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2 febbraio 2019

Un mondo agli antipodi:

Questa settimana vi illustro con piacere uno degli approfondimenti che ho portato per l'esame di storia moderna e antropologia storica.
Secondo me questo argomento sarebbe molto interessante anche per gli studenti del liceo delle scienze umane. In effetti, riassumo qui i contenuti di un libro pensando a buona parte degli adolescenti del mio paese, che stanno frequentando questo indirizzo. Soprattutto a una ragazza che, a mio avviso, dimostrerebbe già la serietà necessaria e sufficiente per poter diventare animatrice. Peccato sia nata nel 2002!

Un mio pensiero per questo post va anche al nostro curato e ad altre tre mie compaesane che stanno terminando l'avventura della GMG in America Latina.

Ho tratto le informazioni dal testo di Paolo Vignolo, intitolato "Cannibali, giganti e selvaggi- creature mostruose del Nuovo Mondo" (2009). Vi dico già che è difficile reperirlo, dal momento che, dopo il 2009, non sono mai state fatte delle ristampe. E' una monografia accessibile per lo più a studenti e docenti universitari che frequentano molto spesso le biblioteche di Ateneo, ma sarebbe stato meraviglioso diffondere maggiormente questa affascinante ricerca storico-antropologica del professor Vignolo, attualmente insegnante di Storia in una sede universitaria della Colombia.

Vi avviso: troverete delle cose strane nel corso della lettura.

Io non potrei mai vivere senza mappe e piccoli riassunti!


1. IL CONCETTO DI "ANTIPODI", IL MITO EUROPEO DELL'IMPERO UNIVERSALE E IL MITO DEL BUON SELVAGGIO: 

Parto da sinistra, comunque, e dal nome di Pietro Martire d'Anghiera, cortigiano del Rinascimento.
Nel 1493 questo cortigiano commentava il ritorno di Cristoforo Colombo dicendo che quest'ultimo "era ritornato dagli antipodi".
Tenete presente che siamo alla fine del XV° secolo, periodo in cui un viaggio verso l' altrove lontano era concepito come un viaggio agli antipodi.
In pieno Rinascimento, è stata veramente clamorosa la rivelazione dell'abitabilità di terre considerate "agli antipodi".
E' utile rilevare però che il termine antipodi ha origini greche, ed è un composto formato dalla preposizione ἀντί (antì-contro) + ποδός (podòs, genitivo singolare greco del sostantivo "piede").
"Contro piede" quindi, con il significato di un sovvertimento del senso comune.

Il primo ad utilizzare questo termine era stato Platone, che lo aveva introdotto nelle discussioni sulla forma sferica della Terra per definire un punto opposto e capovolto rispetto a quello dell'osservatore.
Poco dopo, nel "De caelo", Aristotele aveva spiegato la sua concezione sulla posizione della Terra, affermando che si trattava di una sfera immobile situata al centro dell'Universo e suddivisa in 5 fasce climatiche: 2 polari e una equatoriale, considerate inabitabili, e due intermedie dalle temperature generalmente miti. Di queste due comunque, era conosciuta soltanto la fascia settentrionale.
La fascia meridionale è stata considerata irraggiungibile fino alla fine del Quattrocento, perché si riteneva che ci fossero, a livello dell'equatore, delle barriere impenetrabili.
... Comunque, detto tra noi, non è vero che l'Artide al Polo Nord era disabitato! Gli eschimesi ci sono sempre stati: i Thule in epoca antica e nel medioevo, gli Inuit ora. Ho studiato, ovviamente in maniera non approfondita ma accennata, alcune caratteristiche della loro lingua. E' una lingua "incorporante", nel senso che in eschimese un solo vocabolo contiene spesso il senso che in italiano si ottiene con una frase. "Nacaqua" corrisponde al nostro "Io mangio la carne".

