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28 giugno 2023

"TAXI TEHERAN"- FILM SULLA SOCIETA' IRANIANA:

SOLIDARIETÀ AI GIOVANI IRANIANI!
Questa frase non cambia affatto il clima di repressione in Iran, ma almeno, io e Matthias siamo solidali nei confronti di nostri coetanei che desiderano costruire una società democratica con libertà di espressione e culturale.

Taxi Teheran è un film realizzato nel 2015 dal regista iraniano Jafar Panahi. Io e Matthias ci siamo confrontati dopo averlo visto.

1. Di che cosa si tratta?

Un taxi guidato da Jafar Panahi, regista di fama internazionale, percorre le larghe strade di Teheran. 

All'interno dell'auto salgono diverse persone che, senza farsi troppi problemi, esprimono le proprie opinioni su questioni politiche, sociali ed economiche.

Eppure Panahi ha installato una telecamera sul cruscotto del taxi che sta guidando.

Preciso che questo film è stato realizzato clandestinamente dopo che, nel 2010, un tribunale iraniano, servo di quella scellerata e feroce dittatura che tortura e uccide i giovani e le donne, aveva imposto a questo regista di non lasciare l'Iran e di non girare più film per vent'anni.

Secondo il regime iraniano Panahi, con i suoi film, avrebbe infangato l'immagine del paese.

Vorrei riportarvi le parole di Jafar Panahi dopo aver conseguito il Premio Orso d'Oro a Berlino proprio con Taxi Teheran:

"Sono un regista e non posso fare altro che realizzare film. Il cinema è la mia forma di espressione e il significato della mia stessa vita. Niente può impedirmi di girare un film: anche messo alle strette, posso riconnettermi attraverso le mie opere con me stesso. Anche in spazi così ridotti e con limiti così ristretti, la necessità di creare diventa più che una necessità. Il cinema come Arte è la mia principale preoccupazione: questo è il motivo per cui devo continuare a fare film in qualsiasi modo. È per rispetto a me stesso e per sentirmi vivo."

Indubbiamente Panahi sa di avere talento e predisposizione a realizzare film. Sa che questo suo dono è finalizzato a cogliere in modo critico le enormi fragilità del suo paese. E, a costo del carcere duro, preferisce coltivare il suo talento, coerente con se stesso.

D'altronde, la cinepresa lo inquadra sereno e sorridente per tutto il film, perfettamente a posto con la propria coscienza.

2.Taxi Teheran è recitato oppure è spontaneo?

Vi chiarisce Matthias questo dubbio.

E' facile intuirlo: intanto un regista che, per scopi artistici e culturali, si improvvisa tassista per una giornata, deve prima trovare un "accordo" con alcuni suoi connazionali. Questi ultimi, per l'occasione, devono riuscire a rispecchiare nel miglior modo possibile, attraverso parole e comportamenti, la società iraniana. 

Si tratta di una recitazione realistica. 

Alcuni degli attori che ha impiegato sono forse dei professionisti: quando un venditore di dvd sale sul taxi guidato dal regista di cui è fan dice chiaramente di aver riconosciuto le due persone scese pochissimi secondi prima. Li definisce in effetti attori affermati.

In questo film in parte ci sono professionisti, in parte ci sono attori occasionali.

3. Commentiamo il finale:

Quando Jafar Panahi scende dal taxi con la nipote nei pressi di una fontana per restituire una borsetta ad una signora che l'aveva dimenticata, sopraggiungono degli uomini con le moto.

Entrano nel taxi e spengono la telecamera. Gli ultimi secondi del film sono fatti di buio e le ultime frasi sono: "Dov'è la memory card?", "Non la trovo", "Dai, andiamocene, sta tornando".

Si tratta di semplici ladri oppure di collaboratori della dittatura? Nel caso in cui fossero collaboratori del governo autoritario, se si rendono conto che il regista si avvicina verso di loro o è poco lontano da loro, per quale motivo scappano e non fanno del male a Panahi?

Questi uomini che spengono le riprese non sono nemmeno inquadrati.

Appunto per questo a me, anche in quanto donna considerando che in Iran la componente femminile è oppressa anche con bestialità, viene naturale domandarmi: 

che volti hanno i collaboratori di una dittatura? 

Più di un volto e quindi più di un'identità: non è necessario che la longa manus del potere corrotto che viola i diritti umani sia per forza un membro della polizia o dell'esercito. 

Chiunque, adottando determinati comportamenti, può contribuire a mantenere un clima di terrore e di oppressione all'interno di un territorio. Soprattutto in due casi: se teme molto le modalità repressive adottate  dal governo e se, in modo acritico, appoggia ogni decisione di un regime autoritario.

Quindi a mio avviso questo è un film sull'importanza di intraprendere scelte particolarmente coraggiose: si tratta di scelte che, oltre ad inneggiare alla libertà, valorizzano la propria personalità e le proprie capacità, che implicano opposizione e protesta e che coinvolgono non soltanto ogni iraniano ma ogni popolazione oppressa da dittature o guerre civili. Anzi, coinvolgono la coscienza di ogni essere umano.

4. Le "regole" della censura in Iran:

Quando, a metà giornata, Panahi va a prendere la nipotina che lo aspetta da un po' fuori dalla scuola, lei gli legge alcune regole che una maestra ha dettato in classe, necessarie per creare un film "distribuibile". Eccole qui:

-Assoluto rispetto del velo e della decenza islamica.

Ma va'? Non ci sarei mai arrivata da sola! 

La decenza islamica per caso implica anche il massacrare di manganellate una ragazza che, pur portando il velo, aveva commesso il peccato mortale di non accorgersi di una ciocca esposta al vento?

-Nessun contatto tra uomo e donna.

-Non dev'esserci sordido realismo.

-Non dev'esserci violenza.

Altolà: quanti film occidentali degli ultimi vent'anni rispettano scrupolosamente questi criteri? 

Ad ogni modo, il "sordido realismo" non necessariamente fa di un film un pessimo film anzi, in certi casi, la componente di forte e tragico realismo determina la qualità dei contenuti.

-Non bisogna mai usare la cravatta per i personaggi positivi.

-Per i personaggi positivi è sempre meglio preferire i nomi dei profeti.

-Non affrontare questioni che riguardano politica o economia.

Che regole assurde che dettano nelle scuole iraniane, assolutamente e perfettamente prone agli Ayatollah!

A mio avviso, un film che non affronta questioni storiche, economiche o politiche è fortemente riduttivo e abbastanza lontano dalla cultura.

Eppure, zio Jafar ascolta con il suo solito sorriso conciliante le regoline... per trasgredirle puntualmente ad ogni film!


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