Dal momento che ieri ho ottenuto una valutazione stratosferica in letteratura greca, mi sento in dovere di "fare un omaggio online" al mio amato Achille! 💖💖
Sto un po' esagerando, ma non sono del tutto impazzita.Vi assicuro che il Pelide è uno dei miei eroi omerici preferiti! E ora ho tutto il tempo che voglio per presentarvelo.
Achille è figlio di Peleo e di Teti, ninfa marina. E' un semidio, dotato di forza e di grande talento militare, ma, nonostante tutto, destinato a una vita breve. Egli guida l'esercito dei Mirmidoni, popolo della Tessaglia.
Comunemente è conosciuto soprattutto per le sue crudeltà ed è spesso considerato un personaggio negativo, violento, brutale. E' vero, in certi casi lo è. Basti pensare innanzitutto all'etimologia del suo nome che, tradotta dal greco significa: "colui che reca dolore al popolo".
L'argomento dell'Iliade è proprio l'ira di Achille, definita con il sostantivo "μηνιν" (ménin) che indica "ira duratura".
A mio avviso, l'apice dell'ira di questo giovane eroe viene raggiunta nel XXII° libro dell'Iliade: egli infatti, dopo aver ucciso Ettore in un duello e dopo avergli forato i tendini dalla caviglia al calcagno per inserire due cinghie di cuoio, lo trascina con un carro fino all'accampamento degli Achei.
Priamo, re di Troia, padre di Ettore e testimone di questa azione oltremodo crudele, scoppia in pianto e definisce Achille un "uomo pazzo e violento".
Ecco, in questo punto i lettori hanno tutto il diritto di detestare il protagonista dell'Iliade che ha ucciso un giovane padre di famiglia e un marito molto mite.
Ettore è infatti un eroe molto positivo, valoroso in battaglia e dolce con i familiari. Il punto più commovente dell'Iliade a mio avviso è il colloquio tra Ettore e la moglie Andromaca, il loro addio praticamente. Commuove il fatto che un giovane guerriero possa essere capace di così tanta tenerezza, quando prende tra le braccia il figlio che doveva avere soltanto pochi mesi di vita: "E dicendo così, tese al figlio le braccia Ettore illustre: ma indietro il bambino, sul petto della balia, si piegò con un grido atterrito dall'aspetto del padre, spaventato dal bronzo e dal cimiero chiomato, che vedeva ondeggiare terribile in cima all'elmo. Sorrise il caro padre, e la nobile madre e subito Ettore illustre si tolse l'elmo e lo posò scintillante per terra, poi baciò il caro figlio e lo sollevò tra le braccia (...) "
(Iliade, VI, vv. 466-474)
Non ha ucciso soltanto Ettore, il focoso Achille. Ha ucciso il padre e i sette fratelli di Andromaca e ha trucidato anche gli altri figli di Priamo. Senza contare che egli era spesso a capo di incursioni finalizzate a saccheggiare le città alleate di Troia e a sterminare i loro abitanti. Si calcola che ne abbia distrutte circa 23 in dieci anni di guerra.
Allora, come mai il Pelide mi affascina?!
Perché nel primo libro dell'Iliade (che è quello che ho dovuto studiare per l'esame), non sembra negativo. Focoso, passionale, impetuoso sì, ma è solo più tardi che si rivela spietato e crudele.
Al contrario del cinico Agamennone, egli prova dei sentimenti.
Sono entrambi "cattivi", ma in modo diverso: Agamennone è egoista, autoritario, dispotico, arrogante. Achille è feroce in battaglia, impulsivo, iracondo... però capace di amore e di tenerezza verso Patroclo, compagno d'armi più giovane, e capace di rispetto verso la sua schiava Briseide.
Io lo ritengo più umano, insomma.
Il rapporto tra Achille e Patroclo è stato oggetto di diverse interpretazioni nel corso dei secoli.
Ci sono degli studiosi che lo ritengono un rapporto di profonda amicizia; mentre altri invece sono convinti della natura erotico-paideutica del loro rapporto. La pederastia greca era una relazione pubblicamente riconosciuta e accettata tra individui di età differente un uomo adulto (l'amante) e un ragazzo (l'amato). Il primo doveva avere più di vent'anni e il secondo invece doveva essere un adolescente.
In realtà, nonostante quest'ipotesi abbia particolarmente affascinato studiosi e lettori dell'epica, è più probabile che il rapporto tra Achille e Patroclo fosse un solidissimo legame di amicizia, dal momento che in tutta l'Iliade i due non consumano mai un rapporto carnale. Dormono, è vero, nella stessa tenda, ma entrambi con delle giovani ragazze. Non compare alcun riferimento ad eventuali orientamenti omosessuali degli eroi Achei, anche perché tutti avevano una donna al loro servizio.
