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13 giugno 2024

"Il sole si spegne", O. Dazai:

Il sole si spegne è un romanzo parzialmente epistolare e di natura storico-sociale. 

La prima traduzione italiana risale al 1992.

A) CONTENUTI:

1946. La classe aristocratica giapponese è in via d'estinzione.

La protagonista della narrazione è Kazuko, una ventinovenne divorziata che vive con la madre nella vecchia casa di famiglia. Tuttavia, le due donne si ritrovano costrette a vendere la loro grande dimora in via Nishikata per serie difficoltà economiche e, naturalmente, su incitazione e pressione del pragmatico zio Wada, il quale trova per loro un'altra casa in campagna ma più piccola e più modesta:

A pian terreno c'erano due stanze piuttosto grandi, una sala da ricevere di stile cinese, un atrio ed il bagno, oltre alla sala da pranzo e alla cucina. Sopra c'era una stanza di moda straniera, con un gran letto. La casa era tutta qui, ma io pensai che non sarebbe stata stretta per due persone, e nemmeno per tre, se fosse tornato Naoji.

All'inizio del romanzo, Naoji, il fratello della protagonista, risulta tra i soldati dispersi a seguito delle operazioni militari nel sud del Pacifico. Ma, verso metà romanzo, il giovane ricompare, irrimediabilmente rovinato dalla dipendenza da oppio e da alcolici.

Kazuko trova il diario del fratello, nel quale vi sono dure critiche all'aristocrazia e un cupo pessimismo verso la vita. 

Riporto alcune frasi:

"Giustizia? Non c'è, dove si trova la cosiddetta lotta di classe. Umanità? Non essere sciocco. Lo so. Significa abbattere il tuo simile a vantaggio della tua felicità privata. Uccidere. Che senso ha, a meno che non ci sia un verdetto di morte? A nulla serve l'inganno. Nemmeno nella nostra classe vi sono persone decenti. Idioti, spettri, ladruncoli, cani, pazzi, millantatori, vaniloqui, piscio da sopra le nubi."

Naoji non riesce più ad identificarsi con la nobiltà ma nemmeno con la classe popolare.

D'altra parte, ritengo opportuno trascrivere lo stato d'animo di Kazuko non così diverso da quello di Naoji:

Sensazione di impotenza, come se non fosse più possibile continuare a vivere. Onde di dolore battono incessanti sul mio cuore, come dopo una tempesta le nuvole bianche fuggono impazzite per il cielo. A volte dinanzi ai miei occhi ogni cosa diventa nebbia e oscurità, e sento che la forza di tutto il mio corpo mi scivola via fra le dita. Tutto quel che faccio mi estenua.

Importanti, all'interno di questo classico della letteratura giapponese, sono anche le lettere di Kazuko ad Hosoda Uehara, artista e scrittore conosciuto alcuni anni prima che tuttavia non le risponde mai. Nelle lettere della protagonista del romanzo, la sigla M.C. sta quasi sempre per "Mio Caro" ma, nell'ultimo messaggio, le stesse iniziali alludono all'espressione, esplicitata, di "Mio Commediante".

Oltretutto, nell'ultima lettera, Kazuko definisce se stessa e Uehara come "vittime di un periodo transitorio della moralità".

Kazuko si trova ad attraversare un periodo difficile per lei, in cui alcuni importanti elementi della cultura occidentale, come il concetto di industrializzazione e di società di massa, fanno il loro ingresso nel mondo nipponico, determinando la scomparsa della classe nobiliare giapponese.

Quando Kazuko era sposata, il marito sospettava di venire tradito. 

Ecco qui una parte di dialogo tra madre e figlia:

"Quando ti dissi che mi avevi tradito non fu perché tu avevi lasciato la casa di tuo marito. Fu perché avevo appreso da lui che tu e il pittore Hosoda eravate amanti. Quella notizia mi venne come un colpo terribile. Il signor Hosoda era già sposato, da parecchi anni, ed aveva dei figli. Sapevo che la cosa non sarebbe approdata a nulla, per quanto tu lo amassi."

