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29 luglio 2023

"L'IMPERIALISMO ECOLOGICO", ALFRED CROSBY:

Ma come siamo finiti io e Matthias, una sera, a parlare di argomenti storico-antropologici così specifici mentre andavamo per le stradine dei giardinetti che separano San Massimo da Borgo Milano? 

Ad ogni modo, il saggio storico L'imperialismo ecologico, scaturito dalle mani e dalla mente di uno studioso americano, ha come obiettivo principale quello di sottolineare l'impatto ecologico dell'espansionismo europeo dal medioevo all'età contemporanea.

La tesi che Crosby vuole dimostrare è la seguente: gli europei hanno conquistato parti di altri continenti dopo aver portato con sé nei nuovi territori piante, animali e microrganismi. In questo modo dunque si sono modificati gli ecosistemi delle neo-europe, ovvero, l'America Settentrionale, l'Australia e la Nuova Zelanda.

Per argomentare questa sua idea, l'autore rievoca il passato geologico più remoto.

A) DALLA DIVISIONE DELLA MASSA TERRESTRE ALL'ESPANSIONISMO EUROPEO:

Circa 180 milioni di anni fa la Pangèa, dal greco antico: πᾶν (forma neutra per l'aggettivo "tutto")       + 

γαῖα ("terra"), si è smembrata a causa del processo della tettonica a zolle, dando così origine innanzitutto a due grandi continenti, ovvero, Laurasia (al nord) e Gondwana (al sud).
Queste due terre emerse si sono poi ulteriormente suddivise dando luogo ai nostri attuali continenti, tutti dotati di ecosistemi isolati.

I nostri continenti, fino alla fine del Medioevo, non hanno più avuto contatti tra loro. Ma, dal Quattrocento in poi, a causa del miglioramento delle loro tecniche di navigazione, gli europei sono riusciti a insediarsi soltanto in quelle regioni le cui condizioni climatiche erano simili a quelle dei loro territori. Per questo motivo in nord America, in Australia e in Nuova Zelanda è avvenuta una rapida proliferazione di piante, animali e microrganismi tipici dei territori europei. 

Ecco quel che scrive Crosby a questo proposito:

Gli europei e i loro compagni commensali e parassiti non erano bravi nell'adattarsi a terre e climi veramente estranei, ma erano molto bravi nell'edificare nuove versioni dell'Europa a partire da un ambiente adatto. In secondo luogo, le colonie dovevano essere lontane dal Vecchio Continente, di modo che non vi fosse nessuno a poter attecchire sugli europei e sulle loro piante e animali.

Come ho accennato prima, lo storico non tralascia, in questo saggio, i progressi tecnologici che hanno consentito agli europei di allargare le proprie conquiste territoriali: menziona infatti la costruzione di navi più sicure, il miglioramento delle tecniche per l'individuazione delle rotte, l'invenzione di armi efficaci, l'utilizzo ottimale dei venti.


Crosby inserisce dei riferimenti alla storia dell'antichità per spiegare le ragioni secondo le quali gli insediamenti europei hanno avuto successo soltanto in alcune aree del nostro pianeta. 
Parte considerando che i colonizzatori e fondatori delle "neo-europe" erano discendenti degli antichi indoeuropei, popolo probabilmente originario dell'Eurasia che parlava una lingua da cui sono derivate la maggior parte delle nostre lingue attuali.
È ciò che sostengono anche le teorie linguistiche a partire dalla metà del XIX° secolo.
Sia gli europei del Tardo Medioevo che gli indoeuropei erano agricoltori e allevatori.
Quando si sono insediati in Australia, gli europei hanno portato con sé diverse piante da raccolto e questo ha indubbiamente costituito un vantaggio sui nativi aborigeni che non avevano imparato a coltivare la terra.
Oltre a ciò, il vantaggio degli europei sulle popolazioni indigene era dovuto anche alle specie di animali domestici: alcuni secoli fa gli aborigeni australiani avevano soltanto il dingo, un cane all'altezza delle loro ginocchia. Gli amerindi avevano anche cani, lama, porcellini d'India e alcuni tipi di volatili. 
Gli Europei sono approdati in America Settentrionale e in Australia con cavalli, buoi, capre, pecore, gatti, galline e asini, in grado di riprodursi facilmente e di adattarsi ad ambienti che presentano fattori climatici simili a quelli degli stati europei.
Crosby riporta come esempio la proliferazione di passeri e storni nel Nord America:

Il passero e lo storno sono creature dell'Europa urbana e rurale (...), esseri che vivono ai margini dei boschi e nei boschetti isolati, nei campi coltivati e nelle praterie erbose (...). Il colombo migratore è estinto; era un essere dei fitti boschi che viveva perlopiù sugli alberi. Via via che gli europei di frontiera avanzavano, con le loro torce, le loro asce e il loro bestiame, il Nordamerica andò divenendo sempre più adatto al passero e allo storno, e sempre meno adatto al colombo migratore, che evidentemente non riusciva a riprodursi allo stesso ritmo...


Alfred Crosby sostiene inoltre che, persino quei microrganismi biologici comunemente chiamati germi, hanno contribuito in modo efficace all'insediamento degli europei nelle terre degli amerindi.
Infatti le popolazioni del Vecchio Continente hanno introdotto, in modo inconsapevole, virus e batteri che hanno sterminato gli indigeni, suscettibili, sin dalla fine del Quattrocento, alle infezioni provenienti dall'Europa.
Per dimostrare ciò lo storico cita due episodi che fanno riferimento ai viaggi di Cristoforo Colombo, ma qui ve ne riporto soltanto uno:

Nel 1495 Colombo, alla ricerca di un articolo delle Indie Occidentali che fosse vendibile in Europa, mandò al di là dell'Atlantico 550 schiavi amerindi, di età compresa  più o meno tra i venti e i trentacinque anni. Duecento morirono nel difficile viaggio, 350 sopravvissero e furono messi a lavorare in Spagna. Anche la maggior parte di questi ultimi ben presto morirono "perché la terra non si confaceva loro".