E, a proposito di ciò, non trovo del tutto corretto chiamare Briseide "schiava di Achille", dal momento che Achille l'aveva addirittura sposata. Oddio, l'aveva sposata dopo averla rapita come bottino di guerra, naturalmente.
Agamennone tratta le donne come "oggetti" o come "bamboline".
Per Achille le donne sono qualcosa di più di semplici oggetti da scambiare. Egli è davvero innamorato di Briseide, descritta nel poema come una ragazza dalla bellezza simile a quella di Afrodite. Ci sono molti indizi in varie parti del poema che mi fanno pensare all'esistenza di un autentico affetto che intercorreva tra Briseide, Achille e Patroclo. Nel XIX libro, Agamennone restituisce la moglie ad Achille, disperato per la morte di Patroclo ma molto contento di aver riavuto la giovane donna. Anche Briseide è disperata per la fine di Patroclo, ma oltre al dolore per la morte di un caro amico, si dimostra angosciata per lo stato d'animo di Achille.
Dopo che Patroclo viene ucciso per mano di Ettore, si può dire che ad Achille "crolli il mondo addosso": si rifiuta di mangiare e di dormire, piange e urla. Trova un po' di pace solo nella terribile vendetta che ho descritto sopra.
Il Pelide però non è del tutto crudele, in fin dei conti ha un minimo di riguardo per un padre anziano (Priamo) a cui è stato ucciso il figlio. Ecco come si conclude l'Iliade: il re troiano si reca presso le navi degli Achei, chiede ad Achille il corpo di Ettore e il Pelide non soltanto acconsente a restituirlo ma è disposto ad interrompere la guerra per lasciare a Priamo e al popolo troiano un po' di tempo per pregare e per piangere la morte del principe.
Dopodiché, il valoroso figlio di Peleo rientra nella tenda e si sdraia accanto a Briseide.
Agamennone è negativo sin dall'inizio: nel primo libro maltratta e umilia Crise, sacerdote di Apollo e si rifiuta di restituirgli la figlia Criseide:
"Mai ti colga, vecchio, presso le navi concave, non adesso a indugiare, né in futuro a tornare, che non dovesse servirti più nulla lo scettro, la benda del dio! Io non la libererò: prima la coglierà vecchiaia nella mia casa, ad Argo, lontano dalla patria, mentre va e viene al telaio e accorre al mio letto. Ma vattene, non mi irritare, affinché sano e salvo tu parta!"
(Iliade, I, vv. 26-32)
Apollo allora, per punire questo rifiuto, fa scoppiare una terribile pestilenza presso l'esercito acheo.
Nove giorni dopo, Achille, preoccupato per il dilagare della peste, decide di istituire un'assemblea con gli altri Achei, per cercare di capire le cause del flagello. Sembra addirittura ragionevole, perché si dimostra un guerriero seriamente preoccupato per la salute e per la sorte dell'esercito. (Di per sé non spettava a lui convocare l'assemblea, ma ad Agamennone). Calcante spiega ad Achille che il flagello devastante è dovuto all'arroganza di Agamennone nei confronti di Crise. Agamennone allora critica pesantemente Calcante apostrofandolo come "profeta di sventura" e malvolentieri pensa a renderla al padre. Però, pretende che l'esercito degli Achei sia disposto ad offrirgli altri doni.
Questo desiderio del sovrano scatena la rabbia e l'indignazione di Achille: "Gloriosissimo Atride, avidissimo sopra tutti, come ti daranno un dono i magnanimi Achei? In nessun luogo vediamo ricchi tesori in comune; quelli delle città che bruciammo, quelli sono stati divisi. Non va che i guerrieri li mettano di nuovo in comune! " (Iliade, I, vv.122-126)
Agamennone minaccia allora di togliergli Briseide. E qui scatta l'ira di Achille, che si sente umiliato nel suo ruolo di combattente e che minaccia di ritirarsi dall'esercito.
Ah, un altro aspetto abbastanza importante da tener presente è la logica "molto democratica" del Pelide: se tu non mi fai torti, io non ho motivo di farti del male.
E' così. Achille afferma, durante il litigio con Agamennone, di aver accettato di partecipare alla guerra di Troia per un sentimento di fedeltà verso il sovrano degli Achei e non per odio verso i Troiani. Egli inoltre riconosce che i Troiani sono valenti in battaglia e che non verranno sconfitti tanto facilmente. Solo dopo la morte di Patroclo proverà un odio feroce per Ettore.
Anche quando i due araldi al servizio di Agamennone vengono a prendere Briseide alla tenda di Achille, egli dice loro: "Non siete colpevoli verso di me, ma Agamennone, che invia voi due per la giovane Briseide." (Iliade, I, vv. 334-335)
Achille, l'eroe-bambino:
C'è un punto in cui appare infantile e bambino nel comportamento. Quando, dopo che gli è stata sottratta la ragazza, inizia a piangere, stende le braccia verso il mare e grida all'ingiustizia "invocando la mammina"- letta in greco questa parte fa sorridere, perché si nota che Achille si esprime con vocaboli infantili e diminutivi, tipici dei bambini.-
Patetico, irrimediabilmente e decisamente patetico. D'altra parte, illustri filologi affermano che egli era poco più di un ragazzino; era intorno ai 22 anni.
