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4 ottobre 2021

L'Europa dell'Est:

 Un resoconto di viaggi 

che tutti i giovani 

dovrebbero leggere 

per riflettere sull'attualità. 


Recentemente ho avuto l'occasione di leggere È Oriente, opera che racconta i viaggi compiuti da Rumiz nell'Europa dell'Est in un arco di tempo compreso tra il 1998 e il 2001. Durante la recensione del libro avrò anche l'occasione di presentarvi in modo sintetico i contenuti di un film intitolato Est.

Ad ogni modo, qui riassumo brevemente, aiutandomi attraverso alcune citazioni, i sei viaggi dell'autore.


1) TRIESTE-VIENNA IN BICI CON IL FIGLIO MICHELE:

*Siamo nell'estate del '98. 

All'inizio del capitolo Rumiz evoca, in modo poetico, la notte alla vigilia della partenza. È un delicato notturno di Trieste:

C'era la luna, la notte della vigilia. Una notte inquieta di cani e pipistrelli. Ho attraversato la città in scooter, l'aria era immobile e umida, lasciava sospesa, una rugiada argentata. Succedeva una cosa rarissima: i profumi del mare e quelli della montagna non entravano in conflitto, ma si armonizzavano senza sovrapporsi. Così ho attraversato profumo di fieno e mare aperto, di cipressi e bagnasciuga, di pini marittimi e secca brughiera, il respiro delle acacie e l'odore della pescheria chiusa, e poi il droghiere, il macellaio, il panettiere.


Interessante, dal punto di vista linguistico, il primo gerundio del figlio dello scrittore:

Ricordo Michele, anni fa, quando si svegliò nello zaino porte-enfant e formulò così il suo primo gerundio; "Papà, dove andiamo stando?". Quella capriola sintattica aveva in realtà una logica di ferro. L'andare non era forse una conseguenza dello stare, della condizione esistenziale di essere beatamente sistemati dietro papà orso?

Il gerundio italiano ha la funzione di sottolineare la continuità di un'azione, proprio come la forma verbale "-ING" in inglese (I am studying/I was having a shower; e, ovviamente, il present perfect continuous: I have been working all day and I haven't finished yet). 

Ad ogni modo, il nostro gerundio non ha persona né numero ed ha due tempi: presente e passato (amando/avendo amato).

Ma i gerundi non sono tutti uguali nelle lingue europee, antiche o moderne che siano. In latino ad esempio, il gerundio può essere considerato la declinazione dell'infinito e, a seconda dei casi, ha diverse funzioni (Agricolae parati erant ad pugnandum= I contadini erano preparati a combattere- gerundio in accusativo con valore di finale). Il gerundivo invece, con il quale viene formata la perifrastica passiva, esprime senso del dovere (Proficiscendum est/Liber legendus). 

Poi c'è un altro punto del capitolo decisamente interessante, relativo alla differenza tra il viaggiare e lo spostarsi:

Da noi si è smesso di viaggiare: ci si sposta. Così il mondo minore scompare, e la memoria pure. Aveva ragione Pasolini, nessuno ascolta più le storie. (...) Il territorio è perduto e anche l'appartenenza.

Condividete?! 

Io credo sia piuttosto vero. Viaggiare significa gustare le meraviglie di un panorama senza farsi condizionare da orari e tempistiche. Quindi è da un bel po' che non viaggio. Da due anni esatti, dall'ottobre 2019, quando sono stata a Stresa e alle Isole Borromee... 

Lo spostarsi invece implica il ricorso ai mezzi di trasporto (treni, aerei, autobus, automobili) per raggiungere un luogo, quindi, è un qualcosa di maggiormente legato agli orari e alla fretta, tipica di un mondo sur-moderno che si sta riempiendo sempre più di tecnologie avanzate e di non-luoghi, ovvero, di stazioni, aeroporti, centri commerciali, autostrade, sale d'attesa; tutti posti nei quali nessuno sta in modo permanente e dove nessuno esprime storia e cultura. 

