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13 luglio 2019

"Ciò che inferno non è": seminare l'amore fra il dolore e la violenza

Ho troppi romanzi in programma da leggere!!😓
E questo libro era un regalo che mia mamma mi aveva fatto ancora due anni fa.
Ribadisco ciò che penso da un po' di tempo: il miglior personaggio in assoluto che D'Avenia abbia mai potuto creare è Margherita di "Cose che nessuno sa". Alla fine, è lei la figura che mi somiglia di più. Anche più della Silvia di "Bianca come il latte, rossa come il sangue".


Molti marosi e minacciose tempeste mi sovrastano, 
ma non ho paura di essere sommerso, 
perché sono fondato sulla roccia.
Cosa dovrei dunque temere? La morte?
Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno.
(San Giovanni Crisostomo)

0) TRAMA ROMANZO:

In questo suo capolavoro, il famoso professore e scrittore dà gran rilievo alla figura di Don Pino Puglisi, il suo insegnante di religione al liceo, straordinario sacerdote palermitano che per anni si è impegnato a donare il suo tempo e il suo sorriso ai bambini di Brancaccio, quartiere malfamato di Palermo.
Il contenuto, ridotto all'osso è questo:
Federico è un diciassettenne della media borghesia. Va molto bene a scuola, adora Petrarca e la lingua greca, ama il suo mare limpido in cui si tuffa tutte le estati e sogna.
Alla fine della quarta superiore, una forte proposta di Don Pino colpisce la sua notevole sensibilità.
L'insegnante di religione infatti, gli propone di aiutarlo con i bambini e gli adolescenti di Brancaccio durante l'estate.
Federico allora si inserisce in questa realtà fatta di povertà economica e morale, di violenza, di furti, di delinquenza mafiosa, di terribili storie familiari. Ma anche di umiltà, semplicità e dignità.
Il ragazzo rimane talmente colpito da questo scenario che decide addirittura di rinunciare ad un viaggio di studio in Inghilterra per poter continuare a sostenere il tenace Don Pino, che oltretutto ambisce, insieme ad alcuni padri di famiglia del quartiere, a fondare una scuola media in quel quartiere.
Siamo all'inizio degli anni '90.

Questa è la trama. Nel complesso, il libro mi è piaciuto molto.
Ci sono stati alcuni aspetti che mi hanno emozionata e commossa, altri invece che mi hanno resa un pochino risentita (la figura di Lucia, la ragazza di Brancaccio che Federico ritiene un modello di bellezza interiore ma che in realtà è, per me, soltanto una reginetta di superbia, di insensibilità e di arroganza. Non ha nulla di diverso da molte ragazze della mia età che conosco!) .
Adesso comunque elenco tutto, partendo dagli aspetti migliori.

1) LA BAMBINA RIMASTA ORFANA:


Si tratta di una bambina senza nome, di forse 6 anni, con una bambola sempre in mano.
La sua grossa disgrazia è prima di tutto quella di essere nata e di vivere a Brancaccio, dove Cosa Nostra si arroga, con grande bestialità, il diritto di porre fine alle vite degli altri.
Il padre di questa bambina viene ucciso da tre colpi di pistola, sparati da un mafioso che in famiglia ha un bambino della stessa età della figlioletta alla quale ha appena assassinato il genitore.
Quel che in effetti è impressionante è che Il Cacciatore, così viene soprannominato l'assassino, dopo aver commesso questo crimine, torna a casa e accarezza i capelli del figlio.
Questa bambina è una figura che per poco non mi faceva piangere. 
Questa bambina il cui padre è morto senza un "motivo logico", senza poter vedere con gli anni la crescita di sua figlia, senza poterle mai insegnare a nuotare nell'acqua alta, come dice lei spesso a Don Pino.
E in questa pagina (parte seconda capitolo 10), la troviamo sola, di fronte a un mare troppo vasto per lei, vasto come... il non-senso della vita.
(fate click sopra per leggere).


