Ecco un Palazzeschi che pochi conoscono...
Si tende a ricordare Aldo Palazzeschi come il poeta dei giochi fonici e delle onomatopee più originali... In realtà è anche il poeta della dolcezza e delle immagini delicate. Ho un libro a casa, dell'edizione Mondadori, nel quale sono incluse molte delle sue poesie.
Vi riporto le mie riflessioni su alcune di queste.
1. CHI SONO?
Son forse un poeta?
No, certo.
Non scrive che una parola, ben strana,
la penna dell’anima mia:
“follia”.
Son dunque un pittore?
Neanche.
Non ha che un colore
la tavolozza dell’anima mia:
“malinconia”.
Un musico, allora?
Nemmeno.
Non c’è che una nota
nella tastiera dell’anima mia:
“nostalgia”.
Son dunque... che cosa?
Io metto una lente
davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente.
Chi sono?
Il saltimbanco dell’anima mia.
No, certo.
Non scrive che una parola, ben strana,
la penna dell’anima mia:
“follia”.
Son dunque un pittore?
Neanche.
Non ha che un colore
la tavolozza dell’anima mia:
“malinconia”.
Un musico, allora?
Nemmeno.
Non c’è che una nota
nella tastiera dell’anima mia:
“nostalgia”.
Son dunque... che cosa?
Io metto una lente
davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente.
Chi sono?
Il saltimbanco dell’anima mia.
Picasso, "Famiglia di saltimbanchi" |
E' pur vero che "Chi sono?" l'avevo già affrontata quest'autunno durante il corso di letterature comparate, ma l'ho ristudiata e re-interpretata volentieri nei giorni scorsi.
D'altra parte... il mio lavoro in questo momento e in questo periodo di vita è quello di approfondire, oltre che di studiare i programmi dei docenti.
Il poeta ricerca la propria identità attraverso domande e negazioni. Notate che nel corso del componimento compaiono le tre arti più antiche: poesia, pittura e musica. La fotografia e il cinema sono nati nell'ultimo Ottocento.
Comunque, follia, malinconia e nostalgia non sono concetti molto positivi.
Perché Palazzeschi dovrebbe essere folle? Il primo Novecento è un secolo di grandi cambiamenti anche culturali. Palazzeschi, come i futuristi, come i membri delle altre avanguardie e anche come i modernisti, si distacca dalla tradizione. Se il futurismo di Marinetti promulgava il disprezzo della donna, l'esaltazione della velocità e della guerra, l'ottica letteraria di Palazzeschi è invece quella di evitare "rancidi romanticismi" per promuovere un ideale d'uomo ironico e clownesco. "Follia" secondo me qui sta per "originalità"... sarebbe un'allusione al suo stile e ai suoi temi di scrittura.
La malinconia della tavolozza richiamerebbe a mio avviso invece l'indole timida e riservata di questo poeta... Libri e articoli culturali ci informano del suo carattere schivo, introverso. Un carattere introverso tende alla malinconia.
Come si potrebbe rendere la nostalgia in musica?
C'è un brano esclusivamente strumentale che mi dà una sensazione nostalgica... E' di Einaudi.
Di cosa ha nostalgia Palazzeschi? Per la sua infanzia? Non ci è dato immaginare tanto altro.
Ma è verso la fine che arrivano tre versi significativi:
Io metto una lente
davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente.
Per me vuol dire: "Io non ho maschere". Anch'io sono così; e spero di non perdere mai la mia sincerità. Se mi chiedeste due aggettivi per descrivermi direi: sincera e (iper)sensibile.
Finisco sempre per stare male in quelle rare volte che mi capita di raccontare una mezza bugia. E poi sì, questo è anche un difetto oltre che una risorsa: piuttosto spesso mi carico sulle spalle il vissuto e i problemi degli altri e soffro per loro.
