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16 gennaio 2025

"LORD JIM", J.CONRAD: ASPETTATIVE DISATTESE E CONFLITTO INTERIORE

Contenuti:

Jim è un marinaio inglese che sogna di affrontare imprese avventurose. 
Il libro inizia con la descrizione del protagonista:

"Era tre o quattro centimetri sotto il metro e ottanta, di corporatura robusta, vi veniva incontro a passi sicuri, un po’ curvo sulle spalle, con la testa protesa in avanti e uno sguardo fisso di sotto in su che vi faceva pensare a un toro sul punto di caricare. La voce era profonda e sonora; nei modi, una sorta di sicurezza caparbia, senza nulla tuttavia di aggressivo. Pareva un atteggiamento voluto e apparentemente diretto a se stesso non meno che agli altri. Nella persona meticolosamente curato:tutto di bianco immacolato dalle scarpe al cappello, e nei diversi porti orientali, dove si guadagnava da vivere come commissario marittimo, era molto conosciuto." 

Jim viene nominato primo ufficiale sul Patna, una nave che trasporta pellegrini musulmani che vogliono raggiungere La Mecca.
Il Patna è "vecchio come Matusalemme, smilzo come un levriere, e mangiato dalla ruggine peggio di una tanca in disuso."

Il giovane inizia così il suo viaggio in mare, luogo molto vasto, estraneo alle vicende storiche, politiche e belliche di ogni tempo, luogo in cui gli uomini si trovano di fronte alla fragilità della loro condizione:

"Non vi è niente di più seducente, di più deludente e di più avvincente della vita sul mare.
Il mare è un luogo metafisico: spazio isolato, astorico, di pienezza e di solitudine, in cui i conflitti spirituali raggiungono con facilità le posizioni estreme e radicali ed in cui gli uomini vengono a trovarsi, drammaticamente, alle prese con l’Assoluto."

In una notte tempestosa la nave fa un incidente e una lamiera sembra cedere. 

Jim pensa che il Patna stia per colare a picco e, ritenendo di non poter fare nulla per salvare i passeggeri, abbandona la nave con gli ottocento passeggeri a bordo imbarcandosi su una scialuppa con il comandante e con due timonieri. 

In realtà il Patna non affonda, viene recuperato in un porto pochi giorni dopo.

In seguito, Jim deve affrontare il processo. Il brevetto di ufficiale gli viene revocato per negligenza al dovere. 
Pieno di rimorso e di vergogna per aver abbandonato la nave, il giovane cambia vita svolgendo diversi lavori ordinari e spostandosi nelle terre d'Oriente.
Marlow, comandante di una nave che aveva assistito al processo di Jim, racconta la sua vicenda ad un ex-avventuriero di nome Stein e poi offre a Jim l'opportunità di recarsi a Patusan (isola non reale sulle carte geografiche), insediamento di agricoltori buddisti. 
A Patusan, Jim riesce a creare un rapporto di rispetto e fiducia con la popolazione, anche con Doramin, il capo tribù, e con suo figlio Dain Waris.
Dopo aver aiutato Doramin a sconfiggere il predone Sherif Ali, Jim diventa allora un eroe per la popolazione locale, che lo ribattezza "Tuan Jim", ovvero, "Lord Jim". 
In seguito il protagonista conosce Gioiello, una donna della tribù di Doramin, e se ne innamora, ricambiato.

Marlow, che arriva a Patusan per far visita a Jim, si accorge che nell'animo dell'amico rimane qualche traccia di amarezza e di malinconia.
Un giorno il pirata Brown e i suoi uomini, sfuggiti ai funzionari spagnoli nelle Filippine, raggiungono Patusan con l'intenzione di saccheggiare l'isola ma vengono respinti e si rifugiano su una collina. 
Jim allora offre a Brown la possibilità di andarsene, assumendosi di fronte a Doramin la responsabilità della scelta.

"Ma Jim non conosceva l'egotismo quasi inconcepibile di quell'uomo (di Brown), che reagiva con la furia scatenata e vendicativa di un autocrate frustrato a tutto ciò che si opponeva alla sua volontà."

Prima di fuggire, Brown uccide Dain Waris proprio sotto gli occhi del servitore di Jim. 
Dopo il fatto drammatico, Gioiello suggerisce a Jim di partire. 
Lui invece rifiuta di fuggire e accetta di andare incontro alla morte per mano del capo tribù. 

La tecnica narrativa in "Lord Jim":

Nei primi capitoli la storia è raccontata in terza persona. 

Ma per la maggior parte del romanzo il narratore è Marlow che racconta la storia di vita di Jim ad un gruppo di amici durante una cena.

Nel racconto di Marlow si inseriscono anche alcune storie riferite da diversi personaggi secondari come Gioiello, Doramin e Brown. La storia è fatta di diversi punti di vista, con i vari personaggi che raccontano a Marlow alcuni fatti legati alla vita di Jim.

Somiglianze e differenze con "Cuore di tenebra":

Entrambi sono romanzi che trattano di viaggi per mare.
Il personaggio di Marlow è narratore sia in "Cuore di tenebra" sia in "Lord Jim". 
In "Cuore di tenebra", Marlow naviga il fiume Congo per raggiungere il villaggio di Kurtz, in "Lord Jim", il protagonista arriva a Patusan percorrendo un lungo fiume con una nave.
Se in "Cuore di tenebra" è presente una critica al colonialismo e allo sfruttamento degli africani, in "Lord Jim" una delle tematiche chiave è il rapporto tra il dovere morale e le scelte individuali.

Una somiglianza e una differenza con "Tifone":

Non ho letto "Lord Jim" e questa, come vi sarete accorti, è una recensione ricavata soprattutto da un riassunto e dalle considerazioni di Matthias. 
Per quel che mi ha riferito credo comunque ci sia una somiglianza importante e al contempo una differenza fondamentale con "Tifone".
In quest'ultimo romanzo infatti, il protagonista è Tom MacWhirr, un uomo semplice, timido, apparentemente mediocre, capitano incompreso e a volte anche sminuito dalla sua famiglia.
Tom si ritrova a guidare il piroscafo Nan-Shan e a dover affrontare un'esperienza molto pericolosa.

