Questo post arriva con un leggero ritardo. In effetti è rarissimo, soprattutto in questi ultimi tre anni, che io non riesca a rispettare la frequenza settimanale dei post. Questa settimana psicologicamente non me la sono sentita. D'altronde come vi sentireste voi se venisse fatto del male, in qualunque modo, ad una persona che vi sta a cuore?
Recentemente su youtube ho trovato alcuni spezzoni di questo film e, dal momento che queste brevi scene mi avevano incuriosita, ho deciso di noleggiarlo.
Propongo qui una recensione di questo film perché le potenzialità, il vissuto drammatico, il carattere difficile e maleducato del giovane protagonista dovrebbero farci riflettere sulla seria emergenza sociale giovanile che si è particolarmente accentuata in questo periodo di pandemia.
1. CONTENUTI GENERALI DEL FILM:
Stati Uniti, Boston.
Quotidianamente, Will Hunting, ragazzo povero residente in una squallida periferia, fa le pulizie alla Massachussets Institute of Tecnology (MIT).
Nel tempo libero frequenta coetanei sbandati, grezzi, violenti e teppisti. Will, bisogna ammetterlo, è un "selvaggio" come loro.
Eppure è molto dotato in matematica: pur non frequentando mai le lezioni presso l'Ateneo nel quale lavora come uomo delle pulizie, riesce a risolvere, su una lavagna verde appesa ad una parete del corridoio, un teorema molto complesso che il professor Jerry Lambeau aveva proposto ai suoi allievi.
Un giorno, Jerry sorprende il ragazzo alle prese con la risoluzione di altre formule matematiche scritte sulla lavagna e si accorge del suo grande talento.
Ma molto presto, nel conoscerlo e nel frequentarlo, comprende che il giovane è molto aggressivo, incurante delle regole della buona educazione, provocatore, sempre sulle difensive.
In seguito ad un episodio di pestaggio di strada di cui è la causa, Will viene arrestato dalla polizia e un giudice, visti degli altri piccoli precedenti penali e vista la giovane età (Will non ha nemmeno 21 anni) decide di fargli fare obbligatoriamente alcune sedute di psichiatria.
Da dove deriva l'atteggiamento da bullo di Will?
Sostanzialmente, da un passato davvero traumatico, caratterizzato da violenze e abusi sia nella sua famiglia di origine sia nelle famiglie alle quali era stato affidato prima di raggiungere la maggiore età.
2. "HAI CULTURA MA NON HAI ESPERIENZA DI VITA", IL BENEFICO INCONTRO TRA WILL E SEAN:
Certamente, il vero talento di Will è la matematica, ma questo ragazzo sa molto anche di storia americana, di chimica, di letteratura inglese, di arte italiana ed europea. Sean Maguire, ottimo psichiatra, intuisce immediatamente la vasta cultura del protagonista di questa storia.
Sean è empatico, sensibile, diviene pian pianino la figura paterna che Will non ha mai avuto. Tuttavia, è un uomo segnato dal dolore: sua moglie Nancy è morta dopo un doloroso periodo di convivenza con un cancro.
Nel tempo libero Sean dipinge. Will, durante il primo appuntamento nello studio dello psichiatra, nota, appeso ad una parete vicina ad una finestra, un piccolo quadro che rappresenta una barca in mezzo ad un mare agitato nella quale sta una figura umana.
C'è un dialogo fra Will e Sean che mi ha colpita molto. Vorrei qui riportare il video della scena del film alla quale mi sto riferendo.
Come notate, i due personaggi sono in una zona verde della metropoli americana sopra nominata. Siamo ancora nella prima parte del film: Sean, nei primi incontri con Will, fa veramente fatica ad instaurare un rapporto costruttivo e collaborativo...
A mio avviso si dimostra decisamente conciliante a voler continuare il percorso psicanalitico con Will, tra l'altro dopo che Will giudica la moglie come una poco di buono senza averla mai conosciuta e senza voler comprendere che per Sean la perdita della compagna di vita costituisce un ricordo dolce e al contempo doloroso.
