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19 giugno 2024

Giuseppe Parini e il degrado morale dell'aristocrazia:

Giuseppe Parini è l'autore del poema Il Giorno, satira antinobiliare suddivisa in quattro parti: Il Mattino, Il Meriggio, Il Vespro e La Notte.

A) CONTENUTI E INTENTI:

Il tema cardine del Giorno è la giornata tipica di un giovane aristocratico.

In quest'opera Parini si propone come precettore del giovin signore, personaggio principale del poema. 

In realtà il poeta finge di educare il protagonista per mettere in luce prima di tutto gli immeritati privilegi di cui l'aristocrazia gode e poi smaschera anche i vizi del giovane e l'assenza di vita interiore della nobiltà italiana del XVIII° secolo.

All'interno del poema l'ironia è palese soprattutto nei punti in cui il poeta sacralizza oggetti e personaggi: il giovin signore è definito come gemma degli eroi, la toilette della dama ara tutelar di sua beltade.

13 giugno 2024

"Il sole si spegne", O. Dazai:

Il sole si spegne è un romanzo parzialmente epistolare e di natura storico-sociale. 

La prima traduzione italiana risale al 1992.

A) CONTENUTI:

1946. La classe aristocratica giapponese è in via d'estinzione.

La protagonista della narrazione è Kazuko, una ventinovenne divorziata che vive con la madre nella vecchia casa di famiglia. Tuttavia, le due donne si ritrovano costrette a vendere la loro grande dimora in via Nishikata per serie difficoltà economiche e, naturalmente, su incitazione e pressione del pragmatico zio Wada, il quale trova per loro un'altra casa in campagna ma più piccola e più modesta:

A pian terreno c'erano due stanze piuttosto grandi, una sala da ricevere di stile cinese, un atrio ed il bagno, oltre alla sala da pranzo e alla cucina. Sopra c'era una stanza di moda straniera, con un gran letto. La casa era tutta qui, ma io pensai che non sarebbe stata stretta per due persone, e nemmeno per tre, se fosse tornato Naoji.

All'inizio del romanzo, Naoji, il fratello della protagonista, risulta tra i soldati dispersi a seguito delle operazioni militari nel sud del Pacifico. Ma, verso metà romanzo, il giovane ricompare, irrimediabilmente rovinato dalla dipendenza da oppio e da alcolici.

Kazuko trova il diario del fratello, nel quale vi sono dure critiche all'aristocrazia e un cupo pessimismo verso la vita. 

Riporto alcune frasi:

"Giustizia? Non c'è, dove si trova la cosiddetta lotta di classe. Umanità? Non essere sciocco. Lo so. Significa abbattere il tuo simile a vantaggio della tua felicità privata. Uccidere. Che senso ha, a meno che non ci sia un verdetto di morte? A nulla serve l'inganno. Nemmeno nella nostra classe vi sono persone decenti. Idioti, spettri, ladruncoli, cani, pazzi, millantatori, vaniloqui, piscio da sopra le nubi."

Naoji non riesce più ad identificarsi con la nobiltà ma nemmeno con la classe popolare.

D'altra parte, ritengo opportuno trascrivere lo stato d'animo di Kazuko non così diverso da quello di Naoji:

Sensazione di impotenza, come se non fosse più possibile continuare a vivere. Onde di dolore battono incessanti sul mio cuore, come dopo una tempesta le nuvole bianche fuggono impazzite per il cielo. A volte dinanzi ai miei occhi ogni cosa diventa nebbia e oscurità, e sento che la forza di tutto il mio corpo mi scivola via fra le dita. Tutto quel che faccio mi estenua.

Importanti, all'interno di questo classico della letteratura giapponese, sono anche le lettere di Kazuko ad Hosoda Uehara, artista e scrittore conosciuto alcuni anni prima che tuttavia non le risponde mai. Nelle lettere della protagonista del romanzo, la sigla M.C. sta quasi sempre per "Mio Caro" ma, nell'ultimo messaggio, le stesse iniziali alludono all'espressione, esplicitata, di "Mio Commediante".

Oltretutto, nell'ultima lettera, Kazuko definisce se stessa e Uehara come "vittime di un periodo transitorio della moralità".

Kazuko si trova ad attraversare un periodo difficile per lei, in cui alcuni importanti elementi della cultura occidentale, come il concetto di industrializzazione e di società di massa, fanno il loro ingresso nel mondo nipponico, determinando la scomparsa della classe nobiliare giapponese.

Quando Kazuko era sposata, il marito sospettava di venire tradito. 