Colombo non intendeva uccidere gli schiavi. 
Eppure come mai c'è stata questa triste strage di giovani? 
Probabilmente, sostiene Crosby, per il fatto che, nei giovani adulti, il sistema immunitario può iper-reagire quando viene attaccato da virus invasori mai conosciuti prima, in questo caso quindi, i germi patogeni del Vecchio Mondo.

B) L'EMIGRAZIONE DEGLI EUROPEI: 

L'autore non dimentica il fenomeno dell'emigrazione di massa degli Europei nei due secoli che hanno preceduto il nostro. 
Parte da dati numerici oggettivi, constatando che nel 1800 in Australia c'erano 10.000 bianchi, la Nuova Zelanda era ancora un paese maori e l'America del Nord contava appena 5 milioni di bianchi.
Poi, tra il 1820 e il 1930, oltre 50 milioni di europei sono emigrati oltreoceano.

Per quali motivi?

*A causa dell'esplosione demografica di quel periodo che ha comportato una carenza di terre coltivabili.

*Una discreta parte l'hanno fatta anche le rivalità nazionali e l'utilizzo, a partire dalla prima metà del XIX° secolo, della forza-vapore nei viaggi per mare e per terra.


C) LA CRITICA NEI CONFRONTI DI QUESTO TRATTATO: 

Ammetto di aver letto soltanto alcune parti di questo saggio. Tuttavia, non condivido pienamente questa opinione di Crosby, sebbene per me sia piuttosto affascinante. 
Matthias invece lo ha letto integralmente e sostiene, più o meno come me, che l'opera rispecchi soltanto in parte la verità storica, dunque è riduttiva. 

Da qui fino quasi alla fine del post riporto le riflessioni di Matthias:

Secondo Crosby soltanto le capacità biologiche di piante, animali e microrganismi sarebbero state determinanti per l'adattamento degli europei ai nuovi territori, ma, molti storici del nostro tempo si mostrano polemici nei confronti di questo trattato, prima di tutto perché è deterministico nel considerare l'imperialismo europeo: si mettono in luce i fattori biologici e si trascurano quelli economici, politici, antropologici e culturali importanti, come ad esempio il commercio triangolare e la "missione civilizzatrice".

C1) IL COMMERCIO TRIANGOLARE: 

All'inizio del Cinquecento, i paesi europei che avevano raggiunto un notevole sviluppo economico basato su un'economia di capitalismo finanziario, erano convinti che l'espansione oltre-oceano fosse un'ottima idea innanzitutto per investire i capitali in territori lontani in modo tale da poter avviare attività di alto profitto e poi anche per impadronirsi di beni a basso costo.


L'imperialismo europeo è durato dal XVI° al XIX° secolo ed è stato supportato dal commercio triangolare: gli schiavi venivano venduti dai capi delle tribù e acquistati in Africa, trasferiti in America per lavorare nelle piantagioni. I prodotti agricoli infine erano trasferiti negli stati europei.
Gli europei, spagnoli e portoghesi per primi, hanno acquistato migliaia di giovani africani dal momento che i nativi americani si sono estinti in tempi relativamente brevi.
Oltre a ciò, nell'Europa del Cinquecento era radicata la convinzione che la razza bianca fosse superiore a qualsiasi altra esistente nel mondo.

È giusto che Cina, Giappone, Stati Uniti e paesi europei, nei nostri giorni, continuino a sottrarre beni e ricchezze ai paesi africani, in modo tale da impedire loro un vero sviluppo economico e sanitario?

C2) LA MISSIONE CIVILIZZATRICE:

In tutta l'Europa, in età moderna, era radicata la convinzione di aver raggiunto progressi eccellenti in ambito politico, medico e tecnico. 
Perciò era necessario esportare in terre straniere e mai esplorate la "civiltà europea", anche con tutti i suoi principi cristiani che dovevano essere finalizzati ad addomesticare sia i selvaggi che i popoli africani, in modo tale da eliminare il cannibalismo e i sacrifici umani nei riti sacri.

Inoltre ad alcuni studiosi dà fastidio che, nel capitolo sulla ricostruzione delle prime fasi geologiche della Terra, Crosby abbia accolto anche teorie un po' controverse sull'estinzione di alcune specie animali.

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Concludo io con una domanda che pongo a voi lettori alla luce di queste ultime riflessioni:

Ma che cos'è l'umanità? Una classifica di razze oppure un ricco mosaico di popoli, di culture e di tradizioni?

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Nel mese di agosto ci saranno due post e non uno con le riflessioni anche di Matthias, per compensare il mese di settembre, riservato tutto a me visto che è il mio mese di nascita e visto che, per quel periodo e in ogni caso, mi aspetto delle svolte non da poco dal punto di vista professionale.

Sto odiando l'estate 2023!😒😠 
La sto detestando perché fa brevissime ondate di calore seguite da temporali spaventosi o trombe d'aria furibonde.
Ecco uno dei grandi danni che, questo martedì, un temporale con grandine ha fatto a casa mia, oltre a farci rimanere senza corrente per quasi tutta la giornata.
Adesso lo capite che il cambiamento climatico è già realtà e non è una paranoia?!



21 luglio 2023

"Pellegrino sul mare", P. Lagerkvist:

La propria destinazione non è mai un luogo,
ma un nuovo modo di vedere le cose.
(H. Miller)


E' il secondo romanzo di Lagerkvist che leggo. 
Barabba, opera con la quale l'autore svedese ha raggiunto la fama internazionale, era ad ogni modo molto più accattivante. 
Tuttavia, nemmeno Pellegrino sul mare è da disprezzare visto che qualche spunto di riflessione, ai lettori adulti naturalmente, lo offre. 

In effetti, scrivo e pubblico questa recensione per concentrarmi su alcune tematiche a mio avviso sempre attuali nelle vite umane e quindi, "eterne".

