Sentivo, da qualche giorno a questa parte, la necessità di trasmettervi alcune riflessioni che ritengo importanti.
Si ritiene che quando ci si avvicina ai 60 o ai 70 anni venga spontaneo ripensare al proprio percorso di vita, venga naturale porsi alcune domande su quella che è stata la propria posizione sociale e lavorativa, sui rapporti coniugali e sulle relazioni con i figli, con i parenti e con gli amici.
A metà giugno sono rientrata in servizio presso l'Emporio della solidarietà di Lugagnano di Sona. Ho voluto riprendere il mio posto di volontaria soprattutto all'ingresso, in accoglienza e in ascolto dei poveri che vi accedono. E comunque, quando mi prendo un impegno e un ruolo di responsabilità con Maria Rosa, la referente e la responsabile dei turni, me lo prendo per davvero. (Ecco, un'altra adulta alla quale bisognerebbe continuare a ripetere, come nello Hobbit di Tolkien, "In te c'è più di quanto tu creda"! Tra l'altro tra poco ritorna dal Brasile dove è stata e dove vivono figlia, genero e nipote).
Ad ogni modo, un altro operatore dell'Emporio mi ha detto salutandomi: "Ecco l'ex ragazzina che ormai è nella maturità della giovinezza!". Questa sua espressione ogni tanto, a distanza di mesi, mi ritorna in mente.
Quindi vi dico che a 27 anni, se si ha un minimo di sale in zucca, viene naturale non tanto fare un bilancio complessivo della propria esistenza quanto piuttosto chiedersi se gli anni dell'adolescenza e della formazione sono stati utili, edificanti, se hanno portato frutti.
Vorrei iniziare questo post partendo da un'auto- citazione:
Mi chiamo Zoe Trevi. Un mese fa ho compiuto 17 anni. E per i miei compagni non esisto.
("Le avventure di una liceale invisibile", autunno 2019).
Mi chiamo Anna Napponi. Un mese fa ho compiuto 27 anni. E faccio una fatica incredibile a fidarmi di chi mi sta di fronte.
("Riflessioni di Anna", autunno 2022).
Purtroppo è così.
Anche se non siamo ancora al 31 dicembre (con questi sconvolgimenti meteorologici tra qualche anno andremo in spiaggia a capodanno!) vorrei illustrarvi un bilancio del mio 2022.
Indubbiamente dal mio punto di vista è stato un anno più positivo che negativo e potrei già affermare che le esperienze e le rivincite del mio 2022 hanno compensato la sofferenza che ho provato per gran parte del 2021 a causa di restrizioni pandemiche, dinamiche familiari e dinamiche extra-familiari. Ciò non toglie che lo scorso anno sia stato comunque per me molto intenso e impegnativo.
Però torniamo alla citazione tratta dalla fine del primo capitolo del libro che ho pubblicato ormai tre anni fa.
Chi ha letto lo sa: Zoe Trevi, nel corso del diario-romanzo che ho creato, è un'emarginata all'interno della sua classe, è invisibile. Certo, durante la narrazione subentrano valori e tematiche positive come l'amicizia, la capacità di empatia, la solidarietà nel dolore, la condivisione di interessi in comune, l'ammirazione per la natura e l'importanza di coltivare sia i propri doni sia un'immaginazione che permetta di credere in se stessi. Questi ultimi concetti sono inoltre supportati da richiami a Into the wild, da molti anni il mio film preferito.
Proprio di tutto questo parlerò durante i miei incontri di presentazione del libro con alunni e genitori di alcune scuole della città di Verona.
Se, a tre anni dalla pubblicazione, mi si è aperta questa splendida opportunità, è stato soprattutto grazie alla madre del mio fidanzato, donna e insegnante sensibile alla quale sta a cuore il proprio ruolo educativo. In effetti Matthias ha ereditato da lei non soltanto quasi tutti i particolari dell'aspetto fisico ma anche il calore umano, la voglia di essere d'aiuto agli altri e il "sentimento".
Tuttavia ritengo fondamentale mettere in luce un particolare apparentemente banale: Zoe Trevi nella realtà non esiste perché è semplicemente racchiusa in quelle 214 pagine di libro.