Ci sono alcune frasi pronunciate da Sean che possono farci pensare:
A) Io ti guardo e non vedo un uomo intelligente, sicuro di sé: Che cos'è per Sean l'intelligenza? Sicuramente non coincide con la vasta cultura né con delle notevoli capacità di memorizzare libri, autori e opere. Questo film è uscito nel '97. Alla fine degli anni '90 e anche ora negli anni venti del XXI° secolo, sia la psicologia che le persone comuni faticavano a definire il concetto di "intelligenza". Per alcuni era ed è riuscire benissimo a scuola e all'Università, soprattutto, eccellere in ambito logico, matematico e/o linguistico. Per altri era ed è la capacità di saper risolvere problemi non soltanto teorici ma anche pratici. Per D'Avenia, il significato di questa parola è contenuta nell'etimologia latina di intus-legere, ovvero, "leggere dentro". Nel romanzo Cose che nessuno sa, per il giovane professore di lettere di Margherita, essere intelligenti significa saper individuare negli episodi della tradizione letteraria delle situazioni e degli stati d'animo di vita a noi familiari ed eterni, cioè, possibili in ogni tempo.
Ma per Sean che cos'è esattamente l'intelligenza?! Forse corrisponde alla capacità di saper affrontare la vita. Concludo questo punto con una domanda rivolta a voi lettori: può un giovane/una giovane con poca esperienza di vita essere intelligente in questo senso oltre che magari in senso scolastico-accademico-intellettuale?!
Inevitabilmente mi sento chiamata in causa anch'io. E' questo discorso che mi fa pensare al mio Enneatipo. Alla fine sono un Cinque. Un Cinque che ha preso anche molti aspetti del tipo Quattro, ma di base sono proprio un Cinque.
Leggete dei libri sull'Enneagramma e affidatevi a persone realmente competenti su questa teoria. Non fidatevi di buona parte dei siti internet sull'argomento, perché ad esempio, il mio Enneatipo è abbastanza spesso descritto o come il depresso-schizoide oppure esaltato come il genio profeta che sa predire e preannunciare gli eventi futuri o ci va vicino.
Allora... fra i due estremi ci sono anche delle vie di mezzo, come me. Ciò significa che ho diverse risorse mentali (componente del pensiero molto sviluppata), una solida competenza culturale coltivata soprattutto in due ambiti (letteratura, storia), alcune qualità etiche da tenere strette e un mondo emotivo dietro una "scorza" di timidezza e di riservatezza. I Cinque temono di esporre la loro parte emotiva, che pure è autentica, per paura del giudizio altrui e per paura di venire feriti e incompresi. Oltre a ciò, loro stessi temono di farsi sopraffare dalla loro componente di emotività, di soccombere a dei forti sentimenti, soprattutto a dei forti sentimenti negativi. Nei rapporti con gli altri c'è quasi sempre un sottile disagio fatto da pensieri come questi ("Ho sbagliato ad essere così diretta! Adesso che starà pensando di me?"/ "Non devo farmi condizionare troppo"/ "So pensare con la mia testa, grazie"/ "Che cerchi qualcun altro oltre a me: odio la fagocitosi nei rapporti di amicizia"/ "Non sono lo zerbino sul quale gli altri si sentono in diritto di sfogare sentimenti troppo esagerati"), i rapporti con gli altri sono spesso vissuti come impegni, anche come fatiche dalle quali poi bisogna "ricaricarsi" stando per qualche ora da soli. E' esattamente così anche per me. Quello che fa stare bene persone come me sono le grandi, immense opportunità a livello umano: poter collaborare in ambienti di volontariato, un gruppo di amici che sappiano accogliere e confrontarsi, una persona disposta a condividere una vita insieme. Tutte queste esperienze umane permettono loro di comprendere che la vita è molto di più dell'ambito culturale nel quale sono specializzati e competenti. La vita esige concretezza. La vita ricca di libri e di cultura ma senza rapporti umani è insulsa.
