Ormai lo avete ben compreso: l'argomento del viaggio è il mio forte e la mia passione!
Ma fino ad oggi non ho mai trattato questa tematica facendo riferimenti a specifiche opere letterarie.
Scrivo un post sui viaggi nelle letterature proprio nel giorno del mio secondo anniversario di patente, io che compio mille piccoli viaggi in una settimana!
Qui mi concentrerò soprattutto su tre discipline: letteratura greca, letteratura latina classica e letteratura latina medievale.
Nel prossimo post invece verranno offerti esempi di viaggi letterari tratti soltanto dalla letteratura italiana. Alla materia che adoro bisogna offrire uno spazio ben più esteso!
LETTERATURA GRECA-L'ODISSEA:
Questo video serve da introduzione, prima dei miei "noiosi" resoconti!
La leggenda del cavallo di Troia non è narrata nell' Iliade. E' citata brevemente nell'Odissea e narrata per intero nell'Eneide. Da ricordare che Ulisse è un acheo ed Enea invece un troiano.
L'Odissea è un poema interamente dedicato al tema del viaggio: il viaggio di Ulisse (Odisseo tradotto letteralmente dal greco) verso la patria e il viaggio di suo figlio Telemaco alla ricerca di un padre che praticamente non ha mai conosciuto.
Salvatore Battaglia scrive a proposito del protagonista: "Ulisse è l'eroe del peregrinaggio e del ritorno. Egli ha capito che la vita è conoscenza ma anche memoria e rispetto della propria intimità, degli affetti originari, della casa. Per Ulisse, la vita è una sfida nell'agone dell'esperienza ma è anche una ricerca di misura interiore."
Questo eroe in effetti affida alle sue travagliate e lunghe peregrinazioni l'appagamento del suo desiderio di conoscere nuove terre, anche se il suo pensiero è sempre rivolto verso la patria. Una parola chiave per comprendere bene i contenuti di questo poema è proprio la "nostalgia", termine di origine greca derivato a sua volta dalle parole νòστos (letto nòstos) e ἄλγια (letto àlghia): letteralmente quindi "il dolore del ritorno".
La leggenda del cavallo di Troia non è narrata nell' Iliade. E' citata brevemente nell'Odissea e narrata per intero nell'Eneide. Da ricordare che Ulisse è un acheo ed Enea invece un troiano.
L'Odissea è un poema interamente dedicato al tema del viaggio: il viaggio di Ulisse (Odisseo tradotto letteralmente dal greco) verso la patria e il viaggio di suo figlio Telemaco alla ricerca di un padre che praticamente non ha mai conosciuto.
Salvatore Battaglia scrive a proposito del protagonista: "Ulisse è l'eroe del peregrinaggio e del ritorno. Egli ha capito che la vita è conoscenza ma anche memoria e rispetto della propria intimità, degli affetti originari, della casa. Per Ulisse, la vita è una sfida nell'agone dell'esperienza ma è anche una ricerca di misura interiore."
Questo eroe in effetti affida alle sue travagliate e lunghe peregrinazioni l'appagamento del suo desiderio di conoscere nuove terre, anche se il suo pensiero è sempre rivolto verso la patria. Una parola chiave per comprendere bene i contenuti di questo poema è proprio la "nostalgia", termine di origine greca derivato a sua volta dalle parole νòστos (letto nòstos) e ἄλγια (letto àlghia): letteralmente quindi "il dolore del ritorno".
Sostanzialmente quindi, Ulisse è un viaggiatore che, pur non rinunciando né a valorizzare le meraviglie naturali delle terre in cui approda né a stringere rapporti con le creature e con le persone che incontra o che gli offrono ospitalità, prova sempre un profondo affetto per la famiglia, per la moglie Penelope che lo attende, anche se tormentata da decine di pretendenti, per quel figlio mai conosciuto, per la sua Itaca.
E alla fine, ritorna in patria. Possibile però che dopo vent'anni di lontananza egli riesca a riprendere il governo della sua terra? Possibile che le tempeste in mare, la maga Circe, il gigante Polifemo, la ninfa Calipso, l'isola dei Feaci e la meravigliosa e dolcissima Nausicaa siano state soltanto delle parentesi?
Secondo lo studioso Hermann Grosser, autore del mio manuale di liceo di letteratura italiana, è proprio questo aspetto che riesce a tradurre il valore più autentico che gli antichi greci davano all'esistenza. Egli infatti afferma che :"All'opposto di quanto sentirà la coscienza cristiana, che non potrà concepire un istante dell'esperienza senza che si verifichi un'evoluzione della psiche, il viaggio e il ritorno di Ulisse in patria delineano la figura di un circolo che riconduce la varietà delle esperienze nella continuità e nell'immutabilità della Natura."
