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24 agosto 2018

"Palomar", Italo Calvino:

Ho letto un bel po' durante quest'ultimo periodo.

Una delle mie letture più recenti è stata proprio Palomar, ultimo romanzo di Calvino, pubblicato nell'83. 
Si tratta della sua ultima opera che ci è giunta di testo completo.
L'ultimo suo scritto infatti, le Lezioni americane, saggio riguardante i metodi di scrittura pubblicato postumo nel 1988, manca di un capitolo. 
L'intenzione di Calvino era quella di scriverne 6 di capitoli ma poi, a causa della sua improvvisa scomparsa, le lezioni sono rimaste cinque.  

Palomar è un'opera molto particolare, non caratterizzata da una vera e propria trama durante la quale si sviluppano le vicende narrate.
Palomar è un misto di minuziose descrizioni, di elaborate riflessioni sulla condizione umana, di viaggi, di esperienze visive e uditive.

IL MOTIVO DEL TITOLO:
Ritengo utile chiarire le varie sfumature di significato del titolo.
Partiamo innanzitutto dal fatto che Palomar è il nome del protagonista e che, sebbene questo nome in spagnolo significhi "colombaia"; ciò non ha nulla a che vedere né con i contenuti del romanzo né con le intenzioni dello scrittore.
Dunque, risulta decisamente più opportuno collegare questo titolo all'osservatorio astronomico californiano del Monte Palomar. In questo luogo l'astronomo Edwin Hubble aveva compiuto le sue osservazioni per poter catalogare i diversi tipi di galassie.
E' inoltre possibile istituire un'associazione mentale con il termine "palombaro": l'atteggiamento del protagonista, grande e attento osservatore delle realtà che lo circondano, risulta simile al mestiere del palombaro che "si immerge nella superficie".
Le osservazioni e i pensieri di Palomar, uomo di mezza età, vengono raccontati dall'autore in terza persona con un frequente utilizzo del tempo presente.
E' bene inoltre precisare che questo personaggio risulta attratto dall'astronomia: attraverso un telescopio osserva i pianeti e i loro satelliti e persino quando si trova in vacanza sul lungomare si interroga sulle fasi lunari e sul percorso del sole.
Osservatorio astronomico "Palomar"
STRUTTURA DELL'INDICE E PARTI DELL'OPERA:
Le cifre 1,2,3, che numerano i titoli dell'indice, corrispondono a tre tipi di esperienze diverse presenti nel libro: gli uno sono tutti riferiti a esperienze visive, delineate con delle descrizioni precise e dettagliate dei fenomeni naturali, i due invece sono relativi a elementi antropologici e culturali nei quali, oltre al senso della vista, sono coinvolti anche simboli e forme di linguaggio, i tre invece corrispondono a esperienze speculative sul cosmo, il tempo, l'infinito e la mente.
Qui dunque, oltre alla descrizione e alla narrazione vi è anche l'aspetto della meditazione.

Il romanzo inizia nel mese di agosto, periodo in cui Palomar si gode le vacanze al mare, tra passeggiate lungo il litorale, nuotate nell'ora del tramonto del sole e osservazioni dei movimenti delle onde.
Diverse pagine dopo lo ritroviamo a casa, in città.
Questo signore però viaggia anche molto: si reca in Messico con un amico per poter conoscere l'arte e le tradizioni delle antiche popolazioni dell'America Centrale, sperimenta le botteghe e le strade dell'India, osserva affascinato le aiuole di sabbia dei musei giapponesi.
E soprattutto, egli medita osservando un cielo molto più grande di lui e interrogandosi sulla vita e sulla morte.
Palomar è sposato, ha una figlia ragazzina alla quale piacciono gli animali esotici e non parla molto, proprio perché è predisposto alla riflessione.

