Con oggi si inizia la recensione di tutte le mie letture estive! Questa risale a inizio giugno.
Mentre leggo sto anche cercando di capire quali libri e quali racconti posso proporre, a partire da quest'autunno, in una scuola secondaria per adolescenti.
Sicuramente anche Lo hobbit di Tolkien lo è, una lettura per adolescenti. Io lo sto conoscendo e leggendo adesso visto che sono tra i coordinatori di un mini grest parrocchiale e sono incaricata di riadattare alcuni episodi del romanzo in scenette e dialoghi. Mi sto divertendo a farlo... Se solo sapeste quante tracce di temi secondo me si possono ricavare dalla figura di Gollum (=che subdolo, che insidioso)!! E poi c'è quel grande di Gandalf... Tutti nella vita abbiamo bisogno di un Gandalf o di una Gandalf.
*Più avanti, entro quest'estate, ci sarà modo di presentarvi anche alcuni personaggi ed episodi di questo romanzo di Tolkien.
A mio avviso oggi c'è il caldino giusto per presentarvi alcuni contenuti di Narratori delle pianure, libro ambientato prevalentemente in alcuni luoghi della pianura Padana, soprattutto lombardi ed emiliani. Con mia grande sorpresa non ho trovato nessun racconto che riguardasse la bassa veronese, zona in cui vivono i miei parenti di parte paterna.
Narratori delle pianure è una raccolta di novelle scritta da Gianni Celati e pubblicata nell'84, quindi, un anno dopo Palomar e quattro anni prima delle Lezioni americane.
In questo post vorrei prima di tutto presentarvi i cinque racconti che mi sono piaciuti di più (1/6 del libro). Parto dai miei preferiti. Poi vi riporterò alcune osservazioni di carattere stilistico e linguistico formulate, in un articolo di alcuni anni fa, dalla professoressa Francesca Gatta, ora docente di Linguistica italiana presso l'Ateneo di Bologna.
Comunque, i primi racconti ex-aequo in ordine di gradimento sono: Bambini pendolari che si sono perduti e Meteorite dal cosmo.
NOTA: Moltissimi personaggi in questo libro di Celati sono senza nome. Infatti, proprio come nei Sillabari di Parise, si dice molto frequentemente: "un uomo", "due bambini", "una donna", "una ragazza giapponese".
1A) BAMBINI PENDOLARI CHE SI SONO PERDUTI:
In questa breve storia, due fratelli, rispettivamente di 11 e 13 anni (la ragazzina è la più grande) sono figli di genitori divorziati: vivono a Codogno con il padre ma nei fine settimana dovrebbero andare sempre a Milano dalla madre.
Sono due ragazzini malinconici, sfiduciati verso il mondo degli adulti, definiti, non a torto, nei loro dialoghi e pensieri: cretini e noiosi.
Quante volte mi sono chiesta, leggendo: "Ma dove cavolicchio è la loro madre, se questi protagonisti sono due minori che vagano per le vie di Milano, abbandonati a loro stessi?"
Comunque, un giorno, una volta arrivati a Milano con il treno, seguono da lontano alcuni adulti per le strade:
(...) hanno seguito per corso Magenta una donna tutta vestita di nero con grandi occhiali da sole, che al bambino sembrava simpatica. Ma quando è arrivata a un osteggio e ha dato dei soldi al posteggiatore dicendo: "Tenga", da come ha detto quell'unica parola loro hanno capito che era una donna noiosissima. Tanto che al bambino è venuto il disgusto in bocca a pensarci.
L'autore presenta una Milano piena di frenesia e di pericoli: pensate che i due bambini, nel giro di una mezza giornata, scappano da una sparatoria e finiscono nella casa di un adulto che tenta, soprattutto con la bambina, degli approcci sessuali. Ma riescono a fuggire.
Il racconto termina con una nebbia fittissima tra le campagne:
Nella nebbia voltandosi vedevano attorno a sé dovunque una grande parete bianca, in cui non riuscivano più a ritrovarsi l'uno con l'altro, e neanche a vedere il proprio corpo, né a percepire bene un richiamo. Avevano freddo e si sentivano soli, ma non potevano andare né avanti né indietro, e dovevano restar lì, in quello stranissimo posto dove s'erano perduti.