Qualcuno vorrebbe un seguito, una sorta di "Le avventure di una liceale invisibile 2", ma io non sono così sicura di poterlo garantire, visto che in questo periodo della vita mi sto occupando di altri personaggi e di altre vicende narrative sulle quali, nella stesura del seguente post, ritornerò.
Zoe Trevi avrà sempre 17 anni e rappresenterà sempre una mia fase di vita. Quindi è giusto impegnarsi a dare una testimonianza a genitori, ragazzini e insegnanti su cosa significa essere invidiati, messi da parte e derisi per il proprio modo di essere. Questa è una forma di bullismo attuata soprattutto dalla componente femminile della popolazione scolastica, quindi per questo non immediatamente visibile o ritenuta, rispetto a pestaggi e cyber-bullismo, meno grave, alla stregua di una "ragazzata".
Io, nel corso degli anni, è come se fossi diventata altro da Zoe Trevi.
Sostanzialmente per questo motivo: io, al contrario di lei, sono reale, cresco, sento, mi relaziono, apprendo e rifletto in qualità di persona estremamente pensante. In parole povere: sono soggetta a cambiamenti perché sono viva, in continua formazione e dunque non sono "etichettabile" (neologismo).
Zoe Trevi era ed è verosimile a certe situazioni e dinamiche scolastiche.
Io sono vera e sono in cammino verso la mia realizzazione, non soltanto in ogni anno che passa ma in ogni istante.
Certamente Into the wild e la letteratura sono delle passioni e degli idoli che io e Zoe abbiamo ancora in comune. D'altronde, la libertà e la bellezza sono troppo importanti per lasciarsele sfuggire e la felicità è reale solo se condivisa.
Ma io sono diventata altro da Zoe Trevi. Ho superato l'adolescenza e ho messo a frutto con impegno, durante gli anni universitari, le mie capacità.
E quindi arriviamo a quel che poco prima ho scritto in azzurrino: Mi chiamo Anna Napponi. Un mese fa ho compiuto 27 anni. E faccio una fatica incredibile a fidarmi di chi mi sta di fronte.
Le persone di cui mi fido veramente e con le quali ho davvero relazioni belle le conto sulle dita di una mano e mezza, dieci dita sono già abbondanti per me!
Sebbene queste siano affermazioni vere, le modificherei per rendermi giustizia e per valorizzare il mio bagaglio di formazione culturale e umana di questi ultimi dieci anni:
Mi chiamo Anna Napponi. Un mese fa ho compiuto 27 anni. Benché mi sia sentita diversa rispetto alle mie coetanee anche dopo la fine del liceo, benché abbia attraversato momenti di solitudine, di isolamento e di dolore, finora sono sempre riuscita a raggiungere gli obiettivi che mi prefissavo. Quindi non posso essere etichettata con giudizi sommari, poco raffinati e taglienti che, più che definire me, sono indice di superficialità e di mancanza di tatto da parte di chi li pronuncia.
Teoricamente nessuno dovrebbe essere etichettato o giudicato pesantemente.
Per prendere e storpiare leggermente una canzone che credo sia di De Andrè: Ti comporti male? Ti tirano le pietre. Sei una brava persona? Trovano comunque il modo di tirarti le pietre.
Insomma, in ogni caso la stragrande maggioranza delle persone trova qualche pretesto per criticare, biasimare, condannare, sminuire.
In questo momento sto pensando a quel che negli ultimi anni si è detto di me ogni volta che provavo a cimentarmi in esperienze e a mettermi in gioco.
Quando all'Università, a volte e sempre naturalmente previo accordo con il docente, presentavo dei lavori letterari di temi e contenuti di romanzi o poesie, molti dei miei colleghi di corso ridevano e pensavano (e lo dicevano): "Ma questa cosa crede di fare?" "Da come parla senti che se la tira parecchio!" "Magari si garantisce il 30 facendo la lecchina e preparando dei lavori per i prof.".
Ad essere sinceri al 100%, quando ho scritto e pubblicato il romanzo, nessuno in comune e pochi nel mio paese sembravano realmente coinvolti e interessati (A Borgo Milano invece e in alcune scuole di Verona sembra che ad un po' di gente interessi).
