E' un racconto di Tolstoj considerato come una forma di realizzazione del vero spirito del Natale.
"Tanto tempo fa in Russia viveva un calzolaio di nome Panov. Aveva vissuto nella stessa cittadina per tutta la vita. I suoi clienti si soffermavano spesso nella sua bottega e Panov era sempre pronto ad ascoltare quello che avevano da dirgli. I suoi occhi brillavano di gioia quando qualcuno gli annunciava una buona notizia e quando qualcuno sembrava triste si fermava un momento a riflettere su qualcosa di gentile da dire. Era così benvoluto che tutti lo chiamavano affettuosamente Papà Panov. Nonostante ciò, il calzolaio viveva solo: la moglie era morta e i suoi figli erano andati via, lontano da quella cittadina. Egli sentiva la loro mancanza soprattutto a Natale.
Quando giunse la Vigilia di Natale, dopo aver cenato con un semplice pasto, prese la Bibbia e lesse la storia dei re Magi che erano andati a portare i regali al bambin Gesù. «Mi chiedo che regalo avrei portato io al loro posto» disse. Poi si ricordò. Andò nella sua bottega e afferrò una scatola. Dentro c'erano delle piccolissime scarpe. «Quelle che ho fatto per dimostrare che ero abile nel mio mestiere! Ho impiegato così tanto tempo per realizzarle, non credo che riuscirei ancora a fare qualcosa di così sottile». Sorrise tra sé mentre riponeva le scarpe nella scatola e tornò in cucina. Cercò di leggere ancora un po', ma era stanco, si appisolava e gli occhiali gli scendevano lungo il naso. All'improvviso udì una voce. C'era qualcuno nella stanza?! Nel dormiveglia non riusciva a muovere un muscolo.
«Hai detto che mi avresti accolto e che mi avresti fatto un regalo. Mi piacerebbe venire. Aspettami domani». Papà Panov si svegliò e si guardò intorno. La fiamma del camino si era quasi estinta e le candele si erano spente. Ma anche se era in penombra, l'uomo sapeva che in quella stanza non c'era nessun altro. Si accigliò un momento mentre ricordava il sogno che aveva fatto. «E' stato Gesù a parlarmi. Che aspetto avrebbe se dovesse venire davvero oggi? Terrò d'occhio la strada per ogni evenienza». Era ancora presto e tutto era tranquillo nella luce fioca dell'alba. Papà Panov sospirò. Si voltò per tornare in cucina quando vide la figura di una donna malvestita che, stringendo un bambino, si avvicinava. Papà Panov aprì la porta e gli venne un'idea: «Vieni dentro. Non posso fare a meno di notare che i tuoi stivali hanno bisogno di essere rammendati. Potrei aggiustare la punta e mettere una suola nuova». La donna lo guardò sorpresa per un attimo, poi sorrise e disse: «Grazie. Sei così gentile».
«Ora siediti accanto al fuoco e togliti gli stivali. Puoi prendere un po' di caffè... e puoi scaldare il latte per il bambino» . Mentre Papà Panov lavorava sugli stivali, la donna gli raccontò che fino al giorno prima alloggiava con il figlioletto presso la camera di una locanda. Ma, dal momento che era rimasta indietro con il pagamento, le avevano chiesto di andarsene. dicendo di avere bisogno di spazio per gli altri ospiti. Ora stava andando a casa di un cugino che abitava lontano.
«Non posso camminare molto veloce con mio figlio», disse.
Papà Panov guardò il bambino. «Mi sembra che cammini abbastanza bene. Ma non ha le scarpe, vero? » Gli occhi della donna si riempirono di lacrime: «Non me le posso permettere. Cresce così in fretta e deve cambiare scarpe in continuazione».
Papà Panov tornò al suo lavoro. La donna alimentò il camino e si mise a cucina re una zuppa di verdure. Quando gli stivali furono rammendati, i tre si sedettero a tavola per condividere un umile pasto di Natale. Alla fine del pranzo, Papà Panov andò a prendere le belle scarpe che aveva realizzato tempo prima. «Credo che queste ti calzeranno a pennello, giovanotto», disse al bambino. Il bambino era estasiato dal rumore che facevano mentre camminava sul pavimento di legno. «Grazie mille. Sei stato così generoso». Disse la donna. Lei e suo figlio si rimisero in viaggio mentre ancora c'era la luce del giorno. Papà Panov stette alla finestra tutto il pomeriggio. Si sentiva uno sciocco ad aver pensato che Gesù sarebbe potuto venire. Sorrise alla gente che passava. Quando vide dei bambini lamentarsi perché la loro slitta si era rotta, andò fuori con chiodi e martello per ripararla. Ma nessun altro si fermò. Quando poi calò il crepuscolo e gli alberi brillavano della luce delle candele che proveniva dalle finestre delle altre case, Papà Panov si sentì affiorare le lacrime. «Cielo. Quella voce esisteva solo in sogno». Sconsolato si lasciò cadere sulla sedia.
Una voce parlò. «Non mi hai visto? Non mi hai riconosciuto? ». Papà Panov sollevò lo sguardo, sorpreso. Si guardò intorno. Vide degli scarti di verdure nel cestino e la scatola vuota in cui aveva conservato le scarpette."
Questo racconto contiene un esplicito richiamo ad un passo del Vangelo di Matteo (Mt, 25, 31-46):
"Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. Saranno riunite davanti a Lui tutte le genti, ed Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo; perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi». Allora i giusti gli chiederanno: «Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo servito?»
Rispondendo, il re dirà loro: «In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me». Poi dirà a quelli alla sua sinistra: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli; perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato». Anch'essi allora risponderanno: «Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito?» Ma egli dirà: «In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me».
E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna."
Beato Angelico, "Giudizio Universale" |
Allego qui sotto il breve ma efficace commento del biblista Gianfranco Ravasi:
"Il cristiano guarda al futuro ultimo per vivere appieno il presente, anche perché non si potrà essere accolti alla venuta finale ed esplicita di Cristo quando non lo si è saputo servire- pur senza averlo riconosciuto- nelle sue venute nascoste nelle situazioni di indigenza e povertà. Alla fine della storia infatti, verrà riconosciuto come re e giudice colui che dentro la storia si è identificato con le condizioni umili e bisognose dell'umanità".
Come diceva la mia Laura nel racconto:"L'importante è che il Natale dimori nel tuo cuore tutto l'anno e non soltanto il 25 dicembre".
Nel mio racconto, Laura è la "saggezza fatta persona", Giulio invece incarna proprio lo spirito del Natale: il ragazzo ha infatti saputo accogliere la protagonista non soltanto con un tenero sorriso e con un caloroso saluto, ma le ha addirittura proposto di entrare in casa per riscaldarsi un po' e per prendere un cioccolata calda. E Laura, fino a pochi attimi prima, era praticamente una sconosciuta, una ragazza più giovane con la quale Giulio non aveva mai avuto l'occasione di parlare prima di quel 24 dicembre.
Il Natale dovrebbe risvegliare in noi lo spirito di accoglienza e di solidarietà, dovrebbe accendere nel nostro animo la fiamma del calore umano.