Mi torna in mente il Vangelo della domenica appena passata (Marco 4, 35-41). È uno dei miei brani biblici preferiti, dal momento che rievoca i momenti difficili e dolorosi della vita. Era un brano che a mio avviso alludeva non soltanto alla vita eterna dopo questa vita e all'arrivo della vecchiaia e alle cose che non possiamo fare più come un tempo. Certamente anche a questo. Anzi, questo è forse il primo significato (non mi permetterei mai di contestare i brevi video fatti da Don Diego che arrivano ogni mattina sul canale Telegram, anche perché diversi di questi muovono il cuore, come il breve commento al 6 giugno):
Ma io credo che la tempesta sedata sia anche un simbolo che ci invita da una parte ad accettare i nostri momenti duri del passato e dall'altra a convivere con gli aspetti meno belli e faticosi del nostro presente. Di conseguenza, questo induce a vedere il volto di Gesù Cristo nelle persone che ci vogliono realmente bene, negli occhi di chi ti ama, nelle mani strette l'una all'altra. Dunque, la domanda di Gesù ai discepoli: "Non avete ancora fede?" è anche rivolta a noi e secondo me vuole dirmi/dirci: affidatevi/affidati. Affidati a chi ti ama, a chi ti vede con gli occhi di Dio e quindi ama profondamente e autenticamente anche tu. Hold my hand si intitolava una delle ultime canzoni di Michael Jackson (2010): Hold my hand baby I'll promise that I'll do all I can. Things will get better If you just hold my hand.
E poi viene in mente anche una canzone di Avicii sulla solidarietà verso il prossimo (mi manca un botto questo grande artista! Era uno sghiandato ma aveva talento!): Heeeey brother... Do you still believe in one another? Hey sister, do you still believe in love, I wonder? Ohhh, if the sky comes falling down for you there's nothing in this world I wouldn't do.
Tornando alla novella: arriverà qualcuno per questi due ragazzini? Non lo sappiamo. Ad ogni modo, alla fine sono ancora in una situazione di solitudine e di pericolo:
Avevano fatto tanta strada venendo da lontano in cerca di qualcosa che non fosse noioso, senza mai trovar niente, e adesso per giunta chissà quanto tempo ancora avrebbero dovuto restare nella nebbia, col freddo e la malinconia, prima di poter tornare a casa. Allora è venuto loro il sospetto che la vita potesse essere tutta così.
1B) METEORITE DAL COSMO:
Probabilmente qui siamo in Emilia, in provincia di Modena. La protagonista in questo caso è una donna, la quale, interrotti gli studi universitari, decide di rinchiudersi in casa. Si chiude praticamente in se stessa e dunque si svelle totalmente dagli altri. Non esce più di casa per anni. Non vale la pensa uscire e fare esperienze, visto che per lei la gente è poco generosa e piena di pregiudizi. I familiari però riescono almeno a convincerla a recarsi da uno psichiatra che, conosciuto il suo disagio, le fa due profezie riassunte in soldoni qui sotto e profondamente legate l'una all'altra:
1) Fra un po' ti accadrà un evento che ti sconvolgerà.
2) A seguito di ciò inizierai a capire che anche tu sei come gli altri: anche tu giudichi e anche tu, standotene chiusa in casa, ti dimostri poco generosa verso il prossimo.
Cosa accade allora?
Che un giorno, mentre la protagonista anonima si trova nell'orto del giardino di casa sua, vede una piccola meteora cadere in fondo al campo che è di proprietà del padre. Il (fortunatamente) piccolo meteorite fa un buco profondo nel suolo e lascia alcune pietruzze radioattive che la protagonista conserva in barattoli nella cantina. A questo punto, decide di uscire finalmente da cancello di casa per recarsi in biblioteca e cercare libri sui meteoriti.
Poi ritorna dallo psichiatra e gli racconta l'accaduto. Lui le consiglia di acquistare degli abiti nuovi, per guarire del tutto.
Il finale? Il matrimonio fra il dottore e la donna. Eccovela la morale:
Dice che, diventando vecchi, si impara a non badare più molto a quella specie di automa che fa tutto per noi, che parla quando deve parlare, saluta quando lo salutano, ride quando bisogna ridere. Siccome l'anima è sempre più attirata da qualcosa fuori di noi, allora, se non si è stupidi e incattiviti, si impara anche a non credere più alle parole e ai pensieri dell'altro che tratta con la gente al posto nostro. Si impara a trovar ridicoli i suoi giudizi su tutto, e a prenderli in giro parlando tra sé. E così, parlando molto tra sé, si può anche diventare più generosi.
Ho un'obiezione: solo diventando vecchi si impara ad essere più umani e meno giudiconi?!
Sarebbe meglio imparare da giovani: i giovani, prima di diventare educatori dovrebbero fare un gran passaggio: diventare persone, non automi. Imparare a pensare e a sentire. Imparare un po' di empatia. Imparare a vedere i rapporti come un'opportunità di dialogo e di crescita. Le invidie, le gelosie, i "lei ha detto", "lei ha fatto", "hai visto come ha reagito?" e lo sparlarsi alle spalle bisognerebbe lasciarli ai bimbi dell'asilo nido, perché sono comportamenti di un infantilismo assurdo! Dopo i vent'anni non dovrebbero esistere.