DIVERSITÀ TRA OSSERVAZIONE E CONTEMPLAZIONE:
C'è modo e modo di osservare.
Questo vorrei mettere in evidenza, prima ancora di accennare ad alcune tematiche proposte da Calvino all'interno di quest'opera.
Riporto qui sotto una parte del testo di Calvino ed alcune righe invece che ho scritto io nel mio libro inedito. Così li confronto bene, ma senza alcuna pretesa di diventare una rinomata scrittrice (io non sono affatto brillante come Calvino!!!).
Il primo paragrafo di questo romanzo di Calvino è intitolato Lettura di un'onda, ed è incluso nelle esperienze visive.
Inizia così:
"Il mare è appena increspato e piccole onde battono sulla riva sabbiosa. Il signor Palomar è in piedi sulla riva e guarda un'onda. Non che egli sia assorto nella contemplazione delle onde. Non è assorto, perché sa bene quello che fa: vuole guardare un'onda e la guarda. Non sta contemplando, perché per la contemplazione ci vuole un temperamento adatto, uno stato d'animo adatto e un concorso di circostanze esterne adatto: e per quanto il signor Palomar non abbia nulla contro la contemplazione in linea di principio, tuttavia nessuna di quelle tre condizioni si verifica per lui. Infine non sono le onde che lui intende guardare, ma un'onda singola e basta: volendo evitare le sensazioni vaghe, egli si prefigge per ogni suo atto un oggetto limitato e preciso.
Il signor Palomar vede spuntare un'onda in lontananza, crescere, avvicinarsi, cambiare di forma e di colore, avvolgersi su se stessa, rompersi, svanire e rifluire. A questo punto potrebbe convincersi d'aver portato a termine l'operazione che s'era proposto e andarsene. Però isolare un'onda separandola dall'onda che immediatamente la segue e pare che la sospinga e talora la raggiunge e travolge, è molto difficile, così come separarla dall'onda che la precede e che sembra trascinarsela dietro verso la riva (...)"

Pensieri di una liceale invisibile, inizio capitolo quinto (ordine e contenuti dei capitoli ancora provvisori!):
"Durante il viaggio di andata in autobus sto tutto il tempo appiccicata al finestrino ad ammirare la luce dorata del sole che accarezza immensi campi ricoperti dalla brina.
Se Alex Supertramp avesse avuto la possibilità di farsi un viaggio anche in Italia, chissà come avrebbe descritto bene nel suo diario questa meravigliosa luce di un sole appena sorto che fa brillare le campagne, le foglie secche cadute al suolo e i sottili rami degli alberi!
Canto mentalmente alcune parole della canzone Long nights di Eddie Vedder.
E' una canzone dolcissima che si sente all'inizio del film.
Le parole alludono al concetto di viaggio come opportunità per crescere, maturare e trovare la pace interiore attraverso la meditazione: I'll take this soul that's inside me now, like a brand new friend I'll forever know."


Che differenze notate? Pensateci due minuti prima di leggere qui sotto ;-)

1) In Calvino l'osservazione delle onde appare dettagliata, quasi scientifica: un'onda deve essere rapportata alle altre, dal momento che ad esse è simile ma al contempo diversa. Diversa per ampiezza, altezza e velocità di percorso, simile perché anch'essa, come tutte le altre, è fatta dello stesso colore e come le altre è destinata a svanire e a rifluire.
Palomar è a contatto visivo con il mare in piena estate, la protagonista della mia storia è invece a contatto visivo con un paesaggio di campagna, in pieno autunno.

2) Calvino precisa la differenza tra sguardo e contemplazione. Quello di Palomar infatti è uno sguardo, quello della mia alter ego è invece un'ammirazione della Natura che diviene contemplazione perché quel paesaggio le suscita determinati pensieri e la fa un po' volare con la fantasia. Nel mio caso dunque, al senso della vista, si aggiunge la dimensione mentale del ricordo e della memoria di una canzone.

3) Palomar è fermo sulle rive del mare, è molto vicino al suo oggetto di osservazione. 
Zoe non così tanto, però. Lei si trova su un veicolo in movimento, anche se non sta osservando dei corpi naturali in movimento: i campi sono infatti immobili alla luce del sole. Eppure, anche se di Natura immobile si tratta, a lei sembra quasi che i raggi del sole abbiano un animo benevolo visto che accarezzano "immensi campi ricoperti da brina".
Gli elementi della natura acquisiscono, nel suo immaginario, dei sentimenti.

4) Il linguaggio di Calvino è attento a "catturare" i dettagli delle osservazioni di Palomar. 
Il mio modo di scrivere è semplice e poetico, come potrebbe esserlo quello di un'adolescente.

5) In Calvino il linguaggio è tutto italiano doc. Da me no, c'è anche l'inglese, collegato e integrato con i pensieri prevalentemente italiani di Zoe.

Io tendo a mischiare: contenuti di opere inglesi con opere italiane o latine, il dialetto veneto con l'italiano, la glottologia con la letteratura o con il diritto, la storia della musica con la letteratura, l'arte con la geografia, le lingue classiche con l'archeologia, ricordi con emozioni, natura con immaginazione e sogno... Io tendo a collegare e a intuire. Non sarò mai così oggettiva nell'approccio alle cose, come invece lo è Palomar.