Ecco qui una parte di dialogo tra madre e figlia:

"Quando ti dissi che mi avevi tradito non fu perché tu avevi lasciato la casa di tuo marito. Fu perché avevo appreso da lui che tu e il pittore Hosoda eravate amanti. Quella notizia mi venne come un colpo terribile. Il signor Hosoda era già sposato, da parecchi anni, ed aveva dei figli. Sapevo che la cosa non sarebbe approdata a nulla, per quanto tu lo amassi."

"Amanti... che cosa dici? Altro non era se non un sospetto infondato da parte di mio marito".

All'interno di questi scritti epistolari, Kazuko idealizza Uehara ma, quest'altissima opinione che lei ha, svanisce dopo averlo re-incontrato in un'osteria: la notte del loro incontro infatti Uehara è ubriaco fradicio e si dimostra tutt'altro che l'essere idilliaco con il quale lei vaneggiava di avere figli.

B) FINALE DEL LIBRO:

Naoji si suicida lasciando una lettera alla sorella in cui sostiene che gli esseri umani hanno il diritto di scegliere se vogliono vivere o morire:

Kazuko. 

Non serve. Me ne vado. Non so pensare il più tenue motivo per cui continuare a vivere. Solo quelli che hanno voglia di continuare a vivere debbono farlo. Così come un uomo ha il diritto di vivere, egli deve avere anche il diritto di morire. NOn c'è niente di nuovo in quel che penso: solo la gente ha un'avversione quanto mai inesplicabilw-per non dire primitiva- contro questa idea e si rifiuta di accettarla così com'è.

C) IL SIMBOLO DELLA SERPE:

Premesso che questo animale mi suscita sensazioni di disgusto miste a paura, in questo libro, i serpenti compaiono piuttosto di frequente.

Le serpi, in questo romanzo, sono prima di tutto dei presagi di morte. 

Eccovi alcuni esempi:

-Un giorno prima che la madre di Kazuko muoia di tubercolosi, la figlia trova una serpe nera accovacciata sulla veranda.

-Quando, anni prima, il padre della protagonista è in agonia, Kazuko nota che molte serpi si sono avvinghiate ai rami degli alberi del giardino.

D) ALCUNE NOTIZIE BIOGRAFICHE SU OSAMU DAZAI:

Osamu Dazai è stato indubbiamente una personalità talentuosa ma problematica.

Nato nel 1909 da una famiglia di aristocratici proprietari terrieri, a 25 anni aveva già tentato il suicidio per tre volte e a 26 era diventato morfinomane. Si era iscritto alla facoltà di letteratura dell'Università di Tokyo anche se, pur risultando brillante, non ha mai concluso gli studi.

Ha avuto diverse relazioni sentimentali e, per il Giappone del secolo scorso, Dazai era ritenuto un personaggio scandaloso e immorale.

Il 1947 è stato l'anno della sua fama letteraria dal momento che sono stati pubblicati due suoi romanzi: La moglie di Villon e Il sole si spegne

D'altro canto, il 1947 è stato anche l'anno del suo suicidio riuscito (si è annegato nelle acque del lago di Tamagawa nei pressi di Tokyo).

6 giugno 2024

"Il giardino dei ciliegi", A. Cechov:

Il giardino dei ciliegi è l'ultima opera teatrale di Anton Cechov. 
E' ambientata nella Russia di inizio Novecento ed è stata rappresentata per la prima volta da Stanislavskij nel gennaio 1904 al Teatro d'Arte di Mosca.

1) CONTENUTI E TEMI:

Questione centrale, in questo dramma, è una villa in campagna messa in vendita all'asta; mentre invece i temi principali sono il tramonto della classe nobiliare e il conseguente delinearsi del sistema di valori borghesi. 

E' molto importante tener presente che la casa e il giardino in vendita sono legati prima di tutto ad una memoria dolorosa, dal momento che per la protagonista Ljuba rappresentano i ricordi di buona parte della sua vita e purtroppo... la tragica morte del figlio bambino:

LJUBA= Il mio Griscia... il mio bambino... Griscia... bambino mio... Mio figlio è morto annegato...

D'altra parte però, la vendita della casa e del giardino dei ciliegi per Ania rappresenta un'opportunità di futuro, di inizio di una nuova vita.

2) PRESENTAZIONE DEI PERSONAGGI:

FIRS= E' il più anziano ed è decisamente uno zarista che rinnega l'abolizione della servitù della gleba. La sua malattia, alla fine del quarto atto, è una metafora che accentua maggiormente la decadenza dell'aristocrazia, come d'altronde le frasi conclusive del dramma:

FIRS= La vita è passata, e io... è come se non l'avessi vissuta. Sdraiamoci qua... Non ho neanche più la forza... dov'è andata a finire? Se n'è andata, la forza... se n'è andata...

Si sente un suono remoto dal cielo: il suono d'una corda di violino che si spezza, un suono triste, moribondo... Torna il silenzio, e si sente solo, lontana, la scure che s'abbatte su un albero.

