E' utile la prevenzione antidroghe nelle scuole?
Non serve a nulla. Già da diversi anni nelle scuole secondarie vengono coinvolti in progetti scolastici psicologi, infermieri e operatori del SERT (servizi per le tossicodipendenze) per cercare di far capire ai ragazzi che le droghe sono dannose. Ma gli adolescenti e i giovani che si drogano ci sono e continuano comunque ad esistere. Perché la droga ha il gustoso e invitante sapore della trasgressione, di una trasgressione che rende disinibiti e che offre le dolci illusioni della felicità e della libertà. Di una trasgressione che dà la possibilità di estraniarsi dal mondo reale, fatto di realtà e di doveri quotidiani che risultano spesso scomodi e odiosi.
Su questo mi trovo d'accordo con me stessa all'80%. La penso così ma non sono nemmeno troppo pessimista: la prevenzione antidroghe risulta significativa per gli adolescenti se e soltanto se gli adulti dispongono di argomentazioni valide e utilizzano strumenti efficaci per dimostrare le loro tesi contrarie a qualsiasi tipo di sostanza stupefacente.
Con questo post non voglio a elencare tutte le droghe esistenti e i danni fisici e psicologici che esse arrecano a chi le assume per molto tempo. Ne risulterebbe un discorso noioso, puramente teorico e poco attraente. La mia è una riflessione sugli effetti delle droghe. Non giudico e non condanno nessuno, i miei scopi sono soltanto quelli di cercare cause e conseguenze. Lungi da me l'insulto e la critica e lungi da me l'intenzione di impartire al mio pubblico una lezione di chimica.
Per elaborare questa riflessione mi sono servita di materiali significativi e interessanti.
Questo è un cortometraggio sulla dipendenza dalle droghe. Al di sotto di esso, trovate le mie considerazioni ma prima vedetevelo, perché merita davvero!
L'uccello che cammina sul filo è un Kiwi, tipico volatile della Nuova Zelanda. I primi secondi del video ritraggono la sua camminata a passi pesanti. In quella prima fase, quando ancora non è drogato, l'uccello rappresenta tutti quei ragazzi annoiati e stanchi. Ragazzi che o vivono una vita poco interessante o sentono un gran vuoto dentro. Un vuoto di valori, secondo me. I valori non te li dà soltanto la famiglia e non provengono soltanto dai giri di amicizie. Arrivi ad un momento in cui, in un certo senso, devi farti forza e darteli da solo.
Mi spiego: quando sei adolescente ti rendi conto che non puoi e non potrai sempre essere legato a genitori, parenti e amici. Devi levare tutte queste persone dal piedistallo in cui le hai poste quando eri bambino, se vuoi maturare veramente. Devi smettere di idealizzarle, devi contestarle per poter vedere chiaramente i loro difetti e le loro fragilità, ma senza mai smettere di voler loro un gran bene. Tu, in quanto giovane che sta crescendo, devi innanzitutto rifiutare l'idea di diventare esattamente come i tuoi genitori, perché sei diverso da loro. Devi mettere in discussione ciò che ti hanno dato e trasmesso.
Stessa cosa con gli amici. Non puoi farti influenzare da quelli che sembrano troppo sicuri di sé e non dovresti nemmeno accettare l'idea di conformarti ad un branco, ad un gregge smorto e insignificante in cui tutti la pensano allo stesso modo. Non puoi permettere che il tuo carattere venga indebolito dal gruppo. Non devi essere d'accordo su tutto quello che fa un amico, non devi adorarlo, casomai devi stimarlo. E questo è ben diverso.
Appreso il fatto che tu sei diverso dalle persone che ti circondano, devi metterti alla ricerca di te stesso, dei tuoi interessi e anche del tuo futuro, orizzonte che appare immenso e incontrollabile.
D'altra parte, è proprio dalla contestazione e dallo spirito critico che nascono interessi, ideali, valori e progetti per il futuro. Solo che ci vuole anche un po' di autostima, quel minimo di fiducia in te stesso che non ti fa camminare a testa bassa e con passi pesanti, ma che ti rende vivo e appassionato verso certi campi del sapere umano e verso certe attività.
