Vi anticipo che Il filo infinito è, per come l'ho valutato io, abbastanza pieno di errori di valutazioni storico-religiose (meno male che anche Rumiz è umano e può sbagliare!).
Tuttavia anche la lettura di questo resoconto di viaggio è stata per me un'occasione di riflessione.
D'altronde non nego il valore del suo autore.
Questo libro racconta il viaggio di Paolo Rumiz presso alcuni monasteri benedettini e cistercensi europei.
Nel corso del 2017 il narratore è infatti stato a Norcia, a Praglia, a Camerino, a Viboldone ma anche a San Gallo in Svizzera, a Orval in Belgio, a Niederalteich e a Sankt-Ottilien in Germania, a Citeaux in Francia.
Eccovi una delle prime pagine.
Eccovi il contesto: Rumiz si trova sui Monti Sibillini. Visso e Castelluccio sono completamente distrutti dai terremoti dello scorso anno.
E già qui, con occhi a mio avviso troppo incantati, piuttosto imprecisi e idealizzanti, Rumiz parla di storia:
Pulsavano le prime stelle. La terra sprigionava odore di terra, buona e bagnata. Bastava guardarsi attorno per capire che la spianata di Norcia era ancora un capolavoro di gestione del territorio. Un segno inconfondibile di Benedetto. Che uomini erano stati quelli. Erano riusciti a salvare l'Europa senz'armi, con la sola forza della fede. Con l'efficacia di una formula: ora et labora. Lo avevano fatto quando le invasioni erano una cosa seria, non una migrazione di diseredati. Ondate violente, spietate, pagane. Unni, Vandali, Visigoti, Longobardi, Slavi, e infine i ferocissimi Ungari. Quei giganti in tonaca nera li avevano cristianizzati e resi mansueti con l'esempio, avevano salvato dall'annichilimento la cultura del mondo antico, rimesso in ordine un territorio in preda all'abbandono, costruito formidabili bastioni di resistenza alla dissoluzione: le abbazie.
Troppo incanto e poco realismo.
Credo sia utile ricordare che le massicce ondate migratorie delle popolazioni barbariche non sono iniziate nell'Alto Medioevo ma si verificavano già nel II° secolo dopo Cristo e mettevano in difficoltà già allora gli imperatori romani.
Oltre a ciò, è importante tener presente che le popolazioni barbariche non avevano l'intenzione di distruggere l'Impero romano: si spostavano nei territori dell'Impero perché volevano usufruire di ciò che l'Impero aveva in termini di benessere (acquedotti, palazzi, mercati, porti, terre coltivate). Quel che ha fatto dissolvere l'Impero romano d'Occidente è stato il comportamento dei re delle popolazioni barbariche: questi ultimi infatti continuavano a governare i loro popoli come se fossero funzionari dell'Imperatore.
Inoltre, una parte dei barbari integrati nell'Impero Romano, soprattutto nel IV° secolo d.C., era cristiana (o cattolica o ariana, ma comunque cristiana e monoteista) ancor prima di entrare a far parte del vasto territorio romano.
Si pensi ad esempio a Modares, un capo di una tribù gotica con ottime doti di stratega militare in grado di affrontare le controversie teologiche dell'epoca. Modares è stato accolto e grandemente stimato dall'imperatore Teodosio che, nel 379 d.C., gli aveva affidato il comando dell'esercito in Tracia, Modares era divenuto "magister peditum".
Questo comunque è senza dubbio un passaggio che fa riflettere sulla differenza tra invasioni e migrazioni.
La parola "invasione" ha sempre una connotazione negativa e viene impiegata quando un esercito si introduce con la forza nel territorio di un altro stato. Questo vale per l'invasione della Polonia da parte della Germania nazista nel settembre del '39.
Le migrazioni invece sono un argomento più vasto. Si emigra in un altro stato per trovare lavoro e condizioni di vita migliori. Le migrazioni esterne avvengono quando le persone si spostano al di fuori dei confini nazionali, mentre invece si parla di migrazioni interne quando un gruppo di individui si sposta all'interno del proprio stato.