E alla fine, ritorna in patria. Possibile però che dopo vent'anni di lontananza egli riesca a riprendere il governo della sua terra? Possibile che le tempeste in mare, la maga Circe, il gigante Polifemo, la ninfa Calipso, l'isola dei Feaci e la meravigliosa e dolcissima Nausicaa siano state soltanto delle parentesi?
Secondo lo studioso Hermann Grosser, autore del mio manuale di liceo di letteratura italiana, è proprio questo aspetto che riesce a tradurre il valore più autentico che gli antichi greci davano all'esistenza. Egli infatti afferma che :"All'opposto di quanto sentirà la coscienza cristiana, che non potrà concepire un istante dell'esperienza senza che si verifichi un'evoluzione della psiche, il viaggio e il ritorno di Ulisse in patria delineano la figura di un circolo che riconduce la varietà delle esperienze nella continuità e nell'immutabilità della Natura."
LETTERATURA LATINA CLASSICA-L' ENEIDE:
Enea è un altro eroe-viaggiatore. Ma non esattamente identico a Ulisse. Sempre l'autore del mio manuale riporta il pensiero di Salvatore Battaglia: "All'opposto di Ulisse che circumnaviga le terre mediterranee per concludere la vita nel ritorno, il destino di Enea nasce dalla fuga, dalla distruzione e dall'esilio definitivo. La Patria, i Penati e gli affetti se li porta con sé verso l'ignoto, ma (...) con l'occulto progetto di fondare una nuova patria e un nuovo ordine. (...) Nell'Odissea il mondo finisce col rimanere intatto e immobile. Nell'Eneide viceversa, il destino si fa storia e civiltà e queste sono dirette da un'idea di progresso e di universalità. Le prove che affronta Ulisse rimangono distinte da lui; ma quelle che patisce Enea si risolvono nella sua interiorità".
La vicenda di Enea si dispone quindi in modo lineare e in forma evolutiva, non più circolare: l'approdo in Italia è la conquista di una nuova terra diversa da quella di origine.
L'Italia funge dunque soprattutto da territorio destinato ai discendenti di Enea.
Enea accetta anche dolorosamente il suo destino, affrontando dunque anche i suoi conflitti interiori, dal momento che è consapevole delle sue enormi responsabilità affidategli dagli dei. Per esempio, egli abbandona malvolentieri la regina Didone per continuare le sue peregrinazioni.
Giovanna Garbarino, nel suo volume "Letteratura, testi e cultura latina" constata che: "Enea si distacca dai modelli omerici per una concezione eroica completamente diversa. L'eroismo del personaggio virgiliano (...) si realizza nel contribuire ad una realtà che trascende la limitata esistenza dell'individuo. Sotto il profilo ideologico Enea, progenitore di Romolo e della gens Iulia, è appunto il rappresentante delle virtù romane originarie, cioè di quei valori su cui poggiava la grandezza di Roma e che Augusto si proponeva di restaurare."
Tra questi valori vi ricordo la pìetas, termine latino praticamente intraducibile in italiano, dal momento che è una di quelle parole che rendono la cultura latina classica unica nel suo genere. Pìetas comunque comprende: la sottomissione agli dei, l'impegno verso la patria e la famiglia.
Anche qui è utile rilevare un'altra differenza: Enea è pio (pius Aeneas), Ulisse è astuto.
Un'altra virtù appartenente ad Enea è l'humanitas. Anche questo termine non è riconducibile ad una traduzione univoca, perché racchiude numerosi significati: la tristezza nella solitudine, l'angoscia del dubbio, l'istintiva ripugnanza per la violenza, una sincera compassione per gli infelici.
Avete mai provato a riflettere sui significati delle parole italiane "umano, umanità"?
L'umanità che abita il mondo, l'essere umano che a volte può sbagliare e fallire, una persona definita umana solitamente è dotata di un carattere affabile, gentile.
Credo sia uno dei molti retaggi della lingua latina!
Il linguaggio utilizzato nell'Eneide è molto espressivo, efficace.
Ulisse mette a frutto la sua incredibile astuzia e riesce molte volte a scampare alla morte. Anche Enea.
In Eneide I, vv. 92-123, vi è l'episodio della tempesta in mare. Inizia così: "le membra di Enea si sciolgono a causa del terrore". Ma nel testo latino non c'è "terrore" (abl. da terror, oris). C'è "frigore" (da frigus, frigoris). Perché? Perché "terrore" si deve tradurre più che altro con "spavento", "frigore" invece è il "freddo", inteso come "gelo della morte".
