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30 giugno 2020

"La teoria del tutto": siamo sicuri che rappresenti bene la storia di un luminare della fisica?!


Forse lo avete intuito dal titolo: io, sulla qualità di questo film, nutro delle perplessità, che spiegherò e chiarirò nel corso di questo post.
Comunque, si tratta di un film statunitense uscito nel 2014.
Ultima precisazione prima di iniziare: questo è un film che rielabora la biografia del fisico e cosmologo britannico Stephen Hawking.


A) ABBOZZO DI TRAMA:

Regno Unito, metà degli anni '60. 
Stephen Hawking è un dottorando in fisica dell'Università di Cambridge. E' giovane, è lo studente più brillante del suo corso, sta bene con quei pochissimi amici che ha. 
Una sera, durante una festa da universitari, conosce Jane Wilde, specializzanda in letteratura medievale spagnola. 
La loro storia d'amore nasce in seguito ad un colpo di fulmine; e questo è un dato che corrisponde anche nella reale vita di Stephen. 
Tra l'altro, pare proprio che il loro fidanzamento sia durato meno di un anno prima del matrimonio.
Eppure, tra i due giovani, ci sono notevoli differenze, non soltanto dal punto di vista dei loro studi accademici! 
Tanto per cominciare, Jane crede in Dio e frequenta sempre le messe domenicali, mentre Stephen sembra proclamarsi fieramente ateo: secondo lui, il vero fisico, il fisico intelligente, venera le leggi astronomiche e matematiche dell'Universo.
In effetti, la grande ambizione di questo giovane è quella di trovare una legge unificatrice che riesca a spiegare la nascita dell'Universo.
Comunque, notevoli, in questa pellicola, sono anche le differenze caratteriali tra Jane e Stephen: Jane è sorridente e gioviale, Stephen appare invece molto introverso e abbastanza imbranato, ma questo è un aspetto che approfondirò meglio nel paragrafo B), fra poco.
Nel periodo in cui Stephen e Jane si frequentano, l'eccellente dottorando scopre di essere affetto da una brutta forma di atrofia muscolare progressiva. Il medico gli dà circa due anni di vita. 
Il protagonista vive un iniziale momento di depressione (lo credo bene! D'altra parte, chi, a poco più di 20 anni, sarebbe contento di avere un male del genere e il tempo contato?!).
E poi si conforta, visto che la sua Jane gli promette comunque vicinanza e amore eterno. I
n effetti, in brevissimo tempo viene celebrato il matrimonio e nasce il loro primo figlio.
Ma la malattia di Stephen continua a peggiorare sempre più e l'iniziale armonia di coppia si sfalda pian piano...

B) COME QUESTO FILM PRESENTA STEPHEN HAWKING:

MALE! A mio avviso, decisamente male. Eccovi qui elencati i motivi:

1) Per tutta la prima parte del film Stephen appare un ragazzo impacciato, troppo timido, imbranato; insomma, un "imbalsamato" nei movimenti e nei comportamenti già prima che si manifestassero i sintomi della sua atrofia muscolare.
Non è la prima volta che in un film vedo abbinare in un personaggio maschile la genialità fisico-matematica con l'imbranataggine, con la goffaggine oppure con la rigidità nei rapporti umani. 
Come se fossero soltanto degli automi o dei burattini soltanto da deridere! 
Adesso basta! Di questo abbinamento ne ho piene le scatole, dichiarato fuori dalle unghie (non fuori dai denti, visto che non sto parlando ma sto scrivendo!).

2) Il film pone troppa enfasi sul degrado e sulla degenerazione della malattia: troppo, troppo tempo è secondo me dedicato alla fase in cui Stephen si ritrova completamente immobile in carrozzina e incapace di articolare suoni in seguito ad una pesante operazione alla trachea per farlo sopravvivere.
Ho trovato deleteria la scena in cui, nel bel mezzo di una cena a casa in famiglia, Stephen si allontana momentaneamente camminando aggrappato a due bastoni e, una volta arrivato nei pressi della scala, si accascia sugli scalini, incapace di alzarsi, mentre il figlioletto che gattona lo osserva senza capire.
Come è anche deleteria e di pessimo gusto la scena in cui, proprio durante la rappresentazione di un'opera all'interno di un teatro filarmonico, Stephen si sente soffocare e viene tempestivamente trasportato fuori in barella, sotto gli sguardi allibiti e allucinati di molti spettatori.
Fortissimi attacchi di tosse, mancanza di respiro, un uomo rattrappito in carrozzina che non riesce nemmeno a tenere la testa dritta... E' soprattutto questo che si vede. 
Cioè, io la notte ci ho messo un po' ad addormentarmi. 
Ma dai... si mette troppo sulla scena le manifestazioni di una malattia che toglie la dignità non soltanto a lui, ma la toglierebbe a qualsiasi essere umano su questa terra.
E questo film presenterebbe la storia un po' riadattata di un fisico? Ma dai, ma per favore... chi ha progettato questo film e chiunque abbia contribuito a realizzarlo ha di fatto consegnato al pubblico la storia di un paralitico, peraltro cornificato da una moglie che è una falsa santarellina!!

3) Mi sarei aspettata che un film sulla vita di un fisico valorizzasse gli aspetti delle sue ricerche, non che si concentrasse troppo sugli sviluppi del suo male degenerativo e sulle sue vicende sentimentali. Come è stata la sua discussione di tesi del dottorato?! Ecco, qui ad esempio li regista ci fa vedere soltanto quella che praticamente dev'essere stata la proclamazione: una mini-commissione di tre docenti che, dopo aver sfogliato un fascicolo riassumendo, a grandi linee e con alcune critiche, i contenuti dei capitoli della tesi di Stephen, dicono: "Brillante! Un lavoro davvero brillante! Lei ha conseguito il dottorato in Fisica, complimenti!".
Ma... oltre alla cosiddetta "teoria del tutto", cos'altro ha potuto studiare Stephen nelle sue condizioni? E alla fine, è riuscito a spiegare l'origine dell'Universo? Non si riesce a capire.


C) COME QUESTO FILM PRESENTA JANE WILDE:

La presenta come la fidanzata dolce, compassionevole e come la moglie stanca e sofferente...
Ma ha le sue colpe! Nella realtà della biografia di Stephen hanno divorziato.
La fidanzata dolce e compassionevole: "Come te, anch'io viaggio nel tempo con la poesia spagnola". Sapessi quanto ho viaggiato io nel tempo nei miei anni di liceo e universitari, cara mia! Fai un esame di letteratura italiana, di storia o di letteratura latina in Italia; devi tener presente tutto: il contesto storico-sociale in cui si inserisce un autore, i rapporti con gli autori suoi contemporanei, da chi e da cosa è stata in influenzata la produzione letteraria di un poeta o di uno scrittore, le figure retoriche e le costruzioni sintattiche di un testo... Se studi Lettere in Italia ne fai di viaggi nel tempo incollata ad una sedia e ad un tavolo, cara mia! 