Nella pagina successiva però compaiono alcune imprecisioni storiche:
Da dove se non dall'Appennino, mondo duro abituato da millenni a risorgere dopo ogni terremoto, poteva essere venuta, millecinquecento anni fa, quella formidabile spinta alla ricostruzione dell'Europa? Quanto era conscia l'Italia di questa sua centralità nel destino del Continente? Com'era possibile che il Paese lasciasse andare alla malora le terre pastorali da dove era partito quindici secoli prima il segno del Rinascimento per l'Europa tutta?
I monaci, per gran parte del Medioevo, sono stati i custodi della cultura classica latina.
Ecco che cosa critico: quel "Rinascimento" con la R maiuscola. Mi risulta che il Rinascimento sia una fase storico-culturale del XV° secolo.
Nel VI° secolo è vissuto San Benedetto da Norcia e... altroché segni di rinascimento! Questo è stato il secolo della lunga guerra greco-gotica, iniziata dopo la morte di re Teodorico, guerra che ha portato alla fame la nostra penisola e ha comportato il saccheggio di Roma. Oltre a ciò, il VI° secolo è proprio il clou dell'eresia ariana, dottrina che riteneva Gesù soltanto un uomo. Altroché rinnovamento culturale e ricostruzione dell'Europa!
San Benedetto in questo secolo getta i semi per un nuovo stile di vita proposto agli ordini monastici ma occhio, non fa ancora la rivoluzione spirituale e culturale.
Cosa è stato bello nel VI° secolo, alla fine? L'intenzione di Massimiano che, a Ravenna, ha inaugurato la basilica di San Vitale.
Prima del Rinascimento c'è stato l'Umanesimo, iniziato con Coluccio Salutati, cancelliere di Firenze che, a fine Trecento, fondava una cattedra di greco attico a Firenze.
Prima dell'Umanesimo inoltre c'è Carlo Magno, fondatore della scuola carolingia. Nonostante questo imperatore fosse semi-analfabeta (sapeva leggere ma non ha mai imparato a scrivere) comprendeva comunque l'importanza di una formazione per il clero e il valore della cultura. Presso la sua corte dimoravano personaggi importanti come Alcuino di York e Paolo Diacono. Molti testi antichi, durante il periodo del suo impero, sono stati raccolti, copiati e conservati. Si parla di rinascita carolingia proprio per questo motivo.
Ma mai, fino ad ora, ho letto che il difficile secolo in cui è vissuto San Benedetto, fosse un segno di Rinascimento!
Alla fine della parte introduttiva arriva un'altra affermazione che può instillare dubbi:
Noi pensiamo a due sole vie ermeneutiche per fare l'Europa: la cultura e l'economia. Con quale risultato? La cultura è in caduta libera e l'economia ha perso di vista la felicità dell'uomo. (...) Abbiamo dimenticato che esiste una terza via per fare l'Europa: la politica, una politica basata su valori forti, capace di combattere il linguaggio della paura, parlare alle periferie.
Cultura, economia e politica a mio avviso devono essere legate e interdipendenti.
Da tutte e tre dovrebbero scaturire i valori della solidarietà e della comunità. Solo una politica basata su onestà, lungimiranza, impegno e coerenza è in grado di amministrare bene l'economia di un Paese ed è in grado di promuovere la cultura nazionale e gli scambi culturali.
Se il fine della politica è quello di perseguire il bene comune, allora deve prendere in considerazione la cooperazione sociale, la tutela dei diritti umani, la pace, la mediazione.
Ma come si fa a parlare alle periferie?
Pier Paolo Pasolini parlava per davvero alle periferie, era per davvero in contatto con la loro povertà economica, morale, culturale. Soggiornava a Rebibbia negli anni Cinquanta e quotidianamente percorreva le strade abitate dal sottoproletariato romano. Annotava sui alcuni taccuini quello che vedeva.
Nel 1955, ha fatto pubblicare Ragazzi di vita, romanzo di denuncia sociale che si rivolgeva al clero indifferente nei confronti delle condizioni misere dei sottoproletari ma soprattutto a quei "borghesoni" che in seguito hanno accusato Pasolini di "oscenità".
