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20 giugno 2020

"La felicità familiare", Lev Tolstoj (parte seconda):

Martedì avevo concluso il post relativo alla prima parte di questo romanzo dicendo che, nell'ultimo capitolo di questa sezione, avviene il matrimonio tra Serghjei e Marja. 
Avevo anche chiaramente parlato di un fidanzamento molto casto, non soltanto senza rapporti pre-matrimoniali ma anche senza alcuno scambio di qualche altro gesto d'affetto.
Ecco, riprendo la recensione della Felicità familiare aggiungendo un rapido confronto con l'opera di Manzoni.
Nei Promessi sposi, se ricordate, Renzo e Lucia sono molto simili a Serghjei e Marja: non traspare, in nessun capitolo, alcun elemento di fisicità affettiva. Naturalmente mi riferisco soprattutto ai primi otto capitoli in cui i due giovani hanno la possibilità di vedersi e di incontrarsi quotidianamente (perché vivono entrambi a Pescarenico).
Non solo. Renzo e Lucia si danno anche del "voi", proprio come la coppia di cui scrive Tolstoj.
In Voi c'è stoffa, dice più volte Serghjei alla ragazza nel corso dei loro dialoghi, intendendo dire: tu hai sostanza, hai sentimento, sai riflettere sulle cose.

PARTE SECONDA:

Capitolo 1= Una volta sposati, Marja e Serghjei vanno a vivere in una villetta in campagna. Teniamo presente che Serghjei, proprio come Tolstoj, era proprietario terriero, quindi anche più ricco di una medio-borghese orfana che in ogni caso aveva dei domestici al suo servizio.
Nei primi tempi del loro matrimonio, Serghjei e Marja sembrano cercare continuamente approvazione l'uno dall'altra. 
Vi riporto alcuni pensieri della protagonista: 

Non c'era quel sacrificio di se stessi e quel vivere per gli altri che io mi immaginavo quando ero fidanzata. 
(...)
C'era soltanto un egoistico sentimento d'amore fra noi due, un desiderio in ciascuno di essere amato dall'altro. (...) Egli solo esisteva per me in questo mondo.

L'ultima frase è un male: non è giusto che per una ragazza, tra l'altro ancora adolescente (al momento del matrimonio lei ha 18 anni, 18 contro i 37 di lui...), esista soltanto l'amato.
Avevo scritto in un post di circa due anni fa:

Nell'amore vero e autentico c'è il DONO DI SÉ. Ma prima di arrivare a questo, c'è bisogno di incontrarsi, di frequentarsi, di dialogare, di conoscersi, di scoprire e di valorizzare le qualità e le doti dell'altro, di accettare e di accogliere le fragilità dell'altro.
Prima della convivenza e/o del matrimonio avvengono la conoscenza, la pazienza, l'apertura verso l'alterità, il desiderio di condividere la mia interiorità con l'altro.
(...)
Io credo che l'energia e la forza per poter crescere e maturare insieme la diano soprattutto degli stimoli esterni: volontariato, gruppi di amici, dialoghi con altre coppie o con persone fidate, campi-scuola, conferenze edificanti.
La volontà di impegnarsi nella relazione dev'esserci da entrambe le parti e deve emergere da entrambe le parti. Altrimenti io non posso rendere "più uomo" un uomo. 

In effetti, il "cerchio magico esclusivo a due" non l'ho mai ritenuto qualcosa di benefico. Tutto coloro che sono "altro da noi due" si rivelano utili, soprattutto nel condividere esperienze. 
Già non è facile in periodi storici normali; trovare una compagnia discreta.
In tempi di Covid 19 è praticamente impossibile. Distanziamento sociale d'obbligo. 
Dobbiamo essere tutti un po' "svedesi" in questo periodo, un po' freddi, isolati e a debita distanza. Io sarei cauta a dire che ne stiamo uscendo. C'è sempre l'eventualità che quest'autunno ritorniamo ai livelli di marzo, con circa 900 morti al giorno. 
Con la speranza che a Napoli e dintorni non succeda nulla di drammatico nei prossimi giorni (cioè che non emerga un focolaio come conseguenza funesta di una serata di "felicità", come l'hanno definita loro).
Lo dico per chi vive dalle mie parti: non demonizziamoli. 
In Campania si sono comportati benissimo durante la fase 1 (i droni filmavano e fotografavano le vie di Caserta, di Salerno e di Napoli completamente deserte). Nel periodo più critico del virus si sono comportati decisamente meglio di noi veronesi. Se a Verona e provincia avessimo seguito fin da subito le regole di zona rossa, se fin dal 10 di marzo ci fossimo comportati come in Campania, forse non saremmo diventati la provincia più critica del Veneto e forse ci saremmo risparmiati qualche morto! Io a causa del Covid-19 ci ho rimesso il mio vicino di casa che è morto al Magalini di Villafranca due mesi fa!
Per tutto marzo qui a Verona la gente usciva di casa anche più di una volta al giorno, quando invece era d'obbligo uscire solo per motivi di stretta necessità. 

