L'ho riletto per la seconda volta in questi ultimi giorni.
Mi riferisco al saggio di Erich Fromm intitolato "L'arte di amare", opera che sicuramente alcuni anni fa avevo già citato sul blog.
Ho capito che se lo leggi a sedici anni ne rimani totalmente affascinata, se lo rileggi a quasi ventidue trovi anche dei punti di debolezza.
Come questo che riporto nel paragrafo qui sotto:
AMORE GENITORIALE:
"Esso (l'amore materno) è, per sua stessa natura, incondizionato. La madre ama il bambino perché è la sua creatura e non perché abbia fatto qualche cosa per meritarselo. (...) I rapporti con il padre sono assolutamente diversi. La madre è l'origine della nostra vita; è natura, è anima, è oceano; il padre non rappresenta nessuna forza della natura. Ha pochi legami con il bambino durante i suoi primi anni di vita e la sua importanza per il bambino, in questo primo periodo di vita, non può essere paragonata a quella della madre. Ma, mentre il padre non rappresenta il mondo naturale, rappresenta l'altro polo, quello dell'esistenza umana; il mondo del pensiero, dell'uomo che fa, della legge, dell'ordine, della disciplina, del lavoro e dell'avvenire. Il padre è colui che insegna al bambino, che gli mostra la strada del mondo. (...) L'amore paterno è un amore condizionato. Il suo principio è: io ti amo perché tu soddisfi le mie aspirazioni, perché fai il tuo dovere, perché sei come me. (...) l'amore paterno deve essere meritato, può essere perduto se il figlio non fa quello che il padre si aspetta da lui."
E' un punto che mi lascia piuttosto perplessa.
Inizio la mia riflessione con una domanda: i vostri genitori sono esattamente così?
I miei non ci assomigliano nemmeno!
Penso anche ad una cosa: ma se entrambi i genitori, con uno dei loro atti d'amore, creano una nuova vita, come può uno dei due provare soltanto un "amore condizionato" verso i figli che ha contribuito a concepire?
Da quando in qua l'amore del padre deve essere meritato?!
In questo punto viene descritto un padre duro, autoritario e io direi anche abbastanza crudele.
Perché mai un padre dovrebbe pretendere che i suoi figli facciano sempre esattamente quello che egli ordina e quello che egli dice loro di fare?
Come la prendereste voi se vostro padre vi dicesse: "Ti voglio bene perché hai scelto proprio la facoltà che io ti avevo caldamente invitato a intraprendere."
Davvero mi vuoi bene soprattutto per questo? Non conta assolutamente a nulla quello che sono?
Il padre, anche qui mi permetto di correggerlo, non mostra al bambino la strada del mondo ma lo guida attraverso la strada del mondo, se è un buon padre.
Le madri e anche i padri amano i loro figli anche quando questi ultimi disobbediscono loro o comunque anche quando li deludono.
La delusione fa malissimo, lo so.
Ma non credo sia quella che spezza definitivamente il legame tra genitori e figli.
Senza contare che anche la madre "insegna" al bambino, non è soltanto tutta "tenerezza e comprensione". Entrambi i genitori dovrebbero assumersi la grande responsabilità di entrare in dialogo con i figli per poter trasmettere valori morali utili per il loro futuro.
Per quel che riguarda me, posso brevemente dire che io sono stata resa sensibile, scrupolosa e responsabile da mia madre, mentre sono stata resa forte e autentica da mio padre, anzi, dalla componente maschile della mia famiglia in generale.
Con mia mamma il dialogo e il buon rapporto c'è sempre stato, io ho sempre provato una grande ammirazione e un grande affetto per lei. Non è stata né troppo severa né troppo permissiva.
E' stata soprattutto lei che mi ha insegnato a vivere come se il mondo fosse un luogo da rispettare sempre e da rendere migliore con la mia mitezza e la mia serietà.
Da mio padre ho recepito un messaggio simile, accompagnato però dal saggio consiglio di essere sempre genuina e sincera.
Ammetto che mia madre mi ha dato molti più divieti di mio padre. In famiglia era soprattutto lei l'addetta alle sgridate.
Nel senso che rimproveri come: "Non rispondere così male!", "Non entrare dalla finestra!", "Non essere così rigida!", provenivano soprattutto da lei.
Guai se non avessi avuto loro nei miei molti momenti difficili!