A) CONTENUTI DEL ROMANZO:

Ci sono due protagonisti maschili: Tobias e Giovanni. Entrambi si trovano su una nave pirata per motivi diversi. E' giusto a questo punto esplicitare che le loro storie di vita sono completamente diverse: Tobias si è imbarcato sulla nave perché vuole raggiungere la Terra Santa. E' quindi un pellegrino che, avendo perduto la nave giusta sulla quale avrebbe dovuto imbarcarsi con altri pellegrini cristiani, si trova costretto a dare tutti i suoi averi e il suo denaro ad una piccola ciurma di pirati. Per questo è salito sulla loro imbarcazione: i pirati gli hanno promesso che lo porteranno alla meta a cui lui anela. 

Noi lettori non sappiamo i motivi che hanno spinto Tobias, uomo dall'indole riflessiva, malinconica e silenziosa, a compiere questo viaggio. Forse a causa di un bisogno spirituale di pace, forse per una raccomandazione fattagli da un confessore...

Ho letto soltanto due libri scritti da Lagerkvist ma finora ho questa impressione che vi confido: quando i personaggi principali delle sue storie si trovano in situazioni o pesanti, o difficili o di ricerca spirituale, Lagerkvist autore non vuole rivelare ai lettori i motivi per cui alcuni i suoi personaggi si trovano in quelle condizioni: se in Barabba non rivela che cosa ha portato Barabba e Sahak alla schiavitù, in Pellegrino sul mare tace le ragioni per cui Tobias sta compiendo il pellegrinaggio.

Ma, quel che mi piace davvero di Lagerkvist, è che in entrambi i romanzi è centrale la sete di spiritualità e la ricerca di fede dei personaggi principali, quando non la vera, propria, convinta e motivata adesione al cristianesimo.

Sulla nave, Tobias conosce Giovanni, un uomo un po' avanti con gli anni che fa parte della piccola ciurma. La madre di Giovanni, estremamente religiosa, lo ha chiamato così in onore dell'apostolo.

A partire dalla cinquantesima pagina di libro, Giovanni racconta a Tobias la sua storia che qui riassumo in pochissime frasi. 

Era un sacerdote, divenuto tale più per volere di mamma che non per la sua realizzazione. Ma, a causa di una folle relazione con una donna sposata dell'alta società, è stato non soltanto "ridotto allo stato laicale" ma escluso da tutti i sacramenti. 

Quindi, dal momento che non poteva più stare nella città di cui era diventato parroco, a causa del disprezzo dei fedeli e dei confratelli, ha deciso di cambiare vita, convivendo per gran parte dell'anno in mare aperto con i pirati e diventando, anch'egli, un pirata... A modo suo... Giovanni è un pirata "sui generis": non combatte e non ruba. Sa solo collaborare per qualche lavoro manuale che serve alla barca.

B) IL SENSO DEL VIAGGIO DELLA VITA:


In tutto il libro traspare l'idea che, per essere saggio, l'uomo debba imparare a pensare come il mare.
Dice Giovanni a Tobias, ancora all'inizio del romanzo:

Quando per la prima volta salii a bordo di questa nave non avevo mai veduto il mare. (...) Come si può capire qualcosa della vita, e capire a fondo se stessi, se non lo si è imparato dal mare? Come si può comprendere gli uomini e la loro vita, il loro vano sforzarsi e il loro inseguire mete bizzarre, prima di aver spaziato con lo sguardo sul mare, che è sconfinato e basta a se stesso? Prima di aver imparato a pensare come il mare e non come quelle inquiete creature che s'illudono di dover  sempre avere una direzione e che questa sia la cosa più importante di tutte, che la meta dia un senso alla loro vita. (...) Prima di essere diventati indifferenti e liberi come il mare e di lasciarsi portare alla deriva senza meta, nell'ignoto, all'incertezza come all'unica cosa certa, l'unica veramente sicura, alla fine. Prima di aver imparato tutto ciò.

In un brano di cui non ricordo più il titolo (ed è questo il guaio dell'avvicinarsi inesorabilmente alla trentina, la memoria che inizia a perdere qualche colpo😂), Marco Mengoni cantava "il senso del viaggio è la meta". 

Non condivido più, perché ritengo che il senso del viaggio stia soprattutto nel viverlo, sia nel caso di un viaggio vero e proprio sia inteso in senso esistenziale. Probabilmente il senso della vita consiste nelle tappe che consentono, pian piano, di arrivare alla meta desiderata. Tuttavia, Giovanni ha vissuto tre tappe esistenziali, ovvero infanzia, adolescenza e giovinezza, facendo esclusivamente ciò che gli altri si aspettavano da lui e, soprattutto, nutrendo la convinzione di essere destinato soltanto alla fede e al "darsi completamente a Dio":

Alla fine venne in gran giorno, certo il più importante nella vita di mia madre, quando fui ordinato prete. Anche per me fu un giorno importante, ero preso dall'ansia di essere posto dinanzi al volto di Dio in veste di suo servitore, e colmo di un desiderio vivissimo di servirlo veramente, e di amore per la mia missione.

C) AMORE VERO O BISOGNO?!

Torniamo ora al rapporto bollente, fatto soltanto di notti infuocate, tra Giovanni e la donna aristocratica senza nome, quella che potremmo chiamare anche "l'adultera". 

E' vero amore? Qualsiasi lettore minimamente attento ai contenuti del libro darebbe una risposta negativa. Nel luogo più impensabile, cioè, nel confessionale, la donna, decisamente più adulta di un Giovanni venticinquenne da poco uscito dal seminario, riesce a sedurlo e a soddisfare, soltanto per un certo numero di notti, un furente desiderio carnale che è ben lontano da un affetto sincero e dal voler veramente bene all'altro. 

Puntualmente infatti, quando sopraggiungono le luci dell'alba, iniziano a litigare animatamente.

Giovanni e la signora si incontrano sempre nell'oscurità del confessionale e si uniscono nella completa oscurità, ma prima, si incontrano nel buio della ricca dimora di quest'ultima, nella stessa camera. E le prime luci del giorno rivelano la loro insoddisfazione oltre che la loro non autenticità. E, a lungo andare, entrambi si rendono conto di essere intrappolati in una vita infelice: la donna è sposata con un uomo che non ama affatto (o non ama più?) mentre Giovanni si allontana sempre di più dalla vocazione che fino ad allora aveva intrapreso senza maturità.

