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30 gennaio 2020

I bambini e i ragazzini "della Shoah":

Per non dimenticare mai
quello che è stato il genocidio più esteso e più sistematico della storia


Certamente la Shoah (termine ebraico per "tempesta") è lo sterminio etnico più documentato, ma non è l'unico genocidio avvenuto nel Novecento.
La storia non è letteratura; risulta quindi spesso inappropriato e inopportuno paragonare diversi contesti storici o diversi eventi tra loro.
Eppure, un appunto è utile farlo qui.
Che cos'ha di diverso la Shoah dal genocidio degli Armeni del '15 e da quello di Srebrenica del '95?
Ho scritto nella nota introduttiva sopra: "Ls Shoah è il genocidio più sistematico e più esteso".
A differenza delle altre due tragedie citate, lo sterminio di quei sei milioni e mezzo di ebrei è stato praticato in tutta Europa (22 stati coinvolti), non entro uno spazio geografico limitato. Oltre a ciò, è stato realizzato attraverso tecnologie e strumenti purtroppo efficienti ed efficaci, quali le camere a gas e i forni crematori.

TATIANA E ANDRA BUCCI:

I loro veri nomi in realtà sono Alessandra e Liliana, nate a Fiume. Il loro vero cognome era Bucich, italianizzato in Bucci dopo la promulgazione delle leggi razziali da parte di Mussolini.
Vi ricordo che, durante la seconda guerra mondiale, Fiume era una città italiana. Dal 1947 è diventata possedimento iugoslavo e attualmente è in territorio croato.


Alessandra e Tatiana sono le testimoni meno anziane della Shoah, dal momento che ora hanno rispettivamente 82 e 80 anni. Al momento della deportazione avevano soltanto 6 e 4 anni.
Erano figlie di Giovanni Bucci, un cattolico, e di Mira Perlow, ebrea proveniente dall'est, scappata e sopravvissuta ai pogrom (=attacchi periodici e massacri nei ghetti ebraici avvenuti nella Russia zarista tra il 1880 e il 1917).
Le due sorelle erano state battezzate prima della deportazione. Ma, in quell'epoca buia non troppo lontana da noi, il battesimo non salvava nessun bambino e nessun adolescente che fosse nato da almeno un genitore ebreo.
Andra e Tati (come le chiama anche un cartone animato) sono state arrestate il 28 marzo 1944 perché il custode della sinagoga di Fiume aveva segnalato ai militari nazisti tutte le abitazioni degli ebrei della città.
Inizialmente vengono deportate alla risiera di San Sabba (Trieste), poi ad Auschwitz, dove vengono separate dai genitori e affidate ad una boklova, una delle donne ebree che si occupava dei bambini nei campi. 
E' proprio quella boklova che le protegge da ciò che sarebbe dovuto essere un destino di morte terribile: "Quando vi chiederanno se volete vedere vostra mamma non fate quel passo avanti." Perché i bambini (solitamente i gemelli e i figli unici) che lo facevano erano poi soggetti agli esperimenti di Mengele, il "dottor Morte".
Il "dottor Morte" purtroppo non è stato né processato né giustiziato, visto che, dopo la fine della guerra, si è rifugiato in Brasile a San Paolo, dove è morto nel '79.
Spero che l'inferno esista, almeno per Joseph Mengele... Spero che Satana lo abbia cotto in una graticola prima di mangiarselo.
Un periodo storico in cui si mortificano, si torturano e si uccidono dei bambini è un periodo in cui l'umano dimentica la propria umanità e reprime qualsiasi forma di libertà, vivacità e sensibilità.

Il cartone animato intitolato "La stella di Andra e Tati" racconta bene sia la storia delle due sorelle che quella del loro cugino Sergio De Simone.


SERGIO DE SIMONE:

La fine di Sergio De Simone è straziante. A 7 anni, credendo di poter vedere la propria mamma, è stato deportato ad Amburgo, insieme ad altri bambini e lì ha trovato la morte tra atroci sofferenze.



YORAM FRIEDMAN:

Yoram è del '31, oggi ha 88 anni (in veronese: l'è vecio bèn!) e la sua storia è incredibile.

