Visualizzazioni totali

16 novembre 2022

"Dante"- Pupi Avati:

Pupi Avati, a mio avviso, è un ottimo regista. 

Dovrei parlarvi più spesso del suo operato culturale.

Ha creato film delicati, genuini ma al contempo profondi come Il testimone dello sposo, Regalo di Natale, Il cuore grande delle ragazze e Il papà di Giovanna.

Tuttavia, a proposito di questo suo ultimo film, nonché adattamento cinematografico, ho alcune osservazioni da fare e alcune perplessità.

Questo post sarà suddiviso in tre parti: mentre la terza è dedicata ad una riflessione sui sonetti dello Stilnovo, le prime due invece riguardano proprio gli episodi di questo film di Pupi Avati, da poco diffuso nelle nostre sale cinematografiche.

1. PRIMA PARTE DEL FILM "DANTE":

La prima parte mi è anche piaciuta perché è abbastanza attinente alla verità storica.

Questa prima metà del film è dedicata soltanto all'infanzia e all'adolescenza di Dante.

Quindi: è vero che Dante, da bambino, ha sofferto per la perdita precoce della madre, vera è l'amicizia con Guido Cavalcanti, verissima è la sua partecipazione alla battaglia di Campaldino fra guelfi fiorentini e ghibellini di Arezzo, indubbiamente veri sono sia il suo accesso al priorato delle arti sia il suo matrimonio con Gemma Donati.

Insomma, per tutta la durata di questi primi 40 minuti le biografie di Dante vengono rispettate anche per quanto riguarda gli eventi storico-politici avvenuti in Toscana a cavallo tra Duecento e Trecento.

Tra la fine del XIII° e l'inizio del XIV° secolo Firenze è dilaniata dalle lotte tra guelfi bianchi e guelfi neri. Dante è un guelfo bianco e questa sua posizione politica ha comportato le antipatie del corrotto papa Bonifacio VIII°. 

Quando Dante si reca a Roma come ambasciatore, il papa, con l'inganno, lo induce a rimanervi mentre Carlo di Valois scende a Firenze per favorire la vittoria dei guelfi neri. Dopo questo esito, Dante Alighieri viene forzatamente esiliato da Firenze.

Questa prima parte di film inoltre contiene diverse citazioni tratte dalla Vita Nuova.

Ci sono, a mio parere, due difettucci:

-Intanto non mi è proprio andata giù la scena in cui Dante, dopo la battaglia di Campaldino, va a prostitute... E meno male che in questo film ci sono poche scene di contenuti sessuali espliciti, nel film su Leopardi era un susseguirsi di lascivia e prostituzione!

Ecco, il film su Giacomo Leopardi l'ho detestato: lungo quasi tre ore, si sofferma troppo sia sul periodo a Napoli sia sui difetti fisici di Leopardi, il quale appare inoltre come un lunatico nervoso il cui più grande passatempo è quello di frequentare prostitute.

Ma Dante Alighieri e Giacomo Leopardi erano due grandi anime, incredibilmente e straordinariamente intelligenti... Due uomini e due letterati che hanno attraversato immense ingiustizie, incomprensione e sofferenze possono mai essere andati a prostitute??!

-Poi: queste prime scene del film Dante giustamente contemplano come figura importante Beatrice, ovvero, Bice di Folco Portinari, ricco banchiere.

Benissimo, mi aspettavo, come tutti, la comparsa di Beatrice. 

Soprattutto in una scena del film la giovane donna è sublimata da un Dante "mentalmente adolescente": mi riferisco all'episodio del matrimonio di Beatrice al quale Dante assiste appena al di fuori dal cancello della casa in cui si compie il rito.

Storicamente Beatrice è andata in matrimonio al cavaliere Simone De' Bardi.

Quel giorno stesso, a nozze avvenute, mentre la ragazza sta per salire le scale che portano alla camera nuziale, si volta ad un tratto verso un Dante ancora molto ammaliato che, sempre al di là del cancello, inizia a recitare Tanto gentile e tanto onesta pare.

E Beatrice, sottovoce, recita quartine e terzine con lui. 

"Questo episodio dimostra che il film è una biografia romanzata", staranno pensando molti di voi. Io invece questa scena la trovo un espediente piuttosto adolescenziale, non sono riuscita ad apprezzarla. 

Certo, capisco che Pupi Avati non poteva farci vedere un Dante sempre seduto davanti ad una scrivania a scrivere e a sognare. 

Però è anche vero che il regista, nel realizzare un film sul Sommo Poeta, si è invischiato in un lavoro difficilissimo e delicato, in cui si può umanamente cadere nella trappola dell'esagerato romanzare.

