La scorsa settimana ho dimenticato di spiegarvi una storia, inserita in quest'opera di Palazzeschi, nella quale sono riuscita a scorgere sia quasi tutta la tradizione letteraria italiana sia qualcosa in comune con la tradizione letteraria del Nord Europa!
Lo avevo proprio dimenticato... perdonatemi, ma credo siano le prime avvisaglie della demenza senile!! ;-)
A) IL THE':
Avevo detto che l'utero nero è il titolo del primo capitolo del Codice di Perelà.
Il Thè, ovvero, il nome dato al secondo capitolo, include il momento in cui Perelà si trova a corte e, con le dame del regno, prende il thé di metà pomeriggio.
Anche in questo caso, Perelà non proferisce quasi parola, ma tutte le dame gli raccontano la loro storia di vita: le loro avventure, i loro viaggi e i loro amori spesso contrastati.
Una di loro è la principessa Bianca Delfino Bicco Delle Catene che, nel ricordare il passato, confida il forte sentimento che nutriva per un giovane ammalato.
B) CONTENUTI DEL RACCONTO DI BIANCA:
La trama di ciò che l'aristocratica narra è sostanzialmente questa: la giovane Bianca, una ragazza orfana che prestava servizio presso una Corte, era disgustata dagli uomini.
Di animo sensibile, delicato e appassionato, si era innamorata più di una volta, e più di una volta era stata respinta o trattata con indifferenza. Per questo aveva deciso di vivere sola in una villa non lontana dalla Corte, suo "luogo di lavoro". La malinconica Bianca traeva un po' di conforto soltanto dalle visite, ogni sera, alla tomba della madre.
Ad un certo punto incrocia per la strada un giovane, "un ventenne, dolce figura dal portamento aristocratico e stanco, stanco da non potersi descrivere, di una spettrale magrezza, le guance infossate e bianche e gli occhi enormi in due profondità".
Per un po' di tempo, Bianca e il ragazzo si incontrano ogni sera. Ma... il giovane è ammalato.
"Il fanciullo (...) mi appariva più bianco ogni volta, e gli occhi sempre più neri (...)".
Una notte, all'interno del cimitero, entrambi si addormentano, ma soltanto Bianca si risveglia.
Disperata e piangente, si sente invadere da una strana forza fisica che la induce a prenderlo tra le braccia e a portarlo con lei, nella camera della sua villa. Ma poi ci ripensa: "il mio fanciullo era morto, era morto con me... per me... era morto davvero... laggiù... E io lo avevo portato via dal suo luogo... Perché lo avevo portato via?"
E così, con altrettanta energia, lo riporta all'esterno, nella natura, o meglio, al cimitero: "lo trascinai sul muro del cimitero e senza scomporlo, scansando le croci, le colonne mozzate, i cancellini, i cespugli, le piccole aiole, ritrovai il suo nido, il nostro (...)"
(*aiole nel toscano del primo Novecento, aiuole ai nostri giorni).
C) IL GUSTO GOTICO:
E' ancora novembre, mi raccomando. Il 24 di novembre. A Sant'Andrea mancano ancora 6 giorni. Questo è il mese della commemorazione dei defunti e degli alberi quasi spogli, non del "Natale alle porte", come la mentalità commerciale ci induce a credere!
Ad ogni modo, a mio avviso c'è qualcosa di gotico in questo racconto. Il romanzo gotico è tipico più che altro delle tradizioni letterarie dell'Europa settentrionale, della letteratura anglosassone in particolare.
E' un genere che tra le caratteristiche principali prevede ambientazioni cupe, notturne ed inquietanti, conflitti interiori dei personaggi principali, presenze spaventose (mostri e fantasmi) e amori dall'esito infelice.
Il primo romanzo gotico, Il castello di Otranto di Horace Walpole , è uscito nel 1764.
Poi vi inviterei a pensare ad un racconto del terrore di Edgar Allan Poe, cioè La caduta della casa degli Usher, dove assume un ruolo chiave la spaventosa apparizione del fantasma di Lady Madeleine, sorella di Roderick Usher. Altri elementi che rendono gotico questo racconto di Poe sono: il castello, tormentato da una violenta tempesta e la notte tormentosa durante la quale né il narratore né Roderick riescono ad addormentarsi.
Notate anche che nel romanzo gotico ricorre molto frequentemente il tema della morte.
Qui, in questa parentesi narrativa di questo benedetto anti-romanzo futurista, che cosa c'è di gotico?
- IL LUOGO E IL TEMPO: la sera e la notte, quando c'è buio, e il cimitero, spazio di sepoltura.
-L'AMORE INFELICE: La morte, prematura e drammatica, del ragazzo.
- IL CONFLITTO INTERIORE DI BIANCA SOPRAVVISSUTA: Era la mia ragione di vita e non è più vivo. Là fuori ho avuto paura che mi giudicassero un'assassina e così l'ho portato a casa mia, l'ho sdraiato sul mio letto ma... ho fatto bene? Perché l'ho privato di un ambiente che amava tanto? Ci incontravamo sempre di sera, al cimitero! Esco di nuovo, lo riporto là e staremo insieme almeno fino all'alba! Io l'ho ucciso! Con il mio amore.
(Per qualche attimo mi ci sono immedesimata!)
D) LA NOSTRA ESISTENZA E' UN PUNTO DI CONGIUNZIONE FRA LA VITA E LA MORTE:
Bianca inizia il suo racconto parlando dell'amore come un punto di congiunzione fra la vita e la morte.
Non solo l'amore è il punto di congiunzione fra la vita e la morte. Oserei affermare che la nostra intera esistenza è un punto di congiunzione fra la vita e la morte, perché gioia e sofferenza sono entrambe necessarie alla nostra formazione umana.