Come "Lord Jim", anche "Tifone" inizia con la descrizione del personaggio principale:

La sola cosa che forse il suo aspetto poteva suggerire era, a volte, la timidezza; perché lo si poteva vedere seduto in qualche ufficio a terra, con un vago sorriso e lo sguardo rivolto in basso. Ma quando lo alzava i suoi occhi apparivano diretti e di un azzurro intenso. I capelli biondi e molto sottili avvolgevano come morbida seta la calva calotta del suo cranio, da una tempia all'altra. Il pelo sul volto invece, rossiccio e fiammeggiante, sembrava un viluppo di filo di rame cresciuto e scolpito lungo il profilo delle labbra (...). Era di statura sotto la media, con le spalle un po' incurvate e gli arti così robusti che gli abiti sembravano sempre troppo stretti per le braccia e le gambe. 

Vorrei tener presente inoltre che "Tifone" è un racconto costituito soprattutto da descrizioni che prevalgono sui dialoghi.
Durante un viaggio in cui attraversa il mare Cinese con duecento passeggeri a bordo, il capitano MacWhirr si ostina a proseguire lungo la rotta, scelta che invece il suo primo ufficiale Jukes gli sconsiglia. 
Ad un tratto si scatena una tempesta molto violenta:

La Nan-Shan era saccheggiata dalla tempesta con una furia insensata e devastante: le vele di cappa strappate via dai gerli, le tende con i doppi lacci volate via, il ponte spazzato dai marosi, i tendalini ridotti a pezzi, le battagliole contorte e i vetri dei fanali in frantumi; due delle scialuppe erano sparite. (...) La gigantesca tempesta ululava e cozzava tutt'intorno nelle tenebre, come se tutto il mondo fosse un oscuro burrone. (...) Il mare, schiacciato sotto le raffiche di vento più forte, tornava a sollevarsi e a sommergere la prua e la poppa della Nan-Shan con ondate bianche di schiuma, che si allargavano nella notte oltre le due fiancate.

Ma Tom MacWhirr dimostra nervi saldi, assoluta fiducia nella resistenza della propria imbarcazione e determinazione straordinaria: nel trasportare il piroscafo nell'occhio del ciclone riesce a salvare sia la nave sia il proprio equipaggio. 

A differenza di Jim, Tom pensa a tutto fuorché a salvare se stesso, pensa ad eseguire fino in fondo il proprio dovere di comandante e applica l'etica della solidarietà nelle difficoltà più terribili.
Lord Jim, a seguito del suo grave errore di valutazione, diviene uno sconfitto che deve essere punito sia dal punto di vista giuridico sia dal punto di vista esistenziale. Jim perde la stima e la considerazione sociale.
In "Tifone" invece, a seguito di questa vicenda, il capitano Tom viene rivalutato all'unanimità sia dai colleghi che dalla famiglia, i quali gli tolgono definitivamente l'etichetta di "uomo tristemente mediocre".

Temi dell'opera:

A livello di tematiche "Cuore di tenebra" è un romanzo più profondo rispetto a questo.  
A me è piaciuto anche "Lord Jim".

-L'eroe romantico:

Lord Jim viene definito un eroe "romantico" da Marlow, anche perché all'inizio del libro sogna ad occhi aperti il suo futuro in mare, è un idealista che vive nell'epoca vittoriana, quando l'impero coloniale britannico è al massimo della propria egemonia. 
All'inizio del libro Jim si sente parte di un'avventura eroica e ha grande fiducia nelle sue capacità:

"...i suoi pensieri erano colmi di imprese valorose: amava quei sogni e il successo delle sue gesta immaginarie. Erano la parte migliore della vita; ne erano la verità segreta, la realtà nascosta. Avevano una splendida virilità e il fascino delle cose vaghe; gli passavano davanti con passo eroico; si portavano via la sua anima e la ubriacavano con il filtro divino di una fiducia illimitata in se stessa. Non c’era niente che lui non potesse affrontare."

Tuttavia, perde la possibilità di essere un eroe abbandonando centinaia di pellegrini sul Patna durante una tempesta.

-Rimorso e infelicità

Jim è un uomo in continua fuga da se stesso, vive un dissidio interiore, è continuamente tormentato dal rimorso per aver commesso un enorme errore.
Dopo la vicenda del Patna, Jim ha perduto la fiducia in se stesso e nei suoi sogni e, per di più, ha perduto la stima di chi lo conosceva.
Tuttavia, Jim non può fuggire dal proprio passato, anzi, lo teme, e questa paura condiziona tutto il suo percorso di vita dopo l'incidente. 


-Dovere e morale:

Jim è colpevole di un'azione che non è soltanto l'atto di venir meno ai propri doveri professionali che sarebbero stati questi: rimanere sulla nave e cercare di salvare i pellegrini.

Il protagonista invece è saltato su una scialuppa di salvataggio mettendo in secondo piano le vite dei pellegrini e di molti marinai. 
Saltando sulla scialuppa ha tradito l'equipaggio e non ha rispettato una legge etica che vorrebbe gli uomini uniti, solidali tra loro anche nei momenti in cui è molto più facile pensare alla propria salvezza piuttosto che rispettare fino in fondo le responsabilità che il proprio ruolo implica.



9 gennaio 2025

"La linea d'ombra", J. Conrad: gli ostacoli sono occasioni di crescita

La linea d'ombrala nebbia che io vedo a me davantiper la prima volta nella vita mia mi trovoa saper quello che lascio e a non saper immaginar quello che trovomi offrono un incarico di responsabilitàportare questa nave verso una rotta che nessuno sa...

il pensiero della responsabilità si è fatto grossoè come dover saltare al di là di un fossoche mi divide dai tempi spensierati di un passato che è passatosaltare verso il tempo indefinito dell'essere adultodi fronte a me la nebbia mi nasconde la risposta alla mia pauracosa sarò? dove mi condurrà la mia natura?

("La linea d'ombra", Jovanotti)

1) PRIMA TEMATICA DEL 2025: GLI OSTACOLI E LE DISILLUSIONI DELLA VITA ADULTA IN DUE ROMANZI DI JOSEPH CONRAD.

La linea d'ombra è un romanzo di Joseph Conrad, scritto nel 1915 e uscito a puntate sulla rivista Metropolitan Magazine di New York nei mesi di settembre-ottobre 1916. È stato pubblicato in forma di libro dall'editore Joseph Malaby Dent nel 1917.

A) IL TITOLO DELL'OPERA:

Per linea d'ombra l'autore intende un confine che, metaforicamente, separa la prima dalla seconda giovinezza.