"(...) la fame e la sete la costringono a tornare nel fuoco", ovvero, nell'entroterra di Palermo in piena estate, con un caldo boia e con un clima sociale non equo e infernale.
Non equo perché a stento i figli dei borghesi che vivono in quartieri puliti e agiati conoscono la miseria di zone come quella di Brancaccio.
Infernale perché nei cuori malvagi c'è l'inferno.

2) COS'È L'INFERNO?

Prima di esporvi i miei ragionamenti, preferirei riportare alcuni passi:

A) Parte prima, cap. 23: "L'inferno ha una sua unità minima, uno stato molecolare identificabile: è l'interruzione del compimento, la compressione della vita, non la sua comprensione. Tutto ciò che la sporca, ferisce, chiude, interrompe, distrugge, e ogni possibile variazione sul tema dell'interruzione, è inferno. Per opporvisi occorre riparare, riannodare, restaurare, ricominciare, riconciliare... Don Pino sa che l'inferno opera più efficacemente sulla carne tenera: i bambini. Bisogna difendere la loro anima prima che qualcuno gliela sfratti. Custodire ciò che hanno di più sacro."

B)Parte prima, cap. 9: "L'inferno esiste. Ed è qui. In queste strade feroci in cui i lupi fanno la tana. E gli agnelli insanguinati tacciono perché hanno più cara la vita di ogni altra cosa. E il sangue è il marchio della vita, perché se la parola non salva dovrà farlo il sangue".

Domanda provocatoria: cos'è per voi l'inferno



Digitate questa parola su "Google immagini" e vi compare il fuoco.
E il fuoco è sempre un elemento negativo? Non direi, perché per esempio, da novembre fino a marzo, ci si scalda a casa mia anche con il fuoco nel camino e/o nella stufa.
E' forse l'inferno un luogo dell'aldilà? Forse. Forse non è come l'inferno dantesco, con i gironi, le bolge e le piogge roventi di sabbia e i fiumi di sangue e i demoni che occupano la città di Dite.
Ora vi dimostro quanto certi dialoghi tra me e mia mamma siano simili all'idea che Don Pino stesso aveva dell'inferno (cap. 37, parte prima): "In paradiso o all'inferno uno c'è o non c'è. Non ci va."

Di tanto in tanto ci capita di confrontarci sulla violenza e sul degrado socio-morale che ci sono nelle zone Caserta-Napoli, sulla base di quello che sentiamo dai giornali e da alcuni programmi televisivi.
Cioè ad esempio, quando sentiamo che in alcuni dei quartieri più poveri di Napoli i bambini vengono picchiati, violentati o massacrati dai genitori, o comunque sentiamo che sono figli di spacciatori ci facciamo sempre delle domande noi due.

E qui vi riporto una parte di dialogo, tradotta dal dialetto veronese all'italiano apposta per voi.
Io una volta le ho detto, piena di rabbia: "Sono amorali, non sanno nulla dell'amore. Mi auguro che crepino all'inferno! Meritano l'inferno!"
E mia mamma: "Non c'è bisogno di augurarglielo. Lo vivono già dentro di loro."

Caspita, è vero!
Chi fa del male vive l'inferno dentro di sé. Ma anche chi lo subisce.
Come potranno mai quei bambini avere fiducia nel futuro? Anche loro hanno l'inferno nel cuore. Perché sono vittime di abiezioni sconvolgenti. E il dolore, quando è troppo immenso, brucia.
E comunque, è ora di finirla di bruciare i rifiuti da quelle parti!!
Pensate a quante vite sta compromettendo la Camorra a Caserta, città tra l'altro dotata di una reggia dall'architettura mozzafiato (il 21 giugno hanno fatto proprio lì la festa della musica, dove ci sarebbe stato l'ingresso gratuito... Ecco dove avrei dovuto essere quella sera, altroché la riunione di verifica animatori adolescenti!!).