La moglie stanca e sofferente... come no! 
Quella presentata nel film non è una donna e non è una moglie, è una lurida p*tt**a che, una volta conosciuto il vedovo Jonathan, insegnante di pianoforte del figlio maggiore, approfitta di quest'uomo per farsi il suo flirt extra-matrimoniale, anche se sa molto bene di essere sposata e di aver promesso amore, vicinanza e fedeltà ad un giovane uomo che sapeva malato.
Ma sì, le ragazze sono fatte quasi tutte così, anche nei rapporti diversi dall'amore, anche nei rapporti di amicizia tra una ragazza e l'altra: baci, abbracci, complimenti... ma in realtà l'idea che hanno di te è ben diversa, appena tu volti loro le spalle ridono di te e ciò che pensano non corrisponde quasi mai a ciò che dicono!
"Potere alle donne", si dice adesso, ai nostri tempi... Ma il problema è un altro, ed è un grosso problema, un doloroso e spinoso problema: a me la superficialità e la falsità femminile fa paura.

La sera in cui Stephen si sente male a teatro, lei si trova in campeggio con Jonathan e i figli... cioè, glielo impone come padre, mentre il vero padre dei primi due figli è Stephen?! Ma che razza di str****!
E Timothy, il terzogenito di Jane, che padre ha in realtà? E' figlio di Stephen o di Jonathan? Quando i suoceri di Jane, ben consapevoli del rapporto tra la nuora e Jonathan, le fanno questa domanda...Uuuh, sentiste come lei s'arrabbia!! 
Eh... eh sì, si arrabbia perché hanno toccato un tasto dolente, probabilmente il tasto del tradimento!

E infine, la penultima scena del film... Ma che melodramma adolescenziale, santo cielo!! 
Jane che dice tra le lacrime ad uno Stephen che comunica soltanto con gli occhi: "Ti ho amato tanto!" 
Aaahhh....Uuuuuhh..... Ooohhh...... Eehhhh!!! 
Melodramma ipocrita... Da far rivoltare nella tomba Sigismondo D'India e Pietro Metastasio, visto che si tratta di una sceneggiata melodrammatica piena di ipocrisia!

"I sentimenti mutano. A volte capita che svaniscano. Chiunque, anche se già sposato, ha il diritto di farsi una vita con qualcun altro. Chi se ne frega della malattia e dei figli bambini. Metti al centro della tua vita prima di tutto e soprattutto te stessa."- Non c'è americanata più americana di questa, credetemi.

D) PER UNA VOLTA MI TROVO D'ACCORDO CON IL DURO MEREGHETTI:

Forse del Mereghetti, dizionario che recensisce molti film europei e americani, ho già fatto menzione tempo fa.
Diverse volte non mi sono trovata d'accordo con questa particolare Enciclopedia di film, dal momento che, almeno a mio avviso, esprime, anche su opere cinematografiche valide, ironiche, ricche di contenuti e commoventi dei giudizi lapidari, polemici e taglienti.
Dunque; a casa io ho l'edizione Mereghetti 2017. Non so se ne esistano di più recenti.
Ad ogni modo, per darvi l'idea del modo "cattivo" di valutare i film:

- Soltanto ai film di Alfred Hitchcock dà "10".
-I film di Chaplin "Il monello", "Tempi moderni" e "La febbre dell'oro" vengono tutti e tre promossi con "8".
-Al mio bellissimo e amato "Into the Wild" dà soltanto un "6", pur parlandone bene.
-Al di là di qualche rara sufficienza, tutto il resto (almeno per Mereghetti) è quasi "feccia": fioccano i 5, i 4 e... i 2 addirittura! 
Alla Teoria del tutto dà un 4 secco secco. 
(Meno male che la sua attività di valutazione è confinata ai film. Come insegnante di scuola secondaria uno così farebbe danni e paura, perché apprezzerebbe esclusivamente le eccellenze, tollererebbe, senza premiarli e senza troppi incoraggiamenti pratici, gli allievi pieni di zelo e non sarebbe per nulla d'aiuto a chi fa fatica).

Comunque, ecco come si esprime a proposito di questo film (riporto una parte del commento):

"...si scade spesso nel melodramma ad effetto, e le trappole della commiserazione e del ricatto emotivo sono sempre dietro l'angolo. Troppo sottolineate anche le fasi del degrado della malattia, come nella brutta scena al ralenti in cui Hawking cade rovinosamente nell'atrio del college, rivelando i primi sintomi del male."

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In definitiva, salviamo qualcosa di questo film? 
Sì, una frase di Stephen che, pur molto malato, non ha mai veramente perduto la capacità di riflettere e di pensare:



PS= Questo film non mi è piaciuto, ma perdonate quei punti in cui ho manifestato un po' di nervosismo. Venerdì mattina ho l'ultimo esame della sessione: è un esame importante, che mi ha dato diversi spunti e di idee per l'insegnamento di lingua, cultura e letteratura italiana... Ci tengo a farlo bene, anche se non ricordo mai tutti i caratteri stilistici degli autori italiani otto-novecenteschi che Dàrdano enuncia nel saggio programma d'esame.
Negli ultimi giorni ci sono dei momenti della giornata in cui ripasso sotto il portico, con il costume addosso. Come ai tempi delle sessioni estive triennali, quando preparavo per i primi giorni di luglio esami come Linguistica italiana, Filologia romanza o Letteratura greca.
Ho già la pelle a strisce.



24 giugno 2020

"Il ragazzo che catturò il vento":


Per alcune settimane tratterò di argomenti un po' diversi da quelli letterari; vi risparmio il Carmen Buranus 70, che resta sempre bellissimo e stilisticamente molto raffinato, ma troppo, troppo lungo e troppo specialistico per poter stare su un blog. A tutto c'è un limite.

Questo film ambientato in Malawi.

Preferirei iniziare la recensione con delle note di geografia riguardanti questo stato africano.


IL MALAWI:

Il Malawi si trova in Africa Orientale. A sud e ad est confina con il Monzambico, a nord-est con la Tanzania e ad ovest con lo Zambia. 

Si tratta di uno stato privo di sbocchi sul mare ma bagnato dal lago Malawi, che è il terzo lago più grande dell'Africa e comprende circa un quinto della superficie del Paese. 

Da questo lago nasce il fiume Shire, che attraversa il Malawi sud-orientale  per giungere in Monzambico e gettarsi nello Zambesi.

La capitale del Malawi è Lilongwe.

Sono state fatte più ipotesi per spiegare l'origine del nome di questo stato. Si suppone che malawi derivi dal nome di una tribù del sud del Paese oppure, più poeticamente che si riferisca allo scintillio del sole che sorge sul lago.

Il clima del Malawi è subtropicale: la stagione delle piogge va da novembre ad aprile; mentre da maggio a ottobre le precipitazioni sono davvero molto rare, visto che il clima si presenta molto caldo anche lungo le rive del lago.

La maggior parte della popolazione si dichiara cristiana (75%) con una maggioranza di luterani (55%) e una minoranza di cattolici (20%). I musulmani comprendono il 15%.

Non sono mai scomparsi del tutto gli antichi riti animisti.

