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1 febbraio 2015

"La valigia di Hana", Karen Levine



"La valigia di Hana" è una storia realmente accaduta che lega tra loro tre continenti diversi e abbraccia un periodo di circa settant'anni. Questo libro unisce le vite di una ragazzina di nome Hana Brady e della sua famiglia nella Cecoslovacchia degli anni Trenta e Quaranta a quelle, dei giorni nostri, di una donna giapponese residente a Tokyo e di un uomo anziano che vive in Canada.
Ho "divorato" il romanzo nel giro di poche ore, perché, a mio parere, è davvero molto avvincente.
 

Nelle prime pagine del libro, si racconta che, nel marzo del 2000, una vecchia valigia giunge in un piccolo museo dell'Olocausto di Tokyo, in Giappone. Sulla valigia sono vergate queste parole con la vernice bianca: "Hana Brady, 16 Mai 1931, waisenkind"= "Hana Brady, 16 maggio 1931, orfana."
A Fumiko, giovane curatrice del museo, sorgono mille domande: "Chi era Hana Brady? Da dove veniva? Dove stava andando? Come era diventata orfana?" E così, desiderosa di scoprire che cosa è accaduto a quella ragazzina ebrea, parte per un avventuroso viaggio in Europa e arriva a Praga.

E da questo punto in avanti, l'autrice racconta l'interessante storia della bambina.
 
Hana viveva con i due genitori e il fratello George a Nove Mesto, cittadina circondata dalle colline. Suo padre era proprietario di un negozio e, oltre a ciò, era anche un appassionato di sport e di teatro.  "La casa della famiglia Brady era aperta ad artisti di ogni genere: musicisti, pittori, poeti e attori. Quando avevano fame, trovavano sempre un pasto caldo preparato da Boshka, cameriera e cuoca di famiglia. E le loro doti artistiche incontravano l'apprezzamento di un pubblico entusiasta, che naturalmente comprendeva anche i due monelli, Hana e George. "
Hana è descritta come una bambina vivace, serena, in ottimi rapporti con il fratello George, di tre anni più grande. "Hana aveva i capelli biondi, gli occhi azzurri e un visino tondo molto grazioso. Di tanto in tanto si azzuffava con George, al solo scopo di mettere in mostra i muscoli. (...) Ma il più delle volte i due fratelli giocavano e si divertivano insieme. Durante l'estate, nel ruscello dietro casa, facevano finta di essere nella marina. Si arrampicavano dentro una vecchia tinozza di legno e solcavano le acque finché uno dei due non toglieva il tappo al centro e cominciavano ad affondare, ridendo e schizzandosi a vicenda."
La madre di Hana, donna molto generosa e solare, preparava, una volta alla settimana, un fagotto contenente cibo e abiti, che sua figlia portava alla povera gente dei sobborghi della città. 

Ma... "I Brady erano ebrei. Non erano una famiglia particolarmente religiosa, ma la madre e il padre volevano che i figli conoscessero la loro cultura. Una volta la settimana, mentre i loro compagni erano in chiesa, i due fratelli facevano lezione con un insegnante speciale, che spiegava loro le festività e la storia ebraica. C'erano altre famiglie a Nove Mesto, ma Hana e George erano gli unici bambini ebrei della città. Nei loro primi anni di vita questa differenza era passata inosservata (...)"

 
Il 15 marzo del 1939, quando le truppe naziste invadono la Cecoslovacchia, la vita della famiglia Brady cambia drasticamente e tragicamente. ...E con il passare delle settimane, il mondo di Hana e George si fa sempre più stretto: i due ragazzini infatti, non possono più frequentare molti luoghi pubblici, quali cinema, piste di pattinaggio e palestre, devono indossare sempre la stella gialla di David che porta la scritta "jude"= "ebreo", perdono tutti i loro amici e non godono nemmeno più del diritto di andare a scuola.
Hana Brady a 9 anni: (la bambina si firmava con 
una enne sola)...


A questo proposito è molto bello il punto in cui George, accorgendosi dell'enorme tristezza della sorellina, le propone di scrivere su dei fogli di carta, (arrotolati e infilati poi in una bottiglia) non soltanto tutto ciò che la fa soffrire e arrabbiare ma anche tutte le cose che lei avrebbe voluto fare in futuro, quando quel brutto periodo di antisemitismo fosse passato.
 
Ma la situazione peggiora sempre di più... perché nel marzo del 1941 la madre dei due ragazzini viene arrestata dalla Gestapo... e i suoi figli non la rivedranno mai più. Nel settembre dello stesso anno, anche il padre viene catturato da un ufficiale nazista.
Fortunatamente, dopo questo terribile evento, il loro zio materno, lo zio Ludvik, decide di prendere con sé Hana e George. 