Il saltimbanco dell’anima mia. E' il verso che mi ricorda un'affermazione del poeta stesso: "La mia maestra è la strada". Ha avuto una vita precaria, aveva anche tentato di fare l'attore.
Ma potrebbe questo verso voler anche dire: "Io mi evolvo continuamente, come tutti"?
2. LE FANCIULLE BIANCHE:
La gente cammina pian piano,
sull'erta che mena la chiesa.
è un lungo viale fra grandi cipressi
la chiesa è la cima del monte.
La gente cammina pian piano
a mezzo dell'erta a sinistra
è il breve cancello che chiude un giardino.
Là dentro passeggiano al sole
le fanciulle bianche.
Passeggiano adagio pel grande giardino
non hanno nemmeno un sorriso.
La gente passando si ferma a guardare.
San Rocco, Sommacampagna VR |
Questa poesia invece mi ricorda la chiesetta di San Rocco del mio paese. Lì si sono sposati i miei genitori. E' aperta solo in occasione di matrimoni e di mostre locali di pittura, di pittura di paesaggi delle nostre colline e del lago di Garda. E' una chiesa del Seicento, situata sopra una collinetta circondata da alcuni cipressi.
Mi risulta suggestiva l'immagine delle fanciulle bianche nel giardino della loro casa sicuramente grande. Che si tratti di giovani aristocratiche?
Qui, dal punto di vista metrico, su 12 versi 6 sono novenari, per cui, dotati di accentazione fissa sulle sillabe 2°/5°/8°. Ci sono tre versi di 12 sillabe (è il breve cancello che chiude un giardino/Passeggiano adagio pel grande giardino/La gente passando si ferma a guardare) che, dal punto di vista dell'accentazione seguono lo stesso schema dei novenari: 2°/5°/8° + 11°.
3. ARA MARA AMARA:
In fondo alla china,
fra gli alti cipressi,
è un piccolo prato.
Si stanno in quell'ombra
tre vecchie
giocando coi dadi.
Non alzan la testa un istante,
non cambian di posto un sol giorno.
Sull'erba in ginocchio
si stanno in quell'ombra giocando.
fra gli alti cipressi,
è un piccolo prato.
Si stanno in quell'ombra
tre vecchie
giocando coi dadi.
Non alzan la testa un istante,
non cambian di posto un sol giorno.
Sull'erba in ginocchio
si stanno in quell'ombra giocando.
Come Pena, Rete e Lama nel Codice di Perelà, Ara, Mara e Amara sono probabilmente i nomi delle tre vecchie che giocano ai dadi.
Anche qui, sullo sfondo c'è un paesaggio collinare ("china" è "collina"). Dal punto di vista metrico prevalgono i senari.
Il motivo del gioco inserito in un paesaggio campestre e collinare c'è anche nel componimento "A foglia ed a gemma" di Zanzotto, di cui cito soltanto la parte iniziale:
"A foglia ed a gemma si schiudono/tra le tue mani le carte del gioco/i papaveri qui fanno folla/per te dagli ovili e dal monte/il frumento affolla il mese di maggio".
4. A PALAZZO RARI OR:
Da vetri oscurissimi
leggera una nebbia viola traspare:
finissima luce.
E s'odon le note morenti
dei balli più lenti.
Si vedon dai vetri
passare volanti
le tuniche bianche
di coppie danzanti.
Al di là dell'allitterazione nel titolo "Rari Or" , sembra che qui ci si stia riferendo ad un tramonto visto da un palazzo regale. Quest'immagine risiede nella mente di Palazzeschi, che non è mai stato né ha mai abitato in luoghi per aristocratici.
La "finissima luce" sarebbe dunque la luce tenue di un sole appena scomparso all'orizzonte, i "vetri oscurissimi" potrebbero essere delle vetrate colorate le cui decorazioni oscurano un pochino la visuale del mondo esterno. O sono "oscurissimi" perché impolverati e poco puliti? O sono resi oscuri dal buio incombente?