Nel nostro mondo sur-moderno ci si sposta quotidianamente per motivi di studio e di lavoro, ma si viaggia poco e soprattutto ci si meraviglia poco della bellezza del mondo. Tra l'altro, l'abitante ha una diversa percezione dei luoghi rispetto al viaggiatore. Questo bisogna tenere presente mentre si legge È Oriente.

2) TRIESTE-KIEV IN TRENO:

*Siamo nell'inverno 1999.


Di questa parte del libro mi ha molto colpito la descrizione dell'Ucraina.

Le ucraine sono straordinarie. Ne vedo spesso a Napoli, sul lungomare di Chiaia. 
Sono badanti, almeno così le chiamano nel Nord Italia. Badano ai nostri vecchietti in cambio di un modesto stipendio e un tetto di famiglia. (...) Certo, stanno meglio che in patria. In Ucraina non tornerebbero nemmeno per morire, dicono che nei loro ospedali si crepa come cani. Ma lo sradicamento è terribile. E dietro l'apparenza di quella seconda vita italiana protetta da casa e famiglia, subito traspare la precarietà di una condizione reclusa, non paritaria. "Se il nonno muore", ti dicono, "Se io mi ammalo, chi aiuta me?".

Non è mai stata facile la vita in Ucraina. Le badanti ucraine vengono di solito da famiglie povere, disagiate o disastrate. In alcuni casi, le ucraine immigrano o in Italia o in altri paesi dell'Europa centrale per trovare lavoro e mandare i soldi ai figli rimasti là, in modo tale da assicurare loro un futuro. 

L'Ucraina è l'ottavo paese d'Europa per numero di abitanti (42 milioni di abitanti). Gran parte del territorio ucraino è pianeggiante e attraversato dal fiume Dnepr. Soprattutto nelle tre regioni settentrionali, ovvero, in Volinia, Polessia e Podolia si trovano paludi, foreste e rilievi di modeste altitudini. 

Due anni dopo il crollo del muro di Berlino, il 24 agosto 1991, l'Ucraina è divenuta uno stato indipendente dalla Russia. Nel dicembre dello stesso anno il Partito Comunista Ucraino è stato sciolto per promuovere il pluralismo dei partiti e la libertà di stampa e di opinione. 

Tuttavia, l'indipendenza ucraina è minacciata, da alcuni anni a questa parte, dal conflitto militare iniziato nella primavera 2014 nella regione del Donbas, quando alcuni manifestanti contro il governo ucraino, sostenuti dalle politiche russe, hanno occupato alcune sedi istituzionali del Paese. 

Questi episodi hanno avuto, purtroppo ma prevedibilmente, delle conseguenze internazionali: i rapporti fra l'Europa, gli Stati Uniti, la NATO e la Russia di Putin sono tesi.

3) BERLINO-ISTANBUL IN TRENO:

* Siamo nell'inverno 2000.

Anche in questo capitolo si trovano degli spunti di riflessione, validi vent'anni fa come anche ora:

I sondaggi dicono che nel Nord Italia il rumeno o il bulgaro sono sentiti come più stranieri di un nigeriano o di un vietnamita. Ecco come allontaniamo le culture europee. E ne accettiamo altre, distanti anni luce, solo perché si adattano meglio alle nuove schiavitù.

I nigeriani e i vietnamiti, avvezzi al vivere alla giornata, pur di campare accettano lavori manuali, molto faticosi e pesanti che comportano un precariato assoluto e uno sfruttamento vergognoso delle loro energie fisiche. 

Per questo motivo pochissimi italiani fanno i raccoglitori di frutta o i muratori. 

I rumeni e i bulgari preferiscono lavorare per il settore terziario (camerieri o badanti per quel che mi viene alla mente ora). Accettano stipendi modesti ma giustamente, per loro dignità, non si piegherebbero mai ad accettare l'indecenza di 12 ore di lavoro al giorno per soli 150 euro al mese.

Viene da chiedersi intanto se davvero tutti gli immigrati stranieri trovano una vita migliore venendo in Italia e inoltre, dopo la lettura di queste frasi ci si domanda anche: Quanta importanza ha per gli abitanti dell'Est la realtà dell'Unione europea? 