Ecco come inizia il libro:

Soltanto i giovani hanno momenti simili. Non sto parlando dei giovanissimi. No. I giovanissimi, in effetti, non hanno momenti. È il privilegio della prima giovinezza di vivere in anticipo sui propri giorni, in quella bella continuità di una speranza che non conosce né pause né introspezione. Ci si chiude alle spalle il piccolo cancello della fanciullezza e si entra in un giardino incantato, dove anche le ombre splendono di promesse e ogni svolta del sentiero ha una sua seduzione. Non perché sia una terra inesplorata. Si sa bene che tutta l’umanità è passata per quella stessa strada. È il fascino dell’esperienza universale da cui ci si aspetta una sensazione non comune o personale: un pezzetto di se stessi. 

(...) Già. Si va avanti. E il tempo, anche lui va avanti; finché dinnanzi si scorge una linea d’ombra che ci avvisa che anche la regione della prima giovinezza deve essere lasciata indietro. 

A mio avviso, nella nostra epoca, sono soprattutto due le fasi della giovinezza: la prima è più spensierata, è quella che inizia nell'adolescenza e prosegue dopo gli esami di maturità. In questi anni si sogna, si iniziano a disegnare dei progetti per il futuro, si godono anche momenti di spensieratezza, è possibile dedicare molto tempo ai propri interessi e a ciò che piace. Se ci sono delle esperienze di lavoro, spesso sono stagionali oppure occasionali.

La seconda giovinezza inizia spesso intorno all'ultimo anno di università o appena dopo la fine del ciclo di studi accademico. È il tempo in cui un giovane, piuttosto frequentemente, perde purtroppo i nonni, che per me e molti miei coetanei sono spesso stati dei punti di riferimento nell'infanzia e nell'adolescenza, si accorge che i genitori invecchiano, inizia a comprendere che i risultati e le soddisfazioni arrivano più con l'autodisciplina piuttosto che con la motivazione. Tra l'altro, un laureato del nostro tempo si trova pienamente coinvolto nelle prime esperienze lavorative, in tempi che corrono, spesso diverse da quelle che immaginava, e, se ha una mente abbastanza simile a quella di una spugna, assorbe diverse competenze formative e lavorative oltre che lezioni di vita. Una componente fondamentale del mondo del lavoro è la relazione.

Oltre a ciò, si instaurano, forse proprio intorno alla mia età, i rapporti umani più forti e più veri, sia affettivi che di amicizia, e si comincia a pensare a progetti di vita di coppia o ad attuarli.

B) TRAMA:

La narrazione è in prima persona. Il giovane protagonista anonimo si licenzia dalla sua professione di marinaio su una nave a vapore nei mari d'Oriente. 

Il suo comandante Kent, profondamente dispiaciuto, non comprende le ragioni di questa scelta. 

Evidentemente però, al giovane uomo in questione iniziava a stare un po' stretto questo ruolo. Probabilmente si è licenziato ascoltando un senso di inquietudine. Si sarà chiesto, anche se Conrad non lo esplicita: ma possibile che la mia vita sia tutta qui? Anche se svolgo bene questo ruolo, sento che non potrà essere definitivo.

Chissà a quanti di voi lettori è accaduto di sperimentare una fase di vita nella quale ci si sentiva insoddisfatti della propria professione...

Dopo il licenziamento, per diversi giorni il personaggio principale di questo libro alloggia presso la casa dell'ufficiale Giles che gli propone, di punto in bianco, una progressione di carriera: diventare comandante di un veliero fermo a Bankok dato che il precedente capitano è recentemente defunto. Il giovane accetta l'incarico.

Durante questa esperienza il  protagonista si trova costretto ad affrontare notevoli difficoltà ed enormi problemi: prima di tutto si scontra ogni giorno con Burns, il suo primo ufficiale, un cinquantenne invidioso e frustrato per non aver ottenuto lo stesso ruolo. 

Tuttavia, l'ostacolo più grande della narrazione risulta essere il seguente: la nave incappa in una bonaccia che la costringe all'immobilità in mezzo all'oceano per venti giorni, durante i quali scoppia un'epidemia di febbre tropicale che indebolisce le forze di quasi tutto l'equipaggio tranne quelle del protagonista che, con l'aiuto del cuoco Ransome, riesce a mantenere comunque la nave in funzione:

Il fatto era che la malattia giocava con noi in modo altrettanto capriccioso dei venti. Andava da un uomo all’altro con tocco più o meno pesante, che lasciava sempre il segno dietro di sé, facendo traballare alcuni, abbattendo altri per un po’ di tempo, abbandonando l’uno, tornando all’altro, cosicché tutti ormai avevano un aspetto malaticcio e negli occhi lo sguardo apprensivo da animali braccati. Intanto Ransome e io, gli unici due rimasti indenni, andavamo in mezzo a loro a distribuire assiduamente chinino.

C) SORPRESE O STRADE CONVENZIONALI?

In quale modo è meglio fare carriera, dopo una lunga gavetta oppure all'improvviso, cogliendo un'occasione giusta e inaspettata?

Mi accorsi che la mia immaginazione aveva percorso canali convenzionali e che le mie speranze erano sempre state senza grandezza. Avevo concepito un comando come il risultato di un lento corso di promozioni, al servizio di qualche compagnia molto rispettabile. La ricompensa di un servizio fedele. (...)  Ed ecco, ora avevo il mio comando, l’avevo in tasca, in modo inequivocabile, ma assolutamente inaspettato. Al di là delle mie fantasie, al di fuori di ogni aspettativa ragionevole, e anche malgrado l’esistenza di una specie di oscuro intrigo per tenerlo lontano da me.

In questo primo post del 2025 vi pongo una serie di domande: il mondo del lavoro è meritocratico? (NO!! 😡😔)

Che cosa cambiereste nel mondo del lavoro attuale se dipendesse da voi? Che cosa sbaglia la scuola nell'orientamento degli studenti? (la scuola italiana sbaglia quasi tutto e, per di più, non ha supporto né dalle famiglie né dalla politica).

Evito di esprimermi per oggi dal momento che su queste e altre domande simili io e Matthias ritorneremo quando avvieremo i post relativi alle questioni "Scuola, formazione, giovani e lavoro". Si tratta di una serie tematica che sta a cuore ad entrambi, prima però avranno la precedenza tematiche quali "Auschwitz e la Shoah", "Memoria, ricordo ed elaborazione del lutto" e "Mondi senza persone".