L'ho studiato in Storia della Critica Letteraria: il principale dilemma di un regista che vuole creare un film, e quindi un prodotto culturale, sulla vita di un autore o su un'opera è il seguente: Che faccio? Seguo fedelmente le biografie o la trama oppure do spazio alle mie capacità creativo-interpretative, sapendo di correre un grosso rischio in quanto a indici di gradimento?

Personalmente, quando si tratta di includere in un'ora e mezza di film la vita di un autore, preferisco l'aderenza quasi al 100% alla storiografia e alle opere principali.

Vorrei ricordare tra l'altro che Dante ha scritto la Vita Nuova tra il 1292 e il 1294 e quindi l'ha composta dopo la morte di Beatrice. Quindi come faceva la donna a conoscere a memoria anche uno solo di quei sonetti? 

Tanto gentile e tanto onesta pare è contenuto nel ventiseiesimo capitolo del prosimetro.

Immancabilmente accenno, infine, all'immensa disperazione del nostro Sommo Poeta quando Beatrice muore.


2. SECONDA PARTE DEL FILM "DANTE":

Questa secondo me invece non è ben riuscita.

Altolà: le riflessioni e le obiezioni che sto mettendo per iscritto consistono nell'esprimere una mia personalissima opinione su un film e dunque non costituiscono affatto un insulto o un disprezzo nei confronti di un uomo che sta facendo la storia del cinema italiano. Non mi permetterei mai anche in virtù del fatto che si tratta di una persona anziana. Il film è una cosa, la persona del regista un'altra.

Purtroppo non l'ho mai conosciuto di persona ma Pupi Avati, con i suoi occhi miti e sorridenti, mi dà l'idea di un uomo molto buono e sensibile. Solo che ogni tanto anche qualche suo film può rendermi un po' perplessa...

Dicevo che la seconda parte per me è un po' confusa. 

Noi spettatori, dinanzi a questa seconda metà del film, non sappiamo nulla dei rapporti che Dante Alighieri intrattiene con le signorie dell'epoca, in particolar modo, con Alboino della Scala, Cangrande della Scala, Guido da Polenta. Per me si tratta di una mancanza non da poco.

Il regista mette in evidenza, in questo periodo di esilio, un casolare in provincia di Verona presso il quale Dante dimora per lungo tempo, fino a che non diviene l'amante della proprietaria del casolare.

Inoltre, pochissimo si cita della Divina Commedia, o meglio, della Comedìa, visto che l'aggettivo "divina" è stato aggiunto da Giovanni Boccaccio, suo grande ammiratore.

Pare quasi, in questa pellicola cinematografica, che il Sommo Poeta componga nel casolare la sua opera maggiore.

Certo, lo spunto da cui parte Pupi Avati è molto apprezzabile: questo suo film è in effetti ispirato al Trattatello, scritto proprio da Boccaccio, in Laude di Dante.

Sin dal primo minuto del film, Sergio Castellitto, attore eccezionale ma regista mediocre, è nei panni di un Boccaccio che, giunto in età matura, viene incaricato dai Capitani di Or San Michele di portare dieci fiorini d'oro come risarcimento morale a Suor Beatrice, l'unica figlia femmina di Dante e l'unica ancora in vita dei suoi figli. Beatrice, nel 1350, è la Madre Superiora di un convento a Ravenna.

Durante questo viaggio, l'autore del Decameron incontra molte persone che hanno conosciuto Dante. All'interno della pellicola cinematografica sono presenti molti flashbacks che trattano per l'appunto della vita di Dante. Solo che infanzia e giovinezza vengono narrate in analessi ben riuscite, la maturità secondo me no.

Ormai tutti i filologi riconoscono la sincera ammirazione e stima che Boccaccio ha avuto nei confronti del primo grande poeta fiorentino, al quale dobbiamo circa il 70% del lessico della nostra lingua attuale, anche se è vissuto sette secoli prima di noi. Dante Alighieri è stato il primo uomo di cultura a credere realmente nelle potenzialità espressive dei volgari italiani, in primis, nelle potenzialità lessicali ed espressive del volgare fiorentino.

D'altronde vi ricordo che fino a metà del Novecento l'italiano era una lingua prevalentemente scritta. Solo con la radio e la televisione è divenuta anche lingua parlata e compresa da tutte le classi sociali. C'è tuttora un 6% di popolazione della penisola, costituito soprattutto da anziani over 85, che parla soltanto dialetto, ma che in ogni caso sa leggere e comprendere la lingua nazionale.