Circa l'85% della popolazione malawiana vive nelle zone rurali e circa i 3/4 di loro vive sotto la soglia di povertà (meno di 1 dollaro al giorno).

In Malawi vengono parlate più lingue: l'inglese è la lingua ufficiale, mentre le lingue locali e nazionali sono il Chichewa e lo Yao.


Lago Malawi
LAGO MALAWI


OMNIA VINCIT TENACITAS:

("La tenacia vince tutto")

La storia, ambientata all'inizio degli anni duemila e nel piccolo villaggio di Wimbe. 

Il protagonista è William Kamkwamba, un ragazzino in età da fine delle scuole medie (13 o 14 anni), figlio di contadini. 

All'inizio del film lo vediamo sistemare delle radio affidategli da amici di famiglia e da conoscenti. Riesce ad aggiustarle perché riesce sempre a recuperare dalle discariche i materiali che gli servono.

E' un adolescente decisamente sveglio che aiuta i genitori in casa e frequenta la scuola locale.

Presto però, il regista e lo sceneggiatore introducono due grosse disgrazie in questa storia: prima piomba sui terreni coltivati una pesante alluvione che allaga persino le strade del villaggio, poi giunge la siccità. Fa impressione, nel film, vedere la terra riarsa (piena di crepe) dal gran calore del sole.


Tutta la popolazione di Wimbe deve far fronte alla siccità, anche la famiglia di Kamkwamba. Il padre Trywell, che tiene molto a far studiare i figli, non può più pagare la retta scolastica di William, che tuttavia frequenta di nascosto soltanto le lezioni di scienze naturali, tenute da un giovane professore fidanzato con sua sorella maggiore.

All'aumento della povertà e le fatiche delle famiglie si aggiungono le rivolte civili contro il governo per il razionamento del grano. La famiglia Kamkwamba viene anche derubata dei sacchi di grano di scorta.

 questo punto, William, per poter migliorare la situazione nel suo villaggio e quindi per poter rendere possibile l'irrigazione nei campi, pensa di costruire un mulino a vento con cui alimentare una pompa d'acqua elettrica. 

Inizia allora a frequentare di nascosto la piccola biblioteca della sua scuola e arriva a montare un piccolo prototipo che mostra al padre durante una giornata di lavoro nei campi.

Il genitore però reagisce molto male quando il figlio gli spiega che per poter realizzare la pala eolica serve la ruota e il telaio della bicicletta di famiglia. 

Per Trywell, sacrificare la bicicletta significa cedere l'unico bene rimasto ad un esperimento presuntuoso vagheggiato da un ragazzino... (da un genio, aggiungo io!!).

E' Agnes a convincere il marito ad affidarsi al loro figlio.

Dopo che anche il cane di William muore di fame, padre e figlio ricominciano a dialogare e a ritrovare un po' di fiducia l'uno nell'altro.


Con l'aiuto di alcuni uomini del villaggio, si riesce a montare una pala eolica piuttosto alta.

Grazie al progetto di un ragazzino di nemmeno 14 anni, tutto il villaggio si salva dalla miseria causata dalla siccità.


Capite ora il motivo per cui ho inserito quella frase come titolo di un paragrafo?

Questa è la vicenda di un ragazzino che, proprio nel momento in cui scopre il suo talento per la scienza e per la progettazione, è costretto a lasciare la scuola e, grazie alla complicità e alla comprensione del suo insegnante di scienze, frequenta le lezioni che gli interessano di nascosto.

Non solo William non può permettersi di andare a scuola, ma vive in un clima di estrema povertà, di carestia, di fame, di tensioni sociali. E, quando per la prima volta espone la sua idea al padre, riceve soltanto un rifiuto fin troppo duro.

Eppure, con la sua perseveranza e con la sua tenacia, riesce a concretizzare il suo progetto, primo passo compiuto per poter diventare ciò che effettivamente ora è.


SCIENZA SIGNIFICA ANCHE "FARE AFFIDAMENTO":


Mi pare che dal film si percepisca questo.

Realizzare qualcosa di tecnico e di scientifico spesso ha comportato il rischio di non riuscire nell'intento.

Come qui: Trywell è imbestialito e angosciato all'idea di perdere l'unico bene rimasto alla famiglia, quando sente per la prima volta l'intenzione del figlio. Non cede all'idea nemmeno quando gli amici di William si recano davanti alla porta di casa per convincerlo a cedere al figlio la bicicletta.

Dopo alcuni giorni una moglie frustrata dall'estrema povertà e malinconica riesce a farlo ragionare: "Per quanto tempo dobbiamo ancora perdere?". Vuol dire questo: non ci rimane più niente. Possiamo permetterci soltanto un pasto al giorno. Il terreno non è irrigato e il clima non aiuta. Nostro figlio ha studiato. E' molto dotato. Lascialo provare, lascialo fare. 


WILLIAM KAMKWAMBA:


Questo film, uscito soltanto lo scorso anno, è la storia di William Kamkwamba che, appena adolescente, nel 2001 è stato in grado di montare, con la ruota di una bicicletta e con materiali di recupero, un mulino a vento: il Wall Street Journal, quotidiano internazionale di New York, è stato il primo mezzo a diffondere la storia di questo ragazzo in tutto il mondo. E' stato così che ha potuto ottenere una borsa di studio per continuare a istruirsi e per iniziare poi l'Università negli Stati Uniti.


Mi è rimasta impressa, alla fine del film, una frase del padre di William: "Credo che questo mulino ti porterà lontano da qui, William, ma allo stesso tempo sarà ciò che ti permetterà di portare per sempre nel cuore il tuo villaggio d'origine". 

Negli ultimi 10 anni, William ha ottenuto alcuni premi e riconoscimenti: ha vinto, nel 2010, il Go Ingenuity Award, conferitogli dalla Go Campaign di Santa Monica negli Stati Uniti, un'organizzazione che si prefigge di sostenere i giovani inventori. 

Poi in Germania, gli hanno assegnato il Premio Futuro, visto che William è tra i sostenitori più fervidi dell'ecosostenibilità.


AFRICA=COMUNITA':


La famiglia di William in un momento conviviale

Ma sì, certamente, l'Africa non è soltanto "comunità". 

Sicuramente si tratta di un continente estremamente problematico, dove molti bambini e molti adolescenti non possono studiare, dove le donne alla mia età sono già in attesa del sesto figlio (se sono scampate alla fame e/o ai parti precedenti), altroché la laurea specialistica in letteratura!

In Africa qualsiasi tipo di malattia è potenzialmente letale (anche un semplice virus intestinale), in Africa ci sono guerre, guerre civili, c'è il terrorismo islamico che minaccia alcuni popoli, in diversi stati ci sono regimi dittatoriali, le risorse minerarie e le risorse di petrolio non sono per la popolazione, ma per le multinazionali europee, nord-americane, cinesi e giapponesi. 

Eppure, l'immagine che avete visto sopra, tratta sempre da questo film, suggerisce l'idea di comunità. 

La prima comunità in cui viviamo è la famiglia e qui abbiamo tutti imparato le prime forme di relazione.

