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21 luglio 2023

"Pellegrino sul mare", P. Lagerkvist:

La propria destinazione non è mai un luogo,
ma un nuovo modo di vedere le cose.
(H. Miller)


E' il secondo romanzo di Lagerkvist che leggo. 
Barabba, opera con la quale l'autore svedese ha raggiunto la fama internazionale, era ad ogni modo molto più accattivante. 
Tuttavia, nemmeno Pellegrino sul mare è da disprezzare visto che qualche spunto di riflessione, ai lettori adulti naturalmente, lo offre. 

In effetti, scrivo e pubblico questa recensione per concentrarmi su alcune tematiche a mio avviso sempre attuali nelle vite umane e quindi, "eterne".

A) CONTENUTI DEL ROMANZO:

Ci sono due protagonisti maschili: Tobias e Giovanni. Entrambi si trovano su una nave pirata per motivi diversi. E' giusto a questo punto esplicitare che le loro storie di vita sono completamente diverse: Tobias si è imbarcato sulla nave perché vuole raggiungere la Terra Santa. E' quindi un pellegrino che, avendo perduto la nave giusta sulla quale avrebbe dovuto imbarcarsi con altri pellegrini cristiani, si trova costretto a dare tutti i suoi averi e il suo denaro ad una piccola ciurma di pirati. Per questo è salito sulla loro imbarcazione: i pirati gli hanno promesso che lo porteranno alla meta a cui lui anela. 

Noi lettori non sappiamo i motivi che hanno spinto Tobias, uomo dall'indole riflessiva, malinconica e silenziosa, a compiere questo viaggio. Forse a causa di un bisogno spirituale di pace, forse per una raccomandazione fattagli da un confessore...

Ho letto soltanto due libri scritti da Lagerkvist ma finora ho questa impressione che vi confido: quando i personaggi principali delle sue storie si trovano in situazioni o pesanti, o difficili o di ricerca spirituale, Lagerkvist autore non vuole rivelare ai lettori i motivi per cui alcuni i suoi personaggi si trovano in quelle condizioni: se in Barabba non rivela che cosa ha portato Barabba e Sahak alla schiavitù, in Pellegrino sul mare tace le ragioni per cui Tobias sta compiendo il pellegrinaggio.

Ma, quel che mi piace davvero di Lagerkvist, è che in entrambi i romanzi è centrale la sete di spiritualità e la ricerca di fede dei personaggi principali, quando non la vera, propria, convinta e motivata adesione al cristianesimo.

Sulla nave, Tobias conosce Giovanni, un uomo un po' avanti con gli anni che fa parte della piccola ciurma. La madre di Giovanni, estremamente religiosa, lo ha chiamato così in onore dell'apostolo.

A partire dalla cinquantesima pagina di libro, Giovanni racconta a Tobias la sua storia che qui riassumo in pochissime frasi. 

Era un sacerdote, divenuto tale più per volere di mamma che non per la sua realizzazione. Ma, a causa di una folle relazione con una donna sposata dell'alta società, è stato non soltanto "ridotto allo stato laicale" ma escluso da tutti i sacramenti. 

Quindi, dal momento che non poteva più stare nella città di cui era diventato parroco, a causa del disprezzo dei fedeli e dei confratelli, ha deciso di cambiare vita, convivendo per gran parte dell'anno in mare aperto con i pirati e diventando, anch'egli, un pirata... A modo suo... Giovanni è un pirata "sui generis": non combatte e non ruba. Sa solo collaborare per qualche lavoro manuale che serve alla barca.

B) IL SENSO DEL VIAGGIO DELLA VITA:


In tutto il libro traspare l'idea che, per essere saggio, l'uomo debba imparare a pensare come il mare.
Dice Giovanni a Tobias, ancora all'inizio del romanzo:

Quando per la prima volta salii a bordo di questa nave non avevo mai veduto il mare. (...) Come si può capire qualcosa della vita, e capire a fondo se stessi, se non lo si è imparato dal mare? Come si può comprendere gli uomini e la loro vita, il loro vano sforzarsi e il loro inseguire mete bizzarre, prima di aver spaziato con lo sguardo sul mare, che è sconfinato e basta a se stesso? Prima di aver imparato a pensare come il mare e non come quelle inquiete creature che s'illudono di dover  sempre avere una direzione e che questa sia la cosa più importante di tutte, che la meta dia un senso alla loro vita. (...) Prima di essere diventati indifferenti e liberi come il mare e di lasciarsi portare alla deriva senza meta, nell'ignoto, all'incertezza come all'unica cosa certa, l'unica veramente sicura, alla fine. Prima di aver imparato tutto ciò.

In un brano di cui non ricordo più il titolo (ed è questo il guaio dell'avvicinarsi inesorabilmente alla trentina, la memoria che inizia a perdere qualche colpo😂), Marco Mengoni cantava "il senso del viaggio è la meta". 

Non condivido più, perché ritengo che il senso del viaggio stia soprattutto nel viverlo, sia nel caso di un viaggio vero e proprio sia inteso in senso esistenziale. Probabilmente il senso della vita consiste nelle tappe che consentono, pian piano, di arrivare alla meta desiderata. Tuttavia, Giovanni ha vissuto tre tappe esistenziali, ovvero infanzia, adolescenza e giovinezza, facendo esclusivamente ciò che gli altri si aspettavano da lui e, soprattutto, nutrendo la convinzione di essere destinato soltanto alla fede e al "darsi completamente a Dio":

Alla fine venne in gran giorno, certo il più importante nella vita di mia madre, quando fui ordinato prete. Anche per me fu un giorno importante, ero preso dall'ansia di essere posto dinanzi al volto di Dio in veste di suo servitore, e colmo di un desiderio vivissimo di servirlo veramente, e di amore per la mia missione.

