Il termine giapponese "Hakikomori" significa "stare in disparte, isolarsi" e indica gli adolescenti che non vanno a scuola e che, rifiutando qualsiasi contatto con il mondo esterno (famiglia inclusa), vivono chiusi in camera per mesi o per alcuni anni, in perfetta simbiosi con il computer, costantemente immersi in un mondo prettamente virtuale nel quale i rapporti sociali diretti vengono sostituiti con quelli mediati via Internet .
Oltre all'isolamento sociale, gli hakikomori soffrono solitamente di depressione e di comportamenti ossessivo-compulsivi.
Attraverso uno spiraglio della porta, i genitori danno loro i pasti quotidiani, che vengono consumati all'interno della propria camera.
Stanza tipica di un hakikomori |
Questi ragazzi vengono designati anche con espressioni come: "disadattati sociali" "adolescenti eremiti" "ragazzi scomparsi". In Giappone, il fenomeno degli hakikomori è presente sin dagli anni '80 e il numero di questi giovani reclusi raggiunge ora la sconcertante cifra di un milione.
Negli ultimi anni, questa nuova malattia psicologica giovanile, sta iniziando a diffondersi anche negli Stati Uniti, in Regno Unito, in Francia e nella Corea del Sud.
In Italia, grazie a degli studi condotti dallo psicoterapeuta Antonio Piotti, si rileva che un ragazzo ogni duecento manifesta comportamenti a rischio di reclusione sociale (nella città di Milano, gli adolescenti che corrono questo rischio sono circa duemila).
I sintomi di questa patologia, secondo lo psicoterapeuta, sono soprattutto una forte avversione e un opprimente disagio nei confronti della scuola, percepita come un'ambiente che costringe a costruire rapporti sociali legati al confronto e l'uso del computer per circa otto ore al giorno.
Le cause della diffusione di gravi disagi psicologici sono molto legate alla mentalità delle persone che vivono in una determinata società.
Quindi, come mai il fenomeno degli hakikomori è molto diffuso fra i giovani giapponesi?
La società giapponese è molto competitiva, considera l’insuccesso come intollerabile e moltissimi genitori ritengono essenziale che i figli siano brillanti negli studi e nel lavoro e così li spronano eccessivamente affinché ottengano ad ogni costo il successo personale e l'auto-realizzazione e affinché soddisfino le aspettative che la società impone loro.I genitori vivono come un vergognoso fallimento il fatto che un figlio non segua un preciso percorso verso una famosa Università oppure verso un prestigioso posto di lavoro.
L’autoreclusione è quindi il comportamento tipico dei ragazzi che "non stanno al passo" delle aspettative altrui e che preferiscono barricarsi in casa e fuggire dalle proprie responsabilità piuttosto che affrontarle, dal momento che si sentono inadeguati ad affrontare la vita quotidiana.
Inoltre,è utile considerare che talvolta i rapporti tra gli adolescenti sono costituiti da pesanti forme di bullismo che causano frequentemente ansia, fobia scolare e sociale.
Inoltre, alcuni esperti hanno rilevato che questo fenomeno si verifica soprattutto negli adolescenti con madri estremamente esigenti e oppressive e con padri totalmente assenti e disinteressati.
Per quanto riguarda le cure, si tratta di un processo lungo.
«Possono bastare circa sette mesi, ma a volte ci sono voluti anche tre anni» afferma il professor Piotti.
E' molto utile in questo caso la psicoterapia e la proposta di alcune attività stimolanti, come la musica e la recitazione, che possono aiutare a ripristinare un rapporto con la realtà del mondo ed è molto importante anche sollecitare i genitori affinché dialoghino con i figli.
Soprattutto però, sarebbe necessaria una società meno concorrenziale e più attenta a dialogare con i giovani più che a opprimerli.
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