Per organizzare le presentazioni a fine 2019 e all'inizio del 2020 praticamente ci siamo dati da fare solo noi come famiglia. Ricordo, non per paranoie ma per verità e per senso di delusione e di amarezza, gli sguardi e i mormorii della gente tre anni fa: "Che libro!", "Non le va bene nessun ambiente e gruppo in cui va", "Iper-protetta... ecco che cos'è... iper-protetta in una campana di vetro... non fosse sotto l'ala di mamma e degli zii sarebbe meno strana e più normale...".
So che non sono Manzoni o Pirandello (neanche paragonabile), ma sono stata una ragazza che in certi periodi ha voluto spendersi per il paese.
Niente. Terra bruciata.
Quando mostravo entusiasmo e motivazione per il volontariato in parrocchia ad esempio ero considerata una persona che voleva apparire, farsi vedere protagonista.
Niente amicizie. Terra bruciata.
Sapete cosa penso? I giovani un po' diversi dalla massa, un po' più sensibili, un po' più riflessivi, un po' più dotati di senso critico e di anticonformismo ci sono, io non sono l'unica.
Penso che se una ragazza giovane, o anche un ragazzo giovane vuole, in questi tempi bui e grami, essere se stesso, deve accettare anche che ciò comporta l'isolamento, l'insulto, l'incomprensione, il giudizio pesante e dunque deve per forza combattere per superare continuamente i giudizi negativi e intrisi di ignoranza.
LA CATTIVERIA ESISTE.
L'INSENSIBILITA' ANCHE.
DOBBIAMO ESSERE FORTI E DETERMINATI.
Manca soltanto un triste particolare da riferire, o meglio, una mia opinione: ritengo che la pandemia e il lockdown del 2020 ci abbiano fatti diventare più bugiardi rispetto ai periodi pre-pandemici.
Voi non potete immaginare quante bugie, negli ultimi due anni, mi hanno raccontato persone giovani come me o più o meno come me che ho creduto amiche: master che non esistono, Erasmus di cui in realtà non hanno mai fatto esperienza, scuole di specializzazione post laurea magistrale alle quali è difficilissimo accedere, professioni che in realtà non svolgono, facoltà che non hanno mai terminato... Ma poi veritas triumphat, ovvero, la verità viene a galla.
Sì però, d'altro canto, stupiditas pervagatur. La stupidità si diffonde a macchia d'olio nella nostra società!
Per questo all'inizio ho detto che più di tanto non mi fido della maggior parte delle persone.
Cosa posso dire di me stessa in questi 27 anni già trascorsi? (In realtà sto già vivendo il ventottesimo!!).
-Le difficoltà mi hanno resa forte e più matura.
-Ho fatto un buon percorso accademico, le prime esperienze di lavoro sono state impegnative, difficoltose ma intense e, dal punto di vista della stima di molti alunni, gratificanti (ho saputo ad esempio che alcuni ragazzi della seconda media di Sona hanno pianto quando ho terminato la supplenza e i ragazzi di Lugagnano erano visibilmente dispiaciuti). Devo stabilizzarmi nel mondo lavorativo, cosa che nella scuola avviene con gradualità, e continuare a sfruttare i talenti che ho.
-Ho approfittato di ogni occasione propizia per crescere dal punto di vista umano, diventando più assertiva anche all'interno di un'equipe di volontari.
-L'AMORE DEL MIO RAGAZZO E' MOLTO PIU' IMPORTANTE DI TUTTE LE DELUSIONI CHE HO RICEVUTO, DI QUALCHE MIA ASPETTATIVA NON ESAUDITA E DELLE DINAMICHE PARENTALI/FAMILIARI.
Ritorno dunque al discorso: i giovani un po' diversi dalla massa, un po' più sensibili, un po' più riflessivi, un po' più dotati di senso critico e di anticonformismo ci sono, io non sono l'unica.
Per questo sto sviluppando per bene i capitoli di un romanzo ottimisticamente intitolato L'umanità è nelle nostre mani. Si tratterebbe di un romanzo ad episodi.
