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31 marzo 2013

PASQUA DI RESURREZIONE!!!

"Pasqua è vita, Pasqua è pace!!!"  ripenso a una delle frasi più significative del preconio pasquale di ieri notte.   PASQUA=VITA!!

La dolce nascita di piccoli timidi fiori ravviva dentro di me la forza dell'amore, il soffio di un vento impetuoso abbraccia le tenere foglie degli alberi, il soave canto degli uccelli si diffonde nell'aria mentre timidi raggi di sole accarezzano le soffici nuvole!!
La natura intera sta ricominciando a vivere!
Questo rinnovamento della natura allude alla vittoria della vita, valore che traspare dall'episodio del vangelo di ieri notte: le donne, tristi per la morte del Signore, si recano al sepolcro e, invece di trovare il corpo di Gesù, vedono due angeli in abito sfolgorante che annunciano la straordinaria notizia della Risurrezione di Cristo. Inizialmente, questo avvenimento genera incredulità nell'animo degli apostoli ma poi, Pietro si reca al sepolcro e, vedendolo vuoto, prova meraviglia.
La vita e l'amore hanno sempre il sopravvento sulle malvagità! 

Pasqua è rigenerazione interiore: l'epistola di San Paolo che ieri in chiesa ho letto ad alta voce molto attentamente, dà a noi cristiani questo messaggio oltremodo significativo, soprattutto con le frasi:
" L'uomo vecchio che è in noi è stato crocifisso con lui, affinchè fosse reso inefficace questo corpo di peccato e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è liberato dal peccato. Se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo, risorto dai morti, non muore più."
  Come è carico di significati il Nuovo Testamento!!!



"Questo è il giorno nel quale il Creatore, Dio e Signore Nostro, per amore dell'uomo è tramontato una sola volta ed è risorto nuovamente per non tramontare mai più", affermava San Zeno, patrono di Verona.
Queste sono parole piene di speranza e spiegano anche il fatto che Gesù, soffrendo e morendo per il profondo sentimento di amore nei confronti dell'umanità, ha trionfato sul male e ha salvato l'umanità dal peccato. E' risorto e sarà sempre con noi, accanto a noi, come un padre tenero e benevolo verso i suoi figli, ci accompagnerà sempre nel cammino della vita e ci sosterrà nei momenti più difficili, ci inviterà a riporre stima nelle persone a noi care e ci ricorderà il valore inestimabile delle nostre doti e della parte migliore di noi stessi e ci solleciterà a credere in noi stessi.
 
La festività di Pasqua è inoltre un invito alla pace: la colomba che oggi a pranzo abbiamo condiviso in famiglia, dice il nostro impegno affinchè nel mondo regni la pace. La pace è il dono fatto ai discepoli di Gesù risorto, durante la sera di Pasqua. E' un dono che dobbiamo scambiarci noi uomini, per migliorare 
l' umanità e per debellare le ingiustizie!

                                                                    Un sereno augurio di Buona Pasqua ai miei cari lettori!!

28 marzo 2013

LA LUCE SFOLGORANTE DEL SOLE DI PASQUA!!!

Ho voglia di primavera!!!!!!!!!!
E' un racconto piuttosto poetico che ho trovato su una rivista. 
E' intitolato:"Il sole di Pasqua".
Purtroppo il tempo in questi giorni non è dei migliori... anzi, il cielo è molto buio, piove ininterrottamente da qualche ora e la temperatura non raggiunge nemmeno i 10 °C.
Quindi, consiglio mio: mentre leggete, alla fine di ogni paragrafo chiudete gli occhi per rievocare nella vostra mente le piacevoli immagini che vengono descritte! 


" Tutte le sere, un ragazzino estremamente sensibile osservava il tramonto del sole dietro gli alberi che colorava le nubi di oro e di arancione. Desiderava molto andare a vedere dove tramontava il sole!!
Se lo chiedeva alla mamma, lei gli rispondeva che era impossibile, perchè troppo lontano. Il ragazzino però era convinto di poterci arrivare. 