Durante i miei anni di università ho ammirato la figura di Pasolini e la ammiro tuttora per la sua intelligenza, per la sua incredibile ampiezza di vedute, per la sua coerenza.
In questi ultimi giorni ho riflettuto sui recenti vergognosi episodi di gravissima corruzione che hanno riguardato sia i membri dei socialisti e dei progressisti europei sia alcuni membri del PD e di Articolo 1.
E sono arrivata ad un'amara conclusione: la sinistra intesa alla maniera di Pasolini è definitivamente morta.
Poi, nell'ultimo mese, un mio zio materno che ha fiducia in Renzi mi ha influenzata con il suo pensiero che i Cinquestelle siano estremamente a sinistra.
Pasolini, a causa delle sue inclinazioni omosessuali, era stato espulso dal Partito Comunista.
Tuttavia questo intellettuale ha continuato ad essere a favore di una politica attenta e sensibile nei confronti degli ultimi, ovvero, dei poveri, dei lavoratori sottopagati, dei disoccupati e degli emarginati.
La nostra "sinistra" è altro da questo, non è più attenta ai diritti dei lavoratori, all'integrazione dei migranti nelle comunità europea e ai diritti delle minoranze etniche, o meglio, lo è soltanto a parole.
Il PD non è più sensibile né alla dignità dei più poveri e alla condizione di precariato lavorativo giovanile e, per di più negli anni in cui è stato al governo, non ha fatto proprio nulla né per incentivare la formazione professionale dei Neet, né per alzare gli stipendi statali più bassi. Non si è nemmeno preoccupato di progettare iniziative per promuovere la sicurezza sul lavoro, l'arte e la cultura nel nostro territorio nazionale o di migliorare la qualità della sanità pubblica e la qualità dell'offerta formativa nelle facoltà di medicina, sostituendo ad esempio il test di ammissione con un test psico-attitudinale, investendo i soldi per i reparti ospedalieri di psichiatria e per istituire anche la figura dell'infermiere di famiglia. Il nostro centro-sinistra non ha nemmeno pensato alle problematiche ambientali!
In effetti se si ripensa al comportamento e alle scelte di Roberto Speranza, membro di Articolo 1 e ultimo Ministro per la Transizione Ecologica prima della nascita del governo Meloni, viene spontaneo innervosirsi (leggete l'ultimo saggio di Maurizio Pallante per capire!).
Alle 2 del primo gennaio in piazza a Bussolengo c'erano 8°C. Sui platani della via tangente alla piazza principale ci sono ancora le foglie secche, mai cadute. Vi sembra normale?
Chi appartiene al centro-sinistra dovrebbe essere una persona grintosa, integra, concreta, altruista, di larghe vedute e di cultura.
Intendiamoci: non ho mai pensato che chi si sente rappresentato dal centro-destra sia automaticamente egoista e individualista. Il valore umano delle persone non dipende affatto dai partiti in cui credono!
Sono le letterature europee soprattutto inglesi e francesi dei secoli XVII° e XVIII° che, a mio avviso, hanno messo su carta e valorizzato idee che tuttora fanno parte del centro-destra come l'intraprendenza, la determinazione, l'auto-realizzazione, il merito, le stratificazioni sociali, l'orgoglio identitario.
Tuttavia vi pongo una domanda: chi cavolicchio sta veramente rappresentando il PD, partito principale del centro-sinistra, visto che non sa difendere gli interessi di chi fa fatica ad arrivare a fine mese?
Le statistiche parlano chiaro: negli ultimi cinque anni hanno messo la "X" sul simbolo del Partito Democratico soprattutto la media borghesia e l'alta borghesia.
I meno abbienti e i lavoratori che temono la disoccupazione si sentono in effetti rappresentati o dalla Lega o da Fratelli d'Italia, altroché sinistra! Ultimamente la classe medio-bassa nutre molte aspettative nei confronti di Giorgia Meloni.
