Questa frase, che io considero una preziosa perla di saggezza, è l'insegnamento principale che l'illuminista francese Voltaire intendeva dare ai lettori del suo romanzo filosofico intitolato "Candido".
In "Candido", viene narrata con uno stile molto chiaro e incisivo, la storia di Candido, un giovane molto ingenuo che si affida alla guida di Pangolss, il suo maestro che è uno zelante sostenitore della filosofia di Leibniz. E' quindi convinto che il nostro mondo sia il migliore dei mondi possibili.
Candido cresce in un castello e conosce la giovane figlia del castellano, con la quale instaura segretamente una relazione amorosa. Quando però , i due giovani amanti vengono scoperti dal padre di Cunegonda, Candido, per volere di quest'ultimo, è costretto a lasciare il castello e a girovagare per il mondo in compagnia di Pangloss.
Da quel momento, Candido, oltre a vivere innumerevoli traversie personali e oltre a dover
affrontare situazioni molto pericolose (con Pangloss, viene catturato dall'Inquisizione e si salva per miracolo dalla pena di morte), incontra un'umanità sofferente, triste, angosciata. La realtà quindi, dimostra l'esatto contrario delle teorie di Pangloss, che si ostina comunque ad affermare la validità della filosofia di Leibniz.
affrontare situazioni molto pericolose (con Pangloss, viene catturato dall'Inquisizione e si salva per miracolo dalla pena di morte), incontra un'umanità sofferente, triste, angosciata. La realtà quindi, dimostra l'esatto contrario delle teorie di Pangloss, che si ostina comunque ad affermare la validità della filosofia di Leibniz.
Ecco quindi che, nonostante l'evidenza proveniente dalla realtà, troviamo una filosofia che potremmo definire pregiudizio, ovvero idea ancorata all' astrazione e strettamene connessa all' incapacità di accettare e di comprendere la verità.
Candido, nel corso delle sue intricate vicende, instaura un rapporto di amicizia con Martino, un filosofo estremamente pessimista.
Alla fine del romanzo, Candido inizia a vivere tranquillamente con Cunegonda, che diviene sua moglie e gli amici. Tuttavia, la sua condizione è tranquilla e non serena: in effetti è povero, la moglie imbruttisce ed è piuttosto scorbutica e irritabile, Pangloss si lamenta di non godere della possibilità di sfruttare il suo talento di filosofo in qualche rinomata università, Martino è intristito dalla sua convinzione che "Ovunque si sta male".
Candido, Martino e Pangloss discutono di filosofia nel giardino della casa di Candido.
Nell'ultima pagina del libro, Pangloss giustifica le disavventure del giovane innanzitutto sostenendo che, "Tutti gli eventi fomano una catena nel migliore dei mondi possibili" e dicendo a Candido che, se non avesse vissuto una lunga serie di disavventure, ora non si troverebbe con i due filosofi a discutere di cultura e di opinioni filosofiche e non mangerebbe in loro compagnia dei gustosi cedri nel giardino di casa.
Candido risponde però con un'affermanzione che solo apparentemente è conciliante:
"Ben detto. Ma bisogna coltivare il nostro giardino".
La frase di Candido è naturalmente in contrasto con i pregiudizi di Pangloss e innanziutto dimostra una critica aperta nei confronti dell'Illuminismo e della sua profonda fiducia nella ragione, ritenuta da Voltaire uno strumento limitato e non sempre adeguato a risolvere le profonde contraddizioni della via umana.
Nonostante ciò, Voltaire non si abbandona nè al pessimismo nè alla rassegnazione, ma rifiuta e denigra sia i pregiudizi sia le idee umane che, pur essendo molto evidentemente lontane dall'esperienza della realtà, vengono sostenute dagli uomini con l' assurdo pretesto di rispondere in modo esauriente a domande troppo difficili per l'intelletto umano.
"Coltiviamo il nostro giardino" significa inoltre "Coltiviamo la nostra capacità di pensare e di riflettere sulla realtà dell'esperienza". Non si dovrebbe, dunque, servirsi dei precetti altrui, soprattutto se questi non coincidono con la verifica della realtà. Secondo Voltaire, quindi, il pensiero è imprescindibile dalla realtà.
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