14 capitoli e circa 115 pagine fino ad ora. Però il quattordicesimo capitolo a mio avviso necessita di integrazioni, come d'altronde anche l'ottavo e il decimo e... manca il quindicesimo.
Con calma. Ci vorrà tempo, ci vorranno periodi di stallo e di revisione.
Lo scorso anno c'erano soltanto appunti sui personaggi e un abbozzo di trama, elaborati in un periodo di dolore (la malattia di mia nonna).
Ora la trama è molto chiara, come anche gli intenti e l'indole di molti personaggi.
Ad ogni capitolo corrisponde un titolo, cioè, ogni capitolo ha il titolo di un colore che fa riferimento o ad un elemento della natura, o al colore delle pareti di una stanza o di un oggetto importante o di un modo di vestire. Oppure anche a ciò che quel colore rappresenta per i personaggi principali che in questo caso sono due: uno maschile e uno femminile. Un notevole impegno considerando oltretutto che mi sto sforzando di mostrare, all'interno della narrazione, delle distinzioni di proprietà lessicale tra la ragazza e il ragazzo, ovvero il mio Elia (è un'ottima figura, davvero) che, pur avendo conseguito una laurea magistrale in Ingegneria Ambientale, ha un lessico più basilare rispetto a lei.
Riformulo la domanda che funge da titolo a questo post: In un mondo di squilibri climatici, di rivalità geopolitiche, di conformismo, di globalizzazione, di falsità e di interconnessione digitale sono ancora possibili l'amore e la solidarietà?
Il problema ambientale, in questo mio secondo libro, emergerebbe palesemente, come anche sarebbero presenti la selfie-mania, qualche episodio di ipocrisia e di falsità a danno dei due protagonisti. La globalizzazione e l'interconnessione digitale sono rappresentate sia dall'utilizzo dei social sia dal personaggio di Sayaka, un'insegnante di giapponese nata a Tokyo, vissuta a Chicago e trasferitasi in Italia con il marito.
Tuttavia, la risposta a questa domanda, in questo mio secondo scritto, viene data durante la successione dei capitoli. Ed è sì.
Sì, ci sono delle occasioni e dei momenti di solidarietà al di là della storia d'amore che a fine romanzo si instaurerà tra Laura ed Elia.
Tornando alla realtà, al di là di quel che scrivo:
In un mondo di squilibri climatici, di rivalità geopolitiche, di conformismo, di globalizzazione, di falsità e di interconnessione digitale sono ancora possibili l'amore e la solidarietà?
-Sì, nonostante Xi rivoglia Taiwan con la forza.
-Sì, nonostante Kim Jong Un sperimenti i missili nucleari e Putin dica a noi occidentali: "Questo decennio sarà imprevedibile. Non è più tempo per i liberal-democratici".
-Sì, nonostante la siccità, l'aumento delle temperature, l'integralismo e il terrorismo islamico, le disuguaglianze economiche, il lavoro minorile.
Come infatti Laura (nome provvisorio), la protagonista femminile di questo secondo libro dice:
“Il futuro dell’umanità è nelle nostre mani”, vorrebbe dire ad Elia.
Già.
Nelle mani di tutti quei giovani che credono nei loro percorsi di
studi, si impegnano
nel lavoro e nel volontariato, coltivano con entusiasmo i loro interessi.
Vorrebbe dire tutto questo ad Elia (...).
Ultimo avviso per voi lettori: non so esattamente quando avrò tempo nei prossimi giorni, dato il calendario abbastanza pieno di appuntamenti e ricorrenze, ma lo troverò: per la prima settimana di novembre ho in programma la recensione di un romanzo che è sia horror sia noir sia psicologico. A me è piaciuto e ho dormito sonni tranquilli.
Tanto essendo abituata, in questi ultimi anni, a confrontarmi più con i miei coetanei maschi anche dal punto di vista di libri e di cinema, posso affermare che non mi impressionano più certe scene di serpenti, di sangue e di notti buie nei boschi come anche certe narrazioni in cui il confine tra allucinazione e realtà è molto incerto e indefinito.
Però vi avverto: tenete alla larga i minori perché comunque c'è del macabro oppure, se siete piuttosto sensibili, non frequentate il blog più o meno fino al 10 novembre.