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3 giugno 2020

"Quanto a lungo", A. Zanzotto- un auspicio (almeno per come lo interpreto io) di speranza nel futuro per noi giovani:





3 giugno 2020. 
Da oggi ci si può muovere da una regione all'altra.
Da ormai un mese è iniziata la cosiddetta "fase 2", dopo quasi due mesi di reclusione in casa per emergenza sanitaria e aumento esponenziale in tutta Italia, ma in particolare in Lombardia, di infetti e morti di Covid-19.
Sebbene la situazione sia migliorata in modo significativo, tutt'oggi l'Italia resta comunque il sesto paese al mondo per numero di contagi e di morti da Coronavirus.
La Spagna, quinta in classifica, da alcuni giorni non registra più alcun caso di infezione né alcun morto.
Si è invece aggravata la situazione in Brasile (più di mille morti al giorno... e Bolsonaro dice che la sua gente sta morendo di psicosi e non di polmoniti interstiziali! Pazzesco!), in Russia (dove per tutto marzo e per buona parte di aprile è stata sottovalutata la serietà della pandemia), in Regno Unito (40.000 morti, le regioni più colpite dal virus risultano essere Inghilterra e Galles) e negli Stati Uniti (al mondo, un malato su tre di Coronavirus è statunitense). Trump, permettetemi anche stavolta di essere schietta, non è molto diverso da Bolsonaro, perché sta lasciando morire i poveri. Invece di pensare alla salute e al benessere degli americani accusa la Cina di qualsiasi cosa succeda: c'è il virus? La colpa è della Cina! L'economia degli Stati Uniti sta andando in malora? La colpa è della Cina! Tra poco, quando arriveranno temporali o uragani, tipici del continente, il signor Donald Trump dirà: "Colpa della Cina!".
Emerge un conflitto e una competizione economica e sanitaria evidente tra Cina e Stati Uniti, una competizione che in certi momenti mi preoccupa, anche se il dittatore cinese più di una volta ultimamente ha detto: "Con gli americani siamo in una specie di guerra fredda ma, malgrado ciò, siamo sempre disposti a dar loro una mano quando ne avranno bisogno."
E intanto, in tutta Europa, la fase 2 continua: almeno nei locali chiusi è opportuno, obbligatorio e necessario portare il "bavaglio anti-virus" (la mascherina). 
Anch'io qualche volta sono uscita di casa per qualche capatina o a Verona città, o sulle rive del Garda e del Mincio, oppure sulle collinette di Sona e Custoza.
Certo, se nelle prossime due settimane i contagi non aumentassero, dopo tre esami dati in modalità telematica potrò permettermi un'estate per certi aspetti quasi normale. 
Resta comunque il fatto che la fase 2, proprio per le limitazioni che comporta, offre una vita piuttosto insulsa: è vero che le attività commerciali sono ripartite tutte nel rispetto delle distanze di sicurezza, ma non possono ancora riprendere tutte le attività culturali, di formazione e di intrattenimento nelle quali ci può essere una sana modalità di interazione faccia a faccia, soprattutto per la mia fascia di età. E, soprattutto, non c'è ancora la didattica frontale in presenza e non abbiamo il diritto di dare gli esami in presenza (cosa aspettano a sanificare gli Atenei, il 2030?!). Dal parrucchiere ci si va, al bar e al ristorante ci si va ma assolutamente non possiamo entrare in un'aula universitaria piuttosto ampia?!
Ho il primo esame il 9 giugno: siamo soltanto 7 iscritti. Non abbiamo più 3 anni, si dovrebbe presumere che degli specializzandi sappiano stare distanziati gli uni dagli altri e con la mascherina in un'aula da 75 posti e in presenza di un docente!
L'emergenza sanitaria è finita, noi universitari non dovremmo più stare a casa, dovremmo ritornare in sicurezza anche noi, come sono ritornati al lavoro milioni di italiani nel corso del mese di maggio!!

Ormai sono avvilita e piena di rabbia. 
Stranamente più ora che non nella fase 1. 
Dovrei trasmettervi ottimismo ed energia, e non sempre ce la faccio, proprio perché sono un'essere umano anch'io, una ragazza che, a poco più di 20 anni, ha dovuto adattarsi ad un cambiamento radicale: dal correre per il proprio futuro al restare ferma in un presente fatto di cattive notizie quotidiane (il bollettino di guerra di Borrelli), senza contatti, senza rapporti se non quelli con i familiari.
Mai come in questi giorni ho sentito il bisogno di rileggere una poesia di Zanzotto inclusa nella raccolta Dietro il paesaggio e intitolata Quanto a lungo.

Chi mi legge da un po' sa che il corso sulla figura di Andrea Zanzotto è stata l'ultima materia accademica che ho potuto seguire in presenza.

