Sto contemplando un meraviglioso cielo stellato. Non riesco a staccare lo sguardo da questa fantastica distesa di luminosissime stelle, che sembrano sorridermi. La luce della brillante luna accarezza il mio animo pieno di speranze nei confronti del futuro.
Chiudo gli occhi e respiro profondamente... e penso ad una delle liriche più suggestive che siano mai state scritte in tutta la storia della letteratura italiana... "O graziosa luna, io mi rammento
che, or volge l'anno, sovra questo colle
io venia pien d'angoscia a rimirarti:
e tu pendevi allor su quella selva
siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
il tuo volto apparia, che travagliosa
era mia vita: ed è, nè cangia stile
o mia diletta luna. E pur mi giova
la ricordanza, e il noverar l'etate
del mio dolore. Oh come grato occorre
nel tempo giovanil, quando ancor lungo
la speme e breve ha la memoria il corso
il rimembrar delle passate cose,
ancor che triste, e che l'affanno duri!"
La
lirica “Alla luna”, composta da Giacomo Leopardi nel 1819,
appartiene alla raccolta degli “Idilli”, pubblicata per la prima
volta nel 1826.
In
questo componimento, formato da sedici versi endecasillabi sciolti,
si svolge un dialogo tra il poeta e la luna, apostrofata con gli
aggettivi “graziosa” (v.1) e “diletta” (v.10) che la
designano quindi come un elemento bello e amato dal poeta.
Nei
primi versi della poesia, Leopardi ricorda che l'anno precedente era
giunto sul colle per contemplare la luna e rievoca sia la brillante
luce dell'astro, che rischiarava la collina, sia l'angoscia che quella
notte pervadeva il suo animo; mentre, nei versi successivi, descrive
la sua situazione emotiva con queste parole: "Ma nebuloso e tremulo
dal pianto/ che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci, il tuo volto
apparia, che travagliosa/era mia vita...”.
Il pianto, causato dalla sofferenza di una vita difficile e dolorosa,
non gli permette di vedere la luna in modo nitido. Tuttavia, dal
momento che in questo idillio si svolge un dialogo simpatetico tra il
poeta e la luna, si potrebbe pensare anche che essa si trovi in
perfetta sintonia con lo stato d'animo del poeta e che comprenda le
sue sofferenze. Questa interpretazione richiamerebbe dunque alla mente i versi
iniziali del madrigale 324, scritto da Torquato Tasso: ” Qual rugiada o qual pianto, quai
lagrime eran quelle che sparger vidi dal notturno manto, e dal
candido volto de le stelle?” che
delineano l'angoscia e il dolore del poeta che contempla il cielo,
piange a causa dell'assenza dell'amata e gli sembra che le stelle
piangano con lui proprio perché provano compassione per la sua
sofferenza.
Il
poeta afferma che i suoi ricordi, nonostante abbiano come oggetto
situazioni dolorose, sono comunque piacevoli. Questo pensiero viene
espresso anche nello Zibaldone : " … e son piacevoli per la loro
vivezza le ricordanze d'immagini e di cose che nella fanciullezza ci
erano dolorose o spaventose... E per la stessa ragione ci è
piacevole nella vita anche la ricordanza dolorosa...” . Negli
ultimi cinque versi, il poeta sostiene che nella giovinezza, età in
cui si coltivano innumerevoli speranze, la memoria ha un breve
cammino da percorrere nel passato.
Nel
componimento è possibile notare sia la presenza significativa del
lessico della memoria (rammento, ricordanza, memoria, rimembrar) sia
del lessico del dolore (angoscia, pianto, dolore, triste, affanno),
sia la frequenza massiccia di pronomi personali e di aggettivi
possessivi riferiti ora alla luna, ora al poeta.
Nella
poesia vi sono anche alcuni latinismi (rimirarti, pendevi, diletta,
etate, speme, noverar).
La
lirica non denuncia le cause che determinano lo stato d'animo del
poeta ma lo descrive come se si trattasse di un sentimento continuato
nel tempo.
L'indeterminatezza
della situazione stimola quindi la partecipazione e l'immedesimazione
del lettore il quale, cercando di penetrare l'animo del poeta, vi
proietta esperienze e sentimenti personali.
Non ci credo *.* quella poesia me la ricordo ancora?. Mi era piaciuta un sacco *.*
RispondiEliminaCredo che sia la poesia più bella che Leopardi abbia mai scritto! :-) :-)
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