Entrambi, nel periodo in cui si frequentano e "si sfogano", si trovano costretti a mentire a chi li circonda, almeno finché non vengono scoperti:

(...) la nostra falsità verso il mondo esterno aumentava, eravamo costretti a mentire sempre più per nascondere il nostro segreto. E' straordinario quanto si debba mentire una volta che si è incominciato. Come si debba aggiungere menzogna a menzogna che lo si voglia oppure no, fin quando non si rimane circondati da una rete ingarbugliata di bugie e di mezze verità che non si è più capaci di sbrogliare.

D) LA FEDE COME MORALISMO E LA FEDE COME RICERCA:

Ma, quando la madre di Giovanni scopre da sola la verità, dentro di lei si scatena una bestia perché è come se revocasse tutto l'affetto: maledice il figlio, gli predice le pene dell'inferno più terribili... E la gente del paese si comporta in maniera simile quando la causa della riduzione allo stato laicale di Giovanni diviene di pubblico dominio:

Non potevo uscire per strada senza che qualcuno mi rivolgesse ingiurie- gli epiteti più volgari che si potessero scovare- e i bambini mi tiravano sassi. Ci fu persino che mi sputò in faccia o cercò di farlo. Mi davano la caccia come cani rabbiosi, dappertutto ero perseguitato non appena mi facevo vedere e in casa subivo lo stesso trattamento da mia madre, astiosa e incollerita. Ovunque andassi mi perseguitavano. La bestia umana mi dava la caccia!

Si scatena la bestia umana di quei cristiani che, mancando di umanità nell'additare e nel condannare gli errori degli altri, sono saldamente ancorati ad una fede religiosa che corrisponde in tutto e per tutto al moralismo.

Ovviamente a mio avviso l'errore "di lussuria" è piuttosto grave da parte di entrambi, sia perché sono due credenti di una comunità (e uno è consacrato!) sia perché sono esseri umani legati anche da promesse di fedeltà, da doveri giuridici e da regole che, mentre si accingevano ad intraprendere un percorso, hanno accettato, teoricamente "da persone adulte e consapevoli". 

Tuttavia le reazioni della società di fronte alla relazione tra un sacerdote e una donna sposata appaiono davvero terribili.

Nel corso di questo romanzo sono contrapposti due modi di vivere la fede: una decisamente normativa, che a me non piace per niente, anzi, mi infastidisce dal momento che è legata troppo ai dogmi e ai moralismi e troppo poco all'empatia e alla misericordia, soprattutto quando, con arroganza e folle cattiveria, si compiace nel predire le pene dell'inferno a chi sbaglia. E' una forma di fede tutt'altro che morta, purtroppo, e la causa è soprattutto la poca, anzi, distorta educazione e formazione alla fede che viene fatta ai laici cristiani praticanti.

L'altra invece, come dice il critico Fulvio Ferrari, è una religiosità senza chiese e senza certezze, aperta alla burrasca dell'esperienza, sempre tesa ad un assoluto sfuggente.

Entrambe le modalità di vivere ed affrontare la fede religiosa sono difettose. 

Anche questa nuova "religiosità" di Giovanni è abbastanza riduttiva visto che si tratta di una fede individuale: infatti non trova riscontro in nessun altro essere umano che viva o che abbia vissuto una simile situazione spirituale. Giovanni non può quindi condividere dubbi,  esperienze, errori, tantomeno l'umiliazione di essere stato escluso e cacciato dalla propria comunità cristiana. Certo, c'è Tobias, che però è soltanto di passaggio e non gli rivela il suo vissuto né il suo rapporto con la fede religiosa. Per questo da lettrice mi chiedo: il credo di Tobias è veramente ancorato alla vita?

Concludo con una constatazione che deriva dalla mia esperienza personale a proposito di ambienti di fede: certamente a molti di noi capita di rimanere molto amareggiati e delusi sia da certi limiti in ambito umano di figure religiose sia da certi comportamenti di laici che ruotano intorno ad alcuni ambienti parrocchiali. 

Tuttavia, una cosa devo proprio ammetterla volentieri: sono stati, negli ultimi due anni, proprio gli ambienti diocesani cristiani a farmi i regali più belli dal punto di vista relazionale. 


14 luglio 2023

La poesia di Ija Kiva:

Ija Kiva ha quasi quarant'anni ed è una poetessa, giornalista e traduttrice originaria del Donets'k. 

A causa dell'inizio del conflitto in Donbass, dal 2014 si trova costretta a trasferirsi a Kiev. Oggi vive a Leopoli dove è attiva anche come volontaria. Alcune delle sue poesie sono presenti nella raccolta appena editata da Mondadori e intitolata Poeti d'Ucraina.

A) LET'S GO! (2014)

Lo spazio urbano è il contrario dell'idea di casa

ostile alla stabilità

esplicitamente chiuso

e quel che è peggio

assolutamente imprevedibile


metti caso

che un giorno ti ritrovi all'incrocio

di via Dovzenko e via della Vittoria

o al binario del metrò Chrescatyk

o te ne vai dal Podil alla piazza d'Europa

che cosa stai facendo


oppure diciamo

sei a un concerto alla filarmonica

guardi un film al cinema vicino

bevi un chai latte al bar all'angolo

fai due chiacchiere con uno scrittore

credi di conoscer bene la città


in borsa hai almeno quattro mappe

di cui una della Kyjiv dell'anteguerra

Kiev, una via del quartiere di Podil










la metro di Kiev








Inizio da una poesia che ritrae il "disagio urbano" dell'autrice. Nel primo verso la Kiva afferma che lo spazio urbano è l'opposto dell'idea di casa, cioè, è continuamente soggetto ai cambiamenti. Oltre a ciò, con l'espressione "ostile alla stabilità", credo si lasci intendere una serie di aspetti poco confortanti di cui le città, in particolare, le capitali e le metropoli, sono caratterizzate: il traffico, intenso e imprevedibile, non rende certo la città un luogo intimo e tranquillo, anche dal momento che l'edilizia cresce costantemente. La poetessa menziona alcune vie e alcuni quartieri e luoghi tipici di Kiev. 