Tornando al romanzo, dice Tolstoj sempre in questo capitolo: la giovinezza esige moto, rapidità, vita sociale. 
Marja, in quella grande casa di campagna, inizia a sentirsi prigioniera e isolata. 


D'altra parte, al contrario di molte giovani donne di città, non va a teatro, non va all'opera, non va ai balli. Questi sono eventi ai quali le ragazze europee borghesi e aristocratiche partecipavano per trovare marito. Intorno ai 18-19 anni avveniva il cosiddetto "ingresso in società".
E inoltre, Marja sente l'esigenza di conoscere nuove persone visto che, senza Serghjei, sarebbe completamente sola al mondo.
Il marito, nell'accorgersi del suo stato d'animo inquieto, le propone allora di trasferirsi in un appartamento a San Pietroburgo.

Capitolo 2= Avviene il trasferimento temporaneo dei due coniugi nell'ambiente cittadino. Il tempo scorre e giunge un altro inverno. 
A San Pietroburgo, Marja inizia ad essere adulata da principi, contesse e marchesi per la sua bellezza. Oltre a ciò, si sente più libera dall'ascendente morale di Serghjei. 
A questo punto il loro matrimonio inizia a vacillare. 
I loro destini quotidiani si separano nel momento in cui Marja decide di partecipare ad un raout organizzato da un principe che la adocchiava. 
Il raout era un ricevimento di gala.
Nel Settecento e nell'Ottocento era il francese la lingua del dialogo internazionale, e, negli idiomi nazionali, locali e dialettali parlati dalla nobiltà d'Europa questa lingua lasciava delle tracce lessicali. 
Serghjei allora ritorna da solo in campagna, dicendole con tono non privo di amarezza: Io mi sacrifico, tu ti sacrifichi... Può darsi più bella felicità familiare?
Cosa vorrebbe dire per voi "sacrificarsi" in una relazione?
E in che cosa consiste la felicità familiare?
Comunque, l'uomo sta sostanzialmente dicendo: ti avevo accontentata di buon grado trasferendoci a San Pietroburgo, ho compreso il tuo disagio e la tua voglia di conoscenze e di vita sociale ma... sembri tenere di più ai ricevimenti galanti che non alla promessa che ci siamo fatti, cioè questa: torniamo in campagna subito dopo Pasqua. Mi dai dispiacere, ma stai, stai pure in questa città, prenditi tutti i complimenti del principe questo sabato al raout. Fai pure la tua esperienza in società. Sicuramente ti servirà per crescere un po'.

Capitolo 3= Si tratta del capitolo più breve di questo romanzo, in cui Tolstoj fa scorrere abbastanza rapidamente il tempo: passano tre anni in cui muore la madre di Serghjei e in cui Marja in società si fa corteggiare sempre di più. Nasce anche il suo primo figlio, ma lei non trova il tempo di occuparsene né di coccolarlo almeno un po': è sempre fuori casa, a qualche ballo o a qualche ricevimento. Al piccolo pensano le balie.
Anche se rimane il vincolo formale del matrimonio, i due coniugi vivono in luoghi diversi: Serghjei in campagna e la moglie in città.
Ciascuno di noi due aveva un suo mondo proprio e personale, estraneo all'altro. Io ero perpetuamente in società dove non avevo bisogno di lui.
Ma... una sera, fa il suo ingresso in società Lady S., più abbiente, più avvenente e un po' più giovane di Marja; che per questo inizia a diventare una figura marginale. Per di più, la nostra protagonista inizia a provare un forte senso di solitudine e di frustrazione, perché si accorge di quanto i suoi ultimissimi anni sono stati caratterizzati da relazioni superficiali e da amicizie vuote, fasulle. 
E allora ritorna dal marito.


Capitolo 4: Marja e Serghjei ritornano a vivere sotto lo stesso tetto. 
Quando la ragazza ripensa ai balli e alla sua vita in città prova quasi un senso di vergogna. Dall'altra parte, mai da parte del marito le viene rinfacciato lo stile e la scelta di quella vita appena abbandonata.
Nasce il loro secondo figlio e Marja riprende in mano sia le letture di un tempo sia gli spartiti di musica classica, abbandonati per diverso tempo.
In un pomeriggio piovoso di primavera, seduti nella terrazza della loro villa, i due coniugi finalmente si affrontano e riflettono attraverso un dialogo sul mutamento del loro rapporto.


