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11 aprile 2015

Il mio nome è Khan... e non sono un terrorista

Circa una settimana fa, gli Jiadisti provenienti dalla Somalia si sono diretti in Kenya nel collegio universitario di Garissa, dove hanno massacrato ben 147 studenti. Alcuni giovani cadaveri sono stati decapitati.
Il 7 gennaio 2015 è avvenuto un violento attacco terroristico a Parigi, presso la sede del "Charlie Hebdo", giornale satirico francese che pochi giorni prima aveva pubblicato vignette irriverenti verso la religione musulmana. Gli attentatori si sono dichiarati affiliati di Al-Quaeda.
Nell'estate 2014, nella zona del Medio Oriente, quattro giornalisti occidentali sono stati decapitati da alcuni membri della Jiad.

Ora voi lettori vi state probabilmente chiedendo: quale legame può esserci tra questi drammatici episodi e l'avvincente film "Il mio nome è Khan", citato nel titolo di questo post? Cercherò di spiegarlo.

TRAMA DEL FILM:


Il protagonista della storia è Rizwan Khan, un giovane musulmano affetto dalla Sindrome di Asperger.
Gli individui affetti dalla Sindrome di Asperger hanno un quoziente intellettivo che supera di gran lunga la norma (la norma è 110, loro possono arrivare anche a 225!). Nonostante ciò, manifestano comportamenti ripetitivi e stereotipati, temono il contatto fisico e hanno scarsa empatia, cosa che li rende incapaci di relazionarsi con gli altri. Però non ho mai pensato che questi soggetti siano persone cattive. Indubbiamente sono molto strani, ma questo non è un buon motivo per denigrarli o per deriderli. Sono convinta anche di una cosa: l'amore e la fiducia degli altri potrebbero stimolarli nelle interazioni sociali. O almeno, costituirebbero un aiuto significativo per loro! Indubbiamente Rizwan prova dei sentimenti; il punto è che fa fatica ad esprimerli.
In un certo senso, una persona così mi fa tenerezza.

Rizwan è cresciuto a Mumbai in India con una madre molto premurosa e durante l'adolescenza ha imparato molto bene a riparare guasti meccanici.
E' molto importante qui citare una frase che sua madre gli dice più o meno all'inizio del film:"Ricordati sempre una cosa: al mondo esistono due categorie di persone; quelle buone che fanno cose buone e quelle cattive che fanno cose cattive. Questa è l'unica differenza che esiste tra le persone."
Questa frase riassume il messaggio che quest'opera cinematografica vuole trasmettere: i pregiudizi e la diffidenza nei confronti del diverso generano rancore, ingiustizie e violenza. E' insensato classificare e discriminare le persone in base al colore della loro pelle, in base alla loro cultura o alla loro religione. Questi tipi di classificazione spesso hanno portato a eventi storici tragici: a genocidi, persecuzioni, segregazioni.
L'unica cosa che è possibile affermare è che esistono sia i buoni sia i cattivi...gli uni, con le loro azioni generose, cercano di rendere migliore il mondo; gli altri invece, con la loro rabbia seminano l'odio.

Comunque, una volta divenuto adulto, Rizwan si trasferisce a San Francisco negli Stati Uniti.
In questa città, egli trova lavoro come rappresentante di prodotti cosmetici e incontra la bellissima e dolcissima Mandira, giovane donna di origini indiane, madre di Samir, un bambino molto sveglio ed estroverso. Tra Rizwan e Samir si instaura subito un rapporto profondo, fatto di complicità.
Samir è il mio personaggio preferito. Secondo me ha un ottimo carattere: ammirevole il fatto che non manifesta alcun sentimento di gelosia nei confronti di Rizwan, nemmeno quando quest'ultimo diventa il marito di sua madre. Samir ha soltanto 6 anni quando avviene il matrimonio tra Mandira e Rizwan, il quale dà il suo cognome al bambino.
Passano alcuni anni caratterizzati da felicità, serenità, risate, solidi legami di amicizia... 
Rizwan prova per davvero un sentimento di affetto verso Mandira e, con il passare del tempo, si affeziona sempre più a Samir.

Poi però, la loro vita viene sconvolta dapprima dall'attentato alle Torri gemelle, l'11 settembre 2001; e poi dalla morte di Mark, un loro amico che era stato inviato come generale militare in Afghanistan.
L'episodio dell'11 settembre, organizzato e realizzato da gruppi di terroristi membri di Al-Quaeda, ha provocato nella popolazione americana sentimenti di rabbia e di avversione nei confronti dei musulmani. 
La rabbia e l'avversione possono sfociare nel razzismo... Samir diviene vittima di derisioni e di umiliazioni da parte dei compagni di scuola, fino al giorno in cui alcuni ragazzi poco più grandi lo massacrano di botte... 
L'omicidio di Samir è il punto cruciale del film: Mandira, disperata come può esserlo soltanto una madre che ha perso una parte di se stessa, ovvero suo figlio, dice a Rizwan: " Siamo stati noi ad ucciderlo! E' tutta colpa mia, se non ti avessi sposato Samir sarebbe ancora vivo (...) Samir ti voleva bene. Che differenza poteva fare un cognome? Qual'era il problema se mio figlio si chiamava Khan? E invece mi sbagliavo!! Fa differenza!! Fa un'enorme differenza!! Sam è morto perché si chiamava Khan! Mio figlio è stato ucciso solo perché aveva il tuo cognome!!  (...) Vai!! Vai via adesso, sparisci dalla mia vita! Perché non vai a dire a tutti che non sei un terrorista??! Dillo a tutta l'America! Perché non provi a dirlo al Presidente degli Stati Uniti?"