C'è, ad ogni modo, una cosa che non riesco tanto a inquadrare.
E' questo sillogismo: inferno=fuoco=calore.
Cioè, sia l'inferno che il fuoco implicano la presenza di calore, secondo la mentalità comune. Se l'inferno è fatto di fuoco allora indubbiamente è bollente, anzi, è di un bollore terrificante.

CALORE. 

Il calore è l'abbraccio con cui vorrei poter avvolgere tutti i miei adolescenti.
Il calore è la mia voglia di donarmi quotidianamente.
Il calore è il mio amore verso mamma e papà, anche se non sono mai riuscita a dire a loro che gli voglio un mondo di bene.

L'inferno, comunque, c'è indubbiamente anche in provincia di Verona.
L'inferno è a 5 kilometri da casa mia, in una stradina di campagna dove ci sono sempre almeno 2/3 prostitute pronte per dei clienti corrotti.
L'inferno c'era e c'è anche sulle rive dell'Adige, in alcuni paesi della Bassa Veronese (luoghi di pianura nebbiosa d'inverno e caldissima d'estate).
In questi casi, l'inferno è quando un luogo della natura abbastanza verde, da pedalate in bicicletta e anche un po' da pic-nic per famiglie, diviene deposito di siringhe e di bottiglie di vetro frantumate. Ecco il motivo per cui i grandi, quando ero bambina, sbiancavano e dicevano a me e ai miei cugini di non andare assolutamente sull'argine. Non sono posti da portarci bambini e ragazzini, mi dispiace.

3) GIUSEPPE, IL RAGAZZO CON UN PADRE VIOLENTO:

Questo mi ricordava troppo i "Ragazzi di vita" romani di Pasolini.
Giuseppe è un adolescente finito in carcere per furto.
Deve rubare, altrimenti il padre lo prende a cinghiate.
Grazie a Don Pino scopre di essere portato per il mestiere del falegname...
Al sacerdote, Giuseppe sembra "un filo d'erba che cerca di sbucare tra il cemento".
Ma è la miseria in cui è nato che lo fa ripiombare all'inferno.
Don Pino e Federico si recano a trovarlo in carcere un giorno.
E la loro visita suscita il sorriso luminoso di questo ragazzo, incredibilmente bisognoso di umanità, ovvero, di un raggio di luce nel suo buio pesto di adolescente non amato proprio da chi dovrebbe educarlo e proteggerlo.
Anche il Genesio pasoliniano, che, con i due fratelli, vede ogni giorno le violenze del padre sulla madre, vive l'inferno. E non ne esce, purtroppo. L'autore non lo fa uscire.


4) LA FIGURA DI DON PINO:


Di Don Pino non scrivo molto, perché D'Avenia stesso lo ha reso benissimo in molti capitoli del libro. Se volete conoscere e capire bene questa figura prendetevi il romanzo!

E' un santo umano. Un santo che compie del bene ogni ora del giorno, che si prende cura di vite che fioriscono, come farebbe un giardiniere con un orto botanico.
Ma è anche straordinariamente umano.
Strazianti, oserei dire, sono i momenti in cui l'autore racconta i pestaggi che subisce prima di venire assassinato. In quei momenti, Don Pino è solo. Si sente solo e fragile, al punto tale da dire al suo alunno diciassettenne (cioè a Federico): "Non lasciarmi solo, ti prego".
Glielo dice in un momento in cui è consapevole di essere presto destinato a una morte violenta.
Ma mai crolla la sua sincera fede in Dio: "La mafia è potente, ma Dio è Onnipotente".
E va incontro ai suoi assassini con il sorriso e con la frase: "Vi aspettavo".

Parte seconda, cap. 31: "Aspettava la morte. L'aspettava come chi va ad un appuntamento o riceve una visita a lungo attesa. Lui muore con un sorriso. E non vede i suoi due assassini ma due figli: li aspettava, con un sorriso, come un padre che corre incontro al figlio lontano da tempo. Vede attraverso di loro, vede oltre loro."