C) AMORE VERO O BISOGNO?!

Torniamo ora al rapporto bollente, fatto soltanto di notti infuocate, tra Giovanni e la donna aristocratica senza nome, quella che potremmo chiamare anche "l'adultera". 

E' vero amore? Qualsiasi lettore minimamente attento ai contenuti del libro darebbe una risposta negativa. Nel luogo più impensabile, cioè, nel confessionale, la donna, decisamente più adulta di un Giovanni venticinquenne da poco uscito dal seminario, riesce a sedurlo e a soddisfare, soltanto per un certo numero di notti, un furente desiderio carnale che è ben lontano da un affetto sincero e dal voler veramente bene all'altro. 

Puntualmente infatti, quando sopraggiungono le luci dell'alba, iniziano a litigare animatamente.

Giovanni e la signora si incontrano sempre nell'oscurità del confessionale e si uniscono nella completa oscurità, ma prima, si incontrano nel buio della ricca dimora di quest'ultima, nella stessa camera. E le prime luci del giorno rivelano la loro insoddisfazione oltre che la loro non autenticità. E, a lungo andare, entrambi si rendono conto di essere intrappolati in una vita infelice: la donna è sposata con un uomo che non ama affatto (o non ama più?) mentre Giovanni si allontana sempre di più dalla vocazione che fino ad allora aveva intrapreso senza maturità.

Entrambi, nel periodo in cui si frequentano e "si sfogano", si trovano costretti a mentire a chi li circonda, almeno finché non vengono scoperti:

(...) la nostra falsità verso il mondo esterno aumentava, eravamo costretti a mentire sempre più per nascondere il nostro segreto. E' straordinario quanto si debba mentire una volta che si è incominciato. Come si debba aggiungere menzogna a menzogna che lo si voglia oppure no, fin quando non si rimane circondati da una rete ingarbugliata di bugie e di mezze verità che non si è più capaci di sbrogliare.

D) LA FEDE COME MORALISMO E LA FEDE COME RICERCA:

Ma, quando la madre di Giovanni scopre da sola la verità, dentro di lei si scatena una bestia perché è come se revocasse tutto l'affetto: maledice il figlio, gli predice le pene dell'inferno più terribili... E la gente del paese si comporta in maniera simile quando la causa della riduzione allo stato laicale di Giovanni diviene di pubblico dominio:

Non potevo uscire per strada senza che qualcuno mi rivolgesse ingiurie- gli epiteti più volgari che si potessero scovare- e i bambini mi tiravano sassi. Ci fu persino che mi sputò in faccia o cercò di farlo. Mi davano la caccia come cani rabbiosi, dappertutto ero perseguitato non appena mi facevo vedere e in casa subivo lo stesso trattamento da mia madre, astiosa e incollerita. Ovunque andassi mi perseguitavano. La bestia umana mi dava la caccia!

Si scatena la bestia umana di quei cristiani che, mancando di umanità nell'additare e nel condannare gli errori degli altri, sono saldamente ancorati ad una fede religiosa che corrisponde in tutto e per tutto al moralismo.

Ovviamente a mio avviso l'errore "di lussuria" è piuttosto grave da parte di entrambi, sia perché sono due credenti di una comunità (e uno è consacrato!) sia perché sono esseri umani legati anche da promesse di fedeltà, da doveri giuridici e da regole che, mentre si accingevano ad intraprendere un percorso, hanno accettato, teoricamente "da persone adulte e consapevoli". 

Tuttavia le reazioni della società di fronte alla relazione tra un sacerdote e una donna sposata appaiono davvero terribili.

Nel corso di questo romanzo sono contrapposti due modi di vivere la fede: una decisamente normativa, che a me non piace per niente, anzi, mi infastidisce dal momento che è legata troppo ai dogmi e ai moralismi e troppo poco all'empatia e alla misericordia, soprattutto quando, con arroganza e folle cattiveria, si compiace nel predire le pene dell'inferno a chi sbaglia. E' una forma di fede tutt'altro che morta, purtroppo, e la causa è soprattutto la poca, anzi, distorta educazione e formazione alla fede che viene fatta ai laici cristiani praticanti.

L'altra invece, come dice il critico Fulvio Ferrari, è una religiosità senza chiese e senza certezze, aperta alla burrasca dell'esperienza, sempre tesa ad un assoluto sfuggente.

Entrambe le modalità di vivere ed affrontare la fede religiosa sono difettose. 

Anche questa nuova "religiosità" di Giovanni è abbastanza riduttiva visto che si tratta di una fede individuale: infatti non trova riscontro in nessun altro essere umano che viva o che abbia vissuto una simile situazione spirituale. Giovanni non può quindi condividere dubbi,  esperienze, errori, tantomeno l'umiliazione di essere stato escluso e cacciato dalla propria comunità cristiana. Certo, c'è Tobias, che però è soltanto di passaggio e non gli rivela il suo vissuto né il suo rapporto con la fede religiosa. Per questo da lettrice mi chiedo: il credo di Tobias è veramente ancorato alla vita?

Concludo con una constatazione che deriva dalla mia esperienza personale a proposito di ambienti di fede: certamente a molti di noi capita di rimanere molto amareggiati e delusi sia da certi limiti in ambito umano di figure religiose sia da certi comportamenti di laici che ruotano intorno ad alcuni ambienti parrocchiali. 

Tuttavia, una cosa devo proprio ammetterla volentieri: sono stati, negli ultimi due anni, proprio gli ambienti diocesani cristiani a farmi i regali più belli dal punto di vista relazionale. 


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