di "esaurimento nervoso", perde ogni controllo sulla propria mente. E' infatti indotto a ripetere meccanicamente i gesti che è costretto a compiere durante il lavoro, applicandoli a qualsiasi oggetto che gli capita sotto mano. Arriva a mettere mano su leve e pulsanti all’interno della sala di comando del suo reparto, provocando il fermo dell’intera catena produttiva e, dopo aver spruzzato in faccia ad altri operai della fabbrica l'olio lubrificante per gli ingranaggi, Charlie viene affidato ad una clinica psichiatrica.
Qualche tempo dopo viene dimesso dall'ospedale. Nel corso di uno scontro tra operai e polizia, per un equivoco viene ritenuto il capo dei dimostranti e arrestato. 
In prigione, sotto l'effetto della cocaina che ha involontariamente assunto, riesce a sventare un tentativo di rivolta di alcuni detenuti. Questo gli consente di ottenere la scarcerazione anticipata. 
Charlie riesce ad uscire dal cacere, di nuovo disoccupato nonostante le credenziali ottenute dal direttore della prigione.
Nel frattempo, nel film compare la monella, ragazza che, orfana di madre, vive in misere condizioni con il padre depresso e disoccupato e le due sorelle minori. Quando anche il padre perde la vita, vittima di un colpo di proiettile esploso durante una manifestazione di protesta dei disoccupati, la "monella" e le sue sorelle vengono affidate ad un istituto, dal momento che sono tutte e tre minorenni.  La monella riesce però a sottrarsi al suo destino fuggendo di nascosto.

Durante una passeggiata in città Chaplin si imbatte nella monella. 

In seguito, l'ex operaio trova impiego come guardiano notturno in un grande magazzino. 
 Dopo aver preso servizio alla chiusura al pubblico, Charlot fa entrare la monella per farle conoscere il locale. La porta inizialmente nel ristorante del magazzino, poi nel reparto dei giochi, dove la ragazza dà libero sfogo alla voglia di divertimento repressa dall'opprimente miseria (in particolare, è molto attratta dai pattini);  infine nel reparto dell' arredamento dove la monella decide di dormire in un morbido letto che probabilmente non aveva mai provato. Ma, durante la notte, tre malintenzionati armati si introducono nel negozio. Uno di loro è un suo ex compagno di fabbrica, costretto al furto dalla povertà. Chaplin viene immobilizzato dai tre uomini. Il drammatico episodio si conclude con il licenziamento di Chaplin. Inoltre, Charlie deve scontare dieci giorni in galera. Durante la sua breve prigionia, la monella viene ingaggiata come fantasista in un cabaret e, al suo rilascio, riesce a farlo assumere al cabaret nella duplice veste di cameriere e cantante. Per qualche tempo, i due protagonisti della vicenda vivono felicemente. Ma una sera, due funzionari dell'ufficio assistenza ai minori orfani fermano la monella nel corso di una sua esibizione, con l'evidente intenzione di rinchiuderla in istituto. 
Grazie all'aiuto di Charlie, la giovane riesce a sottrarsi alle autorità e a fuggire.

 All'alba del mattino seguente, troviamo Charlie e la monella seduti sul margine di una strada di campagna deserta. Lei, triste e sconsolata, scoppia in lacrime. Charlie la abbraccia, per infonderle la forza di continuare a camminare sulla strada della vita.

Il film si conclude dunque con un finale aperto: i due protagonisti si rialzano e camminano, mano nella mano, lungo la strada che si estende tra gli immensi campi, che indicano  le inesplorate opportunità che la vita riserva ancora loro e che insieme sono pronti ad affrontare.


 Ho visto per la prima volta questo film quando avevo soltanto nove anni. All'epoca avevo capito molto poco; però, ne ero rimasta molto suggestionata. L'ultima scena mi aveva commossa.
Ai tempi delle medie l'ho rivisto più volte. E, più l'ho rivisto più l'ho capito e l'ho amato, proprio per il fatto che vengono delineate con molto realismo le condizioni dei disoccupati e il misero tenore di vita delle classi umili. Ad ogni modo, il personaggio che più ho gradito è la monella e la sua vitalità giovanile, la sua purezza, la sua voglia di vivere e di riscattarsi dalla sua misera condizione.

Il film è molto divertente, ancora oggi ne rimane intatta la comicità, anche se contiene molti spunti drammatici e persino la scena di un assassinio (quello del padre della monella, disoccupato in rivolta). Chaplin non è mai drammatico nel vero senso della parola, la sua è sempre una comicità "allargata", che spazia fino ai confini dell'assurdo, o che si avvale del pathos per esprimere la complessità di un mondo per nulla allegro. Nelle scene in prigione, tra le più divertenti del film, non vi è mortificazione ma perfino pace. E' la società che è ostile, che non accoglie.

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