E quindi che razza di partito è il PD?
Il centro-sinistra italiano degli ultimi anni è purtroppo prono al materialismo e a quel capitalismo cinico e spietato che mercifica le coscienze e le persone (aborto, utero in affitto con conseguenti adozioni gay, abolizione dei crocifissi dalle aule scolastiche). Mi ribadisco contraria a tutto ciò che ho elencato non tanto per motivi religiosi, visto che negli ultimi anni ho problemi con una Chiesa-comunità dalla quale non mi sento accolta né ascoltata, ma perché ritengo che sia necessario e doveroso portare un profondo rispetto alla dignità umana di ciascuno di noi e in particolare, alla dignità e al corpo della donna.
Il PD si crede democratico e progressista quando in realtà contesta, abbastanza spesso per futili motivi e tanto per dare aria alla bocca, Giorgia Meloni. Ho un grande rispetto per il vissuto familiare della nostra premier e, anche se non le ho dato il voto, le riconosco la determinazione e l'impegno nel portare avanti il nostro paese in questi ultimi mesi.
Credo che trovarsi all'opposizione comporti comunque un'enorme responsabilità di cui soprattutto il PD non si rende minimamente conto, dal momento che questo partito non ha più valori e principi in cui credere. Questa purtroppo è la triste verità.
Certo, chi è al governo è chiamato a guidare il Paese, ma il principale partito che si trova all'opposizione dovrebbe dialogare, fornire proposte alternative, dialogare e discutere con le destre, non fare critiche inutili senza proporre alternative intelligenti. Ma sembra che la critica costruttiva appartenga soltanto a Renzi e al piccolo partito riformista ed europeista di Carlo Calenda.
Non mi piace per niente un finto centro-sinistra che si comporta così. E lo dico io che sono cresciuta in una casa che vota questa parte politica e che legge rigorosamente "La Repubblica" filo-Bersaniana e filo-Lettiana.
Non possiamo più far finta che la sinistra sia ancora viva nei suoi ideali originari e più veri. Sostegno all'idea del reddito di cittadinanza e utero in affitto come opportunità alle donne povere: ma non è questo il modo di aiutare i poveri!!!
In Italia c'è il "culto" di Pier Luigi Bersani comunque. Un buon numero di votanti del PD crede che Bersani sia l'unico rappresentante della sinistra integra e dotata di morale. E io invece di Bersani non ho nessuna stima, è un "incantatore di serpenti", è ipocrita, è un finto puro e un finto integro. Anzi, mi sembra palese che nemmeno lui crede più a quel che dice! Eppure riesce benissimo ancora ad incantare qualcuno, come d'altronde Elly Schlein, candidata alle primarie del PD che non è, a mio avviso, "nella realtà", cioè sembra una persona scollegata dal mondo reale. Attenzione però, la ragazzetta svizzera non è ultra-progressista o post-comunista, è proprio immersa in un suo mondo parallelo, su diverse questioni della società moderna non è aggiornata né informata, come ad esempio sull'argomento della "società patriarcale".
D'altra parte non riesco a farmi piacere neanche Bonaccini (ah no: dovevo dire "il vecchio con la barba grigia" dal momento che odia che si facciano i cognomi di personaggi pubblici): non ha idee, è stupido e arrogante.
Fine del mio sfogo di amarezza.
Penso che tra pochi anni, tre, massimo cinque, sparirà definitivamente la dicotomia destra/sinistra, prevedo che il Partito Democratico sparirà come non-forza politica, considerando che i giovani tra i 20 e i 35 anni sono troppo disillusi per votare a sinistra: o non credono più a nessuna forza politica o nutrono interesse per posizioni moderate e centriste (alle quali anch'io mi sto avvicinando) oppure votano a destra.
Dai prossimi paragrafi in poi vi illustro i contenuti di alcuni capitoli del libro.
1. ABBAZIA DI PRAGLIA:
Paolo Rumiz, nel corso delle sue visite e dei suoi soggiorni nei monasteri, non descrive soltanto gli ambienti e gli spazi che vede ma espone quel che pensa a proposito delle liturgie, della preghiera e dello stile di vita monastico.