TEMATICHE PRINCIPALI DI PALOMAR:

A) La scarsa interazione con gli altri uomini:
Palomar sembra essere immerso in un proprio mondo senza riuscire a rendere partecipe dei suoi pensieri nessun altro; nemmeno la moglie e la figlia.
Il personaggio appare distaccato e alienato dalla società. Gli scambi di Palomar con gli umani sono rari.
Nel paragrafo Il fischio del merlo, compreso nella seconda parte del romanzo, Palomar comunica praticamente per monosillabi con sua moglie: entrambi si trovano in giardino ad osservare dei merli e Palomar ascolta il loro fischiare.
In questa circostanza allora prende forma il tema del linguaggio come sistema di segni.

"Se l'uomo investisse nel fischio tutto ciò che normalmente affida alla parola, e se il merlo modulasse nel fischio tutto il non-detto della sua condizione d'essere naturale, ecco che sarebbe compiuto il primo passo per colmare la separazione tra... Tra che cosa e che cosa? Natura e cultura? Silenzio e parola? Il signor Palomar spera sempre che il silenzio contenga qualcosa di più di quello che il linguaggio può dire. (...) Dopo aver attentamente ascoltato il fischio del merlo, egli prova a ripeterlo più fedelmente che può. Segue un silenzio perplesso, come se il suo messaggio richiedesse un attento esame; poi echeggia un fischio uguale che il signor Palomar non sa se sia una risposta a lui, o la prova che il suo fischio è talmente diverso che i merli non ne sono affatto turbati e riprendono il dialogo tra loro come se nulla fosse."

Palomar riscontra dunque delle difficoltà nell'espressione orale, manifestata nel paragrafo Del mordersi la lingua:
"(...) devo pensare non solo a quel che sto per dire o non dire, ma a tutto ciò che se io dico o non dico sarà detto o non detto da me o dagli altri".

B) Interdipendenza fra singolarità e unità:
Questo emerge in particolar modo nel corso dell'esperienza visiva.
Se quindi un'onda deve essere rapportata ad altre onde, anche un filo d'erba deve essere rapportato ad altri fili d'erba. Lo si desume nel paragrafo Il prato infinito:

"Il prato è un insieme di erbe, che include un sottoinsieme di erbe coltivate e un sottoinsieme di erbe spontanee dette erbacce (...) I due sottoinsiemi a loro volta includono le varie specie, ognuna delle quali è un sottoinsieme, o per meglio dire è un insieme che include il sottoinsieme dei propri appartenenti che appartengono pure al prato e il sottoinsieme degli esterni al prato. (...) E' il prato ciò che noi vediamo oppure vediamo un'erba più un'erba più un'erba?"

La relazione tra insieme e singolarità è visibile anche nel paragrafo L'invasione degli storni:

"Se si sofferma per qualche minuto ad osservare la disposizione degli uccelli uno in rapporto all'altro, il signor Palomar si sente preso in una trama la cui continuità si estende uniforme e senza brecce, come se anche lui facesse parte di questo corpo in movimento composto di centinaia e centinaia di corpi staccati ma il cui insieme costituisce un oggetto unitario, come una nuvola o una colonna di fumo o uno zampillo, qualcosa cioè che pur nella fluidità della sostanza raggiunge una sua solidità nella forma. Ma basta che egli si metta a seguire con lo sguardo un singolo pennuto perché la dissonanza degli elementi riprenda il sopravvento (...)"


CONCEZIONE DELLA CULTURA E RICERCA DI SIGNIFICATI:

Ho trovato molto interessanti i contenuti del paragrafo Serpenti e teschi, incluso nella terza parte del libro.
Palomar si trova in Messico con un amico di origini messicane. Stanno visitando le rovine di Tula, antica capitale del popolo estinto dei Toltechi.
L'amico di Palomar è un esperto conoscitore dell'arte dei Toltechi.
Giungono di fronte al tempio della Stella del Mattino, che in realtà è una piramide a scale.
Mentre Palomar si trova di fronte a sculture e bassorilievi dell'archeologia messicana, nota un gruppo di allievi in visita al tempio accompagnati da un loro insegnante piuttosto giovane il quale, nello spiegare le figure e gli animali contenuti nei fregi della piramide, dice sempre: "Non si sa cosa significhino".
Il protagonista del romanzo nota quindi subito la differenza tra il modo di spiegare dell'amico, ricco di riferimenti mitologici e di interpretazioni originali e l'atteggiamento dell'insegnante, che sembra quasi mancare di vero interesse verso l'arte. 
Eppure, Palomar è affascinato da entrambi.
Relativamente alle modalità di approccio all'arte del maestro, egli pensa:
"Una pietra, una figura, un segno, una parola che ci arrivano isolati dal loro contesto sono solo quella pietra, quella figura, quel segno o parola: possiamo tentare di definirli, di descriverli in quanto tali e basta; se oltre la faccia che presentano a noi essi hanno una faccia nascosta, a noi non è dato saperlo.
Il rifiuto di comprendere più di quello che queste pietre ci mostrano è forse il solo modo possibile per dimostrare rispetto del loro segreto".