Dovete immaginarvi che Achille e Agamennone siano due bambini. Il primo, che si arrabbia molto facilmente e il secondo, con la tendenza a prevalere sempre sugli altri e a non accettare mai di poter perdere nel gioco.
Il bambino Agamennone si rende conto che sta perdendo la partita e chiede all'avversario, al bambino Achille, di poter ricominciare il gioco prima ancora di finirlo. Il bambino Achille non accetta, il bambino Agamennone si irrita e comincia ad accusarlo di imbrogli. Il bambino Achille è convinto di aver giocato onestamente, di essersi guadagnato i suoi punti con abilità.
Litigano, finché il bambino Agamennone dice: "Ricominciamo la partita, altrimenti non sei più mio amico!"- e il bambino Achille gli dice: "Allora non gioco più!" e si rifugia a piangere tra le braccia della mammina.
Oddio, a questo punto gli insegnanti di greco storceranno il naso perché ho ridicolizzato i due protagonisti dell'Iliade- però di fatto la loro contesa si potrebbe immaginarla anche così.
Infine, rivolgo un sentito ringraziamento a questi potentissimi eroi :
Arrivederci, miei cari!!
Grazie, o gloriosissimi eroi omerici, per avermi dato la possibilità di studiare in modo approfondito le vicende narrate in un poema a dir poco unico e straordinario!
Grazie, o grandiosi eroi omerici, per avermi resa partecipe dei vostri stati d'animo che talvolta mi hanno commossa, talvolta disgustata, talvolta divertita, talvolta affascinata.
Grazie, o tremendi eroi omerici, per avermi procurato un forte stress emotivo nel corso di quest'ultimo semestre: talvolta, a causa dell'esasperazione, mi veniva da piangere e pensavo, mentre traducevo i vostri altisonanti discorsi: "Ma cosa stai cercando di dire?? Con quali verbi ti esprimi??!"
Grazie, o splendidi eroi omerici, per avermi dato una grande soddisfazione ieri!
E' vero, sono portata per il greco antico, ma quel gran bel voto mi è costato impegno e fatica!
Un po' sono contenta di essermi liberata di voi ma... ma un po' mi mancherete, davvero!
Greco non è la mia materia preferita, io adoro la storia dell'arte, però... toccare con mano dei testi mi ha aperto ulteriormente la mente!
Statemi bene, miei cari, dopo questa piacevole merenda insieme vi riporterò in soffitta, al sicuro, all'interno di un armadio.
La vostra affezionata Anna
La vostra affezionata Anna
Visto che sei una profonda conoscitrice di Achille,mi sapresti spiegare perché non ha obblighi di fedeltà verso Agamennone, che pure è il capo dell' esercito?
RispondiEliminaScusa se non l'ho visto prima. Purtroppo hai scritto in un periodo per me bruttissimo... ma adesso è passato.
EliminaMi è comparso tra i molti commenti "in attesa di moderazione"... La tua domanda era quasi l'unico commento intelligente. Per cui l'ho reso pubblico appena adesso. Grazie, Maria
Bello spunto!
RispondiEliminaInfatti era un punto che avrei dovuto cercare di spiegare, ma ero troppo "gasata", perché ero appena uscita dallo studio del professore con un 30 e lode!!
Ad ogni modo: i contenuti del primo libro dell'Iliade, in particolare il litigio fra Achille e Agamennone, dovrebbero far riflettere anche sui limiti del potere di un condottiero acheo.
Sostanzialmente, Agamennone era considerato da tutti i membri dell'esercito un "primus inter pares", cioè un condottiero al quale altri guerrieri di pari valore militare hanno conferito un ruolo di "leadership", senza però considerarsi inferiori.
E' per questo che Achille decide di allontanarsi dall'esercito senza temere eventuali terribili punizioni da parte del re Agamennone. Si allontana perché si ritiene vittima di un enorme affronto.
Tra l'altro, la tua domanda solleva anche un problema storico che probabilmente rimarrà irrisolto: esattamente, in quale periodo storico dell'antichità è ambientata l'Iliade? Si propende per un periodo immediatamente successivo alla fine della civiltà micenea (1450 a.C.-800/750 a.C), ma non si sanno dare coordinate esatte.
Certo è che entrambi (Achille e Agamennone) hanno una certa abilità militare e anche una certa dose di prepotenza.
E certo è che la prima parola del poema, l'ira, è riferita ad uno stato d'animo che spesso risulta proprio del protagonista del poema, Achille.