Un corso magistrale in studi letterari non è facile, ve l'assicuro. Anche se martedì scorso ho preso il settimo 30 da quando sono iscritta (cioè, dall'autunno 2018).
Il livello si è considerevolmente alzato rispetto a quando eravamo in triennale: oltre a studio, impegno e proprietà di linguaggio ora si esigono (giustamente) anche la capacità di memorizzare bibliografie ancora più vaste e le abilità critiche sui testi, sui documenti storici, sui movimenti e sulle correnti culturali... per cui frequenti confronti e collegamenti fra autori e fra varie tematiche proposte in un'opera letteraria.
Noi specializzandi realizziamo anche dei lavori di ricerca o di approfondimento Cioè, diventiamo proprio degli italianisti se riusciamo a portare a termine gli studi.
A me sinceramente sta benissimo un sistema di studio duro e impegnativo: la mia preparazione dev'essere eccellente, a maggior ragione se riuscirò a entrare in quelle classi di concorso che prevedono l'insegnamento delle lettere in scuole superiori tecniche e scientifiche.
Quando verrà pubblicata l'edizione digitale della Gerusalemme Liberata, contenente tutti i commenti della critica antica su ogni ottava di questo poema, pensate che tra i collaboratori ci sarà anche il mio nome: io ho riportato i commenti della critica seicentesca per quel che riguardava le ultime ottave del canto dodicesimo (lamento di Tancredi per la morte di Clorinda) e le prime 15 strofe del canto tredicesimo (la selva di Saron soggetta ad un incantesimo del mago Ismeno).
Ad ogni modo, volevo arrivare al titolo dell'ultimo lavoro di approfondimento realizzato per il corso di "Poesia italiana del Novecento".
E' uno studio che ho chiamato: Pasolini e Zanzotto: due coetanei a contatto con il dolore, con la pedagogia e con la poesia.
Ci tengo a condividerlo con voi, ma soltanto in parte, perché è piuttosto lungo. Vi presento quindi la prima parte, basata sul mio confronto di due gravi lutti avvenuti entrambi nella fase giovanile dei due letterati e l'ultima parte, che consiste in una mia personale interpretazione di una poesia di Zanzotto dedicata a Pasolini.
NOTA INTRODUTTIVA INDISPENSABILE:
Prima è però utile richiamare alla memoria gli aspetti in comune delle loro vite. Ci sono infatti delle somiglianze se si vanno a paragonare i loro primi 30 anni di esistenza.
PIER PAOLO PASOLINI
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ANDREA ZANZOTTO
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Nato a inizio degli anni Venti (Bologna marzo ’22)
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Nato a inizio degli anni Venti (Pieve di Soligo, ottobre ’21)
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Morte del fratello Guido- morto da partigiano comunista. (“A me fradi”, quattro poesie in friulano).
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Morte delle sorelle gemelle. Poesia composta da sedicenne per la sorella Angela, morta di tifo.
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Dopo l’armistizio, ritorna in Friuli a Casarsa dalla madre.
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Dopo l’armistizio, ritorna al paese natale.
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Si dedica all’insegnamento dopo la guerra.
(prima a Casarsa, poi, per 3 anni, in una scuola media a Roma).
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Si dedica all’insegnamento dopo la guerra.
(emigra in Svizzera a Losanna dove era più facile trovare lavoro).
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Come fossi a scuola davanti a degli adolescenti: cosa notate?
-Intanto sono praticamente coetanei (Pasolini è nato 4 mesi dopo)
-Entrambi sanno cosa significa perdere un fratello
-Entrambi, nei loro 20 anni, hanno patito le sofferenze della guerra. Entrambi non hanno combattuto, ma hanno partecipato indirettamente alla resistenza partigiana.
-Hanno avuto esperienze di insegnamento.
Pasolini, negli anni '40, era maestro a Casarsa, poi lo è stato per tre anni a Roma in una scuola media (è andato via dal Friuli perché era scoppiato lo scandalo dell'omosessualità). E poi ancora, ha cambiato completamente strada, dedicandosi alla regia e alla scrittura. "Ragazzi di vita" è del '55.
Zanzotto, dopo la guerra, si era trasferito nella Svizzera francese. Aveva insegnato prima in un collegio e poi in una scuola media. Per un breve periodo aveva anche lavorato come barista. Dopodiché era ritornato a Pieve di Soligo, dove si erano susseguiti vari incarichi scolastici tra medie e licei. E nel '54, superato il concorso, era diventato professore di ruolo, scegliendo come sede le scuole medie di Conegliano.
