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27 agosto 2018

"Il quartiere", Vasco Pratolini:


Questo romanzo è di tutt'altro stile rispetto a Palomar.
Stavolta però la mia modalità di svolgimento della recensione è diversa: parto dalla vita dell'autore per poi delineare le caratteristiche sia del protagonista del romanzo sia di altri personaggi a lui vicini.
Infine, concludo il post con alcune considerazioni sullo stile di vita del proletariato urbano degli anni '30.

1. BIOGRAFIA DI PRATOLINI:

Non è molto conosciuto; ma dal punto di vista letterario è stato operativo nella prima metà del Novecento.
Nato all'inizio del secolo scorso, nel '13, ha trascorso infanzia e adolescenza in un quartiere povero di Firenze e ha avuto una vita piuttosto travagliata, sin dall'inizio: a cinque anni era già orfano di madre, mentre il padre era combattente in guerra.
Ben presto aveva dovuto interrompere gli studi a causa di serie difficoltà economiche.
Da allora però, oltre al suo umile lavoro di garzone di bottega, era stato in grado di ritagliarsi alcuni momenti della giornata in cui poter leggere opere letterarie di valore: si trattava per lo più di scritti di Dante, Manzoni, Dickens e Jack London.
Nel corso degli anni '30 aveva conosciuto Elio Vittorini e il gruppo dei poeti ermetici.
Nel '39 si era trasferito a Roma dove, durante la guerra, aveva partecipato alla lotta partigiana.
A partire dal '45 aveva iniziato a insegnare Lettere in un Istituto d'Arte.
E' morto nel '91.
Si ritiene che l'opera più importante di Pratolini sia il romanzo Metello, in cui vengono narrate le vicende sentimentali di un giovane muratore fiorentino, che pian piano, nel corso della storia, acquisisce anche una coscienza di classe.

Tuttavia, io credo che nel romanzo Il quartiere, l'autore abbia voluto rappresentare una realtà che egli stesso aveva vissuto durante il periodo della prima giovinezza.
Valerio infatti, narratore delle vicende, vive una situazione familiare ed economica molto simile a quella dello scrittore. 
Valerio è il narratore, come dicevo prima, ma un narratore particolare: conosce le storie delle famiglie del quartiere e dei ragazzi che frequenta e le racconta attraverso digressioni abbastanza ampie e piacevoli. Ecco il motivo per cui egli non è mai al centro dell'attenzione nel corso degli sviluppi della storia.
 
2. VALERIO:

In uno dei suoi volumi di letteratura italiana Roberto Carnero, a proposito di questa figura, scrive:
" (...) Più che la vicenda di un singolo personaggio conta la collettività del quartiere che viene rappresentata nell'opera: Valerio (...) non è un vero e proprio protagonista, ma soltanto la voce che narra in prima persona esprimendo i sentimenti, le aspettative, le preoccupazioni, i turbamenti della gente che gli sta intorno."

Il romanzo è ambientato negli anni '30: inizia nel 1932, quando Valerio ha 15 anni e termina nel 1938, quando ne ha 21.
L'ambientazione è piuttosto statica: si tratta infatti di un povero quartiere di Firenze, all'interno del quale si dipanano le esperienze di un gruppo di adolescenti amici tra di loro.
I ragazzi svolgono una vita umile e lavori onesti (sono magazzinieri, commessi, operai, camerieri, segretari).
Alla loro vita quotidiana si intrecciano anche alcuni eventi storici dell'Italia fascista: la guerra d'Etiopia induce i ragazzi ad acquisire una coscienza politica e a prendere delle posizioni riguardo alla dittatura.

Valerio, come l'autore, è rimasto precocemente orfano di madre e dunque si trova costretto a lavorare in un magazzino per far fronte alle esigenze economiche quotidiane.
Egli, oltre a delineare il buon rapporto che nel corso degli anni instaura e mantiene con alcuni amici, svela molto anche delle sue vicende sentimentali.
A 20 anni ha già due storie d'amore fallite alle spalle: la prima con Marisa e la seconda con Olga.

La storia con Marisa era caratterizzata soprattutto da erotismo e passionalità.
Ma, almeno da parte di Valerio, non sembra mai esserci stato un amore sincero.
In alcuni punti il narratore lo esplicita:

" (...) soffocavamo  bocca contro bocca la nostra amorosa vitalità. Ma l'intimità di cui abusavamo, invece di legarmi a Marisa, lentamente mi distaccava da lei. Marisa era sempre docile e cara, ma qualcosa sui cui io avevo creduto poggiare il mio affetto oscillava sotto i miei piedi: non v'era più nulla di segreto che essa mi potesse svelare. Ora capivo che avevo creduto di amarla per il suo sperperato donarmisi corpo e anima. (...) Io non le avevo dato nulla di mio, non avevo partecipato a quello scambio inesausto e ineffabile che è l'amore partecipato e corrisposto (...)"