Anticipo già che saranno presentate le tesi di Michele Boldrin a tal proposito, due film su due insegnanti e la figura di Monica Morucci, praticamente, la protagonista dei "Liceali 2", quella che stravolge, senza intenzione, i rapporti tra i ragazzi della sezione in cui viene inserita. Monica è "altro" sia rispetto ai compagni di classe sia rispetto alle figure docenti nelle quali incappa. Da adolescente la ritenevo strana, anche un po' pesante ma indubbiamente le riconoscevo una certa dose di intelligenza. Ora, da adulta, in lei vedo diversi lati di me e molte mie idee simili alle sue. 

Tornando alla Linea d'ombra, vorrei inoltre farvi un po' riflettere su quei venti giorni di bonaccia che l'equipaggio marino di questo romanzo vive... 

BONACCIA

Quale significato esistenziale dareste a questa parola? 

Ad esempio, non eravamo un po' tutti immobili, come una barca in mezzo ad un mare illimitato e calmissimo, con le nostre vite sospese durante il lockdown della primavera 2020?

D) RIMANDO AUTOBIOGRAFICO?

Sì, c'è, dal momento che la vicenda qui narrata rievoca la storia vera del primo comando toccato all'autore appena trentenne sulla nave a vapore denominata Vidar. 

Oltre a ciò, alcuni studiosi sostengono che La linea d'ombra possa essere considerata una metafora della prima guerra mondiale prima di tutto perché sottolinea l'importanza del cameratismo e poi anche perché Boris Conrad, figlio dell'autore, proprio nel 1916 era rimasto gravemente ferito nel conflitto.

E) L'OSTACOLO COME OPPORTUNITA' DI CRESCITA:

Le difficoltà e gli ostacoli, durante un periodo lavorativo o comunque durante una fase di vita problematica e complicata dal punto di vista affettivo o familiare, possono minare la nostra autostima e causare un senso di sfiducia nell'avvenire.

Tuttavia la vita umana è una soltanto. Il tempo, come ho già affermato altre volte, è prezioso, va trascorso con le persone che amiamo, va riempito con azioni, scelte, esperienze, pensieri... L'attesa della realizzazione di un obiettivo che vogliamo veramente raggiungere può durare diversi anni ma fondamentale sarebbe non farsi prendere dall'ansia o dall'angoscia o, peggio ancora, deprimersi. 

Perché ogni giorno è in sé una vita o, se preferite, un mattone che contribuisce alla realizzazione di sé, in ogni campo.

L'esperienza di navigazione caratterizzata da una preoccupante bonaccia e da malattie tropicali segna profondamente e in modo indelebile il nostro protagonista che arriva a dubitare delle proprie capacità, sebbene alla fine riesca a raggiungere Singapore, la meta prefissata, per trasportare in ospedale l'equipaggio malato. 

Indubbiamente si è trattato di un'esperienza drammatica e dolorosa che, tuttavia, lo ha reso una persona diversa, più forte e più matura dato che, nell'ultimo capitolo, nel comportamento del protagonista scompare l'ingenuità ed è evidente un maggior contenimento dell'irritazione.

Nell'ultima pagina del libro, con un rinnovato senso di responsabilità, il nostro personaggio principale dichiara di voler imbarcarsi il prima possibile per l'Oceano Indiano:

 «Non c’è riposo per me finché la nave non sarà al largo nell’Oceano Indiano, e anche allora ce ne sarà poco». 

F) PROTAGONISTA ANONIMO:

Un'ultima domanda per concludere: per quale motivo al personaggio principale di quest'opera non viene attribuito un nome? 

Probabilmente perché ognuno di noi può essersi trovato, nel proprio percorso di vita, in situazioni spiacevolmente imprevedibili o molto difficili o di forte shock che sono state la causa o di una maturazione caratteriale oppure di una maggior consapevolezza di sé.


24 dicembre 2024

L'epifania secondo l'apostolo Matteo:

Questo è l'ultimo post dell'anno 2024, non ce ne saranno altri prima del 9 gennaio del nuovo anno. 

Mi prendo una pausa di alcune settimane prima di tutto perché ho bisogno di tempo da dedicare alle persone con le quali ho rapporti significativi e profondi e poi perché devo proprio proseguire la stesura di quel che sarà il mio terzo libro... sotto qualche aspetto sono una persona incredibile: ho appena appena avuto il tempo di diffondere e di far apprezzare il secondo libro ed ora sento forte l'impulso di ascoltare le mie ispirazioni per una narrazione totalmente diversa dalla prima e dalla seconda. Sarà una storia di bullismo e di disagio sociale, ispirata all'esperienza lavorativa vissuta in stazione nell'ultimo anno. Nei prossimi giorni avrò molto più tempo da dedicare alla mia inclinazione per la scrittura.

Nei giorni scorsi ho riflettuto molto... è meglio proporvi, anzi, ri-proporvi Mt. 2, 1-12 oppure no? Lo stesso brano c'è già all'interno del blog, inserito in un post all'inizio del 2020, ma con un commento diverso rispetto a quelli che vi fornisco ora e accompagnato da dipinti di gotico internazionale sull'epifania, preceduto da etimologie greche sulla parola e seguito dalla spiegazione della tradizione della befana.

Alla fine l'ho ritenuto opportuno, indipendentemente dal rapporto con la Fede e con la Religione che potete avere o non avere. In ogni caso, sempre cultura è: i quattro Vangeli rappresentano le radici della cultura occidentale.

Non ho scelto la versione di Matteo per caso... sono in debito con l'evangelista Matteo a causa di un mio errore di valutazione!

Soltanto negli ultimi anni sto rivalutando e apprezzando questo evangelista. 

Tempo prima, nell'adolescenza e nei primissimi anni di università, nutrivo un forte pregiudizio astioso nei suoi confronti, lo ammetto. 

Ogni volta che sentivo la formula: "dal Vangelo secondo Matteo" pensavo: "Oddio... ecco il legalista moralista che, nel suo Vangelo, ha ridotto la fede ad una serie di norme e ad un mero codice etico! Dev'essere stato prima un disonesto e poi dev'essere diventato un uomo rigido che ha passato la vita a condannare chi gli stava intorno. Chissà come stava male una persona del genere".

Dopo un po' di anni era arrivato per me il momento di preparare uno dei molti moduli di Letteratura Italiana con particolare approfondimento su Pasolini. Nella sua produzione cinematografica vi ricordo che c'è anche Il Vangelo secondo Matteo, film del 1964. 

Dal momento che la figura di Pier Paolo Pasolini mi appassionava, avevo deciso di approfondire da sola il contenuto di quest'opera, anche se il docente ci aveva caldamente consigliato di reperirla. 