Iniziamo con Praglia.
Canto e luce, ecco il cuore di una liturgia che, assieme al pane e al vino, deve aver stupefatto i barbari, cristianizzandoli. Stamattina a Praglia il latino viaggia sulle ali dell'unisono maschile e saluta il trionfo del giorno. Mi chiedo se la crisi delle vocazioni non sia iniziata con la liquidazione del gregoriano e l'arroganza di architetti incapaci di dare acustica alle chiese. Le chitarre nei canti e i preti stonati hanno fatto il resto, decretando l'eclissi del sacro.
L'autore elenca motivi molto minoritari quando parla di crisi delle vocazioni.
E' stato il consumismo ad allontanare gli uomini dalla fede ("con i soldi possiamo avere quello che vogliamo, quindi della spiritualità non ce ne facciamo nulla").
Il gregoriano si addice ad alcuni monasteri. Non è più tempo di attirare i fedeli con il gregoriano, altrimenti a questo punto potremmo ritornare al rito latino antico obbligatorio in ogni chiesa e in ogni parrocchia!
Piuttosto, è necessario un clero accogliente e non giudicante, è necessaria una catechesi seria che coniughi Vangelo e umanità.
Lo svuotamento delle chiese non dipende dai canti che vengono proposti.
2. VIBOLDONE:
A Viboldone, monastero femminile, Rumiz incontra le suore benedettine. Quando, all'interno della loro chiesa, l'autore scorge sia nove raffigurazioni della Madonna con Bambino sia un affresco che rappresenta le donne a fianco di Gesù condotto al Calvario, ecco a quale assurda panzana pensa:
Mi sfiora un pensiero inaudito: la veste dei preti altro non è che un trucco per usurpare il ruolo del femminile nella comunità della fede.
Che fantasia!
3. SAN GALLO:
L'incipit è abbastanza interessante.
Leggete che cosa si racconta:
(...) quattordici secoli fa un duro monaco irlandese irlandese di nome Gallo partì dall'isola di Jona e, dopo un lungo viaggio attraverso il Continente, si insediò non lontano da qui, in una grotta sulle sponde del torrente Steinach, a pochi chilometri dal Lago di Costanza, nel cuore di una foresta abitata da pagani malfidenti. Era l'anno 612. Oggi il monastero benedettino nato da quel primo oratorio non esiste più, nella chiesa un pomposo rococò ha sostituito la semplicità dell'impianto medievale, i padri della fede se ne sono andati.
4.CITEAUX:
Citeaux è in Francia.
Qui vi riporto un passaggio utile per comprendere le motivazioni che hanno portato Rumiz a dare come titolo "Il filo infinito". Ma anche in questo caso non sono d'accordo su un aspetto:
Il filo di lana è la perfetta rappresentazione della rete benedettina che poi si diramò nel mondo cistercense. Tanti di quei fili si sono certamente perduti, ma la paziente, testarda tessitura delle monache e dei monaci ha tenuto insieme e difeso il Continente più e meglio di cento eserciti e di un milione di trincee. Nemmeno san Francesco è stato capace di lasciare una simile impronta.
Non concordo con l'ultima frase.
San Francesco ha avuto un ruolo molto importante e diverso rispetto a quello di San Benedetto. Tutti e due comunque hanno dato una testimonianza importante e hanno lasciato impronte fondamentali per la storia dell'Europa.
San Francesco è stato il creatore della prima poesia in volgare umbro. San Francesco è portatore di valori come la pauperitas e la laetitia.
San Benedetto ha nobilitato sia i lavori manuali sia gli studi.
5. ORVAL:
Orval è un'abbazia del Belgio.
All'interno di questo capitolo Rumiz racconta la leggenda delle trote.
E' carina:
Il laghetto delle trote sfiata vapore in mezzo a rovine gotiche. In quello specchio d'acqua la contessa Matilde di Canossa pare avesse perduto un anello e che una trota gliel'avesse riportato tenendolo tra i denti. Leggenda che è diventata il simbolo di Orval, stampato anche sull'etichetta della birra. Il pesce e l'anello.
