Recentemente ho letto il famosissimo romanzo di De Amicis,"Cuore" e l'ho apprezzato molto.
E' un romanzo ambientato a Torino tra il 1878 al 1886 circa e descrive il miserrimo stile di vita dal punto di vista economico che la maggior parte degli italiani conduceva nell'epoca post-risorgimentale.
Il protagonista è Enrico Bottini, che racconta le vicende di un intero anno scolastico.
Definire gli aspetti caratteriali di questo ragazzino è molto difficile: l'autore infatti lo ha creato soltanto per mettere in evidenza tutti gli altri personaggi.
Il libro è un intreccio di tre parti: i fatti che accadevano a scuola, le lettere dei genitori e le storie mensili che il maestro proponeva in classe.
Le persone povere credevano molto in aspetti come il patriottismo, la solidarietà, il rispetto dei figli per i genitori, i buoni sentimenti nei confronti del maestro, la pietà, l'eroismo e la sopportazione di alcune disgrazie familiari. Ma quelli erano tempi molto diversi!!
Spesso, mentre leggevo, ho pensato:"Che bella quell'epoca, in cui quasi tutti avevano poco e imparavano presto a condividerlo!"
Ora però mi vorrei soffermare su alcuni personaggi e tra questi:
il maestro di Enrico, che è davvero una figura meravigliosa, piena di bontà.
Mi ha commossa molto un suo discorso, pronunciato all'inizio del libro: " Io non ho famiglia. La mia famiglia siete voi. Mia madre mi è morta, sono rimasto solo. Non ho più che voi al mondo, non ho più altro affetto, altro pensiero che voi. Mostratemi che siete ragazzi di cuore; la nostra classe sarà una famiglia e voi sarete la mia consolazione e la mia alterezza."
Per non parlare del buon Garrone, un compagno di Enrico: un quattordicenne alto e robusto ma soprattutto con un cuore davvero grande e dotato di un animo nobile e sensibile. Era il ragazzo che difendeva sempre i più piccoli e i più deboli di costituzione.
Nel mese di gennaio si racconta che il maestro si era ammalato e che il supplente della classe era molto buono e non riusciva a tenere la disciplina. La confusione in aula era tale che in un certo momento il supplente era stato chiamato dal Direttore. Garrone, durante questa assenza, preso dall'indignazione rimprovera i compagni che subito cambiano comportamento. Al rientro in classe il maestro supplente si era accorto dello sguardo fremente del ragazzo e lo aveva affettuosamente ringraziato. Davvero un ottimo esempio, un compagno che custodisce nel cuore un amore connaturato per la giustizia e per la comprensione umana.
Pietro Precossi è un ragazzino straordinariamente tollerante: picchiato costantemente da un padre( il fabbro ferraio) sempre ubriaco, si ostina a far apparire nella miglior luce possibile la figura paterna, negando i maltrattamenti.
Enrico dice:" Dire che lo stimo è dire poco". Anch'io ho provato un sentimento di sincero affetto per il piccolo Precossino.
Il suo era davvero eroismo quotidiano. Ma sono stata lieta quando ho letto che il ragazzino, nel mese di febbraio, aveva vinto la seconda medaglia per la sua diligenza e per la sua persona. Soprattutto per il fatto che il padre poi ha cominciato a trattarlo diversamente. Era lo scolaro più timido della classe.
Stardi invece, è la tenacia fatta persona. Inizialmente presentato in classe dal padre come "scolaro molto duro di comprendonio", grazie al suo assiduo impegno e alla sua passione per i libri che custodiva in casa con molta premura, riesce a ottenere la seconda medaglia nel mese di dicembre e la valutazione di sessantasette settantesimi agli esami di fine anno.
Ho apprezzato molto i genitori di Enrico, che nelle loro lettere al figlio trasmettevano valori morali significativi e molto apprezzati in quell'epoca, tra i quali anche la sensibilità per gli altri e l'Amore di Dio per gli uomini.
Tra i racconti mensili del maestro, invece, affermo che quello che mi ha scossa molto profondamente è stato "Sangue Romagnolo". Ferruccio, un tredicenne molto vivace che frequentava cattive compagnie, era ritornato a casa molto tardi una notte. Sua nonna era molto addolorata per questo, dato il fatto che i genitori e la sorella del ragazzino erano partiti per Forlì.
Verso mezzanotte, entrambi avevano udito dei passi: erano dei ladri, giunti nella loro casa per rubare i denari al padre di famiglia.
In seguito la nonna aveva riconosciuto uno dei ladri, che, irandosi, stava per scagliare il coltello su di lei. Ma Ferruccio aveva fatto in tempo a proteggerla con il suo corpo. E dopo la fuga dei ladri-criminali, Ferruccio aveva esalato l'anima.
Davvero una storia straziante. "Il piccolo eroe, salvatore della madre di sua madre, aveva reso la bella e ardita anima a Dio".