Inizia da stasera un percorso tematico legato all'elemento del mare e dei paesaggi marittimi.
A me indubbiamente il mare come luogo di vacanze è sempre piaciuto. Però il mio ideale di ferie è un altro... Una meta molto interessante e suggestiva di vacanze, condivisa anche da Matthias in termini di gusti, è indubbiamente una località con lago alpino in piena estate: camminate la mattina e sunbathing per il resto della giornata (l'inglese ha questo termine che rende bene l'idea, meglio della lingua italiana una volta tanto).
Il massimo per me sarebbe: lago alpino in estate per una settimana e tre giorni alle terme o a ottobre oppure tra Natale e Capodanno.
Inizio la serie di post sui paesaggi marittimi con il secondo poema epico di Omero. Verso la fine del mese di settembre compariranno i contributi di Matthias sulla tematica marina a proposito di un film e di alcuni personaggi di un fumetto.
STRUTTURA E CONTENUTI:
L'Odissea è composta da 24 libri in versi esametri.
A loro volta questi 24 libri possono essere suddivisi in tre blocchi:
-la Telemachia,
-I viaggi di Odisseo,
-Il ritorno del protagonista ad Itaca e la sconfitta dei Proci.
Riassumo qui i contenuti fondamentali del poema: nei primi quattro libri Telemaco, figlio di Odisseo, desidera liberare la reggia dai Proci, i pretendenti della madre Penelope.
Il protagonista compare soltanto indirettamente, attraverso le narrazioni dei suoi vecchi compagni.
I primi quattro libri vengono denominati "Telemachia".
A partire dal quinto libro iniziano i viaggi dell'eroe: Odisseo è a Ogigia, isola in cui è trattenuto dalla ninfa Calipso. Ermes, inviato da Zeus, ordina a Calipso di lasciarlo andare.
Alla fine di questa sezione avviene un naufragio a causa di una tempesta. Il protagonista approda all'Isola dei Feaci, incontra Nausicaa e viene ospitato nel palazzo reale del re Alcinoo.
Durante un banchetto Odisseo narra le sue avventure. Questa seconda sezione si conclude con la partenza dell'eroe.
Nell'ultimo blocco, Odisseo sbarca ad Itaca e incontra la dea Atena che gli suggerisce che cosa fare: si finge dunque un mercante cretese e rivela la sua vera identità soltanto al figlio Telemaco. Padre e figlio escogitano poi un piano per liberarsi dei Proci: Odisseo entra nella reggia fingendosi un mendicante in modo tale da poter chiedere ospitalità. Viene riconosciuto dal cane Argo e dalla serva Euriclea ma non da Penelope. L'eroe mascherato da povero suggerisce alla regina di indire una gara tra i Proci con l'arco che soltanto lui riesce a tendere: tutti i Proci falliscono, tranne Odisseo che li uccide tutti con quest'arma. Avviene allora il riconoscimento di Penelope del marito.
Il poema si conclude con la visita al vecchio Laerte, padre di Odisseo.
ODISSEO È L'ORIGINE DELLA MITOLOGIA MARINARA?
Rispondo con una citazione tratta da Raccontare il mare, un saggio di Bjorn Larsson, critico letterario svedese, appassionato velista e docente di letterature comparate in varie università francesi:
Ulisse è condannato dagli dei ad errare di isola in isola, di avventura in avventura, di insuccesso in insuccesso perché, per quanto coraggioso, le sue competenze in fatto di navigazione lasciano piuttosto a desiderare. Ulisse in realtà non padroneggia la sua reputazione di marinaio. In primo luogo è un soldato che vuole tornare a casa. (...) Se anche non soffre il mal di mare, è affetto da una forma grave di nostalgia della sua isola e della moglie.
IL MARE IN ALCUNI PASSAGGI DELL'ODISSEA:
Ho selezionato e analizzato i passaggi più significativi a proposito del mare: in alcuni versi è un elemento naturale in cui è possibile ammirare il sorgere del sole, in altri invece è tempestoso, pericoloso. Infatti si tratta un luogo che, in alcune circostanze meteorologiche, può mettere in pericolo la vita degli uomini e degli eroi.
Oltretutto, in questa parte del post, mi soffermo sul lessico marino del greco omerico.
a) Libro III°, vv.1-3:
Siamo all'inizio del terzo libro, momento in cui Odisseo giunge a Pilo.
Il sole salì, lasciando il mare bellissimo,
nel cielo di bronzo, per brillare agli eterni
e ai mortali sopra la terra dono di biade.