Così una sera, tramontato il sole con i suoi meravigliosi colori, mise le scarpe e uscì di casa senza far rumore. Attraversò i verdi prati gremiti di candidi fiori per raggiungere la foresta. 
La luna illuminava d'argento il suo cammino, brillava alta nel cielo attraverso i rami, ma più avanzava nel bosco più tutto diventava oscuro.
Cominciò ad aver paura, ma, dal momento che era determinato a trovare il sole, avanzava coraggioso.

All'improvviso, ecco una luce brillare lontano. Colmo di gioia, le corse incontro mentre sembrava illuminarsi sempre di più. Vide che usciva da una grotta. "Ecco dove dorme il sole! Finalmente l'ho trovato!!" si disse.
Mentre si avvicinava, la luce si fece così brillante che lo accecava. Scorse allora, all'entrata della grotta, un angelo luminoso. Allora chiese commosso: "Dorme qui il sole? Vengo da lontano per incontrarlo!!"  "Il sole non è qui ma, se torni sui tuoi passi, Lo vedrai risorgere dagli alberi." gli rispose l'angelo.
 Il ragazzino era deluso e triste. Veniva da molto lontano e ricordava la paura che aveva provato mentre stava attraversando la foresta. Ma l'angelo continuava: " Questo giglio luminoso rischiarerà il tuo cammino." Riconoscente, il ragazzino ringraziò e fece ritorno.


Ad un tratto, vide qualcosa uscire dai cespugli accanto a lui che correva molto velocemente. Aveva le orecchie molto lunghe e sembrava portare qualcosa sulla spalla. Era la lepre che gli indicava come uscire dalla foresta. Arrivarono ai prati mentre sorgeva il sole di Pasqua che, danzando, saliva al cielo. 

A casa erano ancora tutti immersi nel sonno perchè era ancora presto e il ragazzino era così stanco che, non appena aveva levato le scarpe, si era addormentato. Quando il sole era già alto nel cielo, la mamma venne a svegliarlo e si accorse che il suo caro bambino dormiva vestito e teneva in mano un bel fiore, il fiore di Pasqua. "










24 marzo 2013

VITA DI PI


Recentemente ho visto un film piuttosto interessante e molto avventuroso, intitolato 
"VITA DI PI".               

Pi, una volta diventato adulto, racconta il suo passato a uno scrittore che desidera trarre un libro dalla sua  vicenda oltremodo singolare. Persino il nome del protagonista stesso ha un'origine  molto curiosa: un amico della sua famiglia, aveva suggerito di chiamare il bambino con il medesimo nome di una famosa piscina pubblica di Parigi e i genitori avevano accolto il consiglio chiamando il loro figlio con il nome di "Piscine". Ma dal momento che il ragazzino era divenuto oggetto di derisione tra i compagni di scuola,  a 12 anni decide di abbreviare il suo strano nome in "Pi".                                                                                                        
 Da ragazzino, Pi viveva  in India con i genitori e con il fratello maggiore.                                        
La sua famiglia era proprietaria di uno zoo gremito di molteplici specie animali che era stato creato all'interno di un vecchio giardino botanico. Tra gli animali, vi era anche una tigre del Bengala chiamata con il nome del cacciatore che l'aveva catturata, ovvero "Richard Parker".                                                                                                                           

La figura di Pi è veramente molto positiva: infatti egli è un ragazzino sveglio, piuttosto idealista e profondamente sensibile che si interroga sul senso delle religioni e che arriva addirittura a praticarne tre contemporaneamente . Inoltre, ritiene anche che gli altri animali abbiano un'anima, proprio come l'uomo. Quest'ultimo pensiero non viene condiviso dal padre, uomo molto razionale e concreto...