La chiave per poter comprendere quest'opera di Tolstoj secondo me sta in una frase di Serghjei:
In quell'anno che t'avevo appena conosciuta, io passavo le notti insonni a pensare a te, e mi costruivo da me stesso il mio amore, e quest'amore mi cresceva nell'anima sempre più grande, allo stesso identico modo, a Pietroburgo prima e poi lontano, ho vegliato nottate tremende e ho cercato di fare a pezzi, di distruggere questo amore, che mi tormentava tanto. Non ho distrutto l'amore,ho distrutto soltanto ciò che mi tormentava: ho trovato la calma e amo pur sempre, ma d'un amore diverso.
(...) A noi tutti, e specialmente a voi donne, è necessario fare esperienza diretta di tutti i lati folli della vita, per poter poi tornare a quella che è la sostanza della vita.
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Questa è un'opera della maturità di Tolstoj. Ho letto alcuni commenti che lo definiscono un romanzo troppo moralista. 
Tolstoj non è mai semplice, ma opinioni come queste non le condivido. Per me ci sono due aspetti molto importanti da comprendere, al di là di tutti i riferimenti in letteratura latina e in poesia italiana che ho fatto nel post precedente:

1) E' un romanzo di critica sociale.
Tolstoj conosceva molto bene l'aristocrazia del suo tempo, la sua vuotezza e la sua falsità. Pur essendo aristocratico, non si era mai integrato tra i suoi simili. 
La storia di Marja è la storia di molte altre ragazze borghesi e aristocratiche che, nonostante fossero già sposate o comunque già promesse ad un uomo ben più adulto di loro, partecipavano attivamente alla vita in società e frequentavano altri giovani e altri uomini. Così, a poco a poco, le vite di queste donne sfociavano nell'adulterio, nell'apparenza (conta di più l'eleganza di gioielli e vestiti che non la cura della propria interiorità) e nell'ipocrisia (pettegolezzi e un sacco di amicizie, nessuna di queste però che fosse veramente sincera e leale).
Vi confido che nella seconda parte Marja mi ha fatto un po' di rabbia. 
Mi chiedevo in effetti: com'è possibile che una ragazza che sembra amare così tanto suo marito si lasci affascinare così tanto dai ricevimenti, da pranzi e cene di gala, dagli approcci di altri uomini?
E poi credo di aver capito. Perché nei primi tempi il suo, più che un amore, era un innamoramento che "innalzava" e "idealizzava" Serghjei, senza considerare che la vita matrimoniale quotidiana esige anche dei sacrifici e comporta difficoltà.
Per alcuni anni si è lasciata affascinare dagli ambienti cittadini, anche se alla fine è tornata sui suoi passi.
Ti ho lasciato scegliere la vita di società perché dovevi rendertene conto tu stessa, di com'era fatta le dice Serghjei, sempre nell'ultimo capitolo.

2) E' un romanzo sull'evoluzione e sul mutamento del sentimento d'amore.

Non è possibile idealizzare il compagno/la compagna di vita per sempre. Non è possibile, in un rapporto di coppia, vivere sempre una fase di passione e di forte attrazione. 
C'è un momento, nella quotidianità condivisa, in cui tutto ciò è destinato ad attenuarsi e a diventare qualcosa di diverso ma forse qualcosa di più autentico e di più vero: comprendo, accetto e accolgo i tuoi difetti.
Probabilmente, durante il loro fidanzamento e durante il primo periodo del loro matrimonio, Serghjei pensava che la vita di società non interessasse a Marja: La tua purezza e la tua sincerità mi hanno attratto. 
In realtà la ragazza si è legata a lui ancora prima di conoscere la vita di società.

Concludo con un'ulteriore considerazione. 
Anche se i matrimoni fra due persone con notevoli differenze d'età ci sono sempre stati e ci sono (comunque, di più in passato che ora), in ogni caso ho avuto anche questa impressione: fra i due sposi di questo romanzo ci sono ben 19 anni di differenza! Non può essere un rapporto alla pari,anche se siamo nel XIX° secolo, proprio perché l'età che si ha e che si vive, comporta differenti fasi di maturità e un diverso rapporto con la realtà!
In più di un passaggio Serghjei mi sembrava più un padre che non un marito. 19 anni di divario d'età sono tantissimi!
Certo, dipende anche da che cosa una persona cerca e forse anche da che cosa esattamente ha vissuto nel suo nucleo familiare durante infanzia e adolescenza... 
Io avrò bisogno di un compagno di età simile o abbastanza simile, non di un'altra figura paterna! 
Io un padre l'ho avuto e ce l'ho, con i suoi difetti, ma era presente quando avevo bisogno! (Specifico che quella frase di 3 giorni fa sul professor Sandrini era un mio moto un po' tenero di stima. Però mi è capitato di pensare, quest'inverno: "Fortunati i suoi figli, se ne ha!").

Chissà che cosa la vita mi riserverà nei prossimi anni e chissà che doni mi farà, ma in ogni caso io, per parte mia, concepirei al massimo 7-8 anni di divario, non di più. Di più sarei a disagio, ormai mi conosco.

P.S.= Blogger periodicamente si aggiorna. La sua configurazione ultimamente è diversa ed ha cambiato/tolto/aggiunto alcuni tipi di stili di scrittura. Ancora con questo recente cambiamento non ci intendiamo del tutto.
Mi cambia caratteri e dimensioni spontaneamente. Io seleziono "Georgia" e inspiegabilmente alcune parti me le mette, una volta pubblicato il post, in "Helvetica", che è di minore dimensione e meno elegante. (Odio Helvetica!)


 

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