QUANTO A LUNGO:



Quanto a lungo tra il grano e tra il vento

di quelle soffitte

più alte, più estese che il cielo,

quanto a lungo vi ho lasciate

mie scritture, miei rischi appassiti.

Con l'angelo e con la chimera

con l'antico strumento

col diario e col dramma

che giocano le notti

a vicenda col sole

vi ho lasciate lassù perché salvaste

dalle ustioni della luce

il mio tetto incerto

i comignoli disorientati

le terrazze ove cammina impazzita la grandine:

voi, ombra unica dell'inverno,

ombra tra i demoni del ghiaccio.

Tarme e farfalle dannose

topi e talpe scendendo al letargo

vi appresero e vi affinarono,

su voi sagittario e capricorno

inclinarono le fredde lance

e l'acquario temperò nei suoi silenzi

nelle sue trasparenze

un anno stillante di sangue, una mia

perdita inesplicabile

Già per voi con tinte sublimi

di fresche antenne e tetti

s'alzano intorno i giorni nuovi,

già alcuno s'alza e scuote

le muffe e le nevi dei mari;

e se a voi salgo per cornici e corde

verso il prisma che vi discerne

verso l'aurora che v'ospita,

il mio cuore trafitto dal futuro

non cura i lampi e le catene

che ancora premono i confini.


Vorrei che portaste nel cuore soprattutto la spiegazione di quattro espressioni di questa poesia, e parto quasi dalla fine:

1)  un anno stillante di sangue, una mia/perdita inesplicabile

Zanzotto si riferisce qui alla morte dell'amico e compaesano Gino della Bortola. Andrea e Gino, durante la seconda guerra mondiale, erano entrambi giovani; avevano l'età idonea per arruolarsi nelle file dell'esercito fascista. Entrambi però erano dei renitenti alla leva.
A Pieve di Soligo, il 10 agosto 1944, c'era stata una retata dei nazi-fascisti. Gino non aveva fatto in tempo a scappare nei luoghi montuosi al di sopra del paesino in cui lui, Andrea e altri ragazzi si nascondevano quando accadeva un'incursione militare.
Gino, quella sera, era morto, massacrato a colpi di arma da fuoco dai soldati tedeschi in mezzo a un campo di grano.


2) il mio tetto incerto/i comignoli disorientati. 

Indubbiamente si tratta di espressioni molto suggestive: uno studente delle scuole superiori classificherebbe "tetto incerto" e "comignoli disorientati" come delle personificazioni (attribuire sensazioni umane a degli oggetti o comunque a elementi inanimati). 
Più correttamente, secondo le più recenti novità della filologia, sono entrambe delle analogie appositive, perché accostano un sostantivo concreto (tetto, comignoli) con un aggettivo ben concordato che rimanda a stati d'animo umani (incerto/disorientati). 

3) le terrazze ove cammina impazzita la grandine.

La grandine sembra camminare sulle terrazze. L'ho vista anch'io diverse volte in campagna. La grandine è un fenomeno primaverile ed estivo e, quando c'è, bisogna soltanto sperare che non danneggi viti, ulivi e alberi da frutto.

Cammina impazzita la grandine mi richiama un'altra breve poesia di Zanzotto, inclusa però nella raccolta Meteo del 1996:

Il bimbo-grandine, gelido ma
risorgente maggio,
«Non sono onnipotente»
batte e ribatte sui tetti

Il bimbo in questo contesto mi è sembrato emblema sia della fragilità umana che della precarietà della vita umana. Maggio è il mese della fioritura di rose, ulivi e ciliegi ma di solito caratterizzato da tempo variabile (ci sono delle giornate calde e soleggiate che terminano con un temporale). Quello di quest'anno è stato tendenzialmente nuvoloso ma di temperature miti.

4) Rileggiamo i versi iniziali:

Quanto a lungo tra il grano e tra il vento

di quelle soffitte

più alte, più estese che il cielo,

quanto a lungo vi ho lasciate

mie scritture, miei rischi appassiti.



Zanzotto definisce le sue "scritture" dei rischi appassiti, delle cose che ha cercato di esprimere su carta ma che, in un periodo di guerra mondiale e di guerra civile ('43-'45), non ha potuto condividere con nessun amico e non ha potuto presentare a nessun editore (le presenterà però nel maggio del '48, mese in cui Sereni tra l'altro leggerà alcune poesie che entreranno a far parte della raccolta Dietro il paesaggio). Probabilmente questa poesia è del '46.