LJUBA= Si tratta di una donna infelice, proprietaria della villa di campagna, che rappresenta l'aristocrazia incapace di gestire il patrimonio economico.

GAIEV= E' il fratello di Ljuba ed è emblema della nobiltà vuota che non sa trovare significato alla vita.

TROFIMOV= E' un intellettuale di idee bolsceviche.

CHARLOTTA= La governante della villa, di umili origini.

LOPACHIN= Giovane pragmatico, concreto,  materialista e intraprendente, è simbolo della borghesia mercantile.

Riporto alcune citazioni che dimostrano le caratteristiche appena enunciate di Lopachin:

LOPACHIN= "Lei (a Liuba) sa che il giardino dei ciliegi di sua proprietà dev'essere venduto per pagare i debiti... lottizzando il giardino dei ciliegi e tutta la proprietà lungo il fiume in appezzamenti da affittare per costruire villini, lei avrà una rendita netta netta di venticinquemila rubli l'anno.

LOPACHIN= A un certo punto bisogna decidersi: il tempo stringe. La questione è di una semplicità elementare. I terreni, li volete lottizzare o no?

VARVARA= E' la figlia adottiva di Liuba. Realista e volitiva, è innamorata di Lopachin.

ANIA= L'ingenua e pura figlia di Liuba.

3) I CILIEGI:

Si tratta di frutti che, in questo contesto, rimandano ad una sensazione di profonda malinconia, dovuta all'inesorabile fine di un'epoca, che permea il contenuto dell'opera.

(In Giappone l'albero di ciliegio è un richiamo alla vita terrena, unica, bella eppure effimera).

4) ALCUNI COLLEGAMENTI INTERTESTUALI:

4a) LA PRECARIETA' NELLE VITE DEI SALTIMBANCHI:

-CHARLOTTA= Non ho un vero passaporto; non so quanti anni ho, e mi sento sempre come una ragazzina... Quando ero bambina mio padre e mia madre giravano per le fiere, facevano i saltimbanchi: erano bravi... Io facevo il salto mortale e altri numeri.

Contemporaneamente a questo dramma teatrale di Cechov, in Europa; e soprattutto in Arte e in Letteratura, si mettevano in luce le condizioni di vita tristi e precarie dei saltimbanchi da circo.

Pensate ad esempio al dipinto di Picasso La famiglia dei saltimbanchi. Pur essendo una famiglia, i tristi personaggi appaiono isolati e sconnessi tra loro su uno sfondo desertico, all'insegna di una certa incomunicabilità.

C'è un'altra opera di Picasso, intitolata Acrobata e giovane equilibrista, che ben delinea la sofferenza interiore dei due personaggi, soli e senza radici. Sullo sfondo, gli unici elementi che riusciamo a distinguere tra le colline aride sono un bambino, una cane e un cavallo.


Non so quanti di voi la conoscano, ma anche Il circo, di Georges Seurat, trasmette una sensazione di tristezza e incomunicabilità data dalla netta contrapposizione tra l'entusiasmo (forzato) di chi esegue il numero e l'indifferenza del pubblico sugli spalti.

Il film Il circo di Chaplin, permeato di poesia, delinea bene la condizione di vagabondaggio, instabilità e malinconia di acrobati, cavallerizzi e saltimbanchi, soprattutto nel finale in cui Chaplin vede allontanarsi i carrozzoni del circo per il quale, per un determinato periodo, ha prestato servizio.

Passando alla letteratura moderno-contemporanea, Opinioni di un clown dell'autore tedesco Heinrich Boll è un romanzo in cui il protagonista Hans, volendo inseguire la sua aspirazione di clown, si ritrova isolato, incompreso ed emarginato dalla società oltre che senza soldi e senza successo

4b) LA NATURA È INDIFFERENTE ALLA CONDIZIONE UMANA?

-GAIEV= Oh natura divina, tu che splendi di eterna luce, stupenda e indifferente, tu, che noi chiamiamo madre, e in te racchiudi la vita e la morte, tu tomba e grembo...

I vaneggiamenti di Gaiev in questo punto mi richiamano Leopardi, o meglio, l'evoluzione del suo pensiero a proposito della natura: se infatti, il Leopardi ventenne dialogava con una luna che sembrava ascoltare il suo dolore (Ma nebuloso e tremulo dal pianto/che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci/il tuo volto apparia, che travagliosa /era mia vita: ed è...), il Leopardi del Canto notturno di un pastore errante dell'Asia avverte la luna e la natura come entità completamente indifferenti alla condizione umana (Dimmi, o luna: a che vale/al pastor la sua vita,/la vostra vita a voi? dimmi: ove tende/questo vagar mio breve,/il tuo corso immortale?).