Marisa, coetanea di Valerio, dopo la fine della loro storia va incontro ad un destino tristissimo: fidanzatasi con Carlo, un altro dei ragazzi del quartiere, diviene vedova a soli 20 anni.
Il ragazzo infatti, volontario nella guerra coloniale d'Etiopia del '35, ritorna gravemente ferito e contrae le nozze in punto di morte.

 Olga invece viene "sublimata". Valerio, nei primi tempi del fidanzamento, non osa toccarla per paura di "guastarla". Gli sembra di stare accanto a un angelo del Paradiso:

"Olga era bella ai miei occhi come la più bella creatura della terra. Vicino a lei la mia fantasia trovava le immagini più umili e caste; sentivo la sua figura al mio fianco  un po' restia e quasi in continuo allarme, e questo suo atteggiamento me la rendeva più cara. Io temevo, toccandola, di poterla sciupare. Era veramente come se avessi una cosa preziosa nelle mani, da riparare nel cavo con tutta la trepidazione e l'affetto di cui fossi capace."

Purtroppo però, questo romanticismo e questo sentimento ardente sfociano in un dolore atroce, davvero duro da sopportare: una notte, la madre di Olga, vedova che nel frattempo si era risposata e si era trasferita a Milano, scende da una carrozza per prendere la figlia e portarla a vivere con lei.
Tutto questo mentre Valerio già coltivava dei progetti di matrimonio con una ragazzina di soli 15 anni.
Provate a immaginare l'immenso dolore di questo ragazzo!!
Dopo due anni di servizio militare a Roma, Valerio ritorna nel quartiere, senza aver dimenticato del tutto Olga.
Olga resta sempre "il suo Amore" con la A maiuscola.

3. ALTRE FIGURE MASCHILI DEL ROMANZO:

Sono le altre tre giovanissime figure maschili che alle spalle portano il peso di storie molto tristi.

CARLO:

Carlo, nato nel 1915, è orfano di un padre che è morto in guerra. Nel punto in cui si racconta la storia di questo ragazzino, il tono narrativo di Pratolini diviene quasi lirico:

(parte di testo riferita alla madre di Carlo) "C'era una ragazza giovane e sola, con una casa vuota, un letto troppo grande per sé e i suoi ragazzi, un cuore stretto dalla delusione e gli occhi degli uomini addosso. Cose antiche quanto l'Iliade di Omero, quanto il sanscrito."

Sì ma...  nell'Iliade, Andromaca voleva una vita intera con Ettore.
Separata dal suo marito-eroe a causa di una lunga e sanguinosa guerra, sarebbe volentieri rimasta all'interno della sua reggia con le serve e il figlio neonato, se gli Achei non l'avessero ridotta in schiavitù.
Andromaca era una ragazza dai sentimenti forti, quindi probabilmente sarebbe stata fedele ad Ettore anche una volta divenuta vedova. E non avrebbe mai amato un altro uomo come amava Ettore.
Anzi, non avrebbe mai accettato volentieri un secondo matrimonio.

Invece la madre di Carlo si era presto trovata degli amanti.

"La madre rientrava tardi la sera, e un uomo la seguiva mentre traversava furtiva il salotto ove riposavano i due figlioli. Carlo imparò a vegliare origliando suo malgrado, attraverso il muro, nella camera della madre. La guardava risentito al mattino. E col tempo (siccome egli era un ragazzo desto e sensibile) l'oscura rappresentazione al di là del muro gli accese di naturali istinti la carne. Penetrato il senso delle cose egli trascorreva la notte in ascolto: riversò sul proprio corpo l'angoscia che lo sconvolgeva, all'unisono coi convulsi e i sussurri della madre e dell'uomo. Una muta avversità si generò tra madre e figlio, chiuso ciascuno nella propria ostinazione, nel proprio silenzio".

Carlo viene definito dai compagni di giochi un ragazzo astioso e cinico.
A me è sembrato più che altro un adolescente che vive il proprio dolore con risentimento.
Si sente solo; nel corso delle vicende la sua condizione esistenziale di solitudine lo accompagna costantemente.
E' arrabbiato con il mondo, fatica ad accettare la sua condizione di povero proletario e di fanciullo non amato, dunque per questo, nel pieno della sua età evolutiva, si dimostra frequentemente irritabile e scontroso.
Però non è affatto cattivo: è, come dice Valerio, abbastanza sensibile, e anche piuttosto sveglio perché cerca di comprendere le dinamiche della situazione politica italiana ed è l'unico membro della compagnia che si chiede: "Ma che cosa c'è al di là di questo quartiere?"

