Prometto
di esserti fedele sempre,
nella gioia e nel dolore,
nella salute e nella malattia
e di amarti e onorarti
tutti i giorni della mia vita.
Più cresco e più questa formula del rito del matrimonio mi piace. Ma in realtà in questa fase di vita non sto per sposarmi, sto per conseguire la laurea magistrale in Lettere. Arriverò, in un futuro non lontano, anche a realizzare il sogno e il progetto del matrimonio, ma sicuramente non entro il 2021.
Fedeltà, gratuità e reciprocità... è di questo che si nutrono amore e amicizia veri e propri. E penso che le relazioni più stabili e più forti siano fatte soprattutto di dialogo e ascolto.
L'Immoralista, opera della letteratura francese pubblicata nel 1902, è un romanzo su un matrimonio. Per la precisione, su un matrimonio infelice e su una dedizione quotidiana che sostanzialmente non viene ricambiata.
Il libro è composto di tre parti ed è ancora una delle mie letture primaverili (di metà aprile circa). Avrei voluto trovare un'edizione con il testo francese a fianco ma stavolta non ci sono riuscita.
PARTE PRIMA:
Michel, il protagonista della storia, vive a Sidi, località del Nord Africa poco distante dal deserto. Una sera giungono a fargli visita tre amici che ascoltano la sua storia.
I quattro giovani uomini non si vedono da ben tre anni, ovvero, dal giorno del matrimonio di Michel.
È proprio dal giorno delle nozze che inizia la narrazione del giovane vedovo.
Nel ricordare il giorno del matrimonio, ammette:
L'avevo sposata senza amore, per compiacere soprattutto mio padre che era preoccupato all'idea di lasciarmi solo morendo.
Al momento del matrimonio, Marceline ha 21 anni, Michel 25.
Michel ha perduto precocemente la madre, rigida seguace del luteranesimo, e ha avuto un'adolescenza fatta soltanto di studi: ha infatti imparato greco, latino, ebraico, arabo e sanscrito.
Così arrivai a venticinque anni non avendo quasi guardato altro se non libri e antiche rovine e non sapendo niente della vita. Ebbi alcuni amici (e tra questi anche voi) ma più che amare l'amico amavo l'amicizia: la mia grande devozione per loro era in realtà bisogno di un nobile ideale. Di fatto non conoscevo veramente i miei amici così come non conoscevo me stesso.
Ad ogni modo, i due novelli sposi si recano in viaggio di nozze a Biskra, in Algeria. È un lungo viaggio di nozze, dura alcuni mesi, ma d'altra parte, sia Michel che Marceline sono figli dell'alta borghesia francese.
Qui Michel si ammala di tubercolosi e Marceline, con vero e proprio amore e dedizione, gli sta vicino e se ne prende cura. È una donna semplice e al contempo intelligente: legge romanzi, conosce molto bene le opere della letteratura inglese. Ed è amata dai bambini nordafricani.
Michel non la tratta mai bene: si irrita per una bistecca troppo cotta, è scocciato dalla presenza dei bambini che vengono a trovare la moglie nella casa in cui momentaneamente vivono.
Quel che mi ha colpita è che lei non perde mai la pazienza. Anzi, più Michel si innervosisce più lei si fa presente.
Suggestiva a mio avviso è la descrizione di un mattino di primavera nel frutteto di Lossif:
Questa terra africana, di cui non avevo mai conosciuto questa attesa segreta, dopo essere stata sommersa per lunghi giorni, si risvegliava dall'inverno, ubriaca d'acqua, turgida di linfe nuove; rideva tutta nella primavera prorompente che sentivo ripercuotersi e come riflettersi in me.
Grazie alle cure costanti di Marceline, Michel inizia pian pianino a stare meglio.
La sera prima di partire da Biskra per recarsi nell'Italia Meridionale, Michel prende tra le mani la Bibbia. La apre a caso e legge un versetto tratto dal Nuovo Testamento:
(...) Lessi queste parole di Cristo a Pietro, queste parole, ohimè!, che non avrei più dimenticato: "Adesso tu ti cingi da solo e vai dove vuoi andare; ma quando sarai vecchio, tenderai le mani"...
La salute di Michel continua a migliorare in modo significativo. Con la moglie continua i suoi viaggi.
Però che matrimonio è il loro, se trascorrono pochissimo tempo insieme sia durante il giorno che durante la notte? Praticamente fanno il loro viaggio di nozze da "separati sotto gli stessi luoghi e sotto gli stessi tetti". Leggere per credermi.
