Post che inizia con un riepilogo dei principali movimenti culturali dei primi anni del Novecento e con lo spiegare la breve esperienza della rivista La Ronda, per poi passare a delle mie analisi di tre poesie del poeta Cardarelli.
CONTESTO CULTURALE DEL PRIMO NOVECENTO:
Inizio con lo specificare innanzitutto che per primo Novecento intendo il periodo 1900-1925. Per l'Italia questo è un arco di tempo decisamente ricco e prolifico dal punto di vista culturale e letterario.
Eccovi una sintesi dei principali autori e delle "idee" linguistico-letterarie che si diffondevano all'epoca.
E' una sintesi che proporrei anche ai miei studenti, che servirebbe loro sicuramente come aiuto per il ripasso (anche se, purtroppo, dubito fortemente di riuscire ad affrontare tutti gli argomenti qui in elenco. Tra l'altro, Dino Campana è davvero difficile):
LUIGI PIRANDELLO= Frammentazione dell’io: il nostro spirito consiste di (…) elementi distinti, più o meno in rapporto tra loro, i quali si possono disgregare e ricomporre (…). Nelle opere di Pirandello traspare la tematica dell'incomunicabilità fra gli uomini: ognuno ha una propria visione della realtà.
IL FUTURISMO= Esaltazione della guerra (sola igiene del mondo) e del patriottismo, esaltazione della velocità, del dinamismo corporeo. Disprezzo per la tradizione, per il romanticismo, per la cultura e le norme linguistiche (anche se lo stesso Marinetti scrive in uno stile ridondante e pomposo il romanzo Mafarka il futurista).
I VOCIANI E "LA VOCE"=Anche Scipio Slataper, giovane triestino, autore del Mio Carso, aveva collaborato con La Voce. I Vociani, in buona parte interventisti nel corso del primo conflitto mondiale, propendevano per una lirica diversa da quella ottocentesca e dunque una lirica breve, essenziale, di stampo diaristico-autobiografico.
GIUSEPPE UNGARETTI= Le sue prime esperienze poetiche, raccolte nell’Allegria di naufragi (1919) sono drammaticamente segnate dall’esperienza di soldato in guerra, ma sono permeate da un sentimento di amore per la vita, di armonia con la natura e con l’Universo (docile fibra dell’Universo nella poesia Fiumi).
DINO CAMPANA= E’ l’autore dei Canti Orfici, prosimetro. Raccoglie testi di grande fascino che evocano paesaggi, città, esperienze di viaggio, l’incerto confine tra sogno e realtà.
ITALO SVEVO= E' lo pseudonimo di Ettore Schmidt. E' di origini triestine. Nel '23 esce La coscienza di Zeno, romanzo sull'inerzia psicologica e sull'inettitudine dell'uomo. Zeno, ormai vecchio, si sottopone alla psicanalisi e racconta degli episodi della sua vita. Tuttavia, il romanzo non è solo una sua biografia quanto piuttosto un quadro in cui appaiono le sue intenzioni e le sue reazioni spesso impulsive, aggressive e irrazionali. Dal romanzo si deduce che risulta impossibile dare spiegazioni razionali alle azioni umane.
I RONDISTI E "LA RONDA"= Rivista che propendeva per il ritorno alla tradizione letteraria, sia in prosa che in poesia. Spiccato interesse per le Operette morali di Leopardi. Disimpegno politico, probabilmente anche per un senso di fastidio e di contrarietà verso un Mussolini emergente.
DINO BUZZATI= Bellunese cresciuto e istruito a Milano, debutta nel 1924 con il suo primo romanzo intitolato Il Barnabo delle montagne. E’ un romanzo breve, di soli personaggi maschili, che evoca suggestivi e incantevoli paesaggi di montagna.
Già che ci sono: alla fine degli anni '20, negli anni '30 e nei primi anni '40, a causa del fascismo, le attività e le opere letterarie non conformi o non inerenti alla dittatura si fanno rare.
Vorrei però ricordare:
-Il segreto del bosco vecchio (1929) e Il deserto dei tartari (1940) di Buzzati
-La pietra lunare di Tommaso Landolfi (1939)
-La strada che va in città di Natalia Ginzburg, che però si firma con lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte (1942)
-I due compagni di Giovanni Comisso (1934)
"LA RONDA":
La Ronda è stata una rivista italiana mensile pubblicata a Roma negli anni 1919-1923. Gli argomenti proposti erano esclusivamente letterari; a differenza della Voce, altra rivista fondata a Firenze nel 1908 da Prezzolini che proponeva anche argomenti politici oltre che culturali.
Tra i maggiori esponenti della Ronda c'è il poeta Vincenzo Cardarelli che, già nel primo numero del giornale, risalente all'aprile 1919, rifiutava apertamente le idee stilistiche futuriste di Marinetti, fin troppo provocatorie (abolire la punteggiatura, gli avverbi, gli aggettivi, l'ordine degli elementi che in una frase garantisce il senso compiuto).
