Devo ammettere che finora la mia vita da giovane universitaria procede abbastanza bene... La mia mente è già piena di nozioni e memorizza piuttosto facilmente gli argomenti che studia.
...Quando mi sono iscritta a Lettere, ero consapevole del fatto che avrei dovuto affrontare soprattutto discipline come letteratura, linguistica, storia, storia dell'arte e geografia ma... a volte sento la mancanza dei filosofi, o, più in generale, della filosofia... (Scienze Filosofiche sarebbe stata comunque la mia seconda scelta accademica!). E' vero che i letterati e gli artisti sono in grado di esprimere una "filosofia di vita" attraverso le loro opere, ma io non potrò mai dimenticare le teorie particolarmente profonde e interessanti di alcuni filosofi che ho studiato al liceo. Ricordo molto bene Kierkegaard, per esempio. In questo post cercherò di descrivere alcuni aspetti del suo pensiero come meglio potrò.
NOTE BIOGRAFICHE:
Soren Kierkegaard, figlio di un pastore protestante, era nato in Danimarca nei primi anni del XIX secolo. Era cresciuto in un clima di austera religiosità e viveva un rapporto conflittuale con il padre, il quale si era macchiato di una colpa terribile: in passato aveva instaurato una relazione con la domestica, divenuta poi la sua seconda moglie, proprio mentre la prima moglie era in punto di morte.
Questo grave errore del padre aveva influenzato gran parte delle scelte di vita di Soren, pervaso, sin da ragazzo, da un'angoscia soffocante, da un dolore lacerante e da una forte insoddisfazione (aveva interrotto il fidanzamento con Regina Olsen, perché pensava che la colpa del padre potesse gravare anche sul destino di lei).
Nonostante la sua laurea in Teologia all'Università di Copenhagen, aveva deciso di non intraprendere la carriera religiosa in modo tale da poter dedicare la propria esistenza alla scrittura, pubblicando i suoi libri sotto diversi pseudonimi (motivo per cui, fino agli anni Venti del Novecento, le sue opere erano sconosciute). Anno di morte: 1855.
ANGOSCIA E POSSIBILITA':
Innanzitutto, è utile considerare il fatto che Kierkegaard riconduce la comprensione dell'intera esistenza umana alla categoria delle possibilità, mettendo in luce l'aspetto negativo e doloroso di ogni possibilità.
L'angoscia in Kierkegaard è paura del nulla, dal momento che ogni possibilità implica la minaccia del nulla. L'essere umano è dunque privo di certezze. Nel suo saggio "Il concetto dell'angoscia", egli afferma che se l'uomo fosse un angelo o una bestia, non conoscerebbe l'angoscia, dal momento che questa è strettamente legata alla condizione umana e quindi assente negli stadi prossimi alla bestialità e all'a-spiritualità. Se l'uomo fosse un angelo, sarebbe troppo felice per provare angoscia e disperazione; se invece fosse una bestia, sarebbe troppo corrotto per poter provare dei sensi di colpa. Kierkegaard si accorge con dolore di non poter attuare se stesso in un'unica possibilità, in un'unica scelta. Dunque l'essere umano è continuamente chiamato a scegliere, senza validi punti di riferimento.
Ultimamente, quando penso a questa interessante intuizione e al fatto che tutti noi umani dobbiamo compiere quotidianamente delle scelte, mi viene sempre in mente un'opera artistica creata dal pittore svizzero Paul Klee, attivo negli anni Venti e Trenta del secolo scorso, intitolata "Strada maestra e
Klee, "Strada maestra e strade secondarie", olio su tela, 1929. |
Le tessere naturalmente, rappresenterebbero le scelte compiute nel cammino della vita, diverse l'una dall'altra.
L'"AUT-AUT" E GLI STADI DELL'ESISTENZA:
"Aut-aut", in danese "Enten-Eller", è un saggio che rappresenta tre stadi di vita: estetico, morale e religioso.
Lo stadio estetico è uno stile di vita proprio di chi "esiste nell'attimo", di chi odia la monotonia e ricerca costantemente il piacere, come il personaggio del Don Giovanni di Mozart. Il godimento di Don Giovanni sta nell'appagamento intenso del piacere (soprattutto di quello sessuale). Però, questo stato di vita conduce alla noia e all'infelicità: la giovinezza passa in fretta e nessuno ha il potere di fermare il presente, che sfugge di continuo ai nostri occhi.
Lo stadio etico, invece, è rappresentato dalla figura di Guglielmo, marito, padre e impiegato. Egli vive in maniera sobria, coltivando la sua tenera dedizione alla moglie e ai figli. Il matrimonio dunque, è la tipica espressione dell'eticità. Tuttavia la persona etica è soggetta al pentimento e al senso di colpa, dal momento che non può rinunciare a nessun evento che fa parte della sua storia personale, nemmeno agli avvenimenti più dolorosi, che comportano angoscia e peccato (talvolta la persona etica compie il male che non vorrebbe compiere).
Lo stadio religioso riguarda invece la relazione tra l'uomo e Dio. Anzi, precisamente, lo stadio religioso è la relazione con Dio, che è altro da sé.
Nel rapporto con Dio, l'uomo dà voce alla propria angoscia, coltivando la speranza di potersi riscattare moralmente. Nella vita di fede si torna a gustare pienamente l’attimo fuggente della realtà, perché solidamente ancorata al suo Creatore, e l’essere umano diviene capace di compiere azioni morali, perché sostenuto dalla grazia di Cristo.
Per concludere, vorrei riportare un pensiero del filosofo che mi incuriosisce molto e che mia ha anche un po' spiazzata: egli infatti sostiene che la frase rivelatrice più di ogni altra dell'umanità di Cristo è "Ciò che tu fai, affrettalo!", indirizzata a Giuda, il discepolo traditore, e non, come pensiamo noi cattolici "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?".
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