Un giorno , per provare a superare le pesanti difficoltà economiche, la famiglia decide di imbarcarsi per il Canada, dove ha intenzione di vendere gli animali dello zoo e trovare una nuova prospettiva di vita.
Durante il viaggio, però, una violenta tempesta fa naufragare la nave mercantile su cui si erano imbarcati e  Pi, rimasto l'unico superstite , riesce a salire su una scialuppa. 

A bordo con Pi, c'è anche la tigre, nei confronti della quale il ragazzo inizialmente nutre terrore. 
Pi decide allora di trascorrere le sue giornate su una piccola zattera legata alla scialuppa.
Poi pero' decide di addomesticare il feroce animale e raggiunge lo scopo offrendole del cibo.
Dopo molti giorni di naufragio, la scialuppa e la zattera giungono sulla riva di un'isola molto pericolosa in cui  di notte, a causa di un particolare processo chimico, ogni cosa diventa tossica. 
Quindi il ragazzo e la tigre ripartono e approdano in Messico: qui Pi viene soccorso da dei pescatori del posto, mentre Richard Parker si dilegua nella giungla.

In ospedale,  Pi racconta la sua intricata avventura a due giornalisti giapponesi che sono curiosi di conoscere il motivo per cui la nave è affondata. Pi, vedendo il loro sbalordimento dopo il suo racconto, narra  una versione totalmente diversa nella quale i protagonisti sono un  cuoco francese, la madre di Pi e un marinaio. Viene descritto il modo in cui il cuoco uccide il marinaio giapponese e la madre di Pi e viene anche raccontato che  Pi uccide il cuoco, vendicando la propria madre.

Ma quale delle due versioni è la migliore?! 
E soprattutto, qual è il messaggio che il regista vuole trasmettere con questa incredibile storia?!!

 Innanzitutto, penso che questo sia un "film avventuroso di formazione" che illustra la storia di un adolescente che impara ad affrontare e a risolvere situazioni molto rischiose e difficili. Sono inoltre presenti alcuni richiami alla letteratura del viaggio,     (=il lungo naufragio, il lungo periodo di solitudine in mezzo a un oceano, l'approdo su un'isola deserta e sconosciuta, le strategie di Pi per dominare la tigre e per affrontare la violenza della natura mi ricordano molto il celeberrimo "Robinson Crusoe" di Daniel Defoe).

 Le numerose difficoltà  che Pi affronta nel corso dell'intero film, potrebbero alludere ai limiti dell'essere umano, creatura che può soccombere facilmente alle terribili forze della natura e al destino inesorabile. 

Tuttavia, è importante rilevare la fede profonda che Pi coltiva nei confronti di Dio: talvolta infatti, durante la lunga scena del naufragio, il ragazzo prega con fervore Dio e dialoga con il Creatore. Il film probabilmente vuole esaltare lo strumento della fede come ricerca di miglioramento e di riscatto della condizione umana. La fede è presentata come un elemento che vede l'adesione pura e sincera a un principio profondo che va al di là di una singola religione: Pi, accetta infatti più pratiche religiose a condizione che siano manifestazioni autentiche di Dio.




11 marzo 2013

HAKIKOMORI: NULLA OLTRE IL PC

Il termine giapponese "Hakikomori" significa "stare in disparte, isolarsi" e indica gli adolescenti che non vanno a scuola e che, rifiutando qualsiasi contatto con il mondo esterno (famiglia inclusa), vivono chiusi in camera per mesi o per alcuni anni, in perfetta simbiosi con il computer, costantemente immersi in un mondo prettamente virtuale nel quale i rapporti sociali diretti vengono sostituiti con quelli mediati via Internet .  
Oltre all'isolamento sociale, gli hakikomori soffrono solitamente di depressione e di comportamenti ossessivo-compulsivi.
Attraverso uno spiraglio della porta, i genitori danno loro i pasti quotidiani, che vengono consumati all'interno della propria camera
Stanza tipica di un hakikomori
 La mancanza di contatto sociale ha delle forti ripercussioni sugli hakikomori, che, in maniera graduale, smarriscono sia i riferimenti comportamentali sia le capacità comunicative per instaurare dei rapporti con il mondo esterno.