GINO:

Le vicende familiari ed esistenziali di Gino non sono tristi, sono tragiche. Anzi, catastrofiche!
La sua infanzia si è consumata tra le violenze domestiche, tra gli incivili e terribili litigi dei genitori.
Ma, come potete facilmente intuire, Gino e sua madre erano vittime di un padre-bestia:

"Da quando ho avuto coscienza di avere occhi e ritenere immagini, se non pensieri, ho visto la faccia vermiglia di mio padre accanirsi su mia madre e colpirla con le grosse mani. Si toglieva la cinghia dei calzoni e la faceva ricadere a mulinello sulla poveretta. Da quando ho memoria delle sensazioni fisiche, ricordo gli schiaffi infertimi per un nonnulla da mio padre, che mi toglievano per alcuni istanti la vista e mi annichilivano di dolore e di paura."

Questo scrive Gino in una lettera indirizzata all'amico Giorgio, mentre si trova in carcere.
Gino purtroppo non era benvoluto nemmeno dalla madre.
Quando entrambi i genitori erano morti, Gino era stato mandato a vivere a Roma da una sorellastra al di fuori del quartiere, per poter studiare. Era venuto a contatto con una vita agiata, con persone ricche e facoltose, fino al punto in cui era diventato un giovane senza scrupoli, dissoluto e attaccato al denaro.
Era arrivato addirittura a uccidere un uomo per avidità di denaro. E, quel che mette i brividi al lettore, dopo l'omicidio, è che Gino non prova alcun genere di rimorso per ciò che ha commesso.

GIORGIO:

Anche le condizioni della famiglia di Giorgio non sono affatto tra le più felici.
Giorgio è il ragazzo più buono, più calmo e più pacifico della compagnia.
E' una specie di leader che spesso induce gli altri membri della compagnia a riflettere.

"Giorgio era nato al Canto delle Rondini, nel cuore del nostro Quartiere. Egli aveva abitato, ragazzo, un ultimo piano: fu l'unico di noi a godersi il cielo aperto ad ogni risveglio. Forse per questo i suoi occhi erano celesti".

Il fatto che un personaggio sia spesso a contatto visivo con il cielo; questo solitamente in letteratura indica la sua naturale inclinazione al bene.
Giorgio aveva un ottimo rapporto con la figura paterna; i due vengono descritti come grandi amici.
Però, un brutto giorno, la polizia era entrata nella loro casa e aveva arrestato il padre.
Al momento del triste evento, Giorgio aveva appena 14 anni, dunque, era stato costretto a interrompere gli studi e andare a lavorare.

4. FIGURE FEMMINILI:

All'interno del romanzo non vanno assolutamente tralasciate delle ragazze che compiono un percorso di formazione umana davvero molto positivo.

MARISA:

Marisa, come dicevo sopra, era stata la prima vera fidanzata di Valerio. Ecco come il narratore la descrive all'inizio del loro primo incontro:

"Marisa fu puntuale. Il suo volto mi parve meglio dipinto con cipria e rossetto. Non aveva più il fermaglio sulla tempia; ed i capelli, pettinati indietro, le scoprivano la fronte tagliata da una piccola vena azzurra che partiva di mezzo alle sopracciglia fino all'attaccatura dei capelli. Si poteva immaginare la sua carne raccolta nel proprio tepore, sotto i risvolti di pelliccia."

Nel corso della prima parte del libro i coetanei di Marisa, pur riconoscendo la sua bontà e la sua sensibilità, si rivelano incapaci di amarla davvero.
Marisa si getta a capofitto delle relazioni, desiderosa di condividere i propri stati d'animo con gli altri.
All'inizio è una ragazzina troppo precipitosa e troppo disinvolta in amore, è inquieta e perennemente alla ricerca di affetto; alla fine invece diviene proprio una giovane di solida levatura morale e di grande forza: sorride, lavora, apprezza le piccole cose del quotidiano... Nonostante la guerra d'Etiopia le abbia portato via per sempre il fratello e il fidanzato.

OLGA: 

Olga è la più piccola del gruppo.
La storia d'amore con Valerio inizia quando lei ha 15 anni, ma il lettore intuisce facilmente che il narratore inizia a provare interesse per lei molto prima.
Quando è ancora bambina, la descrive sempre con parole delicate e tenere:

"Con una serietà che le si addice come un vezzo, Olga si reca al mercato e nei negozi. Non penetrano la sua ingenuità gli ammiccamenti dei garzoni: le donne le porgono gli involti se essa non arriva al banco con il suo braccino teso."

Olga però non ricambia sufficientemente il grande affetto di Valerio. D'altra parte, è poco più che una bambina!
Segue la madre a Milano, senza fare troppe resistenze e senza particolari rimpianti verso la vita del quartiere.
 