Nonostante le miriadi di problemi che hanno, nonostante siano costretti a vivere alla giornata, gli africani secondo me sanno ritagliarsi dei momenti, ogni giorno e di giorno in giorno, in cui mostrarsi solidarietà gli uni verso gli altri.

Quella di William è una bella famiglia: povera, onesta e dignitosa.


16 giugno 2020

"La felicità familiare", Lev Tolstoj (parte prima)

Un romanzo che tutti i giovani dovrebbero leggere


Vi ho qui riportato un'edizione la cui copertina raffigura una ragazza poco più che adolescente. La protagonista di quest'opera di Tolstoj si chiama Marja Aleksàndrovna. Il tempo del romanzo è di circa 6 anni: dai 17 ai 23 anni anagrafici della ragazza.
E' un romanzo composto da due parti e, per darvi un'idea chiara dei contenuti e delle tematiche, mi piacerebbe riassumerlo e commentarlo capitolo per capitolo. E non in un unico post, bensì in due (uno stasera e l'altro o venerdì o sabato). 
Ah... preciso che è stato uno dei libri che ho letto e divorato quando eravamo ancora in fase 1, quindi sto parlando più o meno della fine di aprile.

PARTE PRIMA:

Capitolo 1= Marja Aleksàndrovna è una ragazza medio-borghese della Russia del XIX° secolo. Ha appena perduto la madre, per questo si sente triste e sola. Per gran parte della stagione invernale non ha contatti con il mondo esterno alla sua residenza in campagna. 
In questa grande malinconia però, lei trova dei momenti in cui fantastica sul suo "eroe ideale d'amore". Più che altro, come diverse adolescenti occidentali dei nostri giorni, sogna il suo tipo di ragazzo ideale soprattutto per quel che riguarda delle caratteristiche fisiche: sottile, scarno, pallido.
E qui, permettetemi di percorrere in maniera sintetica la letteratura d'amore latina, mediolatina e un po' anche italiana (sono fresca d'esami!): per Catullo, il pallore di una donna non è una qualità di bellezza eccellente:

CATULLO, INCIPIT DEL CARMEN 86:

Quintia formosa est multis
mihi candida, longa, recta est:
haec ego sic singula confiteor.

Quinzia è ritenuta bellissima da molti,
per me è soltanto pallida, alta e diritta:
io riconosco solo queste singole cose (=caratteristiche).

(Eh già, Valerio... Lesbia le superava tutte, anche se... alla fine ti ha dato proprio una brutta botta!).

CARMEN BURANUS 180:

Sapete come finisce questo? ut eius virginea reserassem vincula... 
Se non conoscete la lingua, in questo caso, meglio per voi!
Ad ogni modo, in una delle strofe di questo componimento, si dice, riferito alle caratteristiche della pulchritudo (=della bellezza) dell'amata: candor cum rubedine. Nel volto della ragazza si mescolano pallore e rossore.
Per il canone di bellezza fisica medievale il pallore del volto diviene elemento essenziale.

GUINIZZELLI, "VEDUT' HO LA LUCENTE STELLA DIANA":

Al verso 5, dice: viso de neve, nel descrivere la straordinaria e sovrumana bellezza dell'amata. In una parafrasi la si rende con una similitudine: viso bianco come la neve. 


Il motivo del pallore indicante la bellezza fisica ricorre anche in età moderna.

GIAMBATTISTA MARINO, MADRIGALE "PALLIDETTO MIO SOLE":

Pallidetto mio sole,
a i tuoi dolci pallori
perde l'alba vermiglia i suoi colori.
Pallidetta mia morte,
a le tue dolci e pallide viole
la porpora amorosa
perde, vinta, la rosa.
Oh, piaccia a la mia sorte
che dolce teco impallidisca anch'io,
pallidetto amor mio!

La donna pallida è più bella dell'alba. Quel pallidetta mia morte si riferisce ad un sentimento passionale che a momenti fa angosciare il poeta, che sperimenta appunto la maladìe d'amour.

Però c'è una differenza sostanziale: tutti questi poeti attribuiscono il pallore ad una figura femminile, la Marja di Tolstoj invece ad un ragazzo ideale, per cui, al sesso opposto.
Come termina questo capitolo? Con l'improvviso e inaspettato arrivo di Serghjei, un uomo, non un ragazzo, tenetevelo bene in mente anche per la parte due, un uomo di ben 36 anni, che non vede Marja da molti anni. Era il suo tutore tempo prima. 
Sin dall'inizio lo stesso autore lo descrive come un uomo di buon carattere, gioviale ma anche sensibile e preoccupato per l'intensa malinconia della ragazza. 
Uno dei "motti" di vita di Serghjei è: vivere si deve per essere felici.
Ma cos'è la felicità per voi? La si raggiunge pienamente quando si trova il vero amore? Oppure, come io tendo ancora a pensare (ma non voglio influenzare nessuno), è un bene pressoché irraggiungibile?

Capitolo 2= Arriva l'estate; e le visite di Serghjei a Marja si fanno sempre più frequenti. Lei cambia umore: al vederlo, le si rinnovano le speranze per l'avvenire. Riprende a leggere e a suonare il piano.
Ad un certo punto del capitolo lei afferma: Sapevo ch'egli mi amava.
E anche lei se ne innamora (Ogni pensiero era un pensiero per lui)
Agli inizi della frequentazione il loro risulta un amore strano, per certi aspetti abbastanza simile alle mie tre finora storie a metà tra amicizia e affetto vero (la quarta possibilmente dev'essere definitiva e per tutta la vita).
Cosa lo rende strano?
Allora... Di molto positivo in questa relazione (come anche nelle mie fino a prima del lockdown) c'è che loro due parlano molto; e di argomenti culturali (letteratura, musica, poesia). Nel mio caso, visto che appartengo al XXI° secolo, si aggiungevano anche cinema, teatro e fantascienza. Non si tratta certo di ciò che vediamo e vedete nei telefilm di adesso o comunque in diverse relazioni di adesso: ci si conosce una sera e si va a letto immediatamente. 
Parlarsi e ascoltarsi. 
E' così che ci si conosce, che ci si capisce. 
C'è rispetto, almeno questo. E anch'io ho avuto rispetto.
Ma qual'è il punto debole di questo amore? Il fatto che lei inizi a idealizzare Serghjei come il miglior uomo che esista sulla faccia della terra e, anche se lo conosce ancora poco, a sognare (ad occhi aperti e nelle sue passeggiate vespertine) un matrimonio romantico. Oh ecco... altro aspetto in comune con me: con la mente questa ragazza corre troppo. Eh ma... alla fine abbiamo imparato qualcosa entrambe... ve lo assicuro.
Sento che sarei un pochino diversa ora se dovesse accadere... Sarei un po' più realista e un po' più pacata, più sincera, meno "tra le nuvole".
Nell'amore non c'è solo il romanticismo e il continuare a vedere l'altro come un essere paradisiaco e angelicato a cui dedicare le poesie più dolci fatte di metafore attinenti al mondo delle meraviglie naturali.