Questi ragazzi vengono designati anche con espressioni come: "disadattati sociali" "adolescenti eremiti" "ragazzi scomparsi". In Giappone, il fenomeno degli hakikomori è presente sin dagli anni '80 e il numero di questi giovani reclusi raggiunge ora la sconcertante cifra di un milione.
Negli ultimi anni, questa nuova malattia psicologica giovanile, sta iniziando a diffondersi anche negli Stati Uniti, in Regno Unito, in Francia e nella Corea del Sud.
In Italia, grazie a degli studi condotti dallo psicoterapeuta Antonio Piotti, si rileva che un ragazzo ogni duecento manifesta comportamenti a rischio di reclusione sociale (nella città di Milano, gli adolescenti che corrono questo rischio sono circa duemila).
I sintomi di questa patologia, secondo lo psicoterapeuta, sono soprattutto una forte avversione e un opprimente disagio nei confronti della scuola, percepita come un'ambiente che costringe a costruire rapporti sociali legati al confronto e l'uso del computer per circa otto ore al giorno.

Le cause della diffusione di gravi disagi psicologici sono molto legate alla mentalità delle persone che vivono in una determinata società.
Quindi, come mai il fenomeno degli hakikomori è molto diffuso fra i giovani giapponesi? 
La società giapponese è molto competitiva, considera l’insuccesso come intollerabile e moltissimi genitori ritengono essenziale che i figli siano brillanti negli studi e nel lavoro e così li spronano eccessivamente affinché ottengano ad ogni costo il successo personale e l'auto-realizzazione e affinché soddisfino le aspettative che la società impone loro.I genitori vivono come un vergognoso fallimento il fatto che un figlio non segua un preciso percorso verso una famosa Università oppure verso un prestigioso posto di lavoro.
L’autoreclusione è quindi il comportamento tipico dei ragazzi che "non stanno al passo" delle aspettative altrui e che preferiscono barricarsi in casa e fuggire dalle proprie responsabilità piuttosto che affrontarle, dal momento che si sentono inadeguati ad affrontare la vita quotidiana.

Inoltre,è utile considerare che talvolta i rapporti tra gli adolescenti sono costituiti da pesanti forme di bullismo che causano frequentemente ansia, fobia scolare e sociale.
Inoltre, alcuni esperti hanno rilevato che questo fenomeno si verifica soprattutto negli adolescenti con madri estremamente esigenti e oppressive e con padri totalmente assenti e disinteressati.

Per quanto riguarda le cure, si tratta di un processo lungo.
«Possono bastare circa sette mesi, ma a volte ci sono voluti anche tre anni» afferma il professor Piotti.
E' molto utile in questo caso la psicoterapia e la proposta di alcune attività stimolanti, come la musica e la recitazione, che possono aiutare a ripristinare un rapporto con la realtà del mondo ed è molto importante anche sollecitare i genitori affinché dialoghino con i figli. 
Soprattutto però, sarebbe necessaria una società meno concorrenziale e più attenta a dialogare con i giovani più che a opprimerli.


