Sono ritornata. Con la pelle "ambrata" ma con l'intestino pieno di tossine, perché nell'albergo in cui stavo non si mangiava proprio così bene, ma sono di nuovo qui.
L'estate sta veramente finendo; e io già vi preannuncio che questo per me sarà "l'autunno delle svolte", proprio come recentemente ho detto a mia cugina durante una telefonata.
Però aspetto ancora una settimana per comunicarvi notizie importanti: per ora mi sono state fatte soltanto delle proposte, che però si concretizzeranno presto in date.
Quando avrò tra le mani delle certezze, allora ve le comunicherò qui.
QUEL CHE RESTA DEL GIORNO:
"Quel che resta del giorno" è uno dei romanzi di Kazuo Ishiguro, scrittore di origini giapponesi trasferitosi in Inghilterra quando era ancora bambino.
Premetto già che durante il mese scorso ho fatto un po' di fatica a leggerlo: lo stile è piuttosto articolato e pomposo e nemmeno i dialoghi riescono ad essere semplici e scorrevoli.
Dovrebbero anche aver fatto un film su questo romanzo...
Ad ogni modo, il succo del contenuto è questo: siamo nella seconda metà degli anni '50. Stevens, maggiordomo diligente e scrupoloso, si trova a servizio presso Mr John Farraday, aristocratico americano residente però nel Regno Unito. Un pomeriggio d'estate, Mr John propone al suo maggiordomo un breve periodo di riposo, ovvero, una vacanza di sei giorni nella campagna inglese.
"- Dico sul serio, Stevens. Credo proprio che dovresti prenderti un po' di riposo. La benzina la pago io. Sì, perché voialtri che ve ne state sempre chiusi in queste grandi case a lavorare, quando mai avete l'occasione di andarvene in giro a visitare questo vostro meraviglioso paese?"
Pur risultando un personaggio abbastanza marginale, dal momento che compare più che altro nel prologo del romanzo, Mr Farraday si rivela facilmente agli occhi dei lettori come un signore gioviale e ironico.
Ah sì, particolare importante: la struttura del racconto è suddivisa in giornate.
PRIMA GIORNATA- SALISBURY:
Stevens parte. Durante la mattinata, attraversa in automobile i tranquilli sentieri della campagna inglese. Ad un tratto si ferma, scende dal veicolo e viene avvicinato da uno sconosciuto che gli consiglia di percorrere un sentiero in salita che, una volta terminato alla sommità di una collina, regala ai camminatori un panorama stupendo.
Il maggiordomo segue il suggerimento e, in effetti, ciò che gli appare davanti agli occhi è un'immensa distesa di campi, circondati da alberi e siepi, che si dipanano perdendosi in lontananza.
Ecco le sensazioni che la sera, una volta giunto a Salisbury, Stevens riporta:
" (...) il panorama inglese, nelle sue espressioni più belle, racchiude in sé una qualità della quale i panorami di altre nazioni, per quanto a prima vista più spettacolari, immancabilmente risultano privi. Si tratta, io credo, di una qualità capace di designare il panorama inglese agli occhi di qualunque osservatore obiettivo, come il più profondamente appagante del mondo, una qualità questa che che è probabilmente meglio riassunta dal termine "grandezza". (...) Noi chiamiamo questa nostra terra Gran Bretagna, e vi saranno sicuramente coloro i quali ritengono si tratti di una abitudine in qualche modo presuntuosa. (...) Ma in che cosa consiste, precisamente, questa grandezza? (...) direi che è la mancanza stessa di drammaticità o di spettacolarità del genere più ovvio a consentire alla bellezza della nostra terra di distinguersi. Ciò che le è propria è la calma, insita in quella bellezza, la sensazione di riserbo che essa racchiude."
Fermi un momento.
Pensate al fatto che nel 1630, durante quella terribile epidemia di peste della quale anche Manzoni tratta nel suo capolavoro, questo semplice edificio era diventato un lazzeretto per gli infetti.