Tornando agli antipodi, vale la pena ricordare che in epoca tardo-antica, in alcuni scritti attribuiti a Isidoro di Siviglia, si parla degli antipodi come di un popolo che vive in Libia, con i piedi invertiti rispetto alle gambe e con circa 8 dita per piede. Cioè, sono antipodi perché hanno i piedi alla rovescia. Vignolo, in questo punto del suo trattato, ipotizza che alcuni copisti abbiano dato delle trascrizioni sbagliate del pensiero di Isidoro.
Per tutto il medioevo, la domanda che per alcuni studiosi è sempre stata ricorrente era: "Esiste un emisfero abitabile opposto al nostro?" 
Adesso questa risposta è fin troppo ovvia, ma mille anni fa vi ricordo che Americhe e Australia non erano conosciute e che l'Africa sub-sahariana non era ancora stata esplorata.
In età medievale inoltre, provare ad ammettere l'esistenza di un mondo "agli antipodi" significava contraddire la Bibbia e mettere in dubbio le teorie teocentriche del periodo, visto che questa ipotesi avrebbe suscitato anche un'altra domanda, come: "Possibile che esistano degli esseri umani esclusi dalla discendenza di Adamo e ignari della Buona Novella dei Vangeli?"

Vignolo dedica due paragrafi al mito europeo dell'impero universale.
Brevemente: nel corso dell'età antica e del medioevo, più di un sovrano ha avuto l'ambizione di ottenere, con le proprie abilità politico-militari, un impero vastissimo, che corrispondesse al progetto di sottomettere tutti i popoli del mondo allora conosciuto e abitato. Uno di questi è stato Alessandro Magno, che ha preteso la consacrazione imperiale iranica ed egizia. Pochi secoli dopo, l'Impero Romano, vastissimo soprattutto nel I° sec. d.C.


Durante il Rinascimento, epoca storico-letteraria in cui si sono riscoperti e rivalutati molti capolavori dell'antica letteratura greco-romana, si è dilagato presso la classe intellettuale il fascino di questo mito dell'impero universale, supportato anche dall'estensione degli orizzonti geografici dei portoghesi, che già nella prima metà del XV° secolo, sotto Giovanni I°, partivano per esplorare gli arcipelaghi dell'Atlantico. I navigatori portoghesi (e poco dopo anche quelli spagnoli!) aspiravano a conquistare e a sottomettere quei territori "laddove è notte quando qui da noi è giorno".

In un cerchio a sinistra della mappa ho messo "Montaigne".
E' meglio che lo accenni qui, ora, ma partendo dalla premessa che nella prima età moderna (XV° secolo, prima parte del XVI° secolo) si è tentato di cercare un equilibrio fra Natura e Cultura. 
I contemporanei di Colombo si consideravano nel pieno di "un'età dell'oro". Tuttavia, in questa espressione c'è anche una grande contraddizione: l'età dell'oro deve essere caratterizzata dalla Cultura e dalla fiducia nell'intelletto umano ma la Cultura, come imitazione della Natura, non può essere origine dell'età dell'oro.
Montaigne tendeva ad esaltare i modi di vivere delle popolazioni agli antipodi. Proprio Montaigne ha ideato il "mito del buon selvaggio". Vi riporto alcune parti di passi del trattato di Vignolo:

"(...) vivevamo in uno stato di natura felicemente ignorante, che la cultura ha corrotto."
"Mi dispiace che Licurgo e Platone non ne abbiano avuto conoscenza (delle Americhe agli antipodi): essi non poterono immaginare un'ingenuità tanto pura e semplice quale noi vediamo per esperienza (...) E' un popolo nel quale non esiste nessuna conoscenza dei traffici, nessuna conoscenza delle lettere, nessuna scienza dei numeri... (...) Menzogna, tradimento, invidia e avarizia non si sono mai udite."

Il "nuovo mondo" sembrava dunque un Eden che gli Europei avevano perduto per sempre.
Vi invito qui a farvi un paio di domande, alle quali non risponderò: un'ignoranza così abissale rende veramente liberi e felici? La cultura è un male?
Io purtroppo sto capendo una cosa molto brutta: di solito, se il livello culturale di un individuo o di un gruppo di individui è molto basso, di solito è basso anche lo scrupolo morale e pressoché sconosciute sono la propria dignità e il rispetto per gli altri.
Essere ignoranti non corrisponde soltanto ad essere analfabeti. Vuol dire anche non leggere mai nulla, non riflettere mai sull'attualità, non avere interessi, essere incapaci di gustare ciò che si studia.
Purtroppo ci sono diversi tipi di ignoranza. E c'è anche l'ignoranza del laureato che non si aggiorna mai, che non approfondisce mai nulla e che non si sforza di rielaborare i contenuti di quello che studia!

