Devo però avvertirvi: farò riferimento a dei verbi in greco antico che costituiscono i concetti fondamentali per poter comprendere fino in fondo questo Vangelo.
"Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. I discepoli perciò se ne tornarono di nuovo a casa."
Come potete notare ho evidenziato tutte le parole che hanno a che fare con la sfera semantica del vedere.
Nel greco antico ci sono tre verbi che indicano tre modi differenti per esprimere l'idea del vedere.
A) C'è il vedere materiale della Maddalena, indicato nel testo greco con il verbo βλέπω (blèpo) che, segnato dalla pre-comprensione che la morte è la fine, si limita a dedurre dalla pietra ribaltata che il cadavere è stato trafugato, che c'è un'assenza dolorosa e incolmabile. La conclusione che ne deriva è: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto".
B) Pietro entra poco dopo nel sepolcro, nel luogo della morte, e osserva. Nel testo greco stavolta compare il verbo θεωρέω (theorèo), riferito a un modo attento e accurato di vedere la realtà. E' una forma verbale il cui significato ricorda l'espressione latina "intus legere", tradotta letteralmente come"leggere dentro".
Non devono essere considerate intelligenti soltanto le persone che ottengono valutazioni alte a scuola e in ambiente accademico. L'intelligente è anche colui che sa leggere dentro se stesso perché è desideroso di imparare a comprendere bene i propri pensieri e le proprie intenzioni. L'intelligente è inoltre in grado di intuire gli stati d'animo altrui attraverso una profonda osservazione di sguardi, di volti e di espressioni.
Inoltre tutti noi, anche chi come me è in possesso della maturità classica e quindi è piuttosto ignorante nelle materie scientifiche, durante le lezioni di matematica, abbiamo incontrato la parola "teorema"
(di Pitagora, di Talete, di Euclide...). Teorema deriva proprio da quel verbo greco, senza contare inoltre che i personaggi citati tra parentesi sono tutti vissuti nell'Antica Grecia.
I teoremi matematici derivano tutti dalla ferrea volontà di verificare attraverso numeri, simboli e procedimenti di calcolo la veridicità di scrupolose osservazioni e di ipotesi formulate a proposito di un fenomeno naturale o di un aspetto astratto della geometria.
E ora avete capito il motivo per cui ancora oggi i test sui quozienti intellettivi sono basati soprattutto sulla logica matematica!
Anche nella filosofia e nella letteratura sono state formulate delle teorie interessanti sull'esistenza umana e sui sentimenti che la rendono degna di essere vissuta. Senza numeri e senza calcoli, è vero, ma con l'aiuto soprattutto di alcune complesse riflessioni su esperienze personali.
C) Entra anche l'altro discepolo, il discepolo amato. "E vide e credette". Stavolta appare un verbo famosissimo, ovvero, ὄράω (orào). Tra l'altro per noi classicisti questo è un verbo irregolare assolutamente da memorizzare perché presenta le forme più strane e insolite nella formazione di molti tempi verbali diversi dal presente. Ad ogni modo, ὄράω indica la disponibilità ad accogliere il mistero di Dio, il vedere a partire da un orizzonte di amore incondizionato. Ne consegue dunque che credere non è avere delle informazioni su Dio ma coltivare un rapporto con Dio, alimentato non soltanto da buone intenzioni ma anche dal legame con le Sacre Scritture.
Se ad un cristiano sta a cuore instaurare un rapporto significativo e non superficiale con Dio, allora deve impegnarsi a trovare qualche minuto, durante la settimana, per pregare in silenzio e magari leggere poche righe di una pagina di Vangelo o di Bibbia.
E' come il rapporto che si coltiva con un amico o con un ragazzo che si vorrebbe diventasse più di un conoscente o più di un amico. L'ars amandi (cit. del titolo di un'opera di Ovidio) a mio avviso la si apprende prima di tutto frequentando la persona alla quale si tiene molto, manifestando apertamente la voglia di incontrarla.
Meno si prega, più ci si sente estranei e lontani dai ricchi messaggi evangelici. Meno ci si incontra (tra amici o tra coppie), più il feeling si raffredda. Ditemi se non ho ragione! E dimostratemi se un brano biblico è davvero sempre così lontano dall'attualità!
Per Monsignor Don Ezio Falavegna, il relatore che ha tenuto l'ultima conferenza biblica alla quale ho partecipato, sono cinque le tappe (tappe? io li definirei atteggiamenti più che tappe) esistenziali fondamentali per poter comprendere il meraviglioso evento della Risurrezione:
1) Quando in una situazione molto difficile l'unica soluzione sembra chiudersi in se stessi e nel proprio dolore, si deve trovare il coraggio di camminare nel buio, per poterne uscire. Da qui inizia la fede nella Risurrezione, che è la speranza in un futuro migliore.
2) E' legittimo e umano, nei momenti di particolare sofferenza, gridare: "Dov'è Dio?" Questa domanda però non deve farci sprofondare nella disperazione, ma invitarci a non essere banali nelle sofferenze altrui, stimolarci dunque a stare vicino a coloro che soffrono, a tendere la mano con gratuità e benevolenza. L'essere davvero vicino agli altri non è mai dato da un'aspettativa di tornaconto.
3) Occorre però lo sguardo attento e intelligente di Pietro per individuare una scintilla di speranza. La sua esatta deduzione, che consiste in una frase pensata e non riportata: "Non lo hanno portato via!" è già una frase di Risurrezione.
4) Avere una disponibilità accogliente nei confronti della vita, trovare una possibilità di vita dentro la morte.
5) Volontà di credere, anche se questo credere dovrà continuamente alimentarsi.
Concluderei con la sintetica analisi di un dipinto.
BEATO ANGELICO- DEPOSIZIONE DI CRISTO:
E' stato realizzato intorno al 1430 circa. E' un'opera dotata ancora di elementi gotici, visibili soprattutto nella cornice dotata di tre archi a sesto acuto. La profondità prospettica è notevole: sullo sfondo a sinistra, il pittore inserisce un castello e un ambiente cittadino con case e torri, mentre a destra sono visibili delle alte colline con alberi e case. Notate inoltre che gli angeli, proprio come negli affreschi degli Scrovegni di Giotto, sono raffigurati a mezzo busto, con sfumature nella zona dei piedi.
Al centro, il corpo diagonale di Gesù deposto dalla croce spezza l'andamento verticale del dipinto. La Maddalena è inginocchiata in primo piano a sinistra, mentre prende i piedi di Cristo con le mani.
I gruppi laterali sono divisi tra le pie donne a sinistra, pronte ad accogliere il corpo di Cristo, e il gruppo degli uomini di destra, tra i quali vi sono degli intellettuali che discutono sui simboli della Passione.
Il suolo è coperto da una fitta serie di fiorellini realizzati con minuzia di particolari che alludono alla primavera, periodo in cui si svolge la scena rappresentata e anche naturalmente simbolo di rinascita.
Buona Pasqua!
χριστόs άνέστη! (Cristo è risorto!)
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