2) IDEE DI UN NARRATORE SUL LIETO FINE:
Viadana. Confine tra provincia di Mantova e territorio di Parma.
Evidentemente non tollerava le conclusioni tragiche, le conclusioni melanconiche o deprimenti d'una storia. Perciò nel corso degli ultimi anni s'era dedicato a riscrivere il finale d'un centinaio di libri in tutte le lingue (...)
Un esempio concreto? Questo di un classico francese del XIX° secolo:
Molti dei suoi ultimi giorni di vita devono essere stati consacrati alla riscrittura dell'ottavo capitolo della terza parte di "Madame Bovary", quello in cui Emma muore. Nella nuova versione Emma guarisce e si riconcilia con il marito.
Voi vorreste cambiare il finale di un romanzo che avete letto di un film che avete visto? Io sì. Cambierei il finale delle Voci della sera della Ginzburg (ma che desolante!), ad esempio. Modificherei, ma senza cambiarlo del tutto, il finale del Mondo nuovo di Huxley: John va sulla stessa isola di Bernard ed Helmholtz, su un'isola incontaminata dagli innumerevoli disvalori del 2500 d.C. e lì trova una ragazza totalmente diversa da Lenina (A proposito: perché Huxley ha voluto chiamare Darwin Bonaparte il fotografo che spia John?!).
Quanto ai film ecco... Forse cambierei il finale di Midnight in Paris.
*Prossimamente vi spiegherò i motivi per cui il Tommasino delle Voci della sera è da considerare come una "personalità pericolosa" oltre che assolutamente inaffidabile. Ma ora non anticipo nulla.
3) SUL VALORE DELLE APPARENZE:
Cremona. Una donna che per anni ha svolto il lavoro di domestica nelle case di diversi ricchi borghesi è divorziata e ha un figlio indolente di 25 anni da lei mantenuto.
Nel corso di anni di lavoro e di sacrifici è riuscita a mettere da parte molti soldi (=lire, a quei tempi. Lire fino al 2001, se non vado errata). Comunque, il marito della signora in questione è andato via di casa per poter convivere con una compagna molto più giovane.
Arriva il momento in cui il figlio della donna sta per sposarsi, quindi, per l'occasione, lei spende tutti i suoi risparmi per stampare gli inviti per il ricevimento di matrimonio, per pagare il pranzo nuziale a circa 100 invitati, molti dei quali non si presenteranno al banchetto, e per regalare anche un appartamento al figlio e a sua moglie.
E, a questo punto, attraverso le rivelazioni di un avvocato, si scopre che la sposa è stata proprio la compagna del marito, che precedentemente l'aveva presentata al figlio. Oltre a ciò, la protagonista della storia scopre anche che ex marito e sposi hanno intenzione di convivere nello stesso appartamento che lei stessa aveva acquistato.
Ma, e questo è il bello della novella, lei riesce a reagire con grande dignità:
Dopo, siccome sono entrati molti automobilisti di passaggio, lei li invita a sedersi con gli altri invitati, e invita tutti quelli che arrivano a sedersi e a mangiare. Così alla fine lo stanzone è tutto pieno di gente e il ricevimento meglio di così non avrebbe potuto andare, perché ognuno crede che gli altri siano invitati regolari e che gli sposi abbiano moltissimi amici.
Padre e figlio che si contendono la stessa ragazza... Questo è un motivo letterario di stampo plautino (età arcaica della letteratura latina, II° secolo a.C.).
4) COME UN FOTOGRAFO È SBARCATO NEL NUOVO MONDO:
Unico racconto ambientato in Veneto, nel veneziano. Qui è innanzitutto interessante una descrizione perfetta e precisa di geografia fisica.
Quella della fotografia è la zona del Po di Gnocca.
C'è una certa uniformità e una certa piattezza in questo paesaggio. Più o meno come in ciò che circonda Sandolo, paese natale della madre del protagonista e narratore di un altro racconto della raccolta Il ritorno di un viaggiatore.
Cosa rimane di Sandolo, ex paese della pianura emiliana?
Una chiesetta con un campanile, circondati da campi tutt'attorno. Mi è tornato in mente Cantòn, nella pianura veronese, a circa 4 km da Ronco all'Adige. In effetti, è una frazione di Ronco. Quando ero bambina Cantòn era un luogo dalle case diroccate. Ora comunque è molto meglio: le case vecchie sono state quasi tutte restaurate e, nei pressi di una piazzetta di cemento dove di tanto in tanto ci sono mercato e giostre, ci sono nuovi condomini. Il tutto è circondato da campi di polenta e da frutteti (la zona della bassa veronese tra Albaro e Roverchiara è denominata infatti "la terra delle mele").