Tuttavia, nella seconda strofa, soprattutto con il verso "che cosa stai facendo", privo tra l'altro del punto interrogativo, mi sembra si alluda alle relazioni dispersive, proprio come in After Dark, bestseller di Murakami (uno dei migliori romanzi che io abbia mai letto), ambientato in una grande città e di notte. Vi riporto le prime frasi: E' una metropoli quella che abbiamo sotto gli occhi. Nel nostro sconfinato campo visivo appare come un gigantesco animale. Un mare di luci al neon.

Gli ultimi due versi del componimento servono ad evidenziare il disorientamento di Ija: in borsa ha quattro mappe di Kiev, di cui una anteriore al secondo conflitto mondiale (la poesia è del 2014, quindi la guerra in Ucraina doveva ancora scoppiare).

L'assenza di punteggiatura, in questo componimento, rimanda alla frenesia della vita cittadina, ad una quotidianità fatta di traffico, smog, folle di persone, caos.

L'autrice si rivolge a se stessa con quel "credi di conoscere la città"... e qui penso ad una mia recente esperienza da veronese. Proprio nel tardo pomeriggio di giovedì scorso, prima di una cena in un ristorante di Verona centro con Matthias, mi sono accordata di incontrarmi con una nuova amica, conosciuta poco dopo Pasqua durante gli ultimi incontri al Centro Toniolo. E' stata lei a propormi un posto della nostra città che io non conoscevo affatto, e così ci siamo trovate al Parco Colombare, in zona Valdonega, immerse nel verde e con sottofondo costante di cicale.

Di Verona conosco molto bene soprattutto i quartieri di Borgo Milano, Borgonuovo, Borgo Trento, le zone del centro storico (che hanno fatto parte della mia formazione accademica) e Quartiere San Zeno. A Borgo Roma, da alcuni mesi a questa parte, me la cavo abbastanza bene con l'orientamento. Borgo Venezia non lo conosco affatto e della Valdonega, zona collinare appena sopra Borgo Trento, ho scoperto spazi veramente suggestivi dal punto di vista panoramico.

Quella sera stessa, tornando dalla città, mi sono detta: "Credevi di conoscere bene il tuo capoluogo di provincia e la città che, da quando hai 19 anni, ti ha dato numerose occasioni di formazione, di socialità e di cultura... E invece non è esattamente così".

B) TE NE STAI QUI IN QUESTA CITTA' STRANIERA (2019):

Te ne stai qui in questa città straniera

in mezzo a un suo famoso cimitero

leggi scritte in polacco

senti i turisti polacchi

tomba tomba tomba

che cercano qualche morte in polacco

tu cerchi qualche morte in ucraino

potrebbero esserci sepolti i tuoi

se non li avessero costretti a diventare eco

a vagare nel Donbas cercando morte in russo

perché proprio a quell'ora in quel punto di Ucraina

una ragazza con i capelli neri lunghi

muovesse le labbra traducendo la morte

e cercasse al cimitero il tuo cognome.

Anche in questa poesia senza strofe l'autrice si rivolge a se stessa ("te ne stai qui in questa città straniera"). Si sente ancora "trapiantata" a causa di una pesante situazione politico-militare e politico-sociale che, a partire dallo scorso anno, è degenerata in invasione dell'intera Ucraina e bombardamenti su tutto il paese, anche a 20 km dal confine con la Polonia.

Ad ogni modo, il cimitero in questa lirica è un'immagine centrale.

Si menzionano i turisti polacchi che visitano il cimitero di Kiev... 

Anche i polacchi hanno subito soprusi terribili da parte dell'Unione Sovietica nel secolo scorso, al punto tale che, per loro, sarebbe assolutamente terrificante, anzi, impensabile, ritornare uno stato satellite della Russia. 

I polacchi non sono il popolo più facile con cui avere a che fare... parlando molto in generale, anche se ce ne sono di buonissimi dal cuore d'oro, sono ritenuti molto "tosti", sono dei "duri", abbastanza spesso antisemiti e xenofobi. E' questa la loro fama europea. Insomma, non sono certo votati alla beatificazione, pur riconoscendo loro l'esperienza di un Novecento molto tragico e difficilissimo.

In Polonia, come d'altronde in Romania e in Moldavia (e nella stessa Ucraina), è più viva che mai l'immagine di una Russia violenta, oppressiva e minacciosa, è più viva che mai anche, nella memoria storica del Novecento, l'immagine di governi filo-sovietici non democratici e repressivi: si pensi ad esempio alla rivolta di Poznan del 1956, repressa nel sangue dall'esercito filo-sovietico, in cui gli operai polacchi protestavano contro l'Unione Sovietica a causa dell'aumento significativo dei beni di prima necessità.

Nonostante la Polonia sia all'interno della NATO dal luglio 1997 e quindi sia garantita dall'alleanza militare atlantica, è ancora forte, presso questa popolazione, il terrore di venire bombardati e attaccati dall'esercito russo. 

I familiari di Ija sono, in questo contesto, "eco"... quasi dei fantasmi senza consistenza fisica. 

Il termine "eco" è qui molto doloroso perché pone l'accento sul dolore e il dramma della perdita, sull'interiorità ferita dell'io, non sulle azioni militari o su immagini violente.

Quando Ija Kiva scrive questa poesia, la Russia ha già invaso una regione, il Donbass. E gli ucraini sperimentano la morte "per mano russa", ovvero, "per mano dei loro vicini di casa e dei loro vicini di geografia".

Anche nel IX° canto dell'Inferno di Dante il cimitero è un'immagine centrale. Dante e Virgilio entrano nella città di Dite, il cui "centro" è costituito da sepolcri aperti che emanano non soltanto fiamme ma anche lamenti da parte dei dannati. Si tratta degli atei, degli epicurei e dei monofisiti con i loro seguaci. Certo, è vero, nel componimento di Ija Kiva non ci sono punizioni, non ci sono eretici e si cercano in un cimitero i nomi dei propri cari morti. C'è soltanto una ragazza ucraina dai capelli neri che, muovendo le labbra, cerca al cimitero il cognome dell'amato perito in guerra. 