Tutti loro non solo risultano reduci dalle politiche oppressiva di quella che era l'Unione sovietica, ma hanno inoltre anche sperimentato sulla loro pelle la fame, l'alto tasso di corruzione dei governi, le guerre civili e i regimi dittatoriali. 

A certi giovani automi ingabbiati nei luoghi comuni sui migranti farebbe bene leggere È Oriente. 

Le emigrazioni e le immigrazioni sono conseguenze della globalizzazione, fenomeno planetario iniziato a partire dalla metà degli anni Novanta con la diffusione di tecnologie più avanzate che davano e danno tuttora la possibilità di un mondo interconnesso e multietnico, come rivela la descrizione dell'autore relativa alla stazione di Berlino: 

Ma non è solo la Germania che si ingolfa là dentro, è il mondo intero. I treni ingoiano fiumi di turchi, indonesiani, bengalesi. Con quella scansione implacabile, la stazione diventa l'allegoria di un paese che si sforza di assorbire i conflitti con l'efficienza della propria macchina. Ma è anche il luogo che svela la bollente demografia tedesca. Altro che Italia. I musulmani, ad esempio, sono tantissimi. L'otto per cento della popolazione.

L'immigrato può destare diffidenza per il suo (spesso difficile) vissuto, per le sue diverse tradizioni, per la sua diversità linguistica e culturale. Ma è una risorsa da accogliere, non da denigrare e da sfruttare.

Paolo Rumiz, in questo viaggio, ha inoltre l'occasione di visitare Bucarest. La Romania, nota dolente dell'Europa dell'Est.



La Romania è talmente scassata che non ci sono nemmeno i soldi per sgombrare le strade dalla neve. L'autista accelera, frena, bestemmia, si impantana, pattina a vuoto. Taglia i concetti con la mannaia: "Bucarest è bianca, tutto il resto nero". Spiega che sotto, nelle fogne, ci vive della gente. Barboni, bambini, rintanati come nel film Underground.

Venerdì sera ho visto al cinema un film intitolato Est- dittatura last minute, ambientato nell'ottobre 1989. I protagonisti sono tre amici intorno ai 24 anni che, per spirito di avventura, decidono di trascorrere un breve periodo di vacanza in Romania. 

Fino a 32 anni fa in Romania c'era la dittatura di Ceausescu: Bucarest era piena di poliziotti e tutti i cittadini, oltre a patire la fame, erano controllati dallo stato e intercettati telefonicamente. Durante una sosta a Budapest i tre ragazzi incontrano un uomo rumeno che li supplica di portare per lui, rifugiato politico, una valigia in Romania destinata alla moglie e alla figlia.  

I tre giovani, non appena entrano nelle campagne rumene, si accorgono della povertà: la Romania di 30 anni fa sembra l'Italia contadina degli anni '20.

Questo viaggio li rende un po' diversi rispetto a come erano partiti: ritornano più sensibili, più attenti agli altri e agli eventi della politica internazionale. In Romania tra l'altro passano dei guai: i poliziotti di Bucarest ad esempio ritirano i loro passaporti dopo averli visti distribuire cibo ai cittadini.

Nel dicembre 1989 è crollato il governo di Ceausescu, che dev'essere stato senz'altro un gran porco corrotto, a causa di una rivolta popolare.

4) NAVIGAZIONE SUL DANUBIO:

* Siamo nella primavera del 2000.

Rumiz attraversa a bordo di una nave l'Austria, la Cecoslovacchia, l'Ungheria e la Serbia. 


Ad ogni modo, questa è l'occasione per lui di passare di fronte al Palazzo di Milosevic:

Il palazzo di Milosevic a Dedinje. La casa, oltre il giardino, sembra vuota. La polizia mi allontana, non so se per proteggerlo o per tenerlo in isolamento. Nei Balcani ogni verità ha due letture. Vedo passare la figlia in automobile, dicono che rifornisca il vecchio di grappa alla pera. La gente non parla più di lui. Molti dei suoi ex fedelissimi lo chiamano "assassino". Ipocriti, oltre che voltagabbana.