AMORE FRATERNO:
"Con questo intendo senso di responsabilità, premure, rispetto, comprensione per il prossimo; esso è caratterizzato dall'assenza di esclusività. (...) Nell'amore fraterno c'è il desiderio di fusione con tutti gli uomini, c'è il bisogno di solidarietà umana. L'amore fraterno si fonda sul principio di unione con i nostri simili. Le differenze di talento, di intelligenza, di comprensione, sono trascurabili in confronto a quello che c'è in comune tra tutti gli uomini. Per sentire questa uguaglianza è necessario penetrare dalla superficie in profondità. Se io percepisco un altro essere in superficie, sento le differenze che ci separano. Se penetro in profondità, percepisco la nostra uguaglianza, ciò che ci rende fratelli. "
Credo sia la forma d'amore verso la quale sono più portata.
A dire il vero, le persone sulla quale sono sicura di poter contare nei momenti del bisogno (genitori compresi) le posso contare sulle mie dieci dita. Sono poche, ma io so di aver costruito con loro dei solidi legami.
Soltanto i rapporti fondati sull'ascolto e sulla solidarietà rendono migliore la nostra umanità.
In questo post non voglio parlare dei fraintendimenti e delle complicazioni che sono inevitabili nei rapporti umani. Ho già ammesso più volte che questi esistono, che fanno male e che talvolta è difficilissimo superarli.
Gli ingredienti dell'amore fraterno sono: la solidarietà, l'ascolto, la pazienza, l'empatia, la condivisione.
Chiaro che è necessaria anche la reciprocità, altrimenti il rapporto è sterile e frustrante.
Secondo me però, il termine "fusione" non è del tutto corretto.
Nell'amore fraterno c'è il desiderio di incontro con gli uomini. L'incontro non è fusione; è apertura della mente e del cuore verso l'alterità.
La fusione è un rischio, dal momento che è concettualmente legata al "confondersi".
La fusione facilmente crea dipendenza dall'altro.
Nell'amore fraterno l'egoismo dev'essere bandito. C'è un passo del Vangelo simile a quello dell'immagine sopra, che dice: "Ama il prossimo tuo come te stesso."
Sarebbe assai riduttivo spiegare questa frase così straordinaria riconducendola alla morale espressa da un rabbino nella Torah: "Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te."
Il comandamento di Gesù non si esaurisce nel "non fare del male", ma, almeno a mio avviso, nel donare se stessi con gratuità, in ogni tipo di relazione.
Per poter mettere in pratica questa frase, bisogna saper conciliare il rispetto per il proprio carattere e per la propria integrità con il rispetto e la comprensione che si deve avere per gli altri, per chiunque altro.
Sapete che cosa provo per coloro che amo?! L'ho capito bene bene soltanto recentemente. Ma non so se riesco a rendere altrettanto bene l'idea qui.
E' come se loro fossero una parte di me: con le loro qualità e con i loro limiti mi hanno arricchita interiormente.
Quando amo qualcuno, egli diventa parte di me e quando mi delude grandemente, soffro per un bel po'.
L'AMORE PER SE STESSI:
Siamo proprio sicuri che questa espressione sia sinonimo di narcisismo? No!
Un po' l'ho già spiegato sopra.
Possiamo trovare la risposta a questa domanda in un paragrafo del saggio:
"(...) Va sottolineato l'errore che l'amore per gli altri e l'amore per se stessi siano reciprocamente esclusivi. Se è virtù amare i miei vicini come esseri umani, deve essere virtù e non vizio, amare me stesso, poiché anch'io sono un essere umano. Non esiste concetto d'umanità in cui io non sia incluso."
Amare se stessi, ribadisco, non significa fare come il gigante egoista (devo averlo già citato qualche tempo fa, sempre se la demenza giovanile non mi inganna!), ovvero, costruire un muro finalizzato a separare se stessi dagli altri.
Amare se stessi non significa dire: "Prima di tutto io devo pensare a me stesso, io al primo posto."
Ce ne sono di miei coetanei che ragionano così!
Per amare se stessi credo che sia opportuno innanzitutto fare il possibile per proteggere la propria dignità. Non aggiungo altro, perché ho già ampiamente trattato lo squallido problema della pornografia e del cyberbullismo.
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Concludo il post con una citazione tratta da "Bianca come il latte, rossa come il sangue".
Sono le parole della madre di Leo, il protagonista del romanzo.
Parole valide per tutte le forme d'amore: coniugale, genitoriale, fraterno, religioso...
"Leo, amare è un verbo, non un sostantivo. Non è una cosa stabilita una volta per tutte, ma si evolve, cresce, sale, scende, si inabissa, come i fiumi nascosti nel cuore della terra, che però non interrompono mai la loro corsa verso il mare. A volte lasciano la terra secca ma sotto, nelle cavità oscure, scorrono, poi a volte risalgono e sgorgano, fecondando tutto."
E carico anche un video dell'omonimo film. E' uno dei dialoghi tra Leo e Beatrice, parecchio profondo.
... Finalmente parto per delle vere e proprie vacanze! ... Arrivederci a settembre!