Ad ogni modo, leggendo questo passo, mi è ritornato in mente sia Madonna di Monte, sia un'altra vista collinare a Sona, altro paesino molto vicino a casa mia.
Si tratta di due panorami non "sublimi", per dirlo alla maniera dei romantici, ma che mi hanno sempre trasmesso una sensazione di tranquillità. Non sono paesaggi di montagna mozzafiato del Monte Baldo o di Molveno, con le nubi che circondano le cime di monti che si affacciano su un lago.
Sono paesaggi collinari, semplici, eppure, belli. belli soprattutto quando c'è il sole.
E' proprio la bellezza del panorama visto quella mattina stessa a spingere Stevens a chiedersi: "Ma nella vita, in che cosa consiste la grandezza? Che cosa mi ha reso grande nel mio mestiere di maggiordomo?"
SECONDA GIORNATA- TRA SALISBURY E IL DORSET:
La mattinata si svolge nella stanza d'albergo a Salisbury. E' bene precisare a questo punto che "Quel che resta del giorno" è un romanzo psicologico, introspettivo fino alla nausea. Da qui in avanti, i paesaggi naturali e cittadini non vengono quasi più presi in considerazione per il loro fascino, perché il protagonista risulta fin troppo immerso nei ricordi del passato per poter godere appieno delle meraviglie della Gran Bretagna.
Ma esattamente cos'è che Stevens ricorda?
La figura di un padre, anch'egli maggiordomo, rigido, austero e anaffettivo, concentrato cioè soltanto nel suo lavoro e la figura di Lord Darlington, nobile filo-nazista presso il quale per molti anni Stevens aveva prestato servizio.
Lord Darlington, come avrete potuto già intuire, era un uomo di dubbia moralità e di pericolosi orientamenti ideologici: pensate soltanto al fatto che decine di pagine di questo capitolo vengono dedicate al convegno che egli stesso organizza nella sua villa, presso la quale sono invitati ufficiali e rappresentanti politici tedeschi, francesi e americani per ridefinire i rapporti del trattato di Versailles. Tenete presente che è tutto un flashback questo libro, per cui si oscilla tra anni '20 e anni '50, ovvero, tra passato e presente.
E la domanda risuona per tutto il giorno e per tutto il giorno dopo ancora: "Che cosa rende grande un maggiordomo?".
TERZA GIORNATA- TAUNTON, SOMERSET/
QUARTA GIORNATA- LITTLE COMPTON, CORNOVAGLIA:
Io i titoli dei capitoli li riporto così come sono. Anche se ripeto, dalla seconda giornata in avanti non si trova mai una descrizione sugli elementi naturali che caratterizzano questi luoghi.
Tra i ricordi di Stevens spicca in particolar modo Miss Kenton, la governante anch'essa a servizio di Lord Darlington.
Vi riassumo come sono andate le cose tra questi due: per parecchi anni, Miss Kenton aveva cercato di avvicinarsi a Stevens corteggiandolo, dandogli un sacco di attenzioni, trovando mille pretesti per potergli parlare. Per ricevere in cambio una freddezza sconcertante.
La frase che il maggiordomo le ripete spesso è: "Sono molto occupato, Miss Kenton. Mi lasci fare il mio lavoro".
Stevens è stato talmente assorto nelle sue mansioni da non accorgersi di quella che poteva essere la sua vera occasione d'amore.
Miss Kenton appare molto più umana di Stevens, basti pensare ad un episodio per poter mettere a confronto queste due personalità.
Una mattina, Lord Darlington comunica a Stevens di licenziare due cameriere ebree, perché "con i tempi che corrono, è sconveniente tenere in casa del personale ebreo".
Stevens accoglie la decisione senza batter ciglio, esegue cioè un ordine senza domandarsi se ciò che sta facendo è giusto o ingiusto. Al contrario, Miss Kenton appare molto indignata per questo fatto: protesta animatamente, piange per la perdita di due giovani e valide cameriere, protesta contro l'assurdità della decisione e rimprovera Stevens, che si limita a dirle qualcosa come: "Miss Kenton, Lord Darlington sa valutare certe circostanze molto meglio di noi. Non è il caso di fare polemiche."