Per me l'adolescenza è stata il periodo del pensiero critico, in cui riflettevo e pensavo sempre prima di considerare valide le idee e le affermazioni altrui: ma è giusto? Ma che sta dicendo? Posso ricavarne un insegnamento utile?
Questo perché ero e sono alla ricerca di senso. Perché ci tenevo e ci tengo a pensare con la mia testa.
E soprattutto, mi facevo un'altra bella domanda: per che cosa vale la pena vivere?
Ad ogni modo, il Kiwi trova lungo il cammino una sostanza che lo incuriosisce e la assaggia. Le prime volte l'effetto dell'assunzione è esaltante perché gli permette di spiccare voli "atletici", da sogno. E' la sensazione di piacere che un ragazzo prova quando inizia ad assumere una sostanza stupefacente.
Notate gli atterraggi successivi al primo: divengono sempre più traumatici, più bruschi.
Fino al momento in cui l'uccello, dopo aver assunto la sostanza, non riesce più a spiccare il volo perché è troppo debole. E', come diciamo in Veneto, "sgionfo" (gonfio fino a scoppiare). Ed è gonfio davvero, perché le sue condizioni fisiche peggiorano notevolmente e la sua esistenza è improntata unicamente nella ricerca della sostanza. Anche il mondo circostante diviene sempre più buio: questo aspetto indica proprio il fatto che la ricerca e l'assunzione della sostanza sono le sue uniche ragioni di vita. Non c'è nient'altro che suscita attrazione e interesse.
E' drammatico, senza dubbio.
E ora, ecco la riflessione di un professore di italiano in un liceo scientifico a proposito della cannabis:
Foglie di cannabis |
Ho visto ragazzi intelligenti, brillanti, svegli e intraprendenti perdersi per strada a causa di questa maledetta assuefazione. Non mi interessa - non ho le competenze per farlo- disquisire se il "fumo" dia origine a una dipendenza anche fisica o solo psicologica. Perché so che già che la seconda è molto grave. Che cosa succede a un ragazzo che "si fa le Canne"? Quello che osservo è soprattutto una diminuita capacità di reagire di fronte ai problemi e alle difficoltà. Ci si isola in un mondo a parte, lo "sballo" risarcisce da ogni sconfitta Ho preso un brutto voto? Non importa, mi faccio una canna e passa la paura. Ho contrasti con i miei genitori? Fatico a farmi capire da mia madre? Non sopporto i rimproveri di mio padre? Poco male, vai con un' altra canna! La mia ragazza mi ha lasciato? Peggio per lei, soffro come un cane, ma per fortuna ho la marijuana che mi consola La soluzione è sempre la stessa: anziché cercare una soluzione positiva a un problema, lo si rimuove. Risultato: i problemi si sommano e le difficoltà peggiorano, e il ragazzo in questione è sempre più solo. Perché non è neanche vero che le cosiddette" droghe leggere" (che in realtà "leggere" non sono affatto) favoriscano la socializzazione: quando "si fuma" in compagnia, ciascuno fa parte per sé stesso e la comunicazione è soltanto apparente. In un'ora di lezione immediatamente successiva all'intervallo, mi è capitato tempo fa di percepire chiaramente (dai segni visivi e... olfattivi cui accennavo prima) che uno studente, il quale dal primo banco (quindi molto vicino alla
cattedra) assisteva "in estasi" a una spiegazione sul Purgatorio di Dante, avesse "fumato". Il giorno dopo lo presi da parte e gli feci questo discorso: «Se fossi tuo padre ti direi che assumere cannabis ti fa male per tanti motivi. Ma siccome non sono tuo padre, e sono solo il tuo professore di italiano, ti dico che la prossima volta che ti troverò nello stato di ieri dovrò prendere dei provvedimenti»,
Lui non cercò neanche di negare, mi disse -sinceramente - grazie per la mia franchezza. Il problema è che come docenti spesso non sappiamo che cosa fare. O hai le "prove" di un comportamento sbagliato e illecito, e allora puoi innescare un provvedimento disciplinare, altrimenti intervieni a tuo rischio e pericolo. Spesso i presidi sono restii ad azioni eclatanti di"repressione" del fenomeno (come chiedere l'intervento delle forze dell' ordine per contrastare eventuali fenomeni di spaccio dentro la scuola), temendo una cattiva pubblicità per l'istituto, e anche alcuni genitori non amano sentirsi dire sui loro figli cose sulle quali magari nutrono sospetti, ma per il momento preferiscono tenere gli occhi chiusi, oppure, sapendole, non accettano che altri possano esserne al corrente: se dici apertamente che un ragazzo "si fa" di qualcosa, rischi una denuncia per diffamazione. Però una cosa da docenti la possiamo fare, e non dobbiamo smettere di farla: denunciare le mistificazioni che intorno all'argomento vengono promosse anche ai più alti livelli, Parlamento compreso. Personalmente non mi stancherò mai di discutere su questo tema con i miei studenti, spesso anch'essi vittime di luoghi comuni e faciloneria nell'affrontare una tematica complessa, ma sulla quale dobbiamo trasmettere messaggi educativi chiari e precisi. A partire da un netto "no" a qualsiasi tentativo di legalizzazione di sostanze che - su questo non ci sono dubbi - fanno male, anzi malissimo. Soprattutto ai più giovani."