2. I CINOCEFALI:

Ritorniamo al 1492. Il 4 novembre di quell'anno, Colombo aveva già raggiunto le terre ignote d'America, senza saperlo, tra l'altro, visto che credeva di essere in Asia, in estremo Oriente.
Nei suoi diari di bordo troviamo descrizioni relative ad alcuni esseri di quel mondo fino ad allora inesplorato, che qui riporto in modo indiretto. Colombo parla di creature dotate di un solo occhio, o dal muso di cane.

Sono cinocefali, diceva, dal greco κυνοκέφαλοι (kinokèfaloi), cioè hanno "il muso tipico dei cani e il corpo da uomini".
Ma queste descrizioni non hanno nulla a che fare con la realtà. Quindi che cosa si era fumato prima di arrivare lì? Niente. Si trattava soltanto di un'ostinazione piuttosto insana a mantenere ben salde le enormi barriere culturali con ciò che era "altro da sé". 
Ecco il motivo di tante sciocchezze!!
Può sembrare paradossale ma, per Colombo e per i suoi compagni, questo viaggio nelle terre degli Indios è servito soltanto a confermare ciò che già credevano di sapere sulle popolazioni straniere che avevano tradizioni di vita molto diverse dalle sue.
Antropologicamente, comunque, questo modo di concepire gli stranieri, i barbari, deriva dall'antica tradizione della storiografia greca.
Da Erodoto di Turi soprattutto, che, oltre ad essere uno storico, era anche un geografo e un antropologo.
Nelle Storie erodotee gli Sciti, diversi rispetto ai greci, compaiono come "delle genti dalle teste canine". Il cinocefalo è l'esasperazione mostruosa dei popoli stranieri. 
Si riteneva inoltre che i cinocefali si esprimessero con suoni a metà strada tra la parola umana e l'abbaiare dei cani.

Nel Medioevo e in età moderna si è rappresentato San Cristoforo cinocefalo:
Ma quanto è brutto???
Cristoforo significa "portatore di Cristo".
Secondo una leggenda, San Cristoforo aveva portato il Bambin Gesù sulle spalle. La testa di cane scaturiva da un sincretismo religioso con la raffigurazione di Anubi, dio egizio.
Ad ogni modo, San Cristoforo era il protettore dei viaggiatori e dunque, protettore a loro favore dalla cattiva morte.

3. LA QUESTIONE DELLA LINGUA DEI NATIVI DEL NUOVO MONDO:

Ben presto, presso gli istruiti dell'epoca rinascimentale, è sorta anche la questione linguistica.
Che lingua parlavano i nativi del Nuovo Mondo?
Non per tutti la lingua degli Indios era un misto fra l'abbaiare e il parlare umano.
Per Erasmo da Rotterdam parlavano in latino.
Per Montaigne invece, loro grande ammiratore, "la loro lingua è così dolce che sembra greco".
I teologi dell'epoca propendevano invece per l'ebraico, perché, essendo quest'ultima una lingua che si legge da destra a sinistra, sembrerebbe la più adatta ad un "mondo alla rovescia", dunque a "gente agli antipodi".
L'intento di Colombo, proprio come quello dei religiosi cattolici missionari in quelle terre, era sempre stato quello di convertire quelle popolazioni di nativi americani.
Ma, prima di attuare le conversioni, gli europei avevano dovuto fare i conti con l'estrema varietà linguistica dei villaggi americani.
Inizialmente, la relazione tra Indios, conquistadores e missionari si basava sulla mimica e sugli scambi di oggetti.
I conquistadores avevano un atteggiamento un po' diverso da quello dei frati missionari, perché imponevano le loro lingue (inizialmente, portoghese e spagnolo).
i missionari invece si sforzavano di apprendere le lingue degli indigeni.