Si tratta di un film ben fatto e, a detta dei miei zii, molto fedele e molto rispettoso dei contenuti proposti dall'evangelista. Dopo la visione del Vangelo secondo Matteo, opera che è passata alla storia del cinema italiano, ho iniziato a capire qualcosa di più e ad avere qualche intuizione. 

Innanzitutto, sulla base di quello che avevo studiato, ero colpita dal fatto che un intellettuale ateo stimasse il Vangelo di Matteo come uno scritto "di altissimo livello stilistico" e ritenesse di "dover seguire punto per punto il Vangelo secondo San Matteo senza farne una sceneggiatura o una riduzione, perché nessuna immagine o nessuna parola aggiunta o inserita potrà mai essere all'altezza poetica di questo testo". 

Proprio nel 1964 Pier Paolo Pasolini è stato premiato per questa sua opera cinematografica alla Mostra del Cinema di Venezia proprio dall'Ufficio Cattolico Internazionale del Cinema ("Ocic" è la sigla francese).

Dopo la visione del Vangelo secondo Matteo di Pasolini mi sono chiesta: "E se questo apostolo avesse voluto prima di tutto mettere in luce che il Figlio di Dio non è stato accolto né creduto da scribi e farisei?! Avrebbe avuto le sue buone ragioni in questo suo intento... E se avesse avuto soprattutto l'intenzione di rappresentare Gesù come un autentico interprete della legge divina, liberandola da tradizioni sterili e da regole soffocanti? Altroché moralista! Cioè: un evangelista severo, senza ombra di dubbio, ma veramente interessante."

Poi è arrivata la primavera 2022 e ho sentito l'esigenza di leggere e di riflettere sull'intera Passione di Gesù secondo Matteo. A partire da qui ho cominciato anch'io ad apprezzare molto questo evangelista e a volerlo approfondire, di tanto in tanto, attraverso la ricerca di commenti di persone molto più competenti di me e più vicini di me alla Fede.

MATTEO E GLI ALTRI VANGELI:

Il nome di Matteo era in realtà Levi; questo lo chiarisce bene l'evangelista Marco. Non conosciamo molto a proposito della sua vita.

Forse è nato a Cafarnao intorno al 4 a.C. 

In ebraico "Matteo" ha lo stesso significato di "Mattia", il discepolo che ha sostituito Giuda Isacriota: "dono di Dio". In latino medievale sono diventati rispettivamente Mattheus e Matthias. A mio avviso entrambi i nomi hanno un significato edificante ma una brutta fonetica.

Matteo-Levi era un pubblicano, un esattore delle tasse per conto dell'Impero Romano che si è fatto conquistare da una semplice parola di Gesù: "Seguimi". 

Chissà che cosa Gesù ha intuito di bello e di significativo in Matteo-Levi in quegli istanti in cui l'ha notato dietro un bancone delle imposte.

Forse l'apostolo Matteo è morto in Etiopia, forse è stato trafitto da colpi di spada durante una celebrazione liturgica.

Il Vangelo di Matteo è rivolto principalmente ai giudei e agli ebrei convertiti al Cristianesimo. Il simbolo del Vangelo di Matteo è l'angelo perché inizia con la genealogia, ovvero, con l'elenco degli antenati di Gesù.

Scritto in aramaico intorno alla metà del I° sec. a.C., il messaggio fondamentale che i teologi riconoscono all'unanimità in questo Vangelo è il seguente: Gesù è il Messia ingiustamente rifiutato da Israele.

Questo spiega moltissimi dei suoi contenuti: 

1) Prima di tutto, il fatto che venga sottolineata più volte l'ipocrisia di scribi e farisei.

2) Se Matteo ritiene il Messia un incompreso dai giudei del suo tempo (perlomeno da molti di loro, non proprio da tutti) è comprensibile anche la sua insistenza sulle similitudini che riguardano il Regno dei Cieli: "simile ad un tesoro nascosto nel campo", "simile ad un uomo che ha seminato del buon seme nel campo", "simile ad un granello di senape"...

3) Inoltre si riesce a comprendere bene anche il motivo per cui il racconto della Passione di Matteo sia crudo, tremendo, finalizzato a risaltare la solitudine di Gesù a partire dall'orazione del Getsemani fino alla crocifissione. Oltretutto, solo in questo Vangelo Gesù viene offeso e incompreso anche la mattina del sabato santo, anche se è morto.

4) Per Matteo inoltre, in Gesù si realizzano le parole dei profeti dell'Antico Testamento, dei quali il suo Vangelo è ricco di riferimenti: Gesù non cancella il Dio dei patriarchi vetero-testamentari, ma offre un accesso definitivo ad esso. 

E GLI ALTRI TRE VANGELI?

A questo punto è doveroso da parte mia riassumere i temi fondamentali anche per Marco, Luca e Giovanni.

MARCO:

Il Vangelo di Marco è il più antico. 

Scritto in lingua greca, è rivolto agli strati sociali più bassi della Roma imperiale, in particolar modo, agli schiavi. 

L'evangelista si è fatto comprendere attraverso il ricorso ad un limitato numero di vocaboli che rimandano a esperienze comuni per ogni cultura: impiega ad esempio i termini che indicano i quattro elementi della terra con descrizioni molto semplici di paesaggi e anche parti del corpo umano. I verbi all'interno di questo Vangelo fanno riferimento alle azioni fondamentali del corpo umano e ai sentimenti più conosciuti: camminare, vedere, parlare, ascoltare, essere muto, amare, odiare. 

L'insegnamento principale di Marco è questo: Gesù è con noi. Un intento di Marco è infatti quello di sottolineare la bontà di Gesù, la sua sensibilità, la sua capacità in qualche episodio di provare compassione e tristezza. 

Questo evangelista ritrae un Gesù molto umano senza però tralasciare la sua natura divina.

Il Vangelo di Marco inizia con le azioni e l'operato della figura di Giovanni il Battista, non con la nascita di Gesù.

LUCA:

Il Vangelo di Luca sorge dal desiderio dello stesso evangelista di ascoltare la Parola, un annuncio che dovrebbe attecchire profondamente nel cuore dei cristiani.

Il suo tema centrale è il seguente: Gesù Cristo è gloria per Dio Padre e salvezza per l'uomo. 

San Luca, medico e pittore per la tradizione, ha avuto un grande interesse anche per la disciplina della storia: per lui infatti, la chiave di lettura della storia del mondo è Gesù, considerato al centro del tempo.