MARIA:

E' la ragazza che ha la grande fortuna di divenire moglie di Giorgio.
Maria, orfana di padre, compie proprio un bel percorso di formazione: da adolescente frivola e un po' superficiale diviene una donna vera, moglie fedele e, a 24 anni, già madre felice di due figli.

Nei primi capitoli è definita dagli abitanti del quartiere una poco di buono: una signorina troppo truccata, troppo attenta al suo aspetto fisico e "piena di merli che le girano intorno".

Questa ragazza ha il pregio di essere sempre sincera e autentica nei suoi sentimenti:

"Maria era ritta vicino al tavolo, guardava la propria immagine riflessa nello specchio della credenza. Una serena certezza nasceva in lei. Come sciogliendosi dalle funi che sembravano averla stretta in quei giorni, risentiva libere le sue membra; disposta a Giorgio con un sentimento spontaneo sorgente dal profondo (...)"

Grazie alla maturità e alla dolcezza di Giorgio, Maria cresce in semplicità e modestia, anche se non smette mai di essere al centro dei pettegolezzi della gente del quartiere, che nel periodo del fidanzamento ufficiale con Giorgio farneticano invano a proposito di una sua gravidanza pre-matrimoniale, cosa ritenuta scandalosa all'epoca.

Il matrimonio tra Giorgio e Maria avviene nell'aprile del 1934.
Maria appare pallida e addolorata quando, pochi mesi dopo il matrimonio, suo marito deve allontanarsi a causa del servizio militare obbligatorio.
Ma la triste realtà della storia è che purtroppo Giorgio non riesce a conoscere i suoi due figli; prima perché in servizio di leva e poi perché viene arrestato in quanto anti-fascista.
Maria trascorre i periodi delle due gravidanze da sola, con pochi aiuti.

IL PROLETARIATO URBANO DEGLI ANNI '30:

Chiunque, durante la lettura di quest'opera di Pratolini, potrebbe esclamare: "Com'era diversa la gioventù di 80 anni fa!"
E infatti, si tratta di un mondo completamente diverso dal nostro, dove lo strumento più tecnologico era la radio.
Io ho avuto il mio primo cellulare a 13 anni e il mio primo smartphone a 16 e, vi dico la verità, faccio molta fatica a concepire il mondo senza internet e senza wi-fi.
La vita in alcuni quartieri urbani nella prima metà del Novecento era davvero difficile, i ragazzi non potevano permettersi di studiare sia a causa di difficoltà economiche sia perché spesso in famiglia mancava un genitore. E quindi, sin dalla prima adolescenza, accettavano la fatica di un lavoro in genere sottopagato. Non vivevano certo nel benessere come noi!!
Eppure, al di là del loro livello culturale, mi sono tutti sembrati molto più maturi dei giovani di adesso.
In questo romanzo, Pratolini descrive dei ragazzi onesti che già a 19 anni coltivano e realizzano progetti di matrimonio (Giorgio e Maria si sposano diciannovenni, idem per gli sventurati Carlo e Marisa), delle ragazze che alla mia età si scoprivano incinte del secondo figlio, dei giovani che nei giorni feriali lavorano con impegno e che tutte le domeniche pomeriggio si ritrovano per chiacchierare, ballare, cantare...
I giovani di Pratolini a 19 anni sono già "uomini", nel senso che appaiono già molto maturi e responsabili, appena terminata la fase della loro crescita.
Non immaginate le ragazze come dedite esclusivamente ai lavori domestici e al ricamo: in questo romanzo Marisa lavora come commessa in un negozio, Olga, all'interno di una fabbrica, aveva il compito di incartare cioccolatini e Maria invece era impiegata in una modisteria, negozio artigianale dell'epoca in cui si fabbricavano oggetti per donne.
Quello del proletariato urbano era un mondo con dei valori ai quali la gente credeva per davvero: l'impegno sul posto di lavoro, la dedizione per la cura della casa e per la famiglia, la lealtà verso gli amici, la sana semplicità dello stile di vita, la generosità verso il prossimo (il poco cibo che era a disposizione veniva suddiviso tra famiglie).

Certo è vero, Gino non ha assimilato tali valori, ma questo perché la sua famiglia di origine gli ha fatto conoscere il male e la cattiveria troppo presto.
Le famiglie di Giorgio, Valerio, Marisa e Maria, seppur economicamente povere, culturalmente limitate e non certo tra le più felici a causa della mancanza di un membro importante, sono dotate di calore umano: in queste famiglie si dialoga con i figli anche dopo una pesante giornata di lavoro, non c'è quindi conflitto generazionale.

I giovani del quartiere non hanno grandi aspirazioni: desiderano soltanto delle "oneste gioie": una casa, un lavoro e una famiglia.
Però, certe circostanze esterne come il servizio militare e la politica coloniale fascista costringono buona parte dei personaggi a spostarsi, loro malgrado, dall'ambiente natale.






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