Quasi un anno dopo, quando Lord Darlington si dichiara, di fronte a Stevens, dispiaciuto per quel licenziamento che lui stesso aveva ordinato, il suo maggiordomo cambia anch'egli idea sull'argomento: "Eh sì, è stato ingiusto. Farò in modo che cose simili non accadano mai più in questa casa."
Stevens è un servitore che non sa pensare con la propria testa, che non sa protestare o replicare. La sua mente si conforma a quella del signore che serve.
Il tempo passa e Miss Kenton nel frattempo si fidanza al di fuori dell'ambiente di lavoro. E intanto, le chiacchiere si diffondono: "Ha 34, quasi 35 anni, non è più così giovane. Eppure non è ancora troppo tardi per diventare madre."
(No, non è ancora troppo tardi, ma se si aspetta un altro pochino i capelli diventano grigi per l'inizio della mezza età!!)
Nel momento in cui Miss Kenton comunica a Stevens l'intenzione di licenziarsi per sposarsi e andare a vivere a Weymouth, l'unica cosa che il maggiordomo riesce a dirle è: "Felicitazioni, Miss Kenton."
"Possibile che non abbiate altro da dirmi?" (governante e maggiordomo si davano del "voi").
Indovinate un po' la risposta?!
"Sono molto occupato, Miss Kenton".
E Miss Kenton sale nella sua stanza e si mette a piangere. Sta per sposarsi, ma la verità è che ama Stevens. Sposa Mr Benn per "fargli un dispetto".
Ma come si fa a restare innamorate di un muro di cemento del genere? Di un saùgo del genere?
(No, non chiedetemi di tradurre questo aggettivo dello stretto dialetto veronese! E' difficile da rendere in italiano. Saùgo sarebbe in pratica un essere amorfo, insipido, incapace di pensare con la propria testa. Come chi, all'interno di un gruppo, sta sottomesso ai prepotenti per trascurare la grande umanità e il grande intelletto di una figura ECCEZIONALE, che merita amore, ascolto, comprensione, formazione. Comunque, non so se in romano o in napoletano ci sia un equivalente colorito più o meno come questo.)
Stevens appare senz'anima. Senza mente. Senza pensiero critico.
E' uno stupido automa imbalsamato, che ha vissuto la propria vita secondo i "sì, signore", "certo, signore", "prego, signore".
Da qui capite anche il significato metaforico del titolo "Quel che resta del giorno": praticamente, Stevens non ha vissuto, non ha amato, non ha pensato.
Alle soglie della vecchiaia si accorge di questo e... quindi che gli rimane? Può ricominciare a vivere in modo radicalmente diverso?
Della quinta giornata non si dice nulla.
Ultimo giorno da riassumere, per grazia di Dio!
Stevens si trova sulle rive del mare, al tramonto del sole. Piange. La maggior parte della sua esistenza è andata via così, nell'obbedienza incondizionata e a-critica.
Nel frattempo, viene a sapere che il matrimonio di Miss Kenton è stato un legame di alti e bassi, e che Catherine, l'unica figlia, è in attesa di un bambino.
Oh, non crediate che sia andato a trovare Miss Kenton per "nostalgia". Ma solo per motivi professionali: essendo Mr Farraday un po' scarso di personale, a Stevens era venuta l'idea di richiamarla, con la speranza che il matrimonio fosse del tutto naufragato.
Che gli resta, dunque? Non gli resta che ritornare da Mr Farraday per continuare a servirlo fino alla fine dei suoi giorni.
Dovremmo tutti recuperare quei valori andati persi. Siamo la generazione più avanzata, con meno pregiudizi, più libera. Eppure abbiamo perso qualcosa. Dovremmo essere tutti più romantici, ecco. E non si parla soltanto d'amore, Dovremmo emozionarci di fronte alle cose della vita. Appassionarci davanti ad uno sguardo sincero, apprezzare la lealtà, essere veri.
cit. @mantico
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