Tuttavia questo evangelista, oltre a riconoscere la misericordia del Figlio di Dio e la sua vicinanza ai malfattori, ai malati, ai poveri, ai lebbrosi, alle donne e ai bambini, si chiede anche: "Se il Figlio di Dio è portatore di salvezza, perché il male continua ad esistere? Qual'è il senso della storia dell'umanità?".  

L'evangelista arriva alla seguente risposta: "il cristiano è chiamato ad una vita responsabile per contrastare la mentalità egoistica del mondo: fondamentale diventano dunque gli atti di solidarietà, necessari per abitare questo pianeta. Conoscere un Padre che ha sacrificato il Figlio per noi deve motivare i cristiani a non estraniarsi dal mondo, anzi, a considerare ogni uomo come fratello."

Il Vangelo di Luca, scritto in greco, si rivolge principalmente ai pagani convertiti al cristianesimo e inizia con l'annunciazione dell'angelo a Maria.

GIOVANNI:

Si tratta del Vangelo più recente ed è rivolto ai credenti e alla nascente Chiesa, con l'obiettivo di fornire una visione più profonda della vita terrena, prestando attenzione al modo in cui viviamo l'impatto della Parola. 

Il nucleo centrale di Giovanni è il seguente: coloro che vivono secondo gli insegnamenti di Cristo riceveranno la vita eterna.

Il Vangelo di Giovanni, scritto in una lingua greca contaminata da ebraismi e qualche latinismo, inizia con un prologo a mio avviso molto suggestivo il cui intento è quello di affermare la natura divina di Gesù, identificato come "Il Verbo" che si è fatto uomo. Segue poi la testimonianza di Giovanni il Battista e la chiamata dei primi discepoli.

Dice lo studioso Silvano Fausti: "Il Vangelo di Giovanni è diverso dagli altri. La sua semplicità è apparente, come la vita. Gli altri Vangeli presentano dei racconti che, una volta spiegati, lasciano intravedere il loro significato, sono come le vetrate: le illumini e fai vedere cosa c'è dietro. Giovanni invece non racconta quasi nulla, il suo Vangelo è solo spiegazione."

MATTEO (Mt.), 2, 1-12

Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: «Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo». Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.

COMMENTO DI BRUNO MAGGIONI:

(Riporto le citazioni che ho trovato e letto così come sono):

Chi sono i Magi? (...) Nel nostro caso sembra giusto pensare a degli astrologi: lo lascia sospettare l'espressione "abbiamo visto sorgere la sua stella" (2,2). Da lontano vengono per cercare il re dei Giudei. Dunque Gesù è re. Matteo ha però cura di collocare questo titolo in un contesto di opposizione: accanto al Messia c'è il re Erode. E il secondo ha paura del primo, come già un tempo il Faraone d'Egitto ebbe paura dei Figli d'Israele e ordinò di ucciderli: solo che ora ad aver paura del Messia non è più l'Egitto ma lo stesso Israele. 

In che senso Gesù può dirsi re? Un cenno alla regalità era già presente nella genealogia: Davide è "re" e Gesù discende appunto da lui. Però fra Davide e Gesù c'è l'esilio, la fine del regno di Davide, la perdita di ogni prestigio politico: Gesù è re ma senza corona.

È la passione il luogo dove si coglie il vero significato della regalità di Gesù. Una regalità diversa da quella a cui gli uomini sono abituati, diversa al punto che ad essi è sembrata una regalità da burla.

Sin dall'inizio, Matteo ha voluto evidenziare con sconcerto che non sono i pagani a rifiutare il Messia, bensì Gerusalemme. 

UNA PARTE DEL COMMENTO DI ANGELICO POPPI:

Nel primo capitolo  l'evangelista ha dimostrato come Gesù appartenesse alla stirpe davidica, un requisito necessario per garantire la sua messianità. Ora prova anche la sua origine a Betlemme, secondo le profezie.

Secondo il racconto di Matteo sembra che Giuseppe e Maria risiedessero nella cittadina di Betlemme, dimorando in una casa (v.11), l'evangelista Luca invece ne fa degli ospiti occasionali, per il censimento indetto dall'imperatore romano. 

I magi restano personaggi misteriosi: non se ne conosce il numero, il luogo esatto di provenienza, il mestiere. Nel mondo medio-persiano esisteva una nobile casta sacerdotale che si dedicava allo studio dell'astrologia, della divinazione e delle scienze sacre. Erodoto li ricorda come gli interpreti dei sogni. Matteo li circonda di grande venerazione. Ma è interessante come non li faccia dei re. 

Attraverso la contemplazione del Creato, i Magi si avvicinano a Dio, ricercando con impegno la luce, mentre al contrario i giudei, in possesso delle Scritture, non rendono omaggio al Messia, non li seguono nel loro viaggio.

La stella è connessa ad un probabile oroscopo per il Messia. Tuttavia è difficile associare quella stella a un preciso fenomeno astronomico come l'apparizione della cometa di Halley nell'11 a.C. oppure alla congiunzione di Giove con Saturno nel 6 a.C. Paradossale è il movimento della stella da Gerusalemme verso Betlemme, cioè da nord verso sud, ma ha un significato simbolico: probabilmente l'evangelista voleva alludere alla "stella di Giacobbe" predetta da Balaam, un profeta pagano originario dell'Oriente.

I doni oro, incenso e mirra rievocano la pacifica invasione della nuova Gerusalemme da parte degli abitanti di Madian ed Efa con i loro cammelli e dromedari descritta da Isaia 60,6 e ancora alla venuta dei re di Tarsis, delle isole, di Saba che offriranno tributi al Messia e si prostreranno dinanzi a lui (sal. 72,10s). Forse in riferimento a questo passo la tradizione tardiva ha considerato i magi come re.


23 dicembre 2024

Post culturale natalizio:

Pace nel cuore di Cristo in eterno;
ma non v'è pace nel cuore dell'uomo.
Anche con Cristo e sono venti secoli
il fratello si scaglia sul fratello.

("Natale", Salvatore Quasimodo)

CENNI DI CULTURA LATINA:

Il 25 dicembre, credo lo sappiate più o meno tutti, è una data simbolica: non è l'esatta data di nascita di Gesù e nessuno dei quattro Vangeli ci tramanda una data esatta. 

A partire dalla tarda antichità, il Natale ha sostituito la festa pagana del "Sol Invictus". 

Il sole invincibile in pieno inverno?! 

Il 25 dicembre è sempre stata una data di poco posteriore al solstizio di inverno e, già nell'antichità, si percepiva il leggero allungarsi dei giorni: infatti, tra il 22 e il 24 dicembre, i giorni sono molto brevi per il fatto che il sole raggiunge il punto di massima distanza dal piano equatoriale ed è dunque più debole in quanto a calore. A partire dal 25 dicembre, sembra invece iniziare a sconfiggere le tenebre.