Enea ha i brividi perché sa di trovarsi faccia a faccia con la morte.
La vicenda di Enea si dispone quindi in modo lineare e in forma evolutiva, non più circolare: l'approdo in Italia è la conquista di una nuova terra diversa da quella di origine.
L'Italia funge dunque soprattutto da territorio destinato ai discendenti di Enea.
Enea accetta anche dolorosamente il suo destino, affrontando dunque anche i suoi conflitti interiori, dal momento che è consapevole delle sue enormi responsabilità affidategli dagli dei. Per esempio, egli abbandona malvolentieri la regina Didone per continuare le sue peregrinazioni.
Giovanna Garbarino, nel suo volume "Letteratura, testi e cultura latina" constata che: "Enea si distacca dai modelli omerici per una concezione eroica completamente diversa. L'eroismo del personaggio virgiliano (...) si realizza nel contribuire ad una realtà che trascende la limitata esistenza dell'individuo. Sotto il profilo ideologico Enea, progenitore di Romolo e della gens Iulia, è appunto il rappresentante delle virtù romane originarie, cioè di quei valori su cui poggiava la grandezza di Roma e che Augusto si proponeva di restaurare."
Tra questi valori vi ricordo la pìetas, termine latino praticamente intraducibile in italiano, dal momento che è una di quelle parole che rendono la cultura latina classica unica nel suo genere. Pìetas comunque comprende: la sottomissione agli dei, l'impegno verso la patria e la famiglia.
Anche qui è utile rilevare un'altra differenza: Enea è pio (pius Aeneas), Ulisse è astuto.
Un'altra virtù appartenente ad Enea è l'humanitas. Anche questo termine non è riconducibile ad una traduzione univoca, perché racchiude numerosi significati: la tristezza nella solitudine, l'angoscia del dubbio, l'istintiva ripugnanza per la violenza, una sincera compassione per gli infelici.
Avete mai provato a riflettere sui significati delle parole italiane "umano, umanità"?
L'umanità che abita il mondo, l'essere umano che a volte può sbagliare e fallire, una persona definita umana solitamente è dotata di un carattere affabile, gentile.
Credo sia uno dei molti retaggi della lingua latina!
Il linguaggio utilizzato nell'Eneide è molto espressivo, efficace.
Ulisse mette a frutto la sua incredibile astuzia e riesce molte volte a scampare alla morte. Anche Enea.
In Eneide I, vv. 92-123, vi è l'episodio della tempesta in mare. Inizia così: "le membra di Enea si sciolgono a causa del terrore". Ma nel testo latino non c'è "terrore" (abl. da terror, oris). C'è "frigore" (da frigus, frigoris). Perché? Perché "terrore" si deve tradurre più che altro con "spavento", "frigore" invece è il "freddo", inteso come "gelo della morte".
Enea ha i brividi perché sa di trovarsi faccia a faccia con la morte.
LETTERATURA LATINA MEDIEVALE:
San Brandano e i compagni in mare |
Le vite dei santi sono spesso concepite come delle narrazioni di viaggi, in cui il mondo reale si confonde con entità celesti e bibliche.
Un esempio di ciò è la "Navigatio Sancti Brandani", composta nel X° secolo circa. San Brandano e i suoi compagni partono da un porto irlandese e si mettono alla ricerca della Terra Promessa, che è simbolo del Paradiso, nelle acque dell'Oceano Atlantico. Essi approdano anche nell'isola di Giuda, che aveva interrotto la sua permanenza all'Inferno e si trovano anche costretti ad affrontare una balena-Leviatano.
San Brandano e i suoi compagni di viaggio giungono infine al Paradiso, rappresentato come un'isola piena di delizie.
Un altro esempio che appartiene alla letteratura del viaggio nella latinità medievale è il "Liber peregrinationibus" di Ricoldo da Monte Croce, un francescano che in vita aveva viaggiato molto.
E' stato scritto probabilmente nel 1290 ed è suddiviso in due parti: nella prima l'autore descrive le tappe del suo pellegrinaggio in Terrasanta, nella seconda invece parla della sua intensa attività missionaria presso i popoli della penisola anatolica, portatori di correnti religiose differenti anche all'interno del Cristianesimo. In quest'opera Ricoldo analizza costumi, credenze e tradizioni dei popoli che incontra.
Concludo segnalando anche che nel Medioevo non sono mancati esempi di narrazioni di viaggi fantastici, spesso ambientati in Oriente, dove gli elementi fantastici prevalgono su quelli reali.
Tra questi, il "Liber Monstrorum", trattato di animali per lo più fantastici e inesistenti.
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