Su Canale 5 hanno fatto vedere il film "Corri ragazzo corri" l'altra sera. 
Io non sono riuscita a rivederlo. Se lo rivedo piango. E' troppo tragica la vicenda personale di Yoram-Srulik-Yurek.
Era in età da scuole medie quando si è trovato costretto a nascondersi nelle foreste polacche e presso alcuni contadini di campagna per poter sfuggire alla deportazione. Non è mai stato deportato, anche se in alcuni momenti (se avete visto il film lo sapete) ha corso dei grossi rischi e... ha perso per sempre un braccio.
A 14 anni, dopo la liberazione, trovatosi a fare i conti con la sua identità ferita (e per alcuni anni negata) di ebreo e con la sua condizione di orfano e di ragazzino solo al mondo (nemmeno uno dei suoi parenti è sopravvissuto alla Shoah), ha ripreso gli studi, dopo aver perso almeno 5 anni di scuola.
Yoram dev'essere stato un adolescente eccezionale... Eccezionalmente dotato. 
Ha impiegato poco tempo per apprendere tutto ciò che gli mancava e per arrivare ad una licenza superiore.
A 20 anni iniziano per lui gli studi universitari di Matematica. 
A 30 anni si trasferisce in Israele dove iniziano i primi incarichi di insegnamento nelle scuole superiori e dove conosce Sonia, la donna per la quale ha nutrito e nutre un amore forte e sincero. E poi è divenuto marito, padre e docente universitario di Matematica.


"Devi dimenticare tutto, il tuo nome e me. Ma non dimenticare mai che sei ebreo".
Questo è un padre che dà la vita al proprio figlio e queste sono le ultime parole che gli rivolge, prima di uscire da quel nascondiglio (si trovavano sotto un ponte) per farsi scoprire e uccidere da un soldato nazista. Yoram, che era uscito pochi istanti dopo e correndo dalla parte opposta, non era stato notato.

Auguro al signor Friedman di arrivare ai 100 anni! 

ANNE FRANK:

Ultimamente mi chiedo: chissà chi sarebbe diventata se fosse sopravvissuta.
Una docente universitaria, da quanto era brillante e intelligente nello scrivere, o un ministro politico, o un'autrice di romanzi di successo internazionale, come quelli di Murakami adesso...

È davvero meraviglioso che io non abbia lasciato perdere tutti i miei ideali perché sembrano assurdi e impossibili da realizzare.
Eppure me li tengo stretti perché, malgrado tutto, credo ancora che la gente sia veramente buona di cuore. Semplicemente non posso fondare le mie speranze sulla confusione, sulla miseria e sulla morte. Vedo il mondo che si trasforma gradualmente in una terra inospitale; sento avvicinarsi il tuono che distruggerà anche noi; posso percepire le sofferenze di milioni di persone; ma, se guardo il cielo lassù, penso che tutto tornerà al suo posto, che anche questa crudeltà avrà fine e che ritorneranno la pace e la tranquillità.


E io non ci credo più che la gente sia buona. 
Non solo perché è in grado di progettare e di attuare genocidi, stragi, discriminazioni e massacri, ma anche perché in generale la gente è fredda e superficiale.
Ci credevo quando avevo la sua età (13 anni), ci credevo quando, a inizio adolescenza coltivavo grandi ideali e grandi progetti per me. Ho avuto un periodo alle medie (e l'ho anche scritto su uno dei miei diari) in cui desideravo diventare una specie di politica, una di quelle persone che lavora per l'internazionalità, cioè una diplomatica che si impegna a promulgare valori come la giustizia sociale e la pace nel mondo.
E invece... ora mi ritrovo a più di 20 senza ambizioni e con una sfiducia in generale non tanto nelle mie risorse, quanto piuttosto nella capacità degli altri di accettarmi e di comprendermi.
Cercate di capirmi... prima il liceo con i pettegolezzi, le falsità e l'emarginazione, poi la parrocchia con persone arroganti e sempre pronte a giudicare... Cioè, non ho stima di molte persone della mia età o vicine alla mia età. Perché da loro raramente ho avuto soddisfazioni dal punto di vista umano. Notate che ho detto "molte", non tutte... Qualcuno in gamba c'è!
Vorrei citarvi 4-5 esempi, ma oggi non ne ho il tempo.
Ad ogni modo, dire che sono senza ambizioni è un po' esagerato. La cattedra di Lettere alle scuole superiori la voglio eccome! Diciamo che i miei progetti si sono ridimensionati.
Ho capito, crescendo, di essere fatta per "le piccole cose", di essere fatta per educare ragazzini in crescita. 
E ora, l'animatrice adolescenti che spesso quando parlava o coordinava le attività riusciva a far stare in silenzio anche un gruppo di 20-25 adolescenti non c'è più...
Non credo fosse tanto il mio metro e settanta abbondante di altezza (173 cm) che mi aiutasse a farmi valere. Magari sì, anche questo, perché sono alta quasi come un uomo.
Ma forse mi facevo ascoltare perché avevo qualcosa di interessante da dire loro?! Forse mi facevo ascoltare perché io per prima li rispettavo e valorizzavo ciò che i miei adolescenti erano?!
C*zz*... Fatevi un esame di coscienza, cari preti e cari co-animatori!!!



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