Che anni furono, quelli in cui Slobodan divenne presidente e inaugurò la stagione dei raduni oceanici. Lo schema era perfetto. La stampa iniziava il fuoco di copertura, le masse manovrate premevano sul palazzo e invocavano il Duce. Lui arrivava, le infiammava e le domava, era l'uomo della provvidenza. (...) Un brivido percorse la Serbia. Il clima cambiò, il nome di Slobo appassionò e divise. Lui non aveva bisogno di terrore. Gli era bastato liberare l'irrazionale del suo popolo, ibernato da decenni di retorica titoista.

Milosevic era divenuto Segretario della Federazione Comunista di Belgrado nella primavera dell'86. Nel '90 era poi stato eletto Presidente del Partito Socialista di Serbia. Con Milosevic si è svegliato un nazionalismo aggressivo che ha portato la Jugoslavia ad una guerra sanguinosa durata quattro anni (1991-1995), un conflitto che ha portato ad una grave episodio di pulizia etnica nel luglio '95 e che ha indubbiamente diviso famiglie e popoli. 

Pensate inoltre alla distruzione del Ponte di Mostar nel '93, costruito sul fiume Narenta, simbolo del rapporto pacifico fra bosniaci e serbi, emblema dell'unione fra due parti della città abitate da due popoli diversi e di diversa religione.


5) REGIONI ADRIATICHE IN AUTO:

* Viaggio della primavera del '99.

Questo è un capitolo piacevole: Rumiz parte da Venezia per raggiungere il Salento e per visitare tutta la sponda adriatica. Il suo viaggio inizia così:

Da cinquant'anni l'Adriatico è stato rimosso dall'immaginario degli italiani, non è più sentito come "mare nostrum", ma come mare degli altri. Per la gente è solo il mare dei bombardieri e dei profughi. E mentre l'Italia diventa tirrenocentrica, nessuno dice che, se non ci fosse l'Adriatico, avremmo la guerra in casa...

Il nostro viaggiatore ad ogni modo arriva in Puglia. Ed è qui che ho trovato un'osservazione cartografica interessante:

Prova a guardare dal Gargano la retta infinita che divide il verde dell'Adriatico dal giallo andaluso del Tavoliere. Indica l'oriente. Solo a quel punto ti accordi che lo Stivale s'inclina, che la Puglia non è affatto Sud ma guarda a Settentrione. L'Adriatico è il mare del Nord. I latini lo chiamavano "superum", mentre il Tirreno era "inferum", meridionale. 


6) IL PROFONDO NORD-EST IN BICI:

* Pedalata che risale alla primavera del 2001.

Prima di iniziare a leggere quest'ultimo capitolo credevo che per "profondo Nord-Est" si intendesse di nuovo la Romania. Pensavo: stavolta avrà fatto una pedalata da solo da Vienna a Bucarest. Invece ha percorso il profondo Nord-Est d'Italia: Friuli e Veneto. 

Il viaggio però termina sull'Altopiano del Gavia, in provincia di Sondrio.


Da alcune osservazioni dell'autore viene naturale chiedersi: ha senso per Veneti e Friulani essere o sentirsi cittadini europei?

Leggete qui sotto a proposito dei paesini di montagna friulani:

Come in Veneto, anche qui l'identità è qualcosa che si coltiva nel chiuso del tinello, davanti al fogolar e al tajut, il focolare e il bicchiere di vino. Al riparo dal mondo, non in relazione a esso. L'identità aderisce a simboli morti, a reperti fossili, come la pialla, la gerla, il bue, in cui i giovani non possono riconoscersi. Il mondo dei "tavernicoli" raccontato da Tim Parks.  "I friulani" racconta Maniacco, "sono tecnicamente bravissimi, navigano su Internet, parlano inglese, delocalizzano alla perfezione. Insomma: si adattano al mondo. Ma quando tornano al fogolar non trovano il mondo nel loro microcosmo. Tengono accuratamente separate dal globale la briscola e l'osteria. Ed ecco che la lingua friulana serve a tracciare un confine con il mondo, è un'arma di difesa più che una naturale espressione identitaria.