Capitolo 3= Il terzo capitolo di questa prima sezione è per lo più costituito da un delizioso notturno d'estate. La luna risulta argentea agli occhi dei due innamorati che la contemplano passeggiando lungo i sentieri di campagna. Sapete cosa mi ha colpito qui in particolare? L'espressione la luna pende. Anche in Tolstoj c'è dell'intertestualità inconsapevole con altre letterature europee antiche e moderne.

LEOPARDI, "LA SERA DEL DI' DI FESTA":

Dolce e chiara è la notte e senza vento,
e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
posa la luna, e di lontan rivela
serena ogni montagna.



LEOPARDI, "ALLA LUNA":

O graziosa luna, io mi rammento
che, or volge l'anno, sovra questo colle
io venia pien d'angoscia a rimirarti:
e tu pendevi allor su quella selva
siccome or fai, che tutta la rischiari.

Passiamo infine ad una citazione del Novecento

ZANZOTTO, "SERICA":

Schiava d’altre stagioni
e della notte caverna di fango
cadde la luna; (...)

"Serica" è una poesia dedicata alla coltivazione del baco da seta nelle mezze stagioni nella zona dell'alto trevigiano.
Credo sia una delle poesie preferite del professor Sandrini, il mio docente di letteratura italiana del Novecento.
A spiegarcela ci ha messo ancora più passione del solito.
Sappiatelo: alla magistrale di Lettere di Verona "Letteratura italiana moderna e contemporanea" e "Poesia italiana del Novecento" sono corsi (uno caratterizzante e l'altro integrativo) tenuti dalla stessa gran persona.
...Spiega le poesie di Zanzotto e gli viene da piangere... legge in aula alcuni passi di Slataper e si commuove... legge e commenta Buzzati riuscendo a farci immaginare ad occhi aperti i contenuti delle opere di questo autore.
Il professor Sandrini è davvero un signore. Potrebbe essere mio padre, potrebbe avermi avuta intorno ai suoi 35 anni.
Senza nulla togliere a tutti gli altri. All'Università sono stata davvero fortunata, per via di conoscenze con il corpo docenti.
Ad ogni modo, in questo terzo capitolo, avviene il fidanzamento ufficiale tra Marja e Serghjei, con promessa di matrimonio.

Capitolo 4: Emerge la sensibilità religiosa (a mio avviso un pochino esagerata!) di Marja.
Però anch'io fino a circa un annetto e mezzo ero così: mi piaceva stare in chiesa da sola anche una mezz'ora (prima di prendere l'autobus che mi portava in facoltà in città ad esempio). Stare in chiesa mi faceva stare bene, più in pace con me stessa.
Ultimamente questa spiritualità un po' l'ho persa. 
Cioè... lo sapete anche voi lettori: il don con me non si è comportato bene, per una serie di motivi, e gli altri ragazzi... non ci mettono molto a "tagliarmi fuori"... Cioè, non mi hanno nemmeno coinvolta per la realizzazione del video sulla Pasqua. Sembra una sciocchezza per chi non l'ha vissuta sulla propria pelle, per me è una prova ulteriore del fatto che purtroppo non mi vogliono bene. Ma faccio così schifo io dal punto di vista umano per loro? Non merito proprio nulla? 
Ho dei lati del carattere da migliorare, l'ho sempre riconosciuto, anche di fronte a loro. Però non mi sembra di essere così scadente dal punto di vista umano, così scadente da meritare l'esclusione (come quando ero in classe al liceo). 
Ah... tornando al romanzo, notate una cosa, che era consuetudine presso la borghesia e l'aristocrazia non soltanto russa ma anche europea e nord-americana: fino al matrimonio, i due fidanzati sono "purissimi": non si scambiano nemmeno un bacio.
Non sto dicendo che condivido un modo così casto di vivere un sentimento così forte, forse, il più forte che esista se è vero e autentico. Lo sottolineo soltanto per marcare il profondo cambiamento avvenuto nelle relazioni affettive da 150 anni a questa parte.

Capitolo 5= La prima parte termina con la celebrazione del matrimonio tra Serghjei e Marja. 



13 giugno 2020

La pittura dei Macchiaioli:

Avrei voluto proporvi una mia riflessione storico-biblica sul tema del muro, del muro che divide i popoli, che alimenta pregiudizi e abusi di potere. 
...Ma per realizzare un post del genere ci vuole tempo; e vi faccio presente come sono messa in questo periodo: un esame l'ho dato questa settimana ed è andato benissimo, il prossimo è lunedì e un altro l'ho rimandato ai primi di luglio (prima volta che mi capita in 5 anni di università, di dover rimandare un esame! Succede anche a chi ha la media del 29).
Per cui per il momento dovrete accontentarvi di un resoconto sui Macchiaioli italiani di metà Ottocento. 

I MACCHIAIOLI:

I Macchiaioli erano un gruppo di pittori italiani attivi in Toscana nel pieno del diciannovesimo secolo, che, nel voler superare le convenzioni insegnate dalle accademie italiane d’arte, realizzavano frequentemente le loro opere all’aperto per poter rendere bene luci, ombre e tonalità di colore. Questa pratica li rende simili agli impressionisti francesi.
I Macchiaioli si riunivano al Caffè Michelangelo di Firenze. Non tutti erano toscani: Giovanni Fattori, il principale componente, era livornese, Telemaco Signorini era fiorentino, Silvestro Lega era originario di Modigliana, paese in territorio romagnolo, Giuseppe Abbati era napoletano e Vincenzo Cabianca era veronese.
In epoca di guerre d'indipendenza in periodo pre-unitario (anni '30-'40-'50 del XIX° secolo), il Granducato di Toscana era l'unico stato della nostra penisola in cui regnava un clima socio-politico abbastanza sereno, sotto la guida del granduca Leopoldo II. A Firenze e dintorni in effetti fiorivano e crescevano circoli culturali all'epoca.
Nel Regno Lombardo-veneto invece (di cui anche Verona era parte), la censura era rigida e frequente, come anche in una Stato Pontificio guidato da Pio IX°.

Vengono qui sotto presentati alcuni dipinti che rappresentano lo stile dei macchiaioli.

1) GIOVANNI FATTORI:

"LA ROTONDA DEI BAGNI PALMIERI":


Il luogo raffigurato è la rotonda dello stabilimento balneare di Palmieri, sul lungomare di Livorno. 
All'ombra di un tendone giallo ocra ci sono sette donne borghesi. 
Forse tra loro c'è anche Settimia Vannucci, la giovane moglie di Fattori morta prematuramente di tubercolosi.
I volti delle figure femminili risultano privi di lineamenti (d'altra parte questo dipinto non è un ritratto in primo piano di qualcuno). 
E' abbastanza probabile che si tratti di una giornata estiva, data la predominanza di tinte calde (giallo e arancione) e dato il colore quasi grigio metallico del cielo, che sembrerebbe caratterizzato da foschia.
Le donne sono tutte rigorosamente vestite: molte di loro, sebbene all'ombra, portano dei cappellini e tutte quante portano vestiti lunghi. Circa duecento anni fa era questo il modo conveniente di andare al mare. Eh sì, il costume sul lungo mare era ritenuto decisamente volgare nel XIX° secolo.
Ad ogni modo il dipinto, caratterizzato da un formato orizzontale allungato, può essere suddiviso in fasce di colore. Parto dal basso: c'è un marroncino pallido per la parte ombrosa della rotonda, il giallo molto chiaro della parte esposta al sole, il celeste dello specchio d'acqua leggermente increspato dal bianco della spuma delle onde, il marrone (terra di Siena bruciata) dei monti di fronte alle donne, l'azzurro metallico del cielo e l'ocra del tendaggio. 