Ad ogni modo, in questa poesia come nel canto IX° dell'Inferno, il fulcro è una città con un cimitero all'interno delle sue mura.

Dopo aver letto questa poesia mi sono chiesta: ma noi occidentali (europei dalla Slovenia alla Spagna) con gli Stati Uniti potevamo fare in modo, già nella scorsa decade di questo secolo, che questo conflitto tra Russia e Ucraina si potesse evitare? Potevamo applicare le sanzioni alla Russia già nel 2014, invece di aspettare che "l'operazione speciale" di Putin iniziasse a distruggere famiglie, storia, architettura e diritti fondamentali di un popolo dell'Europa dell'est che da alcuni anni era molto più vicino all'Occidente che non all'Oriente autocratico? Potevamo mediare già nel 2014? 

Il conflitto russo-ucraino è una guerra tra fratelli che condividerebbero la stessa corrente di cristianesimo, le stesse lingue, identiche parti di storia in alcuni periodi, tralasciando il genocidio dell'Holodomor in cui hanno perso la vita, senza alcun giustificato motivo, 4 milioni di contadini ucraini. Perché, effettivamente, saranno anche simili, ma i russi hanno molto da farsi perdonare agli ucraini.

C) IL BOSCO NERO DEL FAR MALE (2022):

Il bosco nero del far male

è densamente popolato 

di grida di dolore


la rugiada si aggira

tra le radici della sete

sulla nudità


il respiro si interrompe

contro rami di innocenza

quasi morti auspici


fili spinati d'alberi

ondeggiano incapaci

come lenzuola sporche.

Le città del Donbass sono paragonate ai "boschi neri", ovvero, sono teatri di violenza e di dolore. 

Durante la lettura di questa poesia, inevitabilmente ho ricordato i contenuti del XIII° canto dell'Inferno di Dante. In questa parte della cantica l'attenzione è focalizzata sulla "selva dei suicidi": un bosco senza sentieri caratterizzato da rami nodosi e da spine. Le arpie svolazzano tra un albero e l'altro gridando e, a queste urla, si aggiungono i lamenti di coloro che si sono tolti la vita e che, nell'immaginario di Dante, sono stati trasformati in alberi.

A mio avviso la rugiada è riconducibile ad un debole attaccamento alla vita da parte dei sopravvissuti.

Le ultime due terzine contengono espressioni intense ma non troppo facili da decifrare.

Con quei "rami d'innocenza" sembra che la poetessa alluda non soltanto alla morte della natura, nel caso in cui questa lirica sia ambientata nell'autunno 2022, ma anche alla morte per la quale non c'è spiegazione razionale, non c'è senso: i civili ucraini, innocenti, soprattutto se donne e bambini, che assistono a una quotidianità dell'orrore e a cui è stato rubato il futuro. 

Forse i "morti auspici" sono i probabili presagi di ulteriori battaglie e scontri.

Quanto ai "fili spinati d'alberi", credo siano riferiti al fatto che questo attuale conflitto accentui le divisioni tra le famiglie del Donbass, popolate, non dimentichiamolo mai, anche da una significativa minoranza russa. 

Questa guerra fomenta l'odio e dovrebbe rendere consapevoli, come accennavo prima, del fatto che tra russi e ucraini ci sono dei nodi storici irrisolti: i governi dell'URSS e dell'attuale Federazione Russa non hanno dato e non danno tuttora importanza ai drammi che gli ucraini hanno vissuto. Oltre a Holodomor pensate che, quegli intellettuali ucraini del secolo scorso che promuovevano la lingua e la cultura ucraina senza fare compromessi con la coscienza e quindi senza piegarsi a scrivere poesie in elogio di Stalin, venivano arrestati e inviati nei gulag situati o in Siberia o vicino al Mar Caspio.

Per concludere: le "lenzuola sporche" richiamano ancora una volta alla violenza, al sangue innocente, al trauma dei civili.

D) TENERE IN BOCCA UN AGO DI SILENZIO (2022):

Tenere in bocca un ago di silenzio

 cucire parole con fili bianchi

agghiacciarsi inghiottendo la saliva


sputare sangue invece che gridare

fermare gocce di lingua sulla lingua

bucata come un secchio arrugginito


rattoppare oggetti che dovrai usare

mettere una croce sui punti più rotti

come le bende sui feriti in ospedale


imparare a cercare le radici di una vita

che ancora non sa come si chiama.

Questa poesia per me è tutta una metafora: i fili bianchi sono i fogli bianchi, mentre quell'ago di silenzio è il silenzio verbale che non coincide con quello poetico.

Sembra che nella seconda strofa, con immagini forti ed espressive, la Kiva faccia riferimento al riversare dolore esistenziale e fatica letteraria e professionale, oltre che umana, nelle sue attività di volontaria di guerra. 

Ecco il motivo per cui la lingua è "secchio arrugginito". Questa guerra sta mettendo in difficoltà la linguistica europea: a causa di stupri, massacri, bombe e altre violenze, una parte di ucraini si rifiuta di parlare in russo, pur essendo bilingui. Ma la lingua è "secchio arrugginito" anche per il fatto che la poetessa sembra chiedersi: esistono parole ed espressioni efficaci per esprimere la precarietà della vita, le angherie, la morte che sovrasta il cielo e verso la quale noi andiamo incontro pur di non tornare sotto la Russia autoritaria?

Vi invito a porre l'attenzione sulla terza strofa che ricopio qui sotto:

rattoppare oggetti che dovrai usare

mettere una croce sui punti più rotti

come le bende sui feriti in ospedale

L'autrice, nonostante si dichiari in difficoltà espressiva, ritiene ancora che con la poesia si possano "rattoppare", cioè curare, le ferite interiori attraverso l'introspezione, la capacità di sapersi ascoltare e di cercare ancora qualche motivo per vivere, come ad esempio l'impegno civile e il volontariato convinto e motivato.