Si dice che nessuna delle nove personalità sia migliore delle altre. Bisogna ammettere che per quasi tutti noi non è facile riconoscersi subito o non è facile accettare e ammettere di avere delle tendenze comportamentali. Di fronte a questa teoria della personalità siamo un po' tutti "spiazzati", scoperti nei nostri limiti soprattutto. Però, a mio avviso, i Nove sono gli unici che potrebbero essere subito contenti di riconoscersi nel loro modo di essere. A volte mi chiedo: ma c'è davvero del male in loro?!
Ah... ci sono degli aspetti (non molti, a dire il vero, ma ci sono) che accomunano i Cinque con diversi Nove per me: la tendenza a confondere l'organizzazione e l'immaginazione di un progetto con la sua realizzazione, la capacità di ascoltare gli altri, le difficoltà a rapportarsi con il sentimento della rabbia (i Nove la manifestano a scoppio ritardato oppure la evitano con la loro proverbiale capacità di mediazione, i Cinque di solito non sanno affrontare direttamente le persone che li fanno arrabbiare).
C) Tornando al film, Sean ad un certo punto dice a Will: non sai che cos'è la vera perdita.
Will non lo sa per il fatto che non ha mai vissuto o sperimentato l'amore. Né in famiglia né con una ragazza (non sai dirmi cosa significa svegliarsi accanto ad una donna e sentirsi veramente felice)... e d'altra parte, a proposito dell'aspetto affettivo-sessuale, è giusto ricordare che Will è all'inizio dell'età adulta, si è lasciato alle spalle l'adolescenza da poco. E' molto difficile avere 21 anni e aver già sperimentato o stare già sperimentando l'amore forte e vero, che rende liberi di donarsi e di donare.
Inoltre, quel non sai che cos'è la vera perdita rinvia anche ad una richiesta da parte di Sean di maggior maturità, perché è come se volesse dirgli: non giudicare il mio vissuto.
D) Verso la fine, una calda esortazione: parla di chi sei. Questo, anche ora, non soltanto più di 20 anni fa, rappresenta una difficoltà per molti giovani che hanno paura dell'introspezione. L'introspezione è letteralmente la capacità di guardarsi dentro. Hanno forse paura di scoprirsi vuoti? O hanno paura di entrare in contatto con la loro parte emotiva? Il "chi sono", finché un essere umano è in vita, è come un libro in continua fase di stesura, perché, come insegna Palazzeschi in una poesia intitolata proprio così e fatta quasi tutta di domande e risposte negative, siamo un po' tutti dei "saltimbanchi" . Ci evolviamo, a seguito e a seconda di possibilità (=non soltanto culturali), di incontri, di relazioni e di esperienze di vita.
3. WILL E SKYLAR:
Nel corso del film Will conosce una ragazza. E' Skylar.
Ma, per la maggior parte del film, si comporta male con lei. La aiuta di tanto in tanto con lo studio all'Università e con alcune equazioni di chimica, ma le mente, fin da subito, dicendole che ha dodici fratelli e inventandosi i loro nomi.
Lei è sinceramente innamorata e pronta, ad un certo punto, a proporgli di trasferirsi con lei in California. E qui Will, con le sue reazioni verbalmente aggressive che rivelano la sua paura di amare e anche di essere sincero, si rifiuta e la lascia. Will ha paura che la storia d'amore con Skylar, appena iniziata, non decolli e anzi... finisca. Ha paura di se stesso, ha paura di essere autentico e quindi anche di tutto l'affetto che può darle; in effetti le dice: potresti scoprire delle cose brutte si du me.
Skylar allora, delusa e amareggiata, parte da sola. Ma Will e Skylar si lasciano definitivamente?! Bisogna resistere fino agli ultimi minuti del film per saperlo...
4. I GIOVANI E LE SCELTE DI VITA:
Il film mi ha ricordato un romanzo, uno dei molti che dovevo portare all'esame di Letterature comparate, un romanzo che consiglio vivamente agli adulti che mi stanno leggendo (intendo gli adulti con esperienze umane ed educative alle spalle, cioè, adulti di almeno 45 anni).