Cardarelli proponeva lo studio dei classici della letteratura non soltanto per acquisire uno stile di scrittura elegante e ben strutturato ma anche per trasmettere ai lettori degli stati d'animo.
Scrive infatti: seguitar a servirsi di uno stile defunto vuol dire perpetuare la nostra arte.
I rondisti apprezzavano particolarmente lo stile e i contenuti delle Operette morali di Leopardi, dal momento che trovavano quest'opera una prosa poetica ma al contempo riflessiva.
VINCENZO CARDARELLI:
Pur cercandole in queste ultime settimane, sono riuscita a trovare poche informazioni sulla sua vita.
Vincenzo Cardarelli è nato a Corneto Tarquinia, attuale provincia di Viterbo, nel 1887. La sua infanzia è stata decisamente drammatica, segnata da studi irregolari e da un distacco traumatico dalla figura materna che lo aveva abbandonato nei suoi primi anni di vita.
A diciassette anni si era trasferito a Roma per lavorare come correttore di bozze sull'Avanti!, giornale socialista. Nel '18 aveva accettato di collaborare con il quotidiano romano Il tempo.
Pochi anni dopo, terminata l'esperienza rondista, Cardarelli inizia a lavorare per il quotidiano romano Il Tevere.
E' morto a Roma nel 1959.
Nel corso della sua esistenza scrive poesie e articoli: nelle sue liriche troviamo una componente autobiografica e memorialistica abbastanza forte, sensazioni di stupore lirico di fronte a dei paesaggi naturali e una certa sensibilità per il susseguirsi dei mesi e delle stagioni, sensibilità ricorrente anche, alcuni decenni dopo, nella produzione poetica del trevigiano Andrea Zanzotto.
ALCUNE POESIE:
A) SERA DI LIGURIA:
Lenta e rosata sale su dal mare
la sera di Liguria, perdizione
di cuori amanti e di cose lontane.
Indugiano le coppie nei giardini,
s'accendon le finestre ad una ad una
come tanti teatri.
Sepolto nella bruma il mare odora.
Le chiese sulla riva paion navi
che stanno per salpare.
E' una poesia formata da tre strofe di tre versi ciascuna, in maggioranza endecasillabi, tranne i due versi: come tanti teatri e che stanno per salpare, che sono settenari. E già queste indicazioni metriche denotano la simpatia di Cardarelli per la tradizione della poesia italiana, costituita in larga parte da queste tipologie di versi, endecasillabi e settenari. Certo, due autori del secolo precedente, ovvero, Alessandro Manzoni e Giovanni Pascoli, costituiscono un'eccezione: nelle poesie e nelle tragedie del grande Alessandro sono abbastanza frequenti i decasillabi, in Pascoli, soprattutto nei canti di Castelvecchio, appaiono abbondantemente i novenari.
Seconda strofa: Nei giardini pubblici ci sono delle coppie che stanno vivendo e condividendo attimi di quiete. Il tramonto instilla quiete, ma anche malinconia nelle persone. Ma forse è per questo che mi piacciono molto le passeggiate al tramonto.
Molto suggestiva è l'immagine delle finestre delle case che sembrano le luci di un sipario teatrale.
Terza strofa: Il mare profuma, avvolto in una sottile foschia. Le chiese costruite vicino alla riva sembrano navi in procinto di salpare.
B) RITORNO AL MIO PAESE:
O memoria spietata, che hai tu fatto
del mio paese?
Un paese di spettri
dove nulla è mutato fuor che i vivi
che usurpano il posto dei morti.
Qui tutto è fermo, incantato,
nel mio ricordo.
Anche il vento.
In pochi versi traspare lo sconcerto del poeta di fronte agli orrori della guerra e al potere distruttivo dell'odio. O memoria spietata, che hai tu fatto/del mio paese? si chiede l'autore.
Che cos'è la memoria per voi? Può essere costituita soltanto da ricordi, da azioni o anche da sensazioni accompagnate a quei ricordi, a quelle azioni? Quanto spesso coincidono, a vostro avviso, memoria e nostalgia? (E' questa la domanda che farei se dovessi trattare questa poesia in una delle mie lezioni. Ne scaturirebbero anche dei bei temi scritti per me).
La poesia si conclude così: Qui tutto è fermo, incantato,/nel mio ricordo./Anche il vento.
Nel tempo reale le cose cambiano, mutano di continuo. Nella memoria del poeta, però, tutto "è fissato".
Questa è una poesia che mi ricorda molto la lirica di Ungaretti intitolata San Martino del Carso:
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
É il mio cuore
il paese più straziato.
Anche qui: lo stato d'animo del poeta è decisamente addolorato di fronte alla distruzione delle case e di fronte alla perdita di alcuni amici/conoscenti. Famosissima è questa analogia paese= cuore del poeta.
Credo sia opportuno anche riportare una parte del saggio "Il figlio dell'uomo", contenuto nelle Piccole virtù (1962) di Natalia Ginzburg.