6. SAN GIORGIO MAGGIORE:
Si tratta dell'unico capitolo il cui contenuto e i cui messaggi mi sono piaciuti! L'unico capitolo di cui condivido tutto.
Il monastero di San Giorgio Maggiore si trova sull'isola di San Giorgio, nella laguna di Venezia.
Paolo Rumiz incontra Padre Fedele:
Camicia a quadri e stivaloni, gran sorriso e zappa. Sono davanti al prototipo dell'uomo lieto, allergico ai mugugni e ancorato all'unica cultura possibile, quella legata alla terra madre. Un esempio perfetto dell'ora et labora che sarebbe piaciuto a San Benedetto.
"Guarda questo radicchio, vedi come è rovinato? Era meraviglioso, poi un bruco lo ha attaccato dalle radici. Ecco, questa pianta è come l'Europa che oggi trema perché ha perso le sue radici cristiane." Già, il Santo aveva le radici. Profonde, sane. La sua forza era lì. (...) Ma il nostro fertilizzante è l'incontro con l'altro, la Parola, l'umanizzazione del vissuto. Solo così viviamo bene. Purtroppo, oggi i primi verso i quali non abbiamo misericordia siamo noi stessi. Abbiamo disimparato l'arte del secum stare.
Paolo Rumiz conclude così il suo romanzo:
Ne sono certo. Esiste un'altra Europa, di cui poco si parla. Un'Europa giovane e appassionata, che sogna, viaggia, lavora, resiste, combatte. Un'Europa che si fa carico del proprio destino e non scarica sugli ultimi le colpe della crisi. E' venuto il tempo di darle voce e farla suonare con tutti i suoi strumenti per costruire una rete fra lingue e culture. Dai mari del Nord al Mediterraneo, dalle steppe all'Atlantico, che squilli una musica nuova. Una musica che dica davvero chi siamo, che esprime la forza di una cultura comune...
Costruiamo una rete con i fratelli degli altri Paesi per far sentire meno solo chi non si rassegna a un ritorno dei muri e al linguaggio della violenza.
Insomma, abbiamo il dovere della speranza.
D'altronde anche nei periodi più bui della storia europea, ad esempio, gli anni del secondo conflitto mondiale, c'erano germi di bene: anti-fascisti, oppositori al nazismo, famiglie che nascondevano ebrei, intellettuali e partigiani che, già dal '43, hanno lottato per la libertà e la democrazia.
Esiste un'altra Europa, di cui poco si parla. Sì è vero.
A volte ho l'impressione che sia sempre il male a fare notizia.
Il bene, in mezzo al grigiore della frenesia, del consumismo, della superficialità nelle relazioni, è spesso invisibile e umile.
Ciao Anna, seguo il tuo blog ed è molto interessante leggere le tue recensioni! Anche questa non delude! Apprezzo l'aggiunta di elementi del tuo vissuto e le tue considerazioni personali, continua così!
RispondiEliminaMi permetto di uscire dal silenzio e di fare un appunto di cronaca (niente di grave): Roberto Speranza è stato ministro della sanità nello scorso governo, mentre il ministro della transizione ecologica era Cingolati, un tecnico, dunque non 'affiliato' ad alcun partito.
Mi pareva giusto fartelo notare, cambiando la mia abitudine di lettrice nascosta.
Aspetto il prossimo post!
Buona serata!
Tingens somniorum
Ciao!! Intanto grazie per avermi lasciato il commento: da anni scrivo su questa piattaforma, espongo riflessioni e sviluppo argomenti e, sebbene sia impegnativo in certi periodi mantenere la costanza di 3/4 post al mese, non riesco a smettere di scrivere qui! Anche questo blog è parte di me. Hai fatto bene a farmi notare che il ministro per la Transizione Ecologica dello scorso governo era Cingolani, non Speranza! Ho confuso i due Roberto...
RispondiEliminaNel prossimo post recensisco un film non recentissimo ma molto toccante.
Grazie!