4. CANNIBALI, GIGANTI E PIGMEI:

E' stato sempre Colombo ad inventare il termine "cannibale", legato agli Indios.
Cinocefali. E per di più, antropofagi. Secondo gli esploratori europei, gli Indios si comportano peggio delle bestie. Per questo vanno puniti. I sospettati di antropofagia e/o di sodomia venivano fatti divorare dai cani dei conquistadores.
Purtroppo, Vespucci, come il suo contemporaneo Thevet, credeva fermamente che gli Indios si nutrissero di carne umana.
Thevet, come molti intellettuali dell'epoca, sottolineava il carattere sacrificale dell'atto antropofago:

"La vittima, prima di essere cucinata, convive con la figlia di quello che lo ha catturato e si nutre di lauti pasti. La sua morte fa parte di conflitti tra gruppi rivali."

La sua morte, dunque, è una pura questione di vendetta.
Soprattutto nei secoli XVI°, XVII° e XVIII°, è prevalsa la convinzione che i nativi americani fossero antropofagi per necessità, "per delle loro esigenze nutrizionali", come affermava Diderot.

Notate che ho scritto sopra che, secondo Colombo, alcuni abitanti degli antipodi avevano "un occhio solo". Come il ciclope Polifemo nell'Odissea.

Accecamento di Polifemo
Nel corso dell'età moderna, i giganti erano definiti attraverso due termini: "patagoni" e "ciclopi".
Il termine "patagoni" deriva dalla parola spagnola "pata" (=zampa). I patagoni erano "giganti dalle zampe deformi".
"Primaleòn" è il titolo di un romanzo cavalleresco rinascimentale, uscito nel 1512, che ha per protagonisti due giganti: Primaleòn e Patagon.
Patagon è un gigante feroce, temibile, che si nutre di carne umana. Ha il muso di cane e i denti da orco.
1512. Non a caso ho specificato la data esatta di uscita dell'opera. 1512 vuol dire 7 anni prima dell'inizio della navigazione di Magellano.
Secondo Vignolo, "pare che i patagoni pre-esistano alla loro scoperta".
Chiamiamola "scoperta", ma in realtà è tutta una fantasia costellata di pregiudizi.

Gli uomini del Rinascimento, quindi, credevano anche nell'esistenza dei giganti nel mondo degli antipodi.
I giganti sono sempre stati parte della cultura occidentale europea.
Sin dalla mitologia più antica, i giganti erano presenti a partire dalla notte dei tempi.
Zeus, secondo la cultura greca, aveva dovuto lottare contro i giganti per il possesso dell'Olimpo.
Anche la Bibbia fa menzione dei giganti, dicendo che sono esseri generati dall'accoppiamento tra angeli e figlie di esseri umani.

Genesi 6: "C'erano i giganti quando le figlie degli uomini si univano con i figli di Dio."

Concludo definitivamente con i pigmei.
Frequentemente, nei resoconti dei viaggi di Sepulveda verso il Nuovo mondo, troviamo i pigmei, uomini di bassa statura.
Sepulveda ha dato origine alla teoria dell'homunculus, ovvero, dell'uomo divenuto bestia per depravazione.
Ad ogni modo, i pigmei compaiono già nella letteratura celtica del X° secolo, dove si narra che un pozzo, ingresso del Purgatorio, conduce al mondo degli antipodi popolato da pigmei.
Anche nell'epica carolingia troviamo creature simili ai pigmei, nel punto in cui re Artù sottomette una popolazione di nani.

Nel Cinquecento, Paracelso aveva assimilato gli Indios sia ai giganti che ai pigmei.
Nel corso del secolo successivo, Bacone, nella sua Nuova Atlantide, sosteneva che "giganti e pigmei, in quanto esseri fuori taglia e fuori norma, costituiscono il paradigma dei nuovi processi di conoscenza."
Jeronymus Bosh, "Il giardino delle delizie".
A mio avviso, non c'è chiusura più adatta di questo trittico di Bosh, realizzato sempre in epoca rinascimentale.
Le creature qui raffigurate, quasi tutte anomale, sembrano parte di un sogno terrificante, assurdo, incredibile.
C'è confusione in quest'opera pittorica.
Più che il giardino delle delizie sembra il parco acquatico di un pianeta appartenente ad un'altra galassia e popolato di mostri, di nani, di giganti e di antropofagi... (!!!)




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