Che bello, se chiudo gli occhi riesco a immaginarlo!
Per dare l'idea dell'inizio di un nuovo giorno qui si fa ricorso ad un verbo composto da ἀνά ("di nuovo") e da ὄρνυμι ("alzarsi"). Il sole sorge sulle fatiche degli uomini, sorge ogni giorno.
Il termine λίμνη indica il mare sia in epica sia nelle tragedie di Eschilo.
L'espressione "cielo di bronzo" allude alla compattezza della volta celeste.
Per ultimo segnalo il verbo φαείνω che dà l'idea di luce e di splendore.
b) Libro V°, vv.400-405:
Ma quando fu tanto lontano quanto si giunge con il grido,
ecco udì il rombo del mare contro gli scogli:
urlava l'onda gonfia contro le secche del lido,
sputando paurosamente: la schiuma del mare tutto copriva.
Non c'erano porti rifugio di navi, non baie,
erano punte sporgenti e scogli e roccioni.
δοῦπος è il termine per indicare il cupo suono di un rombo.
σπιλάς è lo scoglio e il suo sinonimo è πέτρα, rupe, identico al latino petra,e.
κῦμα è l'onda. Il medesimo termine è ricorrente nella tradizione letteraria dell'Antica Grecia, soprattutto in due espressioni: ῥιπὰς κυμάτων, ovvero, "correnti delle onde" e πόντον κῦμα, cioè, "onde marine", presente nelle tragedie di Eschilo.
ἄχνη indica la schiuma marina. Il corrispondente latino è "acus".
Tuttavia, in alcuni passaggi delle opere di Eschilo, troviamo ἄχνη πυρός, "fumo".
Libro V°, vv.v.425-435:
Ecco un'immane ondata lo trascinò contro l'aspra costiera;
e qui si lacerava la pelle, si rompeva le ossa,
se nell'animo non lo ispirava Atena occhio azzurro:
a due mani, d'un balzo, strinse la roccia,
stette accanto gemendo, finché passò l'onda enorme.
E così evitò l'onda; ma ancora il risucchio
lo attirò con violenza, lo gettò in mare lontano.
Come quando si strappa un polipo fuori dal covo,
mille piccoli sassi ai tentacoli stanno attaccati,
così delle mani gagliarde contro la roccia
si strappò la pelle: e lo sommerse l'enorme flutto.
Ispirato da Atena, Odisseo riesce ad aggrapparsi ad uno scoglio ma il risucchio lo rigetta in mare. La tempesta è talmente violenta che pezzi della sua pelle rimangono attaccati allo scoglio.
Interessante, in questo passaggio, è la similitudine del polipo: Teognide, poeta lirico, ha fatto del polipo un simbolo di versatilità che è debitore proprio dell'episodio del naufragio narrato in questo libro dell'Odissea.
πουλύποδος, "polipo", risulta molto simile a πολύτροπον, "versatile", aggettivo al quale si ricorre per definire Odisseo.
Libro IX°, vv.560-564:
Ma come, figlia di luce, brillò l'Aurora dalle dita rosate,
allora spronando i compagni ordinai
di salire sulla nave e di sciogliere la gomena.
Subito quelli salivano e sui banchi sedevano,
e in fila seduti battevano il mare schiumoso coi remi.
In questo passaggio Odisseo e i compagni stanno scappando dall'isola di Polifemo.
Aurora dalle dita rosate è un epiteto omerico che indica il colore del cielo durante l'alba. In effetti nel testo ho cerchiato la parola Ἠώς, "aurora". Questo termine pare sia figlio dalla radice proto-indoeuropea *h2ewsos.
Da questa radice ricostruita deriva anche usra in antico indiano.
La lingua italiana ha ereditato identica la parola "aurora", mentre invece "alba" proviene da albus, "bianco", da cui il frequente ablativo assoluto albente caelo, "all'alba". Tra i supporti rigidi della scrittura, gli antichi Romani avevano anche le tavolette di legno che erano abbastanza spesso dealbatae, cioè imbiancate. Poi c'erano anche i supporti più flessibili come il papiro e la pergamena, ottenuta da pelli di animali raschiate e fatte essicare.
Sia Aurora che Alba sono anche nomi femminili.
C'è differenza tra l'aurora e l'alba: la prima richiama proprio al sole che sorge, la seconda invece si riferisce al periodo che intercorre tra la notte e il giorno e quindi ai primi chiarori del cielo.