Le cose di Georges Perec è un'opera che appartiene alla seconda metà del secolo scorso. Non ricordo più esattamente l'anno di pubblicazione, però sono in grado di illustrarvi la trama e i gusti dei due giovani protagonisti poco più che ventenni, Sylvie e Jerome.
Il romanzo inizia con la descrizione dettagliata di un interno, al quale è dedicato tutto il primo capitolo. E' una descrizione che presenta una particolarità: è quasi tutta espressa nel modo condizionale, quindi, è la descrizione di un appartamento che nella realtà non esiste ma che i due giovani protagonisti vorrebbero ora che convivono insieme, con pochi soldi e senza prospettive. Sylvie e Jerome vivono in realtà in un appartamento molto piccolo, sono dei "sotto-occupati", lavorano soltanto mezza giornata svolgendo delle interviste per dei giornali. I loro modestissimi stipendi non permettono certamente loro di acquistare né i pregiati divani Chesterfield né una moquette. Hanno lasciato l'Università senza laurearsi mai. La loro vita è assai precaria e la sfera economica, il loro forte desiderio verso gli oggetti di qualità, mina la serenità del loro rapporto.
I loro amici invece si laureano, trovano lavoro, e infine si sposano e mettono su famiglia.
Fra Sylvie e Jerome e la mia generazione non c'è poi una grande differenza: i due protagonisti di questo romanzo non hanno interessi culturali, non hanno interessi politici, non hanno chiari progetti di vita. Vivono "alla giornata" ma non nel senso che vivono intensamente il presente quanto piuttosto nel senso che sono senza progetti e privi di prospettive.
A parte il fatto che io mi chiedo: che cavolo di senso ha convivere?! (A parte che frequentemente la convivenza non sfocia nel matrimonio, ma nell'eterno presente).
Ma me lo chiedo non tanto per una questione di cattolicesimo, quanto per una questione di serietà nell'assumersi un impegno per la vita oltre che un ruolo affettivo e sociale. Io, se amo veramente, se conosco e frequento costantemente una persona da un po' di tempo, non ho bisogno di "provare" la persona alla quale tengo nella vita quotidiana. Le persone non sono oggetti o abiti "da provare". Proviamo. Soddisfatti (quindi in genere conviventi per sempre) o rimborsati (mi hai rotto le p****, vai via).
Proviamo a ragionare: il ragazzo che amo non è un abito, non è un paio di scarpe. E' una persona che amo con tutta me stessa, è qualcuno che mi accoglie e mi accetta per come sono, difetti compresi, è qualcuno di cui posso fidarmi e al quale posso affidarmi. Non ho bisogno di provarlo, di sperimentarlo. Anche se sicuramente avrò (e avremo) delle paure e delle ansie nei primi tempi del matrimonio e poco prima del matrimonio.
Perché questo romanzo francese ha a che fare in un certo senso con Will? Perché, se il professor Jerry non lo avesse incontrato e per primo non si fosse interessato a lui (lo va a trovare in carcere, si informa da Sean sull'andamento delle sedute), Will avrebbe continuato a vivere senza prospettive significative o allettanti. Avrebbe continuato a svolgere dei lavori poco redditizi che non gli piacevano, avrebbe continuato a leggere e a risolvere problemi di matematica di nascosto, avrebbe continuato a frequentare cerchie di amici poco raccomandabili.
Senza contare che anche Sean fa la sua grande parte per rendere Will consapevole delle proprie possibilità.
Capite allora che adolescenti e giovani, nel corso della loro crescita e nel corso della loro formazione umana, non soltanto culturale e intellettuale, hanno bisogno di guide?! Ma di guide significative, pazienti, open-minded, che sappiano riconoscere e valorizzare i loro talenti e che sappiano sostenerli nelle scelte di vita più importanti.
Significativo è il dialogo fra Will e l'amico Chuckie (= certo è che la lingua dei personaggi di questo film si rivela particolarmente raffinata e poetica!):
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