 "LA VEDETTA":


Nel dipinto è raffigurata una scena di vita militare in cui tre soldati effettuano la ronda di vigilanza, immobili sotto il sole caldo di un pomeriggio estivo. 
Il primo soldato a cavallo collocato in primo piano risulta decentrato sulla destra e proietta la sua ombra sul muro bianco retrostante.
Gli altri due militari si trovano invece all'estremità più lontana del muro.
Pochi altri colori e pochi altri elementi ci sono in quest'opera: il cielo, un po' blu e un pochino violaceo e la pianura arida bianco-giallastra.

In questa tela Fattori drammatizza la tecnica macchiaiola dal momento che, nell'impiegare macchie di colore ridotte all'essenzialità del bianco, del nero e dell'azzurro, ottiene una luce molto intensa che invade  tutto il dipinto, rendendo bene l'idea di una giornata estiva decisamente calda. Insomma, risulta qui molto realistico.

DE AMICIS, "MARCIA D'ESTATE", CAPITOLO PRIMO DI "VITA MILITARE":

Edmondo De Amicis, credo lo sappiate tutti, è vissuto in epoca risorgimentale e post-risorgimentale.
E' stato anche autore di alcuni bozzetti raccolti sotto il titolo di Vita militare che delineano la quotidianità e le azioni dei militari italiani del XIX° secolo. De Amicis è stato militare, e qui parlava ai suoi simili. Questo in effetti non è un diario di scuola in cui vengono proposti valori, ideali e buoni sentimenti.
Vi riporto dunque alcuni paragrafi del primo capitolo, intitolato Marcia d'estate (considerando che nel dipinto di Fattori descritto poco sopra le figure umane sono dei soldati):

Era una bella giornata d’agosto; non una nuvola, non un soffio di vento; l’aria immobile e infocata. La strada per cui il reggimento camminava era larga diritta e lunga che non se ne vedeva la fine, e coperta d’una polvere finissima che si sollevava a nuvoli, penetrando negli occhi, nella bocca, sotto i panni, e imbiancando barbe e capelli. A destra e a sinistra della strada non un albero, non un cespuglio, non un palmo d’ombra, non una goccia d’acqua. La campagna era secca, nuda, deserta; nelle poche case sparse qua e là, un silenzio, una quiete, che parevano disabitate. Non si poteva fermar lo sguardo sulla via, nè sui muri, nè sui campi, tanto vi batteva il sole. Si camminava a capo basso e a occhi socchiusi.
(...)
Il reggimento camminava da poco più di un’ora. Malgrado quella polvere e quel caldo soffocante, i soldati erano ancora vispi ed allegri come al momento ch’eran partiti. Due file camminavano a destra e due a sinistra della strada, e dall’una all’altra parte era un continuo scoccare e incrociarsi e ricambiarsi di motti, di frizzi e di mille voci lepide e strane; e di tratto in tratto una gran risata e un batter clamoroso di mani, a cui seguiva sempre un: — Al posto, via, in or
dine! — che ristabiliva momentaneamente il silenzio e la quiete. A tre, a quattro, a cinque voci assieme, si sentiva cantare qua l’allegro stornello toscano, là la patetica romanza meridionale, più oltre la canzone guerriera delle Alpi; ed altri smettere, ed altri cominciare, e mille accenti e dialetti svariati succedersi e mescolarsi. La marcia procedeva in tutto e per tutto a norma del regolamento; le file serrate, il passo franco, gli ufficiali al posto; tutto in ordine, tutto appuntino. Benone! E si andava, e si andava (...)

2) SILVESTRO LEGA

"IL PERGOLATO":


In origine il dipinto si chiamava Un dopo pranzo, titolo che descriveva con più efficacia l'episodio rappresentato: la tradizione italiana del caffè pomeridiano. 
Molto spesso Silvestro Lega raffigura scene di quotidianità con un realismo quasi fotografico. 
E' qui rappresentato un gruppo di donne che si intrattengono in maniera tranquilla e rilassata all'ombra di un pergolato, mentre attendono l'arrivo della domestica ritratta sulla destra che sta reggendo un vassoio con un bricco di caffè. Accanto alla domestica si profila un muretto sul quale sono collocati vasi di terracotta (come quelli che ho anch'io a casa).

Il sole primaverile proietta ombre molto lunghe sulla pavimentazione del viottolo, dove tra le mattonelle sbucano alcuni ciuffi di erba selvatica.
Predominano anche qui le tonalità chiare. Per questo Lega riesce a inondare la scena di una luminosità calda e diffusa, valorizzata anche  dall'ombra del pergolato. 

"IL CANTO DELLO STORNELLO":


Il dipinto raffigura tre giovani di buona famiglia intente a cantare. Una di loro suona l'accompagnamento musicale di una canzone al pianoforte. 
Le tre ragazze (Virginia, Maria e Isolina Batelli) indossano sono rischiarate da una limpida luce proveniente dalla grande finestra semiaperta della sala. La luce però non si diffonde in modo omogeneo nell'interno ma indugia su vari particolari, come le mani della pianista, la ricca tenda fiorata e la sottile camicia bianca della donna in piedi. 
Al di fuori dell'interno, dei campi e le colline alla periferia di Firenze.

Il canto dello stornello costituisce un rinvio alla pittura di Piero della Francesca. È Telemaco Signorini, che era molto amico del Lega, a confermarcelo:

Fedele al suo programma di produrre un'arte dove la sincerità d'interpretazione del vero reale, dovesse, senza plagio pre-raffaellista, ritornare ai nostri quattrocentisti e continuare la sana tradizione, non più col sentimento divino di quel tempo, ma col sentimento umano dell'epoca nostra, dipinse il suo quadro più grande, Il canto dello stornello.


3) GIUSEPPE ABBATI:


"STRADINA AL SOLE"



La strada quieta del paesino, delimitata da un muro abbastanza alto e ornato di arbusti verdi, è percorsa da una figura solitaria di donna che si protegge con un ampio cappello di paglia. Il colore del cappello di paglia risulta molto simile sia all'intensità della luce del sole meridiano, probabilmente un sole anche qui estivo, sia al colore della strada, che risente della calda illuminazione solare. 

Il cielo è molto azzurro, con delle sottili e delicate fasce bianche di nuvolette innocue al di sopra dei tetti delle case.

Predominano anche qui le tinte chiare e luminose. 