Una volta sofferta, l’esperienza del male non si dimentica più. Chi ha visto le case crollare sa troppo chiaramente che labili beni siano i vasetti di fiori, i quadri, le pareti bianche. Sa troppo bene di cosa è fatta una casa. Una casa è fatta di mattoni e di calce, e può crollare. Una casa non è molto solida. Può crollare da un momento all’altro. Dietro i sereni vasetti di fiori, dietro le teiere, i tappeti, i pavimenti lucidati a cera, c’è l’altro volto vero della casa, il volto atroce della casa crollata.
Non guariremo più di questa guerra. E’ inutile. Non saremo mai più gente serena, gente che pensa e studia e compone la sua vita in pace. Vedete cosa è stato fatto delle nostre case. Vedete cosa è stato fatto di noi. Non saremo mai più gente tranquilla. Abbiamo conosciuto la realtà nel suo volto più tetro. Non ne proviamo più disgusto ormai.
C) GABBIANI:
Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro,
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch’essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.
In questa breve poesia, il poeta vede il suo nomadismo spirituale riflesso nel volo dei gabbiani (vv.3-4: Io son come loro,/in perpetuo volo).
La vita la sfioro/com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo: Cardarelli sfiora la vita, incapace di aderirvi.
La vita la sfioro: Dislocazione a sinistra di "la", pronome clitico.
La gran quiete marina è la bonaccia.
Balenando in burrasca= Il volo dei gabbiani spesso annuncia un temporale.
WILLIAM BUTLER YEATS, WHITE BIRDS:
Ci sarà modo, prossimamente, di trattare anche questo poeta irlandese vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento che ho scoperto poco fa e che adoro. Questa è soltanto la prima strofa di White birds (=Uccelli bianchi):
Vorrei che fossimo, mia amata, uccelli bianche sulla schiuma del mare!
La fiamma della meteora ci rende stanchi, prima che possa svanire e appassire;
e la fiamma della stella blu, bassa alla luce del crepuscolo
risveglia nei nostri cuori, o mia amata, una tristezza che non può morire.
Gli uccelli bianchi di cui si parla qui potrebbero benissimo essere dei gabbiani.
Comunque, nei primi due versi il poeta vorrebbe essere un uccello bianco in modo tale da poter volare, insieme alla sua amata, appena sopra la spuma delle onde del mare.
Foam è un vocabolo interessante. Inteso come sostantivo significa "schiuma", inteso come verbo invece (=to foam), significa "schiumare", e vi riporto un esempio efficace: The milk was starting to foam in the pot. (=il latte stava iniziando a schiumare nel pentolino).
Ma che cos'è quella fiamma della meteora?
Durante questo inverno ho letto proprio una raccolta di poesie di William Butler Yeats, aiutandomi con un dizionario monolingua nei componimenti in cui mi era molto necessario. Però non c'erano commenti critici sui componimenti trascritti e stampati. Per quel che riguarda alcuni di essi quindi, ho voluto con piacere io stessa interpretare il significato nascosto in alcune frasi e in alcune espressioni.
La fiamma della meteora può appassire o svanire. Forse il poeta teme che l'amore per l'amata, mentre il tempo scorre, possa divenire debole, abitudinario, o possa addirittura scomparire.
Che cosa potrebbe intendere invece con la fiamma (=la luce) della stella blu? Il fatto che si diventa vecchi secondo me. La vecchiaia che sopraggiunge lentamente, pensiero che causa tristezza nel poeta e, a quanto sembra, anche nella donna amata.
Ma dai... ti preoccupi della vecchiaia?!
Io ho 25 anni e confesso che ogni tanto mi piace rivedermi il film animato Up con la storia di Carl ed Ellie, le loro gioie e le loro difficoltà. E' una coppia che mi commuoveva nel 2009 ma mi commuove anche ora che sono cresciuta. Ci sarà tempo e modo di parlare ancora di questa poesia, oltre che di William B.Yeats, ma... io sogno la famiglia da quando ero bambina e ho sempre pensato che un amore maturo sopravvive alle difficoltà, ai problemi e ai dolori.
Se Leone Ginzburg fosse sopravvissuto e non fosse stato ucciso nelle carceri di Regina Coeli a Roma... L'amore fra Leone e Natalia era così vero, così intenso, così concreto e al contempo così passionale che sarebbe durato in eterno, anche nella loro vecchiaia.
Sapete qual'è la mia interpretazione della vita di Natalia?!
Leone è morto prima di compiere 35 anni, lei è vissuta fino al '91, è morta a 75 anni. Ha passato altri dispiaceri, altre disgrazie (la nascita di una figlia gravemente disabile dal secondo matrimonio), si è sposata con Gabriele Baldini con cui a volte faceva delle litigate furiose, anche perché, lei lo diceva, Gabriele non sapeva accettare i suoi limiti e i suoi difetti. Gabriele era l'opposto di Leone sotto molti aspetti.
Il dolore di non poter più avere al suo fianco Leone, quel giovane uomo che la capiva perfettamente, che era intelligente, dolce, calmo, protettivo le aveva fatto tentare il suicidio nell'agosto del '45 e, nel corso del tempo, a mio avviso, da dolore si è trasformato in tumore allo stomaco.
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