Infatti, il De Vulgari Eloquentia (titolo in latino ma testo in volgare fiorentino), contiene la prima teoria linguistica, per quanto discutibile ed errata, formulata in Italia: Dante scrive che Dio avrebbe voluto l'ebraico come lingua universale per i viventi. Poi, con la costruzione della Torre di Babele, atto di presunzione da parte degli uomini, Dio ha confuso le lingue. Così sono sorti i ceppi linguistici. 

Sempre in questo trattato, c'è la prima teoria dialettologica, visto che Dante individua ben 14 tipi di volgari italiani, la cui linea geografica divisoria è costituita dalla catena degli Appennini:


Infine, in alcuni punti del film, vengono accentuati particolari scurrili e troppo realistici: la scabbia, la sporcizia, il fare i propri bisogni per strada o lungo un fiume (quando tutti noi sappiamo molto bene, ancora prima di acquistare il biglietto per il film, che nel Medioevo l'igiene lasciava a desiderare). Il tempo del Medioevo, in questi 95 minuti di proiezione, è reso in modo molto realistico: in ogni inquadratura è presente la povertà, i carretti, le malattie infettive, le mura degli edifici.

Ad ogni modo, bellissime sono, all'interno del film, le inquadrature degli affreschi.


3. LO STILNOVISMO: VERO AMORE O GLORIA POETICA?

Lo Stil Novo è sorto a Bologna nella seconda metà del XIII° secolo e si è successivamente diffuso in Toscana. 

Grazie a questo stile, i poeti ricorrono a parole auliche per evocare donne angelicate, in grado di essere intermediarie tra l'uomo e Dio (sono per l'appunto delle Ma-donne= ma prima sillaba che riconduce all'aggettivo latino magnus).

Così gli Stilnovisti idealizzano la figura femminile e, un ottimo esempio di ciò, senza dubbio è la terzina del sonetto di Guinizzelli intitolato Io voglio del verPassa per via adorna, e sì gentile/ch’abbassa orgoglio a cui dona salute,/e fa ‘l de nostra fé se non la crede.

Importantissimo è sottolineare come, per i poeti dello Stil Novo,  la vera nobiltà non sia un diritto che si acquisisce con la nascita, ma sia invece una caratteristica dell'animo.

Sempre Dante ci dice all'inizio di un sonetto della Vita Nuova: Amore e cor gentile sono una cosa.

Chi sa amare è nobile d'animo (gentile da gens, sostantivo latino funzionale per designare la nobiltà). Ed è proprio così! Oltre a ciò, chi ama è vivo e sa veramente vivere.

Chi non si appassiona a nulla e a nessuno non è un essere umano ma un automa.

Tuttavia, per quel che riguarda il dolce Stil Novo, rimane una questione aperta: i sentimenti di questi poeti erano autentici? O la loro era soltanto fama di gloria poetica?

Quante volte un critico dal calibro di Asor Rosa si è fatto queste domande!!

A mio avviso in questi componimenti poetici c'è molto di sublimato e poco di autentico.

Quando si ama veramente qualcuno, non lo si idealizza come una creatura sublime, perfetta e angelicata ma si accettano e si accolgono anche i difetti, i limiti, le paure, il vissuto. 

Quando si ama per davvero si ha voglia di incontrare, di abbracciare, non di elevare ad ideale irraggiungibile, altrimenti si rischia di amare l'innamoramento, non la persona (e ciò accade anche nel romanzo I dolori del giovane Werther di Goethe!)

Matthias non è per me un uomo angelicato. È bellissimo semplicemente perché con me è se stesso. È un uomo stupendo per la sua generosità, il suo senso di responsabilità, la sua capacità di amare, ascoltare, perdonare. Ma non è perfetto.

      ----------------------------------------------------------------------------------------------

Riposto la locandina che pubblicizza l'evento del 30 novembre. 

Ci tengo a specificare che è una presentazione all'interno di una scuola pubblica di Verona ma l'ingresso è aperto a tutti: genitori, insegnanti, psicologi, educatori di comunità e di minori, assistenti sociali, allenatori sportivi... insomma, a chiunque rivesta ruoli educativi.



Ricordo inoltre che il mio libro è immediatamente disponibile presso le seguenti librerie:

*Libreria "Jolly del libro",Via Umbria 22, B.go Milano, Verona

*Libreria "Valerio Friggi", Via Catania 5a, B.go Milano, Verona

*Cartolibreria "Mameli", Corso Mameli 43, B.go Trento, Verona

*Libreria "Terra di Mezzo", Via Roma 43, Bussolengo, Verona



Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.