Oltre a questo mi è ritornata in mente anche Scardevara, altra piccola frazione di Ronco (= appena 1 km di distanza): qui, nei pressi dell'argine dell'Adige, c'è una chiesetta romanica con campanile e poche case vicine:
Come vedete quella strada è anche una ciclabile.
La trama della novella non è nulla di straordinario: un fotografo un giorno viene inviato, da un settimanale ad alta diffusione, a fotografare questa zona di Ca' Venier. E scopre che in questo luogo le donne dialogano con le tombe dei morti.
A che cosa ho pensato qui? Al Carme dei Sepolcri di Foscolo, dedicato a Ippolito Pindemonte:
vv.1-3:
vv.16-25:
- Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
- ultima Dea, fugge i sepolcri; e involve
- tutte cose l’obblio nella sua notte;
- e una forza operosa le affatica
- di moto in moto; e l’uomo e le sue tombe
- e l’estreme sembianze e le reliquie
- della terra e del ciel traveste il tempo.
- Ma perché pria del tempo a sè il mortale
- invidierà l’illusion che spento
- pur lo sofferma al limitar di Dite?
Il tempo è travolgente: travolge tutto; uomini, tombe, legami... e l'oblio avvolge tutto, come il buio della notte. Per questo gli uomini non vogliono privarsi dell'illusione di una vita ultraterrena. Per Foscolo, è un'illusione consolatoria perfino il parlare con le lapidi dei propri cari.
Secondo voi è un'illusione parlare con le tombe dei propri cari? Per esperienza personale direi che ha un sapore "dolce-amaro".
ALCUNI CARATTERI STILISTICI DI QUEST'OPERA:
(Dal saggio di F. Gatta: Ombre e fantasmi nel remoto della "bassa". Deissi e passato prossimo nei Narratori delle pianure di Gianni Celati).
Lasciando completamente perdere un elemento tecnicissimo e specialistico del mio ambito di studi chiamato "deissi" (=riguarda i pronomi dimostrativi, ad ogni modo), vorrei mettere in luce tre aspetti dell'analisi di questa docente.
-Situazione narrativa non chiarita:
Le prime storie sono ambientate nella Lombardia Occidentale, le ultime al delta del Po, quindi, a Ravenna. La voce dell'autore-narratore si confonde con altre voci che narrano senza sopraffarle mai. Mi spiego meglio: nei racconti in prima persona affiora una certa ambiguità narrativa, mai risolta: sono racconti scaturiti da una trascrizione fedele e rispettosa di chi ha raccontato oppure tutti i racconti vengono riferiti da un unico narratore? Quanti sono i narratori delle pianure?
- Ricorrenza del passato prossimo:
Questa è una caratteristica molto marcata dell'italiano parlato nelle regioni del Nord Italia. Predomina il passato prossimo a scapito della marginalità del passato remoto, più frequente, oggi come 35 anni fa, da Roma in giù. Il passato prossimo è più vago, perché non segna una linea di demarcazione precisa fra gli eventi narrati e il momento dell'enunciazione. È tempo composto e quindi esprime il perdurare delle conseguenze degli eventi precedenti al momento presente.
-Imprevedibilità nel cambiamento dei tempi verbali:
In diversi passaggi dell'opera compare comunque anche l'imperfetto. L'alternanza fra passato prossimo e imperfetto contribuisce, secondo Francesca Gatta, ad evocare quella dimensione di oralità che caratterizza buona parte delle opere letterarie del secondo Novecento italiano.
Compare anche il presente. E si tratta di un presente storico, volto ad attualizzare il racconto, come in questo passaggio riportato dalla studiosa:
Il raccontatore bandial ha confermato che tutte le canzoni sono inventate dai bambini che giocano per le strade. Ci sono dei cantanti che in questo modo sono diventati tanto famosi.
E qui invece si verifica un'alternanza imprevedibile di tempi verbali, in cui gli eventi vengono giustapposti gli uni agli altri e dunque è possibile affermare che i fatti riportati sono privi di gerarchia cronologica. Non c'è prospettiva, come nei quadri dei Fauves:
Un giovanotto di Mirandola, in provincia di Modena, aveva studiato per diventare ingegnere. Quando è diventato ingegnere è stato assunto in una fabbrica di ascensori, e quasi subito è stato mandato in Africa a installare e a collaudare un impianto di ascensori in un palazzo governativo. È partito e dopo la sua partenza di lui non si è più saputo niente per tre anni.