7 luglio 2023

"A midsummer night's dream", W. Shakespeare:

A midsummer night's dream (Sogno di una notte di mezza estate) è una commedia scritta da William Shakespeare in cinque atti.

Vi esprimo subito l'opinione che mi sono fatta di quest'opera shakespeariana: è indubbiamente molto ricca sia di riferimenti alla classicità sia di cultura elisabettiana. 

A mio modo di vedere però i personaggi risultano poco sviluppati psicologicamente. Praticamente considero Sogno di una notte di mezza estate una commedia simile ad una fiaba destinata però non ai bambini ma a laureati in discipline umanistico-linguistiche.

Un buon adattamento per il livello B.2












A) TRAMA= PLOT:

Atene, epoca medievale. Teseo, il duca della città, sta per sposarsi con Ippolita, la regina delle Amazzoni.

Egeo, padre di Ermia, si avvicina a Teseo per chiedergli un consiglio sulla situazione della figlia: sia Lisandro sia Demetrio sono innamorati di lei. I due giovani sono entrambi ricchi ma Egeo preferisce far sposare Ermia con Demetrio. Tuttavia, lei è innamorata di Lisandro.

Teseo le raccomanda severamente di obbedire all'autorità paterna:

Theseus:Demetrius is a worthy gentleman.

Hermia: So is Lysander.

Theseus: In himself he is; 

but in this kind, wanting your father's voice, 

the other must be held the worthier.

Hermia: I would my father looked but with my eyes.

Theseus: Rather your eyes must with his judgement look.

Il duca di Atene concede ad Ermia quattro giorni di tempo per cambiare idea e sottomettersi al volere di Egeo, altrimenti dovrà o morire o essere mandata in un convento.

Lisandro allora propone all'amata di scappare da Atene quella stessa notte. Le dà appuntamento nel bosco appena fuori dalla città:

Lysander: Therefore hear me, Hermia. I have a widow aunt, a dowager of great revenue, and she hath no child and she respects me as her only son. From Athens is her house remote seven leagues. There, gentle Hermia, may I marry thee, and to that place the sharp Athenian law cannot pursue us.

a dowager of great revenue= una ricca vedova 

thee= you

Elena, amica di Ermia, viene informata a proposito dei piani dei due innamorati e riferisce puntualmente tutto a Demetrio di cui è innamorata ma non ricambiata. Quella sera quindi, Elena e Demetrio seguono Ermia nella selva, al buio. Nessuno dei quattro giovani (Ermia, Lisandro, Elena e Demetrio) sa che la selva è piena di insidie ed è abitata da fate, folletti e creature magiche che si svegliano di notte.

Oberon e Titania sono i sovrani delle fate e si contendono un paggio. Per riavere il paggio, Oberon si serva dell'aiuto di Puck, folletto maligno, affinché quest'ultimo cerchi e raccolga un fiore dal cui succo si ricava una pozione magica.

Oberon spreme il succo del fiore negli occhi della moglie in modo tale da poter farla invaghire della prima creatura che vedrà al suo risveglio:

(riporto in questo caso il testo della versione adattata per il livello B.2)

"I'll wait until Titania is asleep tonight", Oberon thought. "Then I'll squeeze a little of the juice from the flower into her eyes. When she awakes, she'll fall in love with the first person she sees. That will punish her for her pride and arrogance!". He smiled with amusement at the trick. Now he felt more cheerful.

Come continuerà la commedia?

Leggete, perché la lettura è cibo per la mente!

B) STILE DI SHAKESPEARE IN QUESTA COMMEDIA:

Le coppie di innamorati parlano ricorrendo a versi, a distici più precisamente, in rime baciate (rhyming couplets).

I personaggi aristocratici si esprimono di solito in versi liberi (blank verses).

Le persone non nobili invece tendono a parlare in prosa (prose).

C) FONTI LETTERARIE A CUI L'AUTORE SI E' ISPIRATO:

Chi di voi ha letto integralmente il dramma può comprendere appieno tutti questi rimandi letterari:

C1) VITA DI TESEO: La vita di questo personaggio dell'antichità è stata ricavata dalla traduzione in inglese delle Vite parallele (Lives of the noble Grecians and Romans) di Plutarco svolta da Sir Thomas North nel XVI° secolo.

C2) MITO DI PIRAMO E TISBE: Shakespeare aveva letto la traduzione del 1567 di Arthur Golding delle Metamorfosi (Metamorphoses) di Ovidio. Proprio come i genitori di Piramo e Tisbe, anche quelli di Lisandro ed Ermia non acconsentono al matrimonio dei loro figli e, proprio come i protagonisti del mito di Ovidio, anche i due giovani di questa commedia shakesperiana fuggono di notte nella foresta.

Inoltre, è bene precisare che Shakespeare ha reperito una variante del mito scritta da Geoffrey Chaucer in cui Piramo e Tisbe decidono di scappare via da Atene.

Approfitto per riportare un riassunto in lingua su questo famoso mito classico:

Pyramus and Thisbe lived in Babylon. The houses of their families were so close together that their houses shared a wall. Growing up together Pyramus and Thisbe fell in love and wanted to marry but their parents forbade them. In the wall there was a small hole so every day they were able to talk to each other. 

One day they decided to run away and they agreed to meet that night outside the city walls. 

When night fell, Thisbe crept out and made her way to the meeting place. Pyramus had not yet come so she waited for him. Suddenly she saw a lioness that had just made a killing: her jaws were bloody. Thisbe was far enough away to escape but as she fled she dropped her cloak. The lioness found it as she passed by and took it in her mouth covering it with the blood from her jaws.

When Pyramus arrived a few minutes later he found the bloodstained cloak and was sure that Thisbe was dead. In despair he drew his sword and killed himself.

Thisbe came back to the meeting place and found Pyramus dead so she too stabbed herself with his sword.