Il nostro governo ha intenzione di legalizzare la cannabis, dal momento che è considerata una "droga leggera". Perché si ragiona così: "I nostri adolescenti sono attratti da questa sostanza e la cercano. Quindi, rendiamola legale." E io aggiungo: rendiamola lecita a loro danno. E' molto più facile permettere a qualcuno di fare qualcosa di sbagliato piuttosto che impegnarsi a spiegargli i motivi per cui non è corretto e non è legale ciò che fa.
LA STORIA DELLA SIGNORA LAURA:
Nel 2012 hanno trasmesso questa minifiction che mi aveva molto colpita.
La protagonista è Laura, giovane madre di famiglia proprietaria di una gioielleria.
E' benestante ma non è felice e un'insoddisfazione crescente verso il suo presente la induce ad assumere cocaina.
La droga però la porta ad essere violenta con Antonio, il figlio di cinque anni, e irritabile con il marito Luigi il quale, non appena si accorge della tossicodipendenza della consorte, decide, per il suo bene, di chiuderla fuori di casa. Cambia le serrature delle porte e le chiavi, in modo tale da impedirle di fare di nuovo del male al loro figlio.
La donna, accompagnata dalla madre, entra in una comunità di disintossicazione e, dopo molti mesi di cure, riesce ad uscire dalla sua dipendenza.
Però, una volta ritornata a casa, deve riconquistare la fiducia e l'affetto del figlio, ancora comprensibilmente traumatizzato da pugni e schiaffi ingiustificati.
Ricordo due aspetti significativi di questa trasmissione:
1) Durante il periodo che trascorre in comunità, Laura costruisce un buon rapporto con la sua compagna di stanza, una ventenne affetta da una grave forma di epatite a causa di una prolungata dipendenza da eroina.
2) Uno degli operatori della comunità dice a Laura: "Finché non ammetti di essere tossicodipendente, io non posso aiutarti ad uscire da questa situazione". Questo mi fa pensare al fatto che il mondo dei drogati è, purtroppo, un mondo di bugie, in cui si cercano di sconfiggere (ma, ripeto, questa è soltanto un'illusione!) gli stati d'animo negativi e in cui non si vuole ammettere l'assunzione di una sostanza illegale.
Però, in fondo al cuore, anche se non vogliono dichiararlo, i tossicodipendenti sanno di sbagliare, ma non possono fare a meno di continuare a sbagliare dal momento che spesso la droga è l'unico espediente in grado di far dimenticare le delusioni, le frustrazioni e le fatiche.
Concludo con delle domande, rivolte più che altro ai giovani che, come me, si concedono uno spritz soltanto nelle "grandi occasioni" come quella di un aperitivo dopo una masterclass di zumba oppure durante una festa di compleanno. Per quali motivi un nostro coetaneo dovrebbe drogarsi? Perché non sopporta il peso dell'esistenza? Quali vantaggi pensa di ricavarne? Io ho già scritto sopra come la penso, però vi invito caldamente a rifletterci sopra.
La droga è un problema, eccome! ...Io credo che dovremmo partire proprio da domande come queste per poterne almeno comprendere la gravità.