Però questo periodo di relativa felicità dura pochi mesi: "Un giorno fu recapitato un messaggio a casa dello zio Ludvik. Hana e George Brady dovevano presentarsi in un centro di deportazione, a Trebic, a cinquanta chilometri da Nove Mesto, il 14 maggio 1942."  E così, anche i due ragazzini vengono deportati in un campo di concentramento a Terezin insieme a molti altri ebrei. In quel luogo entrambi riescono ad instaurare sinceri rapporti di amicizia con i loro rispettivi coetanei ma, come tutti gli internati nei campi di concentramento, subiscono le angherie e le cattiverie degli ufficiali nazisti, che li fanno vivere in pessime condizioni igieniche e danno loro scadenti razioni di cibo. Come se non bastasse, convivono quotidianamente con il terrore di poter essere deportati ad Auschwitz, luogo in cui avvengono stermini di massa.
 
In un triste giorno del 1944, George, insieme ad altri duemila uomini, viene trasferito ad Auschwitz.
L'autrice descrive l'ultimo incontro tra Hana e George:
"...'Domani parto. Ora più che mai, devi cercare di mangiare più che puoi. (...) Devi essere forte. Prendi la mia ultima razione e mangiala fino all'ultima briciola.' - George strinse Hana in un caldissimo abbraccio e le spostò delicatamente i capelli dagli occhi. -'Ho promesso ai nostri genitori che ti avrei riportata a casa sana e salva, in modo da poter riunire di nuovo la nostra famiglia. Non voglio infrangere quella promessa.' Poi si sentì il fischio che annunciava il coprifuoco e George se ne andò. Hana cadde in uno stato di prostrazione. Non riusciva a sopportare la separazione dal fratello. Prima se n'erano andati i suoi genitori, e ora anche George. Si sentiva così sola al mondo (...)"

 Alcuni mesi dopo, anche Hana viene trasferita ad Auschwitz, poco dopo il suo tredicesimo compleanno. Per lei, viaggiare verso est significa ritrovare il fratello: "Voglio essere carina quando rivedrò mio fratello. Voglio dimostrargli che mi sono presa cura di me stessa.", e quindi, la sera prima di partire, si lava, si pettina i capelli e prepara la valigia, anche se non ha molti oggetti da mettere dentro. 

Il mattino seguente, molte ragazze ebree salgono su un treno diretto ad Auschwitz. Il viaggio verso quell'inferno dura un giorno e una notte. Una volta arrivate, "Hana e le sue vecchie compagne di stanza furono condotte al di là di un cancello di ferro battuto sotto gli sguardi attenti di cani inferociti e degli uomini in uniforme. (...) Attraversarono immense camerate, dove videro i volti scheletrici dei prigionieri con la divisa a righe che sbirciavano dalle porte. Ricevettero l'ordine di entrare in un grande edificio. Le porte si richiusero dietro di loro con un tonfo spaventoso."


... IL SEGUITO DELLA STORIA...

Hana venne uccisa in una camera a gas ad Auschwitz il giorno stesso in cui arrivò lì.
Suo fratello invece riuscì a sopravvivere all'Olocausto. Nel gennaio del 1945, quando anche Auschwitz venne liberata, George era un ragazzo di 17 anni.
Poco tempo dopo la fine della guerra, il giovane venne informato sia della morte di entrambi i genitori sia della tragica fine che aveva fatto la sorellina. Nonostante questo atroce dolore, egli decise di ricostruirsi una nuova vita: si trasferì a Toronto in Canada dove aprì con un altro sopravvissuto dell'Olocausto un'impresa idraulica e dove si sposò.
Dopo molte e faticose ricerche, Fumiko riuscì a rintracciare George, il quale accettò di raccontare la sua storia e quella di Hana ai bambini giapponesi frequentatori del museo.
La valigia della ragazzina


Vorrei concludere questo post con un'ultima, significativa citazione:
"... all'improvviso (George) fu assalito da una tristezza quasi insopportabile. Davanti a lui c'era la valigia che era appartenuta a sua sorella. Sopra c'era scritto il suo nome: 'Hana Brady'. Era morta così giovane e in un modo tanto terribile. George abbassò il capo e lasciò che le lacrime scorressero libere. Ma qualche minuto dopo, quando alzò lo sguardo, vide Fumiko, che si era data tanto da fare per trovarlo e per conoscere la storia di Hana, e le facce speranzose di tutti quei bambini giapponesi per i quali Hana eran divenuta così reale, così importante. George si rese conto che uno dei sogni di Hana si era avverato: sua sorella era diventata un'insegnante. Grazie a lei, centinaia di bambini giapponesi stavano imparando quelli che George aveva sempre considerato valori molto importanti: la tolleranza, il rispetto e la compassione. (...)"

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