A mio avviso si possono affermare più o meno le stesse cose per il Sudtirol. 

Facciamo un ragionamento: in cittadine come Merano (Meran), Siusi (Seis am schlern) Bressanone (Brixen) e Ortisei (St. Ulrich) il fenomeno del bilinguismo è più accentuato: i residenti sono di madrelingua tedesca ma, buona parte di loro, sa parlare piuttosto fluentemente l'italiano. L'Alto Adige è ancora Italia ma, per lingua, paesaggi, clima, pulizia e architetture sembra di essere in Austria. Eppure non sono austriaci.

È da circa tre anni che non metto piede in Sudtirol, ma anche qui sembra quasi che l'identità di coloro che ci vivono venga coltivata tra boschetti, casette dai balconi in legno e feste popolari. 

I Tirolesi, soprattutto i giovani, sanno adattarsi alle innovazioni del mondo ma al contempo ci tengono moltissimo a coltivare il loro dialetto tedesco che, oltre a delineare la loro identità, traccia un netto confine con il resto d'Italia, come a voler precisare: "Noi siamo diversi, dagli italiani ma anche da austriaci e tedeschi".

Per quale motivo in Veneto si è diffusa in modo significativo la paura dell'extra-comunitario?

Ma dietro alla nuova sindrome di assedio c'è una paura antica, sommersa e primordiale. Quella di ricadere nella miseria dei padri. La prova? Il mestiere che tira di più al Nord non è il tornitore o il disegnatore tecnico. Non è nemmeno il mago del marketing. È  lo strizzacervelli. In Veneto gli psicologi crescono al ritmo di di centosessanta unità all'anno (...) Tutti ne hanno bisogno: famiglie, aziende, associazioni, enti pubblici. Un boom. Non è solo l'alienazione che si sposta dalle megalopoli alla provincia. È il lettino che prende il posto del confessionale, Freud che sostituisce il prete. (...) Ieri non avevo, domani ho paura di non avere. Ma come fanno, ti chiedi, a produrre nella paura? Domanda errata. Qui si produce grazie alla paura.


Concludo il post con un'osservazione che Rumiz scrive alla penultima pagina di È Oriente:

Povera montagna italiana. L'effetto serra si mangia la neve, la Telecom non aggiusta i telefoni dei rifugi, l'Anas abbandona il territorio, vuol chiudere le strade meno trafficate. 

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Con mercoledì sono tre mesi esatti dalla discussione della mia tesi. Ma so già che il 6 ottobre non avrò tempo per scrivere. 

Anche se ancora non lavoro, ma spero di iniziare in questo mese, il periodo che sto vivendo è piuttosto intenso e mi manca il tempo per fare quel che vorrei- alle dieci e mezza della sera sono già mezza morta. 

Non ho tempo per le boiate, non ho tempo per le bugie e i pettegolezzi e non ho più nemmeno il tempo né la voglia per svolgere un servizio presso un Emporio della solidarietà che come ricompensa comporta da parte della responsabile il continuo e asfissiante controllo di quel che faccio e, oltre a ciò, dei discorsi piuttosto cattivi. La carità la si deve applicare tra di noi prima che con i poveri.

Però qualcosa devo caricare sul Drive: due dei cinque capitoli della mia "tesi comunista". Natalia Ginzburg non è certo "la cattolicissima donna di chiesa" ma la sua biografia è toccante e, a mio avviso, ha qualcosa da trasmetterci. Vi ricordo che aveva un marito anti-fascista che è morto, è MORTO per la NOSTRA LIBERAZIONE e PER LA DEMOCRAZIA. 

Avete idea di quanto ha sofferto la Ginzburg nel corso della sua vita? 

Con questo link andate direttamente alla cartella con il file in pdf: 

https://drive.google.com/drive/folders/1Gp-7VJeolqj7utCAuyNbzGLtLAo5tuaD

Certo, ho notato anch'io che gli spazi e i capoversi non sono perfetti continuando a passare da una pagina elettronica all'altra e da un formato all'altro, ma il quarto capitolo è il mio orgoglio! 


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