Dicevo che Don Pino, nel momento in cui viene ucciso, ha un sorriso disarmante. Un sorriso che sconvolgerà l'animo del suo assassino, che dopo un lungo tormento interiore si convertirà.
E' il 15 settembre 1993. E' morto nel giorno stesso del suo cinquantaseiesimo compleanno, dopo aver celebrato ben due matrimoni in quella stessa giornata.
L'anno successivo è stato ucciso dai camorristi anche Don Giuseppe Diana, parroco di Casal di Principe (Caserta).
Don Puglisi è stato ucciso davanti alla porta della canonica, alle 9 di sera. Don Diana invece in sacrestia, mezz'ora prima di celebrare una messa vespertina.


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E questi sono i molti aspetti positivi che ho trovato nel libro!

Resto comunque ferma nella mia personalissima opinione: "Cose che nessuno sa" è il suo capolavoro migliore. Ogni volta che lo prendo tra le mani mi trema il cuore, giuro.

Ho deciso che Lucia non merita nemmeno un paragrafo. Forse D'Avenia stesso è convinto di aver creato una figura femminile forte e umile, ma non è così, almeno per me.
E' solo una che si permette di giudicare molto duramente un ragazzo che conosce appena.
Federico le prende dai bambini perché non vuole riconoscere una scorrettezza nel gioco e si arrabbia dopo averle prese? Per Lucia è lui dalla parte del torto, è lui che non è né umano né comprensivo verso quei bambini a dire il vero difficili, maleducati e un po' "selvaggi".
Federico rinuncia, perché rinuncia veramente, al viaggio in Inghilterra per aiutare Don Pino? Per Lucia è solo un borghese che vuole insegnare agli altri come si vive.
E lei stessa è una plebea del cavolo che non meriterebbe di essere aiutata. 
Ma quella lo sa cos'è la generosità? Ma sa cos'è l'amore? Ma sa cosa significa fare una scelta così coraggiosa e importante? Ma sa che essere sensibili non va confuso con l'essere "dei maestrini saccenti"?
Ma sa che le famiglie borghesi (anche la mia lo è) fanno dei sacrifici per risparmiare soldi in modo tale da investirli in un'occasione di formazione per i loro figli? 
No!!! E' una ignorante ottusa antipatica!
Ignorante perché dice tra l'altro anche che la scuola non insegna la vita.
Ma sa quanta vita c'è in una sola pagina di letteratura? Ma sa che è importante conoscere la storia per formarsi una coscienza critica e per custodire le radici della civiltà? Ma sa che persino le nozioni di fisica sono perfettamente riconducibili alla vita reale (e lo dice una che al liceo, nei compiti scritti di fisica, incassava spesso dei 5/5-).
Federico, da vero adolescente, è pieno di contraddizioni.
E Lucia invece ha manie di grandezza e di superbia: cioè, vuole diventare regista però non vuole assolutamente spostarsi da Brancaccio.... ma che logica c'è? Che ci resti a fare a Brancaccio, fai quella che muove le marionette e che organizza spettacolini con i bambini? Chi mai a Brancaccio ha interessi culturali di cinema? C'è una scuola di regia a Brancaccio? No! Non mi risulta, si è già fatta una fatica immane a istituire una scuola media!

Sono aggressiva, lo so, ma l'unica cosa che forse merita una ragazza del genere sono le angherie delle bestie mafiose.

AVVERTENZA FINALE!: Semmai vi capiterà di averlo tra le mani, prestate attenzione anche alle descrizioni sulla città di Palermo... Sono stupende! Qui non c'è lo spazio per poterle fare, anche perché il post risulterebbe lungo-eterno, ma vi assicuro che le descrizioni di Palermo hanno una fondamentale importanza all'interno delle vicende che l'autore narra.




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