3 giugno 2020

"Quanto a lungo", A. Zanzotto- un auspicio (almeno per come lo interpreto io) di speranza nel futuro per noi giovani:





3 giugno 2020. 
Da oggi ci si può muovere da una regione all'altra.
Da ormai un mese è iniziata la cosiddetta "fase 2", dopo quasi due mesi di reclusione in casa per emergenza sanitaria e aumento esponenziale in tutta Italia, ma in particolare in Lombardia, di infetti e morti di Covid-19.
Sebbene la situazione sia migliorata in modo significativo, tutt'oggi l'Italia resta comunque il sesto paese al mondo per numero di contagi e di morti da Coronavirus.
La Spagna, quinta in classifica, da alcuni giorni non registra più alcun caso di infezione né alcun morto.
Si è invece aggravata la situazione in Brasile (più di mille morti al giorno... e Bolsonaro dice che la sua gente sta morendo di psicosi e non di polmoniti interstiziali! Pazzesco!), in Russia (dove per tutto marzo e per buona parte di aprile è stata sottovalutata la serietà della pandemia), in Regno Unito (40.000 morti, le regioni più colpite dal virus risultano essere Inghilterra e Galles) e negli Stati Uniti (al mondo, un malato su tre di Coronavirus è statunitense). Trump, permettetemi anche stavolta di essere schietta, non è molto diverso da Bolsonaro, perché sta lasciando morire i poveri. Invece di pensare alla salute e al benessere degli americani accusa la Cina di qualsiasi cosa succeda: c'è il virus? La colpa è della Cina! L'economia degli Stati Uniti sta andando in malora? La colpa è della Cina! Tra poco, quando arriveranno temporali o uragani, tipici del continente, il signor Donald Trump dirà: "Colpa della Cina!".
Emerge un conflitto e una competizione economica e sanitaria evidente tra Cina e Stati Uniti, una competizione che in certi momenti mi preoccupa, anche se il dittatore cinese più di una volta ultimamente ha detto: "Con gli americani siamo in una specie di guerra fredda ma, malgrado ciò, siamo sempre disposti a dar loro una mano quando ne avranno bisogno."
E intanto, in tutta Europa, la fase 2 continua: almeno nei locali chiusi è opportuno, obbligatorio e necessario portare il "bavaglio anti-virus" (la mascherina). 
Anch'io qualche volta sono uscita di casa per qualche capatina o a Verona città, o sulle rive del Garda e del Mincio, oppure sulle collinette di Sona e Custoza.
Certo, se nelle prossime due settimane i contagi non aumentassero, dopo tre esami dati in modalità telematica potrò permettermi un'estate per certi aspetti quasi normale. 
Resta comunque il fatto che la fase 2, proprio per le limitazioni che comporta, offre una vita piuttosto insulsa: è vero che le attività commerciali sono ripartite tutte nel rispetto delle distanze di sicurezza, ma non possono ancora riprendere tutte le attività culturali, di formazione e di intrattenimento nelle quali ci può essere una sana modalità di interazione faccia a faccia, soprattutto per la mia fascia di età. E, soprattutto, non c'è ancora la didattica frontale in presenza e non abbiamo il diritto di dare gli esami in presenza (cosa aspettano a sanificare gli Atenei, il 2030?!). Dal parrucchiere ci si va, al bar e al ristorante ci si va ma assolutamente non possiamo entrare in un'aula universitaria piuttosto ampia?!
Ho il primo esame il 9 giugno: siamo soltanto 7 iscritti. Non abbiamo più 3 anni, si dovrebbe presumere che degli specializzandi sappiano stare distanziati gli uni dagli altri e con la mascherina in un'aula da 75 posti e in presenza di un docente!
L'emergenza sanitaria è finita, noi universitari non dovremmo più stare a casa, dovremmo ritornare in sicurezza anche noi, come sono ritornati al lavoro milioni di italiani nel corso del mese di maggio!!

Ormai sono avvilita e piena di rabbia. 
Stranamente più ora che non nella fase 1. 
Dovrei trasmettervi ottimismo ed energia, e non sempre ce la faccio, proprio perché sono un'essere umano anch'io, una ragazza che, a poco più di 20 anni, ha dovuto adattarsi ad un cambiamento radicale: dal correre per il proprio futuro al restare ferma in un presente fatto di cattive notizie quotidiane (il bollettino di guerra di Borrelli), senza contatti, senza rapporti se non quelli con i familiari.
Mai come in questi giorni ho sentito il bisogno di rileggere una poesia di Zanzotto inclusa nella raccolta Dietro il paesaggio e intitolata Quanto a lungo.

Chi mi legge da un po' sa che il corso sulla figura di Andrea Zanzotto è stata l'ultima materia accademica che ho potuto seguire in presenza.

QUANTO A LUNGO:



Quanto a lungo tra il grano e tra il vento

di quelle soffitte

più alte, più estese che il cielo,

quanto a lungo vi ho lasciate

mie scritture, miei rischi appassiti.

Con l'angelo e con la chimera

con l'antico strumento

col diario e col dramma

che giocano le notti

a vicenda col sole

vi ho lasciate lassù perché salvaste

dalle ustioni della luce

il mio tetto incerto

i comignoli disorientati

le terrazze ove cammina impazzita la grandine:

voi, ombra unica dell'inverno,

ombra tra i demoni del ghiaccio.

Tarme e farfalle dannose

topi e talpe scendendo al letargo

vi appresero e vi affinarono,

su voi sagittario e capricorno

inclinarono le fredde lance

e l'acquario temperò nei suoi silenzi

nelle sue trasparenze

un anno stillante di sangue, una mia

perdita inesplicabile

Già per voi con tinte sublimi

di fresche antenne e tetti

s'alzano intorno i giorni nuovi,

già alcuno s'alza e scuote

le muffe e le nevi dei mari;

e se a voi salgo per cornici e corde

verso il prisma che vi discerne

verso l'aurora che v'ospita,

il mio cuore trafitto dal futuro

non cura i lampi e le catene

che ancora premono i confini.


Vorrei che portaste nel cuore soprattutto la spiegazione di quattro espressioni di questa poesia, e parto quasi dalla fine:

1)  un anno stillante di sangue, una mia/perdita inesplicabile

Zanzotto si riferisce qui alla morte dell'amico e compaesano Gino della Bortola. Andrea e Gino, durante la seconda guerra mondiale, erano entrambi giovani; avevano l'età idonea per arruolarsi nelle file dell'esercito fascista. Entrambi però erano dei renitenti alla leva.
A Pieve di Soligo, il 10 agosto 1944, c'era stata una retata dei nazi-fascisti. Gino non aveva fatto in tempo a scappare nei luoghi montuosi al di sopra del paesino in cui lui, Andrea e altri ragazzi si nascondevano quando accadeva un'incursione militare.
Gino, quella sera, era morto, massacrato a colpi di arma da fuoco dai soldati tedeschi in mezzo a un campo di grano.


2) il mio tetto incerto/i comignoli disorientati. 