I LUTTI DEI FRATELLI:
Ho qui confrontato Ad una morta, una delle poesie giovanili di Zanzotto, con A me fradi- Resurretion in dialetto friulano di Pasolini.
Ad una morta è dedicata alla sorella Angela. A me fradi è una tetralogia in dialetto friulano. E' una sezione delle Poesie a Casarsa, formata da quattro parti (ve le elenco in italiano): Incarnazione, Passione, Morte, Risurrezione. La quarta parte è Risurretion.
Notate il richiamo con Cristo e la Pasqua? Agli occhi di Pier Paolo, Guido Pasolini e Cristo sono in un aspetto uguali: entrambi sono stati traditi dai loro simili. Gesù dalla sua etnia è stato consegnato a Pilato, Guido è stato ucciso nel '44 dai partigiani comunisti.
TESTO DI A ME FRADI- RISURRETION:
Me fradi muart al ten
na part di me cun lui
ta chel trist Infinit
ch’al mi scrussia ogni dì.
Un sofli al mi divit
Da lui, e un scur misteri;
qua ch’a brilin lis stelis,
mi lu figuri dongia.
I sint il so respir
tai me ciavej, e il nuja,
una lus infinida
a è dut un cu’l so vuli.
Posso dire che non è per nulla scontato e per nulla facile il senso dei dialetti friulani?
Almeno per me che sono veronese.
Traduzione dal friulano della provincia di Pordenone all'italiano:
Mio fratello morto/tiene una parte di me con lui/in quel triste Infinito,/ che mi angoscia ogni giorno.// Un soffio mi divide da lui/e un oscuro mistero/quando brillano le stelle/io me lo immagino accanto.// Sento il suo respiro/tra i miei capelli, e il nulla/una luce infinita/è un tutt'uno con il suo occhio.//
TESTO DI AD UNA MORTA:
Non nella piazza che ha i saltimbanchi
e delle enormi voci risuona,
ma tra i filari intristiti
verrei con te, tra la neve.
Tutte le cose ti racconterei
che qui furono, che avresti amate:
tu sgraneresti gli occhi stupiti
ma forse, sospirando,
di me mostreresti pietà.
Da quel tempo assai mutati
sarebbero gli orari dei treni,
e la stazione lieta
di campanule rosa,
deserta, percorsa dal vento.
CONFRONTO FRA I DUE COMPONIMENTI:
Evidenti sono le divergenze metriche: quella di A me fradi è una metrica chiusa, fatta da tre quartine di settenari (e senari tronchi).
In Ad una morta invece la strofa è una sola, non ci sono rime e i versi sono di varia misura, per lo più di misure comprese fra il settenario e l'endecasillabo.
Notate che in nessuna delle due poesie c'è un senso di speranza nei confronti di una vita ultraterrena... c'è molto dolore in entrambe. Dolore e anche angoscia in Pasolini, che ammetterà: "Per me e per mia madre, la perdita di Guido è come una montagna immensa e imponente, difficilissima da scalare, che copre l'orizzonte".
Però, in entrambi i componimenti, i poeti immaginano/vorrebbero avere accanto i loro rispettivi fratelli. Zanzotto immagina di camminare con la sorella tra i filari delle viti in mezzo ai campi innevati, Pasolini si illude che il fratello gli sia accanto nel momento in cui nel cielo splendono le stelle. Ma, morendo, Guido "si è portato via" una parte di Pier Paolo.
I finali sono diversi: basti pensare che in Zanzotto, la poesia termina con la chiara consapevolezza che una morta è morta, per cui non potrà mai più partecipare ai cambiamenti del mondo, né agli eventi di famiglia. Ecco dunque il senso di ma forse, sospirando,/di me mostreresti pietà.
FORA PAR AL FURLAN, IN SOVRIMPRESSIONI DI ZANZOTTO:
Sovrimpressioni è la penultima raccolta di Zanzotto, pubblicata nel 2001. Contiene molte poesie scritte negli anni '90, gli anni del "disincanto", ovvero, il decennio in cui il nostro caro Andrea sostiene una posizione ecologica nei confronti di una natura che subisce le continue espansioni dell'architettura urbana e la trasformazione dei paesini di campagna in grandi paesi ricchi di servizi, di negozi, di case e di condomini e di strade d'asfalto.