Ad un tratto, sia la scolaresca sia i due uomini giungono di fronte a un fregio nel quale vi sono figure di serpenti che tengono in bocca dei teschi.
Mentre il maestro ribadisce che non si sa che cosa voglia dire questa raffigurazione, l'amico di Palomar interviene, dicendo invece che il muro rappresenta una sorta di continuità tra la vita e la morte: i teschi dunque sarebbero la morte, i serpenti invece la vita.
E a quel punto Palomar pensa tra sé: "Che cosa volevano dire morte e vita per i Toltechi?"
Mentre l'insegnante si allontana, dicendo agli allievi: "Ciò che vi ha detto quel signore è sbagliato. Non si sa cosa significhino".

Alla fine di questa avventura, Calvino scrive:"Non interpretare è impossibile, come è impossibile trattenersi dal pensare."

Mi sono laureata per "indagare" sulla profondità delle cose.
Per me porsi di fronte ad un testo letterario o ad un'opera d'arte è come indagare su di essi: dopo aver raccolto informazioni sul contesto storico e sul poeta/artista, credo sia legittimo iniziare a "interiorizzare" ciò che è stato rappresentato con le parole o con i colori o con le figure.
E interiorizzare vuol dire proprio interpretare e chiedersi quale potrebbe essere l'essenza profonda di quel prodotto d'arte.
Azzardare delle interpretazioni non è sbagliato, anzi, accentua e stimola l'elasticità mentale.

Il Calvino maturo degli anni '80 accetta e comprende entrambi gli approcci verso la cultura: quello interpretativo che si prefigge di trovare il senso profondo di ogni rappresentazione e quello più letterale, che si limita a descrivere ciò che è raffigurato. D'altra parte, non può esserci interpretazione senza iconografia!

PALOMAR E LA MORTE:

Per concludere ricopio qui sotto delle citazioni verissime e intelligenti dell'ultimo paragrafo del libro, intitolato Come imparare ad essere morto.

"Per prima cosa, non si deve confondere l'essere morto con il non esserci, condizione che occupa anche la sterminata distesa di tempo precedente alla nascita, apparentemente simmetrica a quella altrettanto sconfinata che segue alla morte."

Se non si deve confondere la morte con il non esserci, è anche vero che durante la gravidanza il bambino, anche se non è uscito, esiste eccome, dal momento che si sta formando!
Noi, non dimentichiamolo, non esistiamo a partire dal giorno della nostra nascita, ma già alcuni mesi prima di quel momento. I genitori, ovvero, i primi ad essere consapevoli della nostra futura venuta al mondo, pensano ai migliori preparativi per accoglierci (la stanza, i primi abitini, le coperte...).

Ma prima del concepimento??!! 
"Prima del concepimento esistevi nei pensieri di Dio", mi dicono in famiglia. Stupendo! 
Mi piace considerarmi un progetto che Dio ha sempre pensato di introdurre ad un certo punto delle vite dei miei genitori.

Tenete presente però che Calvino non andava in chiesa nemmeno a Natale e a Pasqua, dunque, secondo i suoi canoni, nessuno esiste prima di venire al mondo. La nostra non-esistenza è risucchiata in una vasta distesa di tempo, che la mente umana non può concepire.
Però io mi domando: va bene che non era credente, ma nel '64 è nata sua figlia, Giovanna Calvino, ora docente universitaria di Letteratura Italiana negli Stati Uniti.
Dunque, da buon futuro padre (e lo era stato, perché nelle interviste Giovanna ne parla sempre benissimo), alcuni mesi prima che nascesse sua figlia avrà pur pensato con la moglie al miglior modo di accoglierla nel mondo...  Per dei genitori, indipendentemente dal loro rapporto con la fede religiosa, la vita di un figlio inizia ad esistere prima della nascita.

"Palomar pensando alla propria morte pensa già a quella degli ultimi sopravvissuti della specie umana o dei suoi derivati o eredi: sul globo terrestre devastato e deserto sbarcano gli esploratori d'un altro pianeta, decifrano le tracce registrate nei geroglifici delle piramidi e nelle schede perforate dei calcolatori elettronici; la memoria del genere umano rinasce dalle sue ceneri e si dissemina per le zone abitate dell'universo. E così di rinvio in rinvio si arriva al momento in cui sarà il tempo a logorarsi e ad estinguersi in un cielo vuoto (...)"

"Se il tempo deve finire, lo si può descrivere, istante per istante-pensa Palomar,- e ogni istante, a descriverlo, si dilata tanto che non se ne vede più la fine".





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