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7 dicembre 2018

"Dall'immagine tesa", Clemente Rebora:

Nessuna poesia come questa, scritta da Rebora, può meglio descrivere lo stato dell'attesa.
Buon inizio di Avvento, miei cari lettori! Mancano esattamente 17 giorni al Natale.

Prima di riportare la spiegazione di questo suggestivo componimento, vorrei specificare tre etimologie:

A) Avvento deriva da "adventus", sostantivo latino della quarta declinazione che significa "arrivo".
Durante questo tempo liturgico, che include buona parte dell'ultimo mese, noi cristiani dovremmo prepararci spiritualmente a ricordare, a rivivere la nascita di Gesù.

B) Dicembre, in tempi antichissimi (cioè nei primi tempi dell'età monarchica di Roma, durante il governo di Romolo), era il decimo e ultimo mese dell'anno del calendario.
Marzo invece era il primo mese e corrispondeva sia all'inizio della primavera che all'inizio delle campagne militari romane.
A partire dall'epoca di Numa Pompilio, sono stati aggiunti anche gennaio e febbraio.
Ritornando alla linguistica storica comparata:

*dekṃt (radice I.E.). La sonante ṃ diviene foneticamente -em in latino, -a in greco e in sanscrito, -im in lituano.
Quindi, latino: decem, greco: δέκα (dèka), sanscrito: dáśa, lituano: dešimt.

C) Natale. Non c'è nemmeno bisogno che tu perda tempo a spiegarlo, penserete.
Nella lingua corrente, "natale" è un aggettivo accompagnato a determinati sostantivi, come nell'espressione "paese natale".
Natale deriva dal latino cristiano "diem natalem Christi"
"Natalem", dall'aggettivo "natalis", è strettamente legato al verbo deponente (forma passiva ma significato attivo) "nascor".

I Vangeli di Luca e Matteo narrano l'annunciazione a Maria da parte dell'angelo Gabriele, la nascita di Gesù in una mangiatoia a Betlemme, la visita dei pastori e l'arrivo dei re Magi dall'Oriente.
Giovanni inizia il suo Vangelo con questo periodo: "In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio."
Marco invece parte con l'episodio del Battesimo di Gesù, stateci attenti.

Questo tempo d'avvento è appena iniziato.
Sarebbe proprio il caso di farsi una mappa come la mia che riassume tutto ciò che con il pensiero colleghiamo alla parola "Natale".
Numerate pure, come ho fatto io, le parole; nell'ordine in cui vi vengono in mente.


DALL'IMMAGINE TESA:

                   Dall’imagine tesa        (v.1)
vigilo l’istante
con imminenza di attesa –
e non aspetto nessuno:
nell’ombra accesa
spio il campanello
che impercettibile spande
un polline di suono –
e non aspetto nessuno:
fra quattro mura
stupefatte di spazio
più che un deserto
                 non aspetto nessuno:    (v.13)
ma deve venire,
verrà, se resisto
a sbocciare non visto,
verrà d’improvviso,
quando meno l’avverto:

verrà quasi perdono
di quanto fa morire,
verrà a farmi certo
del suo e mio tesoro,
verrà come ristoro
delle mie e sue pene,
verrà, forse già viene
                     il suo bisbiglio.        (v.26)


Il componimento ha 26 versi.
Lo si potrebbe tranquillamente suddividere in due esatte metà: da 1 a 13, spicca il tema dell'attesa; mentre invece da 14 a 26 prevale il motivo dell'arrivo sicuro di una presenza indefinita.
E' stato soprattutto quel "ma" del verso 14 che mi ha spinta a vedere queste due parti.
Più o meno dunque, mi è accaduta la stessa cosa quando avevo analizzato l'Infinito di Leopardi.
In questo caso, nei primi 4 versi ci sono i dimostrativi "questo", relativo a "colle" e "questa", relativa a "siepe". Sono elementi naturali vicini agli occhi del poeta.
Poi, a partire da quel "ma sedendo e mirando", cambia tutto.
La contemplazione induce il poeta a pensare, a immaginare "interminati spazi di là da quella (dalla siepe!) e sovrumani silenzi". Anche i dimostrativi sono diversi, perché riferiti a entità della mente, delle quali risulta impossibile verificare l'effettiva esistenza.

Comunque, ritorniamo alla poesia di Rebora.
Proprio all'inizio, dice "immagine tesa", nel senso di immaginazione assorta.
Abbastanza equivoco è il passaggio "nell' ombra accesa"... Se la stanza è buia, che cosa la illumina? La luce dell'interiorità di un uomo proteso alla ricerca di qualcosa? Oppure da un lento approssimarsi di un qualcosa di natura divina?
Sarebbe meraviglioso poter capire anche il vero senso di quel "polline di suono", che è una sinestesia, proprio come lo è "odore di fragole rosse".
Nella sinestesia si accostano due sensi: nel caso di "polline di suono", la vista e l'udito, nel caso invece di "odore di fragole rosse", l'olfatto e la vista.

Più di una volta è ripetuto il sintagma "non aspetto nessuno", cioè, non attendo alcuna presenza umana.
E' come se l'autore dicesse a se stesso: "arriverà qualcosa, me lo sento, ma non riesco a ipotizzarne l'identità".

Quella di Rebora è un'attesa religiosa.
Il contenuto di questa lirica è il preludio a una conversione religiosa avvenuta con il tempo.
Quello che voglio dire è che Clemente, al contrario di Petrarca e di Parini, ha preso gli ordini ecclesiastici nel 1929 per vera vocazione, non per garantirsi una dignitosa posizione economica.

Alcuni critici sostengono che questa poesia sia il risultato di una sofferenza amorosa, realmente avvenuta.
Molto prima di entrare in seminario infatti, Rebora aveva convissuto per ben sei anni con una pianista di origini russe.
Pensate che insoliti travagli spirituali-vocazionali che hanno attraversato alcuni letterati!
"Dall'immagine tesa" dunque, costituirebbe secondo loro una fragile speranza di Clemente, che attende alcuni segnali di ritorno della donna amata.

A mio avviso, ciò che rende debole e abbastanza improbabile la loro tesi è l'abbondanza, negli ultimi otto versi, di termini appartenenti alla sfera del lessico religioso: "perdono", "tesoro", "ristoro delle mie e sue pene".

Mi piace molto una puntualizzazione del professor Carnero, che dice: "(...) l'idea di un avvento capace di sorprendere, espressa nei versi 17-18: verrà d'improvviso/quando meno l'avverto richiama un celebre versetto del Vangelo di Matteo (24,44), che contiene un invito alla vigilanza nell'attesa della venuta futura di Cristo: Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo."

Concludo il seguente post con alcune riflessioni poetiche di Padre Ermes Ronchi:

"Due sono le parole che caratterizzano il tempo dell'Avvento: attesa e attenzione.
Attesa è tensione verso il presente. E' l'attesa di Dio, di Colui che viene, eternamente incamminato verso ogni uomo. Attesa come di madre: la donna sa nel suo corpo, da dentro, cosa significa attendere; è il tempo più sacro, più creatore, più felice. Attendere, infinito del verbo amare. Tutte le creature attendono un Dio che ha sempre da nascere.
Attenzione è rendere profondo ogni momento. Si deve vivere con attenzione il presente, visto che la superficialità è una delle più gravi epidemie della nostra contemporaneità."









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