C3) CAVALIERI IN CONFLITTO: Shakespeare si è ispirato anche al Racconto del Cavaliere (The Knight's Tale) dai Racconti di Canterbury (The Canterbury Tales) di Chaucer: questa storia, ambientata ad Atene, inizia con le nozze tra Ippolita e Teseo. Dopo una guerra, Teseo porta presso la corte due cavalieri come prigionieri. Questi ultimi si innamorano entrambi di Emelye, sorella di Ippolita, divenendo rivali tra loro. Proprio come Lisandro e Demetrio, i due cavalieri si incontrano nel bosco al di fuori delle mura cittadine per affrontarsi in un duello ma vengono scoperti da Teseo che sopraggiunge nello stesso luogo per una battuta di caccia.

C4) TRASFORMAZIONE IN ANIMALE: Questo elemento è indubbiamente stato desunto dall'Asino d'oro (The Golden Ass) di Apuleio, dove un uomo viene punito dagli dei per la sua ignoranza e trasformato in asino. Bottom, un cittadino ateniese che vuole organizzare uno spettacolo teatrale in occasione delle nozze di Teseo, viene trasformato in asino da Puck.

C5) CREATURE FATATE DELLA FORESTA: Vengono prese dalle tradizioni popolari inglesi del Cinquecento. Le creature fatate, anche ai tempi di Shakespeare, venivano considerate creature maligne, abbastanza spesso associate a streghe e piccoli demoni.

D) AMORE-DOVERE = LOVE- DUTY:

Sebbene sia difficile trovare aggettivi idonei a delineare il carattere dei personaggi di questa commedia, una differenza è molto chiara:

Mentre per Ermia e Lisandro il matrimonio è una libera scelta dettata da rispetto, amore reciproco, compatibilità di valori, per Demetrio, Teseo ed Egeo il matrimonio vale unicamente come contratto sociale. Questa era la concezione delle nozze nel Medioevo e per gran parte dell'età moderna.

A questo proposito approfitto per proporre anche a voi, come lo avevo proposto ad una prima media della quale sono stata insegnante per poche settimane, un approfondimento sui tipi di matrimoni tra medioevo ed età moderna.

Magari vi starete chiedendo se veramente i contenuti erano di interesse dei ragazzi. La collega che sostituivo aveva già affrontato e verificato tutti gli argomenti principali del basso Medioevo: i miglioramenti economici dell'anno Mille, la rotazione triennale, lo sviluppo delle città e la nascita delle Repubbliche marinare, il concordato di Worms, il potere temporale. "Oltre al ripasso volete qualche approfondimento su questioni sociali e giuridiche di questo periodo che ormai conoscete?" E non vedevano l'ora che lo portassi. Erano molto attenti, è una precisazione che mi sento quasi in dovere di fare visto che, in generale, si "demonizzano" pre-adolescenti e adolescenti e li si considerano stupidi, quando non lo sono affatto, hanno bisogno di stimoli, di guide, di motivazioni. 

(Però da un lato è anche vero che quella era una prima media fatta in buona parte di ragazzini dotati, volonterosi e sensibili 😊).

Nei secoli scorsi, dal Medioevo fino all'Ottocento, solo tra i contadini, che si conoscevano di solito in chiesa o alle feste di paese, era importante il consenso dei singoli e non tanto dei padri delle rispettive famiglie.

-I MATRIMONI TRA FAMIGLIE DI MERCANTI FIORENTINI:

Ecco a voi le fasi:

1) Un mediatore al servizio di un mercante con figli maschi in età da matrimonio prendeva contatti con le famiglie delle ragazze più avvenenti.

2) I padri delle famiglie dei due futuri coniugi raggiungevano accordi con la presenza di un notaio.

3) La ragazza da sposare riceveva in dono gioielli da parte delle donne della famiglia del futuro sposo.

4) Fra le pareti domestiche lo sposo metteva l'anello all'anulare destro della sposa alla presenza di soli parenti stretti.

5) Con un corteo nuziale formato dai parenti più vicini ai due novelli sposi, la sposa si trasferiva presso la nuova casa.

6) Momento del banchetto nuziale.

-I MATRIMONI ROMANI TRA FAMIGLIE BORGHESI:

Anche qui vi sintetizzo le fasi:

1) I membri delle famiglie dei due sposi prendevano accordi in chiesa alla presenza di un notaio.

2) L'accordo veniva reso ufficiale con la presenza dello sposo e del suo futuro suocero.

3) Poi avveniva la cerimonia nuziale.

-MATRIMONI NELLA GERMANIA DEL TRECENTO E DEL QUATTROCENTO:

1) Lo sposo stipulava un contratto con la famiglia della sua futura moglie.

2) La celebrazione avveniva solitamente a casa della sposa alla presenza di un sacerdote e poche settimane dopo il contratto.

-MATRIMONI NELLA CINA MEDIEVALE:

1)I padri dei due giovani firmavano degli accordi ufficiali.

2) Dopo aver stabilito una data per le nozze, la famiglia dello sposo donava gioielli e vestiti alla futura moglie.

3) La celebrazione si svolgeva a casa dello sposo.

Tenete presente che, nella Cina di quei tempi, erano vietati i rapporti sessuali nel periodo di lutto per la morte del padre dello sposo.

Non è che Teseo ed Egeo non capiscano il forte sentimento che li unisce; semplicemente, all'inizio dell'opera rifiutano di farli sposare dal momento che per loro e per la mentalità del loro tempo è meglio obbedire alla ragione, unico elemento che consente di mantenere l'ordine sociale. A quel tempo infatti, le emozioni e i sentimenti nelle relazioni tra uomo e donna, non venivano considerati presupposti validi e affidabili per un matrimonio.

Sebbene gran parte della commedia sia ambientata nella selva incantata al di fuori di Atene, la corte è non solo il luogo in cui emergono i problemi dei personaggi dell'opera ma anche l'ambiente in cui le soluzioni pensate durante una notte nella selva vengono approvate, ovvero, si arriva alla fine dell'opera ad una situazione di "equità" tra i quattro giovani perché da un triangolo si passa alla formazione di due coppie di fidanzati: Ermia si sposerà con Lisandro ed Elena invece con Demetrio.