E s'odon le note morenti/dei balli più lenti. Qualcuno balla anche all'interno delle stanze del palazzo? Il poeta dice che c'è qualcuno fuori dal palazzo che balla, sicuramente in un giardino. Riesce a vedere le tuniche bianche.
5. MAR ROSSO:
Non è un ampissimo mare,
si vedono bene i confini e i contorni,
la forma che ha:
ha forma di cuore, e posa
in una terra azzurra
sotto un cielo di rosa.
Son l’acque d’un rosso assai cupo,
ma vivo, fremente.
Non à questo mare né onde né flutti, ma ha,
nell’ammasso uniforme,
dei palpiti forti, ineguali,
s’abbassa e s’innalza,
s’espande o comprime.
Padrone del mare,
è un giovane principe fulvo, bellissimo.
In piedi alla prua d’una lancia
ei vive girando il suo mare.
Padrone assoluto,
egli gira traversa percorre ineguale
in tutti i possibili sensi.
La punta acutissima
di quella terribile lancia
trafigge, trapassa, trafora
l’ammasso porpureo dell’acque,
ne balzano alti gli spruzzi,
in gorghi ed in fiotti
s’innalzano l’acque
al passare di quella terribile lancia.
Il principe, in piedi,
impassibile,
neanche un istante rallenta il suo corso,
neppure uno spruzzo lo bagna,
la veste sua bianca
non porta neppure una macchia
del rosso dell’acqua.
Padrone assoluto,
ei gira traversa percorre ineguale
in tutti i possibili sensi il suo mare,
diritto alla prua della lancia
terribile,
fulvo, bellissimo.
Un gemito,
un fremito,
che sembra l’affanno
d’eterno ed uguale dolore,
vien su da quel mare
che ha forma di cuore, e posa
in una terra azzurra
sotto un cielo di rosa.
-il mare: è metafora dell'animo umano. Si parla in effetti di "palpiti", "forma di cuore". E "non ha né onde né flutti". E' rosso, come il cuore che disegnano i bambini, come i cuori che un po' tutti noi immaginiamo.
-il giovane principe: rappresenta forse la vita. La vita con i suoi incontri e con le sue esperienze che divengono ricordi che attraversano l'anima. La vita che ha una fascino per chi sa vivere veramente.
- la punta acutissima della lancia: dovrebbe trattarsi del dolore. Un dolore, anche imprevisto, che genera spruzzi, gorghi e fiotti (=angosce).
-Il principe, in piedi, /impassibile,/neanche un istante rallenta il suo corso: la vita che scorre, che continua nonostante i drammi.
-la veste sua bianca/non porta neppure una macchia/del rosso dell’acqua: la vita che non ti consola, che più di una volta ti mette accanto persone false, irrispettose e insensibili. Devi trovare prima di tutto in te stesso la forza per "rialzarti dalle cadute". La stessa "signora vita" si aspetta che tu lo faccia. Il punto è che la "signora vita" non dura in eterno... Quindi è da imbecilli impiegare il tempo soltanto in rabbie, risentimenti e depressione.
E.. se fosse vero che Dio progetta la vita di ogni uomo, se fosse vero che per Dio le sofferenze in ogni vita umana hanno una finalità, se fosse vero che è proprio Dio a metterci accanto anche delle persone che ci sono d'aiuto?
-Un gemito, /un fremito,/che sembra l’affanno/d’eterno ed uguale dolore,/vien su da quel mare/che ha forma di cuore, e posa/in una terra azzurra/sotto un cielo di rosa: credo che Palazzeschi ci stia dicendo che anche il dolore è vita.
PIOMBO- PRIMO LEVI:
Come la settimana scorsa, sul link trovate questo racconto di Levi. L'ho estratto dal Sistema periodico, romanzo di racconti nel quale le 21 storie narrate (di cui 4 inventate, come questa) sono tutte intitolate con il nome di un elemento chimico della tavola periodica di Mendeleev.