Indubbiamente si tratta di espressioni molto suggestive: uno studente delle scuole superiori classificherebbe "tetto incerto" e "comignoli disorientati" come delle personificazioni (attribuire sensazioni umane a degli oggetti o comunque a elementi inanimati). 
Più correttamente, secondo le più recenti novità della filologia, sono entrambe delle analogie appositive, perché accostano un sostantivo concreto (tetto, comignoli) con un aggettivo ben concordato che rimanda a stati d'animo umani (incerto/disorientati). 

3) le terrazze ove cammina impazzita la grandine.

La grandine sembra camminare sulle terrazze. L'ho vista anch'io diverse volte in campagna. La grandine è un fenomeno primaverile ed estivo e, quando c'è, bisogna soltanto sperare che non danneggi viti, ulivi e alberi da frutto.

Cammina impazzita la grandine mi richiama un'altra breve poesia di Zanzotto, inclusa però nella raccolta Meteo del 1996:

Il bimbo-grandine, gelido ma
risorgente maggio,
«Non sono onnipotente»
batte e ribatte sui tetti

Il bimbo in questo contesto mi è sembrato emblema sia della fragilità umana che della precarietà della vita umana. Maggio è il mese della fioritura di rose, ulivi e ciliegi ma di solito caratterizzato da tempo variabile (ci sono delle giornate calde e soleggiate che terminano con un temporale). Quello di quest'anno è stato tendenzialmente nuvoloso ma di temperature miti.

4) Rileggiamo i versi iniziali:

Quanto a lungo tra il grano e tra il vento

di quelle soffitte

più alte, più estese che il cielo,

quanto a lungo vi ho lasciate

mie scritture, miei rischi appassiti.



Zanzotto definisce le sue "scritture" dei rischi appassiti, delle cose che ha cercato di esprimere su carta ma che, in un periodo di guerra mondiale e di guerra civile ('43-'45), non ha potuto condividere con nessun amico e non ha potuto presentare a nessun editore (le presenterà però nel maggio del '48, mese in cui Sereni tra l'altro leggerà alcune poesie che entreranno a far parte della raccolta Dietro il paesaggio). Probabilmente questa poesia è del '46.

All'età di 21 anni, cioè nel febbraio 1943, un Andrea appena laureato con una tesi sulla narrativa di Grazia Deledda, era stato chiamato alle armi ad Ascoli Piceno. Zanzotto non ha mai veramente combattuto in guerra, però era obbligato in quell'anno a svolgere delle esercitazioni militari (questo significa "essere chiamato alle armi"). Qui aveva conosciuto il poeta lombardo Vittorio Sereni, di 8 anni più grande, con il quale, per tutti gli anni '50, aveva anche intrattenuto uno scambio epistolare su questioni editoriali, letterarie e anche di stati d'animo del periodo e di vita privata.
Poi era arrivato l'8 settembre 1943, data dell'armistizio. Gli americani erano già arrivati in Italia Meridionale. E Zanzotto era fuggito di nascosto dalla caserma militare in cui era per ritornare nel suo paese natale.
E' rimasto praticamente barricato in casa e obbligatoriamente confinato
a Pieve di Soligo per circa un anno e mezzo (dai 22 ai 24 anni), cioè fino alla fine della guerra. 
Se si fosse mosso sarebbe andato incontro a morte certa: primo, perché era un renitente alla leva, come spiegavo poco fa; e dunque sarebbe stato immediatamente riconosciuto dai civili collaborazionisti; secondo, perché partecipava indirettamente alla resistenza partigiana nel suo paese, terzo, perché dalla caserma militare di Ascoli Piceno era fuggito dalla cattura nazista. 
Non potendo né uscire dal suo paese né prendere incarichi di insegnamento, si era riservato la soffitta come luogo in cui approfondire delle letture e in cui scrivere. 
Abbiamo avuto un vero e proprio intellettuale di grande sentimento noi veneti nel secondo Novecento; ma, come spesso accade, ce ne siamo accorti subito dopo la sua morte, avvenuta nel 2011.
Zanzotto è stato autore di raccolte di poesia, di articoli di critica letteraria e di prose (es. Luoghi e paesaggi e Sull'Altipiano).
Fino a 10 anni fa i critici non sapevano come commentare le sue poesie, recentemente sono state fatte delle ricerche su Zanzotto, la sua produzione è stata riletta bene, si è andati in cerca di chi ha avuto il privilegio di conoscerlo, si è approfondita la sua biografia e i suoi rapporti con altri intellettuali, con altri docenti di scuola e con altri critici.
E così la Filologia italiana si è arricchita di ulteriori spunti e di altri concetti. 
Concludo affermando che a quanto pare Andrea ci stava benissimo in soffitta: "le soffitte più alte, più estese che il cielo" mi ricorda tanto l'inizio di una famosa canzone di Mina, intitolata Il cielo in una stanza: quando sei qui con me questa stanza non ha più pareti.
Qui però ci si riferisce ai momenti che si trascorrono con una persona che si ama: insieme da soli sotto lo stesso cielo e in armonia con il mondo. Stupendo! 
La guerra "ha rubato" a Zanzotto circa due anni di vita e di giovinezza. 
Poi, con determinazione e forza di volontà, è riuscito a realizzarsi: è diventato docente di Lettere di ruolo, si è sposato, ha avuto due figli, ha fatto pubblicare diverse raccolte, ha incontrato diverse persone e diversi intellettuali con cui a volte ha anche discusso e litigato...
Si è realizzato! Anche noi giovani, in un futuro non troppo lontano, raggiungeremo obiettivi accademici, professionali, sociali e affettivi.
Prima o poi, se siamo forti e soprattutto consapevoli di ciò che realmente nella vita vale, ci riscatteremo (almeno spero e mi auguro!) da ciò che il virus ci ha rubato e ci sta rubando in questi mesi. 
Vorrei confidarvi un sogno che ho fatto stanotte: ho sognato che ero incinta di 8 mesi e che già sentivo le doglie.
Non è un caso secondo me che questo sogno coincida con il mio dodicesimo anniversario di maturità fisiologica (3 giugno 2008, andavo per i 13 anni e ho smesso di essere "la bambina della classe"). 
Vuol dire che sto scoppiando, che molte idee chiare le ho, che le mie risorse le ho... E forse (ameno credo e spero) vuol dire che dopo la pandemia la mia vita subirà una svolta significativa, o meglio, delle svolte significative. Secondo me è un addio alla post-adolescenza e un avvertimento del tipo: "Nonostante il periodo complicato, tra non molto per te inizia il tempo delle responsabilità e del lavoro."

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3 giugno 2014: Data che per me, come per diversi ragazzi di Villafranca e del mio liceo, è stata significativa. La chiesa di Madonna del Popolo era affollata perché tutta la scuola era riunita a ricordare il primo mesi-versario (o trigesimo?) della morte di Gianmaria. 
Ecco, Gianmaria è una vita non realizzata: se non avesse fatto quell'incidente ora avrebbe 23 anni.

Non ho caricato racconti, ho ricaricato in pdf le mie due raccolte di poesie inserite in una cartella. Qualcosina in ricordo di Gianmaria c'è.

...Sto scrivendo con la finestra del mio studio aperta, durante una pausa-studio, e sento il profumo delle ciliegie.