La nostalgia per il mondo contadino (vedi le piccole poesie sui topinambur) e la difesa dell'ambiente non sono le uniche tematiche: c'è anche il ricordo di alcuni amici e conoscenti.
Zanzotto aveva conosciuto Pasolini.
E ora - forse - mai -
sei nel farsi e disfarsi
di prati pensieri spini arsi
d'azzurro, attimo ad attimo,
dai piani a montani primordi
Non c'è nulla che valga
ad esaurire questa inimmaginabile
vibratilità
né mano che entri decidendo
un senso ultimativo
- come a un fossile film - alla tua vita
o Benandante
Quasi a tentoni e semiorbi ma quasi
lieti incrociamo di già
gli argentini grovigli dei tuoi percorsi
verso altri raccolti
altri elementi
.................................................
Premetto che Fora par al Furlàn significa "attraverso il Friuli". Ovviamente, Zanzotto teneva conto del fatto che Pasolini, nella sua giovinezza, era conquistato dagli "alba pratalia" friulani, ovvero, dalle pure e amene campagne friulane, ambiente che negli anni '40-'50 era retto dall'etica del Cristianesimo, da una semplicità ciclica, dalla voglia di condivisione.
Dal punto di vista fonico, vi segnalo la ricorrenza di suoni aspri: /p/ (bilabiale sorda), /s/, sibilante sorda, /f/, fricativa sorda, /r/, polivibrante sonora.
I Benandanti sono creature dell'antico folklore friulano, caratterizzate da un brutto aspetto ma da un buon carattere. Pasolini è qui identificato come un Benandante.
Questa poesia di Zanzotto vuole richiamare (e anche forse vuole anche un po' mettere in discussione) un'idea di Pasolini: che la morte è quell'evento che dà un senso ultimativo e definitivo alla nostra vita.
Ma è veramente così?, mi sono chiesta anch'io. Qui, almeno all'inizio, sembra quasi che Pasolini sia compreso nel ciclo vitale della Natura: “sei nel farsi e disfarsi/di prati, pensieri etc...”.
Ma le ultime espressioni? “(...) incrociamo di già/gli argentini grovigli dei tuoi percorsi/verso altri raccolti”.
“Grovigli”, a mio avviso, suggerisce l’idea di travagli e di incomprensioni, “percorsi”, l’idea dei vari ambiti culturali ai quali Pier Paolo si è dedicato. E' stato un intellettuale davvero molto versatile: poeta, autore di romanzi, autore di articoli (gli Scritti corsari), di film e di documentari.
L'espressione “altri raccolti”, inserita in quest'interpretazione, mi richiamava alla mente le intuizioni di Pasolini (sulla televisione, sulla civiltà dei consumi, sulla politica) che si sono avverate negli anni e nei decenni successivi alla sua morte, ovvero, dopo il ’75.
Non credo sia giusto vedere Pasolini esclusivamente come un personaggio dalle brutte tendenze sessuali. Sì, è verissimo, era attratto dagli adolescenti maschi... ed effettivamente la pederastia non è che vada poi così bene. Ma vi informo che il più delle volte, soprattutto dopo gli scandali di Casarsa, è riuscito a reprimersi e a dominarsi.
Per alcuni dei suoi film e per "Ragazzi di vita" è stato processato...
E se, con un occhio di umanità, cercassimo di vedere anche un Pasolini sofferente e incompreso?
Pasolini è stato anche un bambino e un adolescente che abbastanza spesso vedeva il padre tornare a casa "bevuto" e urlare, e a volte essere violento con la madre.
Pasolini sapeva che il senso di comunità si stava dissolvendo nella società dei consumi, che rende un po' tutti individualisti. E dissentiva.
Pasolini infine, con Ragazzi di vita, non ha creato un'opera volgare e oscena (intanto le parolacce sono state tutte censurate con i puntini di sospensione), ma un romanzo che potesse aprire gli occhi ai borghesi, ai benestanti sulle profonde disuguaglianze sociali di Roma e sulla miserrima vita del sottoproletariato analfabeta e incapace di distinguere il bene dal male.
QUINDI... PER CONCLUDERE:
Forse non è tanto la morte in sé a dare un senso definitivo alla nostra esistenza.
Forse, ciò che dà senso alla nostra vita, è il ricordo che permane di noi presso gli altri.
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