Nei momenti di gioia e nei periodi di serenità, sentiamo la vita pulsare e traboccare dentro di noi.
Nei momenti di sofferenza invece, sentiamo una sorta di privazione, una tristezza di nebbia, come dicevo io da bambina.
Gioia e dolore, o compresenti o alternati. E' proprio questa la vita? Io credo di sì.
Nel dolore moriamo un po' dentro di noi, nella gioia viviamo, e il mondo stesso ci appare luminoso e ricco di vita.
E qui penso a Zanzotto, poeta trevigiano del Novecento, sul quale sto frequentando un corso di carattere quasi seminariale in facoltà. Nel suo saggio Luoghi e paesaggi, Zanzotto paragona il rapporto uomo-paesaggio a quello fra Pòros e Penìa del mito di Platone.
Eros è nato da Pòros (=ricchezza) e da Penìa (=povertà). Tra Pòros e Penìa c'è una mancanza, un senso di perdita. La loro unione ha a che fare con lo scambio. Anche tra l'io e il paesaggio avviene una sorta di scambio, dal momento che l'orizzonte psichico umano è limitato, è povero, e invece l'orizzonte paesistico è molto vasto, è inglobante e va ed andrà sempre al di là rispetto alle effettive potenzialità umane.
E) CHE COSA IN QUESTO RACCONTO RICORDA INVECE ALCUNI AUTORI DELLA CULTURA ITALIANA?
1) "La morte nel rigoglioso sbocciare di petali freddi". E' un'immagine riferita sia alla morte a 20 anni, sempre e comunque tragica, che alla "morte interiore" della Bianca giovane, che sopraggiungeva ad ogni rifiuto precedente all'incontro con il giovane nei pressi del cimitero.
La giovinezza intesa come "primavera della vita" e accostata ai fiori è presente già in alcuni sonetti di Petrarca, come questo, che inizia con: "Tutta la mia fiorita et verde etade/passava" (=la vita del poeta inizia a declinare, dal momento che non è più poi così giovane).
La giovinezza paragonata ad un fiore c'è anche in Poliziano, seconda metà del Quattrocento, con il sintagma: "Cogliam la rosa" all'interno del componimento: I' mi trovai fanciulle, un bel mattino.
Vi ricordo che quel cogliere la rosa è riferito all'atto sessuale: siamo giovani ed energici... se non ora, quando altrimenti?
L'accostamento giovinezza=fiore compare sicuramente anche in Foscolo, nel sonetto In morte del fratello Giovanni: "gemendo/ il fior de' tuoi gentili anni caduto (ipallage + anastrofe)".
2) "Ci guardavamo come ci si guarda dentro lo specchio", dice Bianca, nel momento in cui rivela il primo incontro e le prime occhiate con il suo amato.
Io, da "romanticona", credo che ogni amante porti con sé il riflesso della persona amata.
Qui ho pensato sia a Torquato Accetto, Seicento italiano, epoca barocca, menzionato e un po' citato tra l'altro anche nel mio romanzo. C'è una poesia che inizia con: "Mirò lo specchio e di se stessa accorta/sospirò, gli occhi rivolgendo altrove/quella donna gentil che seco move/tutte le Grazie, e lieto Amor ne porta."
Ma in Accetto, ci sono soltanto lo specchio e la giovane donna, che sospira ricordando la transitorietà della propria "verde etade". Nel racconto di Bianca, l'incontro fra amante e amato è così intenso che i quattro occhi (=rispettivamente due ciascuno!!) divengono specchi nei quali riflettersi.
Non solo.
Torquato Tasso e la sua famigerata Gerusalemme liberata. In altri post dedicati a questo poema l'ho detto: nel canto XVI° si trova l'idillio amoroso fra Rinaldo e Armida.
Sono abbracciati l'uno all'altra e Rinaldo tiene uno specchio, dove Armida contempla con piacere se stessa e lui, "con occhi accesi", si specchia negli occhi sorridenti di lei.
"L’uno di servitú, l’altra d’impero/ si gloria, ella in se stessa ed egli in lei./«Volgi,» dicea «deh volgi» il cavaliero/«a me quegli occhi onde beata bèi,/ché son, se tu no ‘l sai, ritratto vero/de le bellezze tue gli incendi miei;/la forma lor, la meraviglia a pieno/ piú che il cristallo tuo mostra il mio seno."
3) Non ho finito. " Era già cadavere quando Bianca lo incontrò la prima volta, quella notte di luna".
Cioè, era già malato, dice una dama, non appena Bianca si ferma con il racconto.
La luna qui, almeno a mio avviso, sembra una spettatrice delle sofferenze umane, delle sofferenze ingiuste, inspiegabili. Come quella di un ventenne malato.
La luna sorge nel cielo, ignara di tutto, ignara del male, ignara della precaria condizione umana.
Sembra una spettatrice di fronte al male, alle ingiustizie, al dolore e ad una tragedia troppo grande per poterle trovare una spiegazione razionale. E così forse è anche Dio: un debole spettatore lontano inafferrabile.
Quel che intendo dire è che questa luna potrebbe essere accostata alla luna leopardiana del Canto notturno di un pastore errante dell'Asia: "Intatta luna, tale/ è lo stato mortale. /Ma tu mortal non sei,/e forse del mio dir poco ti cale."
Ve l'ho detto, qui c'è quasi tutta la nostra letteratura! Palazzeschi è stato colto e poetico in questo punto del Codice di Perelà, è stato finissimo e coltissimo in questo passaggio e probabilmente, quando era in vita, non sapeva nemmeno di esserlo stato!
Credeva di aver scritto solamente un libro "leggero" e in contrapposizione con Marinetti!
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