Samir non era figlio di un terrorista musulmano. Era soltanto un ragazzino di 13 anni quando è morto.
Un ragazzino ingenuo, vivace, simpatico, aperto, solare... con il sorriso luminoso come quello di sua madre. Un sorriso che non potrà mai più rischiarare la faccia della Terra. Samir è morto a causa del razzismo... Che senso aveva picchiare a morte un ragazzino che non faceva assolutamente nulla di male? E' assurdo morire a 13 anni a causa di un pestaggio. E' assurdo morire a 13 anni perché il tuo patrigno è musulmano e perché tu porti il suo cognome.
Mi ha profondamente colpita il fatto che il migliore amico di Samir, unico testimone oculare  dell'omicidio, pieno di paura per le minacce che gli aggressori di Samir gli rivolgono, si chiude nel silenzio per molti mesi, non rivelando dunque né a Mandira né alla polizia la verità sulla morte del ragazzino.

Rizwan dice: "Secondo la polizia, Samir è stato ucciso perché era musulmano. Ma non è una brutta cosa essere musulmani." 
Nemmeno per me è una brutta cosa essere musulmani, Rizwan. Per me e per te questa non è una brutta cosa. Ma per i razzisti, per gli ignoranti che perdono il loro tempo a generalizzare alcune categorie di persone, per i giovani criminali che prendono a calci un ragazzino purtroppo lo è...
Al mondo non esistono soltanto i fondamentalisti, i violenti convinti che Allah voglia la morte "degli infedeli", ovvero, dei cristiani. Ci sono anche i musulmani veramente devoti ad Allah, rispettosi, generosi, disposti a convivere e a dialogare con i fedeli di altre religioni. 

Anche episodi come la decapitazione di quattro gionalisti occidentali e il massacro alla sede del "Charlie Hebdo" possono generare sentimenti di sospetto e di odio  verso i musulmani.
E purtroppo può accadere che alla violenza si aggiunga altra violenza.
E' necessario invece accantonare i pregiudizi e l'odio, se si vuole costruire un mondo migliore basato sulla tolleranza e sul rispetto reciproco. E' assurdo, è veramente assurdo e insensato che qualcuno muoia in modo violento a causa delle sue origini o della sua religione!!
E' divenuto famoso lo slogan pronunciato dai cittadini francesi per le vie di Parigi: "Je suis Charlie", finalizzato a difendere la libertà di stampa e di espressione. Anche qui, io mi chiedo: è lecito difendere la libertà di stampa e di espressione quando si insulta pesantemente una religione? Sia chiaro: non difendo assolutamente i terroristi, sto solo dicendo che noi abbiamo il diritto di contestare alcuni aspetti dell'Islam ma non dobbiamo assolutamente permetterci di offendere i musulmani con vignette satiriche dissacranti su Maometto. La critica è una cosa, l'insulto è un'altra.
A me non fa per niente ridere una vignetta che dice: "Le Coran c'est de la merde", ovvero, "Il Corano è una merda".
A mio modesto avviso, i musulmani contrari al terrorismo sarebbero dovuti scendere nelle piazze parigine qualche mese fa con cartelli che avrebbero potuto portare la scritta: "Il mio nome è (...) e non sono un terrorista". I musulmani moderati, di fronte a questi episodi, dovrebbero alzare la voce e far sentire la loro presenza attraverso manifestazioni pacifiche e profondamente contrarie alla violenza.



LA FINE DEL FILM:

Mandira viene a conoscenza della verità sull'omicidio del figlio; gli assassini di Samir vengono arrestati e condotti in carcere in manette davanti ai suoi occhi. 
Magra soddisfazione secondo me povera lei... E' vero che ha avuto giustizia, ma l'arresto dei responsabili dell'assassinio non potrà mai restituirle il figlio, perduto per sempre.

Khan incontra per davvero il Presidente degli Stati Uniti, dopo un lungo viaggio e dopo molte avventure. Mi ha commosso il punto in cui Rizwan mostra al Presidente una fotografia di Samir, dicendo: "Era mio figlio. Si chiamava Samir e non era un terrorista."
Rizwan e Mandira si riconciliano poco prima di incontrare il Presidente.


"WE SHALL OVERCOME, SOME DAY!"


E' una celeberrima canzone attribuita alla mitica Joan Baez. Questo brano è divenuto un inno contro la guerra ed è citato e cantato più volte all'interno del film. 
"We shall overcome" è la canzone preferita di Mandira.
E' un inno alla fratellanza e alla solidarietà fra tutti i popoli del mondo.

A me piacciono moltissimo sia la melodia sia il significato delle parole... soprattutto la strofa che fa:
"We'll walk hand in hand,
 We'll walk hand in hand,
 We'll walk hand in hand, some day.
 Oh, deep in my heart, I do believe"




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