4 marzo 2013

IL VIAGGIO: ESPERIENZA INTERIORE E METAFORA DELLA VITA

Nel suo saggio: ”Tra i cinesi che sognano Ulisse”; Magris afferma che:” Oggi più che mai vivere significa viaggiare (…). La condizione spirituale dell'uomo come viaggiatore (…) è anche la situazione concreta per masse sempre più vaste di persone. Sempre più incerto, nelle vertiginose trasformazioni del vivere, appare il ritorno -materiale e sentimentale- a se stessi. (...) . L' Ulisse odierno non assomiglia a quello omerico, che alla fine ritorna a casa,ma piuttosto a quello dantesco che si perde nell'illimitato. ”
Il viaggio come metafora della vita è un tema che ricorre molto nella letteratura di ogni epoca. 
Nella letteratura antica, vi sono alcune celebri opere che illustrano il viaggio come un percorso di formazione personale e come prova di conoscenza e di astuzia nell'affrontare situazioni difficili.
Un esempio significativo è “l'epopea di Gilgamesh”. Questo poema epico
narra l' intricata storia di Gilgamesh, un eroe che deve compiere un lungo viaggio fatto di prove, di speranze e delusioni . Dopo essere giunto al traguardo, comprende però che non ha trovato ciò che cercava ma ha compiuto una maturazione personale faticosa e alla fine giunge a comprendere il senso dell'esistenza.
Nell'Odissea di Omero, è possibile notare che il viaggio di Odisseo comporta sia il raggiungimento della meta, sia il superamento di numerosi ostacoli, sia la verifica di molte esperienze. La vita di un essere umano è paragonabile ad un viaggio dal momento che consiste nell'affrontare difficoltà, nell'imparare dalle esperienze vissute e nel relazionarsi con il prossimo. Il raggiungimento della meta o il ritorno sono paragonabili al traguardo che, anche nella vita reale, dopo una serie di vicissitudini, viene raggiunto. Il viaggio è quindi un'occasione per riflettere sulla propria esistenza.
Tuttavia, è necessario precisare che non tutti i viaggi implicano il raggiungimento di una meta o il ritorno a casa. La storia del passato offre numerosi esempi di viaggi senza ritorno e tra questi, è possibile menzionare il tragico avvenimento della Shoah dove milioni di ebrei, durante la seconda guerra mondiale, sono stati deportati nei campi di sterminio.
Uno dei fenomeni più sconcertanti del nostro tempo, è l'immigrazione da parte di individui che, costretti dalle loro condizioni di miseria, si imbarcano per raggiungere terre lontane allo scopo di realizzare il sogno di una nuova vita. Nella maggior parte dei casi, questi viaggi di massa implicano incertezza nel raggiungimento della meta dal momento che i mezzi di imbarcazione sono obsoleti e le condizioni degli stessi immigrati sono estremamente precarie.
Un altro aspetto molto rilevante è descritto da Todorov, che nel suo saggio “Noi e gli altri”, asserisce: ”Il viaggiatore aveva un pregiudizio favorevole nei confronti di popoli e di contrade lontane e cercava di descriverli....Ora l'uomo moderno è incalzato. Il turista farà quindi un'altra scelta : le cose e non più gli esseri umani saranno oggetto della sua predilezione....”
In questo pensiero è spiegata la profonda differenza tra l'atteggiamento di chi vive la sua esistenza come un viaggiatore e l'atteggiamento di chi la vive come un turista.
Il viaggiatore infatti è disposto ad incontrare altre culture e a dialogare con altri popoli, che manifestano attitudini diverse dalle sue.
Gli altri popoli sono tutte quelle persone che noi incontriamo nel cammino della vita talvolta con un atteggiamento di calorosa accoglienza e di apertura mentale, talvolta con diffidenza e con sospetto.
Se un individuo è consapevole del fatto che un viaggio comporta non solo piacere e divertimento, ma anche impegno e fatica, comprende allora che questo tipo di esperienza è utile per arricchire se stesso e gli altri.
Il turista, al contrario, quando viaggia si sofferma unicamente su oggetti e paesaggi senza preoccuparsi di dialogare con persone diverse da sè.
A questo proposito, Todorov aggiunge:” l'assenza di incontri con soggetti differenti è molto riposante perché non mette in discussione la nostra identità ….” 
 E' molto difficile entrare in contatto con gli altri, offrire loro aiuto e comprensione.
Il turista gusta la vita come se fosse una vacanza, non si accorge di avere conoscenze superficiali e non è interessato a guardare in profondità.
Quindi, vive il suo viaggio senza lasciare una traccia significativa di sé.