All'età di 21 anni, cioè nel febbraio 1943, un Andrea appena laureato con una tesi sulla narrativa di Grazia Deledda, era stato chiamato alle armi ad Ascoli Piceno. Zanzotto non ha mai veramente combattuto in guerra, però era obbligato in quell'anno a svolgere delle esercitazioni militari (questo significa "essere chiamato alle armi"). Qui aveva conosciuto il poeta lombardo Vittorio Sereni, di 8 anni più grande, con il quale, per tutti gli anni '50, aveva anche intrattenuto uno scambio epistolare su questioni editoriali, letterarie e anche di stati d'animo del periodo e di vita privata.
Poi era arrivato l'8 settembre 1943, data dell'armistizio. Gli americani erano già arrivati in Italia Meridionale. E Zanzotto era fuggito di nascosto dalla caserma militare in cui era per ritornare nel suo paese natale.
E' rimasto praticamente barricato in casa e obbligatoriamente confinato
a Pieve di Soligo per circa un anno e mezzo (dai 22 ai 24 anni), cioè fino alla fine della guerra. 
Se si fosse mosso sarebbe andato incontro a morte certa: primo, perché era un renitente alla leva, come spiegavo poco fa; e dunque sarebbe stato immediatamente riconosciuto dai civili collaborazionisti; secondo, perché partecipava indirettamente alla resistenza partigiana nel suo paese, terzo, perché dalla caserma militare di Ascoli Piceno era fuggito dalla cattura nazista. 
Non potendo né uscire dal suo paese né prendere incarichi di insegnamento, si era riservato la soffitta come luogo in cui approfondire delle letture e in cui scrivere. 
Abbiamo avuto un vero e proprio intellettuale di grande sentimento noi veneti nel secondo Novecento; ma, come spesso accade, ce ne siamo accorti subito dopo la sua morte, avvenuta nel 2011.
Zanzotto è stato autore di raccolte di poesia, di articoli di critica letteraria e di prose (es. Luoghi e paesaggi e Sull'Altipiano).
Fino a 10 anni fa i critici non sapevano come commentare le sue poesie, recentemente sono state fatte delle ricerche su Zanzotto, la sua produzione è stata riletta bene, si è andati in cerca di chi ha avuto il privilegio di conoscerlo, si è approfondita la sua biografia e i suoi rapporti con altri intellettuali, con altri docenti di scuola e con altri critici.
E così la Filologia italiana si è arricchita di ulteriori spunti e di altri concetti. 
Concludo affermando che a quanto pare Andrea ci stava benissimo in soffitta: "le soffitte più alte, più estese che il cielo" mi ricorda tanto l'inizio di una famosa canzone di Mina, intitolata Il cielo in una stanza: quando sei qui con me questa stanza non ha più pareti.
Qui però ci si riferisce ai momenti che si trascorrono con una persona che si ama: insieme da soli sotto lo stesso cielo e in armonia con il mondo. Stupendo! 
La guerra "ha rubato" a Zanzotto circa due anni di vita e di giovinezza. 
Poi, con determinazione e forza di volontà, è riuscito a realizzarsi: è diventato docente di Lettere di ruolo, si è sposato, ha avuto due figli, ha fatto pubblicare diverse raccolte, ha incontrato diverse persone e diversi intellettuali con cui a volte ha anche discusso e litigato...
Si è realizzato! Anche noi giovani, in un futuro non troppo lontano, raggiungeremo obiettivi accademici, professionali, sociali e affettivi.
Prima o poi, se siamo forti e soprattutto consapevoli di ciò che realmente nella vita vale, ci riscatteremo (almeno spero e mi auguro!) da ciò che il virus ci ha rubato e ci sta rubando in questi mesi. 
Vorrei confidarvi un sogno che ho fatto stanotte: ho sognato che ero incinta di 8 mesi e che già sentivo le doglie.
Non è un caso secondo me che questo sogno coincida con il mio dodicesimo anniversario di maturità fisiologica (3 giugno 2008, andavo per i 13 anni e ho smesso di essere "la bambina della classe"). 
Vuol dire che sto scoppiando, che molte idee chiare le ho, che le mie risorse le ho... E forse (ameno credo e spero) vuol dire che dopo la pandemia la mia vita subirà una svolta significativa, o meglio, delle svolte significative. Secondo me è un addio alla post-adolescenza e un avvertimento del tipo: "Nonostante il periodo complicato, tra non molto per te inizia il tempo delle responsabilità e del lavoro."

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3 giugno 2014: Data che per me, come per diversi ragazzi di Villafranca e del mio liceo, è stata significativa. La chiesa di Madonna del Popolo era affollata perché tutta la scuola era riunita a ricordare il primo mesi-versario (o trigesimo?) della morte di Gianmaria. 
Ecco, Gianmaria è una vita non realizzata: se non avesse fatto quell'incidente ora avrebbe 23 anni.

Non ho caricato racconti, ho ricaricato in pdf le mie due raccolte di poesie inserite in una cartella. Qualcosina in ricordo di Gianmaria c'è.

...Sto scrivendo con la finestra del mio studio aperta, durante una pausa-studio, e sento il profumo delle ciliegie.





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