Nel loro soggiorno a Sorrento, ad esempio, Michel esce ogni notte. Solo una volta, e soltanto attraverso dei pensieri mai espressi a voce, prova un istante di pentimento per la moglie:
Pensai che, quando diceva che io ero tutto per lei, non mentiva; e subito mi dissi: "Che cosa faccio io per renderla felice?"
(...)
Il sorriso era scomparso dalle sue labbra; l'aurora, che pure indorava ogni cosa, me la mostrò d'un tratto triste e pallida; e forse l'avvicinarsi del mattino mi disponeva all'angoscia: "Dovrò un giorno a mia volta curarti? Preoccuparmi per te, Marceline?", chiesi disperato dentro di me.
Questa prima parte si conclude con la decisione di Michel, al ritorno dal viaggio di nozze, di iniziare a insegnare in un collegio universitario francese. I suoi ex compagni di corso si ricordano infatti di quanto riusciva bene negli studi e di quanto fosse appassionato di storia antica. Per questo auspicano che Michel prenda una cattedra accademica.
PARTE SECONDA:
Terminato il loro viaggio di nozze, Michel e Marceline si trasferiscono in Normandia alla tenuta di Moriniere, vicino a Lisieux, di proprietà della madre di Michel.
E Marceline nel frattempo è incinta:
Sulla sua fronte traspariva ogni minima emozione, come un'acqua molto tranquilla s'increspa a un soffio di vento; sentiva misteriosamente fremere dentro di sé una nuova vita; mi chinavo su di lei come su una profonda acqua pura, nella quale, per quanto lontano si guardi, non si vede che amore.
Nell'immensa tenuta di campagna ci sono molti servitori, contadini e domestici: tra questi spicca la figura di Charles, figlio diciottenne del maggiordomo Bocage. Charles è praticamente agli antipodi di Michel: è sveglio, vivace, genuino, pragmatico e pieno di vita: tutto quello che faceva era di slancio.
A novembre, mese in cui Michel inizia la supplenza universitaria, i due si trasferiscono in un appartamento di Parigi. Peccato che, al settimo mese, Marceline faccia un aborto naturale con conseguente embolia.
Al settimo mese... Quando ormai una donna, sia nel secolo scorso che ora, si ritiene sicura di poter partorire.
Marceline è decisamente una ragazza al momento dell'aborto spontaneo: nonostante la mazzata, fisica e psicologica, riesce a riprendersi in tempi rapidi.
Il punto è che Michel è sempre e comunque lontano da lei:
Quando Marceline si sentì meglio e fu in grado di vedere gli amici, alcuni di essi vennero a stare da noi La loro compagnia tranquilla e affettuosa piacque a Marceline, ma fece sì che io rimanessi fuori di casa sempre più a lungo. Preferivo la compagnia della gente della fattoria, con la quale mi sembrava di imparare molte cose...
Riporto un'altra frase tristissima, squallida che proviene dai pensieri di Michel:
Quello che mi dava e che rappresentava per me Marceline era come un riposo per chi non si sente stanco.
PARTE TERZA:
E qui sarò breve.
Michel continua ad essere assente, fisicamente e psicologicamente. E Marceline si ammala di tubercolosi.
Cieco fino alla fine, il protagonista decide di riportarla nei luoghi caldi del sud. Ritornano dunque in Italia meridionale (Napoli, Paestum) e infine in Nord Africa.
Michel continua a comportarsi come prima: trascura la moglie costretta a letto e vaga per le vie cittadine. Marceline peggiora di settimana in settimana. Finché muore, al sorgere del giorno, in una stanza d'albergo di Tunisi, se non ricordo male.
Più o meno, il finale di questo romanzo ricorda l'epilogo della La signora delle camelie di Dumas figlio: Marguerite Gautier muore della stessa malattia, giovane e sola, senza legami e senza affetti profondi.
Significativa è una delle ultime frasi che la ragazza rivolge al marito:
Tu ami ciò che è inumano.
Vi inviterei a ragionarci un pochino sopra partendo da alcune domande: la cultura è tutto? Che significa "essere vivi"? L'aggettivo "inumano" a vostro avviso è riferito alla cultura del passato oppure a un determinato atteggiamento perseguito dal giovane Michel?
Per quanto mi sia piaciuto studiare, non ho vissuto e non sto vivendo soltanto di questo.
Comunque tra "inumano" e "disumano" non c'è differenza. Sempre mancanza di empatia verso il prossimo indicano.
Personalmente non credo che con quella frase Marceline alludesse ai libri di storia romana e di archeologia persiana che tanto appassionavano la sua metà, perché altrimenti probabilmente avrebbe detto qualcosa come:" tu ami ciò che è inanimato". Per me voleva dire qualcosa come: "ti sei affezionato troppo al tuo egoismo, e a stento te ne rendi conto".
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