Non è così. Recentemente, anche un articolo uscito sul "Corriere della Sera" ha criticato queste affermazioni, sbagliate dal punto di vista astronomico:  il 22 dicembre è la data del solstizio di inverno, giorno in cui il circolo di illuminazione è tangente ai due paralleli conosciuti come "circolo polare artico" e "circolo polare antartico". Nel solstizio di inverno il polo sud è rivolto verso il Sole che a mezzogiorno raggiunge lo zenit sul tropico del Capricorno.

Il sole è in afelio il 2 luglio, in perielio il 3 gennaio: il clima freddo in dicembre e in gennaio non dipende dalla distanza Terra-Sole ma dall'inclinazione dell'asse terrestre. Nell'emisfero boreale, a dicembre il sole è basso e non caldo visto che i raggi sono molto inclinati.

I Romani dell'età imperiale, ogni 25 dicembre, festeggiavano Mitra, il dio "del sole invincibile". Questa festa è stata istituita da Elagabalo che ha fatto edificare un tempio sul Palatino in onore di questa divinità.

Poi è salito al potere Costantino il quale, a partire dal 330, dopo essersi convertito al cristianesimo, ha sostituito la festa del "Sol invictus" con quella del "Natalis Christi". 

PARTE ARTISTICA:

A) PAUL GAUGUIN, TE TAMARI NO ATUA ("NASCITA DEL FIGLIO DI DIO"):

Questo dipinto risale al 1896 e la tecnica è olio su tela. La presente opera è ispirata ad un evento reale: la nascita della figlia del pittore, avuta con la compagna Pahura, giovanissima polinesiana.

In primo piano è evidente la presenza di una donna maori semi-coperta da un telo blu e distesa su un letto il cui cuscino e il cui materasso sono gialli. Per Gauguin il giallo è il colore del sacro. Risulta comunque visibile l'aureola sia sul capo della ragazza sia attorno al viso del neonato che dorme tra le braccia di un'altra figura femminile vestita di bianco e affiancata da un'altra donna, anche lei di etnia maori.

Notate che vicino al neonato c'è un totem. Si tratta di un tupapaù, ovvero, il nome dello spirito dei morti in lingua maori... il motivo di questa presenza dev'essere ricondotto ad un terribile dramma: la morte della figlia di Paul e Pahura poche settimane dopo la nascita.

Sullo sfondo, dove si trova una stalla con alcuni buoi, prevalgono le tonalità verde-oliva e marrone terra di Siena.

L'aureola della donna distesa sul letto è gialla, quella del bambino invece risulta giallo-verde. Per quali motivi questa diversità? Mi sono fatta un'idea: il giallo è simbolo in questo quadro di calore materno, speranza; ma soprattutto, può essere un richiamo all'apertura d'animo che Maria ha dimostrato di fronte all'annuncio dell'angelo. Il verde è simbolo di vita; in questo caso, di una nuova vita destinata a portare un messaggio di salvezza.

Trovo originale quest'opera, a me non dispiace per niente: Paul Gauguin infatti ci fornisce una natività terrena che può trasmettere la profonda umiltà e umanità di un Dio cristiano che si è fatto uomo.

B) GHERARDO DOTTORI, NATIVITA':


Anche in questo caso la tecnica è l'olio su tela ma il dipinto risale al 1930.

Credo che una parte di voi se ne sia accorta immediatamente: le figure risultano scomposte nello spazio, proprio secondo lo stile cubista. Tuttavia, a questo dobbiamo aggiungere che la visione della capanna dall'alto è data dalle esperienze di Dottori dell'areopittura.

Al centro, la capanna di legno è investita in pieno da un cono di luce che splende sulla sacra famiglia. Accanto alla semplicissima struttura c'è un bue bianco dall'aria mite.

Trovo bellissimo il dinamismo geometrico e cromatico delle aureole, costituite da cerchi concentrici divisi in campiture contenenti non soltanto le diverse gradazioni del blu ma anche il giallo e il turchese.

L'avvenimento della Natività avviene in un paesaggio collinare con una città e un lago azzurro sullo sfondo, probabilmente ispirato ad un paesaggio dell'Italia centrale dato che Gherardo Dottori era umbro.

(A mio avviso questa Natività potrebbe stare bene dietro l'altare di una chiesa moderna, ad esempio di Madonna del popolo a Villafranca).

20 dicembre 2024

Il rapporto uomo-ambiente nell'Ode di Parini "La salubrità dell'aria"

L'ode intitolata La salubrità dell'aria è stata composta da Parini intorno al 1760. Si tratta di un componimento celebre sia per l'impegno civile che manifesta sia per la presenza di un lessico molto variegato, in cui il classicismo si mescola con termini tecnici.

Ho pensato fosse un componimento opportuno da inserire per quel che concerne il rapporto uomo-natura dal momento che il messaggio ecologico è, a mio avviso, particolarmente evidente.

Prendo in esame soltanto le parti dell'ode che ritengo più significative:

vv.7-12:

  1. Già nel polmon capace
  2. urta sé stesso e scende
  3. quest’etere vivace,
  4. che gli egri spirti accende,
  5. e le forze rintegra,
  6. e l’animo rallegra.

In questi versi, l'aria pulita e vivificante riempie i polmoni che si dilatano, rinvigorisce gli animi debilitati dalla vita cittadina.

A quale luogo naturale si riferisce Parini?  

L'ode inizia con i seguenti versi: "Oh beato terreno/del vago Eupili mio". Eupili è per l'appunto il nome latino del lago di Pusiano, in Brianza, vicino al quale si trova il paese di Bosisio, luogo natale dell'autore.

vv.13-24:

Attenzione, però! Quest'ode non è una decantazione del paesaggio agreste.

  1. Però ch’austro scortese
  2. quì suoi vapor non mena:
  3. e guarda il bel paese
  4. alta di monti schiena,
  5. cui sormontar non vale
  6. borea con rigid’ale.
  7. Né quì giaccion paludi,
  8. che dall’impuro letto
  9. mandino a i capi ignudi
  10. nuvol di morbi infetto:
  11. e il meriggio a’ bei colli
  12. asciuga i dorsi molli.

L'austro è lo scirocco, definito "scortese" dal momento che è fastidioso e umido. Tuttavia, questo vento non raggiunge il lago di Pusiano, protetto da alte montagne che nemmeno la fredda bora riesce ad oltrepassare. 