"Amanti... che cosa dici? Altro non era se non un sospetto infondato da parte di mio marito".

All'interno di questi scritti epistolari, Kazuko idealizza Uehara ma, quest'altissima opinione che lei ha, svanisce dopo averlo re-incontrato in un'osteria: la notte del loro incontro infatti Uehara è ubriaco fradicio e si dimostra tutt'altro che l'essere idilliaco con il quale lei vaneggiava di avere figli.

B) FINALE DEL LIBRO:

Naoji si suicida lasciando una lettera alla sorella in cui sostiene che gli esseri umani hanno il diritto di scegliere se vogliono vivere o morire:

Kazuko. 

Non serve. Me ne vado. Non so pensare il più tenue motivo per cui continuare a vivere. Solo quelli che hanno voglia di continuare a vivere debbono farlo. Così come un uomo ha il diritto di vivere, egli deve avere anche il diritto di morire. NOn c'è niente di nuovo in quel che penso: solo la gente ha un'avversione quanto mai inesplicabilw-per non dire primitiva- contro questa idea e si rifiuta di accettarla così com'è.

C) IL SIMBOLO DELLA SERPE:

Premesso che questo animale mi suscita sensazioni di disgusto miste a paura, in questo libro, i serpenti compaiono piuttosto di frequente.

Le serpi, in questo romanzo, sono prima di tutto dei presagi di morte. 

Eccovi alcuni esempi:

-Un giorno prima che la madre di Kazuko muoia di tubercolosi, la figlia trova una serpe nera accovacciata sulla veranda.

-Quando, anni prima, il padre della protagonista è in agonia, Kazuko nota che molte serpi si sono avvinghiate ai rami degli alberi del giardino.

D) ALCUNE NOTIZIE BIOGRAFICHE SU OSAMU DAZAI:

Osamu Dazai è stato indubbiamente una personalità talentuosa ma problematica.

Nato nel 1909 da una famiglia di aristocratici proprietari terrieri, a 25 anni aveva già tentato il suicidio per tre volte e a 26 era diventato morfinomane. Si era iscritto alla facoltà di letteratura dell'Università di Tokyo anche se, pur risultando brillante, non ha mai concluso gli studi.

Ha avuto diverse relazioni sentimentali e, per il Giappone del secolo scorso, Dazai era ritenuto un personaggio scandaloso e immorale.

Il 1947 è stato l'anno della sua fama letteraria dal momento che sono stati pubblicati due suoi romanzi: La moglie di Villon e Il sole si spegne

D'altro canto, il 1947 è stato anche l'anno del suo suicidio riuscito (si è annegato nelle acque del lago di Tamagawa nei pressi di Tokyo).

A conclusione del seguente post vorrei riportare un commento critico sul retro della copertina della vecchia Edizione Feltrinelli:

Non è improbabile che qualche giornalista possa scrivere che "Il sole si spegne" è "Il Gattopardo" del Giappone: qui e là s'adombra la storia  di una aristocrazia declinante, qui e là il sorgere di un mondo nuovo, trionfante ma privo d'idealità, contemplato con distacco e ironia; entrambi gli autori furono aristocratici di antica pianta. Entrambi i romanzi sono elegie sulla morte.

Non avrei finito con questa serie di post sul declino nobiliare. Pensavo a due estratti, per la prossima settimana, del "Giorno" di Parini, opera sulla mancanza di morale e di interiorità dell'aristocrazia del pieno Settecento. Farò in modo di farvi piacere Parini... sia la storia della letteratura italiana sia la linguistica italiana devono molto anche a questa figura di intellettuale riservato, schivo ma dotato di un ammirevole senso di integrità oltre che naturalmente di grande senso civico ed etico.



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