Nei dintorni di Bosisio non ci sono paludi stagnanti che dalle loro acque ("impuro letto") emanano un vapore infetto (il poeta fa un'allusione alla malaria). 

vv.25-36:

  1. Pèra colui che primo
  2. a le triste ozïose
  3. acque e al fetido limo 
  4. la mia cittade espose;
  5. e per lucro ebbe a vile
  6. la salute civile.
  7. Certo colui del fiume
  8. di Stige ora s’impaccia
  9. tra l’orribil bitume,
  10. onde alzando la faccia
  11. bestemmia il fango e l’acque,
  12. che radunar gli piacque.

"Pèra" è un'espressione generica di maledizione, non così rara nei componimenti di Parini. Significa: "Sia dannato...".

Il poeta inizia qui a introdurre, in contrasto con l'aria pulita e sana dei paesini in riva al lago, le pessime e malsane condizioni igieniche dei quartieri della Milano del suo tempo. 

Non si fa riguardi a disapprovare e a condannare aspramente la politica di chi ha esposto la città di Milano al pericolo delle acque maleodoranti ("triste oziose acque") delle risaie marcite e, per fame di denaro, non ha considerato la vitale importanza del benessere dei cittadini.

Tuttavia, anche i politici colpevoli di non aver preso provvedimenti di tutela della salute pubblica, si trovano a dover respirare l'odore di questo fango bituminoso, paragonato alla palude infernale dello Stige.

Tenete presente, come accennavo prima, l'intelligente intreccio tra un lessico aulico caratterizzato in qualche caso da latinismi ("etere vivace", "egri spirti", "rigid'ale") con un lessico molto realistico ("nuvol di morbi infetto", "orribil bitume"). 

Ho evidenziato solo in questi versi alcune espressioni, anche se la convivenza di differenti registri lessicali permane per tutta la poesia.

La salubrità dell'aria mi ha richiamato alla mente alcune brevi liriche dello Zanzotto maturo, contenute nella sua raccolta intitolata "Sovrimpressioni" e tutte quante incluse nella sezione denominata "Verso i Palù minacciati di estinzione"

I Palù erano zone acquitrinose che, già in epoca medievale, erano state trasformate in scacchiere di prati circondati da alberi e da acqua corrente. 

Ma, alla fine del secolo scorso, l'espansione delle industrie e dell'edilizia, insieme alla decisione di ampliare la rete stradale, ha minacciato l'esistenza dei Palù. 

Ecco dunque che ritengo utile riportare un componimento dal finale molto significativo:

Specchi del Lete
qui riposanti in se stessi
tra mille fratelli e sorelle,
specchi del verde
ad accoglierli attenti
fino a disfarsi in scintille
a crescere in cerchi d’arborescenze
per tocchi
di venti,
di trepidi occhi.

– Pan, dove sei?
– Sì.

Il fiume Lete è il fiume dell'oblio. (Nemmeno qui mancano termini riconducibili al mondo classico greco-romano).

Ma notate gli ultimi due versi: quel "sì" del dio Pan, divinità greca da sempre legata al mondo agreste, equivale ad un "sopravvivo".

vv.67-78:

  1. Ben larga ancor natura
  2. fu a la città superba
  3. di cielo e d’aria pura:
  4. ma chi i bei doni or serba
  5. fra il lusso e l’avarizia 
  6. e la stolta pigrizia?
  7. Ahi non bastò che intorno
  8. putridi stagni avesse;
  9. anzi a turbarne il giorno
  10. sotto a le mura stesse
  11. trasse gli scelerati
  12. rivi a marcir su i prati

Vorrei soffermarmi sulla critica del poeta ai milanesi, ai suoi occhi ignavi e indolenti di fronte all'enorme problema della città in cui vivono:

  1. ma chi i bei doni or serba
  2. fra il lusso e l’avarizia 
  3. e la stolta pigrizia?

La domanda rivela ai lettori la forte indignazione morale di un Parini molto attento all'impegno socio-politico nei confronti di una città definita superba dal momento che è ricca di storia e di monumenti.

"putridi stagni" sono proprio le risaie.

vv.97-108:

Quivi i lari plebei

Da le spregiate crete

D’umor fracidi e rei
Versan fonti indiscrete;

Onde il vapor s’aggira;
E col fiato s’inspira.

Spenti animai, ridotti
Per le frequenti vie,
De gli aliti corrotti

Empion l’estivo die:
Spettacolo deforme
Del cittadin su l’orme!

Per "lari plebei" Parini intende le case dei poveri a Milano. 
Nella Roma arcaica, i Lari erano divinità protettrici delle case romane:

et nos Lases iuvate (x3)

neve lue rue Marmar sins incurrere in pleoris (x3) 

satur fu, fere Mars, limen sali, sta berber (x3) 

semunis alterni advocapit conctos (x3) 

enos Marmor iuvato (x3)

triumpe! triumpe! triumpe! 

Questo appena riportato è il Carmen Arvale (V° sec. a.C?) , canto liturgico dei Fratres  Arvales che onoravano Cerere affinché assicurasse fertilità ai campi. 

Spenti animai, ridotti
Per le frequenti vie,
De gli aliti corrotti
empion l’estivo die.

I cadaveri degli animali, lungo le strade affollate, riempiono l'aria della città di odori tremendi e pestilenziali.

vv.109-120:

Nè a pena cadde il sole
Che vaganti latrine
Con spalancate gole
Lustran ogni confine
De la città, che desta
Beve l’aura molesta.

Gridan le leggi è vero;

E Temi bieco guata:
Ma sol di sè pensiero
Ha l’inerzia privata.
Stolto! E mirar non vuoi
Ne’ comun danni i tuoi?



"Nè a pena"= equivale all' ubi latino ("non appena"). 
Per "vaganti latrine" si intendono le cosiddette navazze stercorarie, che, con i coperchi sempre alzati, contrariamente a quanto stabilito dalle leggi, erano attive tutte le notti nelle città. 
Le leggi gridano... ma, in questo contesto, saranno sicuramente leggi molto simili alle "gride manzoniane", inefficaci, roboanti nella loro forma scritta e ignorate dai prepotenti.
Le disposizioni igienico-sanitarie esistevano e prevedevano sanzioni per i trasgressori. Tuttavia l'egoismo e l'indifferenza dei politici e dei cittadini ("inerzia privata")  prevalgono sul senso civico. 


Non è forse così anche ai nostri giorni?