In questo ultimo fine settimana ho visitato la "capitale italiana del mosaico". Vorrei però illustrarvi soltanto alcuni tra i numerosi edifici e mosaici.
Indubbiamente è una città che merita: le strade, le piazze e le vie sono tipiche di una località di pianura ma la storia e l'arte di Ravenna si possono certamente definire uniche. C'è molta arte tardo-romana e medievale infatti.
A) MAUSOLEO DI GALLA PLACIDIA:
Questa struttura architettonica è stata fatta costruire da Galla Placidia nel secondo quarto del V° secolo ed è collocato nella stessa zona in cui si trova anche la chiesa di San Vitale.
Galla Placidia era la figlia dell'imperatore Teodosio I. Era la moglie di Costanzo III dal quale aveva avuto due figli: Onoria e Valentiniano. Galla Placidia, rimasta vedova, aveva governato l'Impero Romano d'Occidente negli anni in cui il figlio Valentiniano era minorenne.
La pianta di questo sobrio edificio è a croce latina e i muri inferiori sono decorati da archetti, fra i quali di tanto in tanto compaiono strette finestrelle.
Quando si entra al mausoleo, la sensazione è proprio quella di "venire abbracciati" dai mosaici e, in particolar modo, dalla preziosità dell'oro e dalla profondità del blu che caratterizza i cieli.
Parto dalle lunette laterali e qui ve ne ho fotografata una:
Come la cerva anela ai corsi d'acqua,
così l'anima mia anela a Te, o Dio.
I cervi sono metafore di tutti gli uomini e le donne che attingono alle sorgenti della fede e della vita eterna.
San Lorenzo si sta avviando verso la graticola, il leggendario strumento del suo martirio. A sinistra si vede un armadio aperto dentro il quale sono custoditi i testi dei quattro evangelisti.
Il buon pastore dà la vita per le pecore
(Gv. 10,11)
Gesù qui ha un aspetto giovanile, una tunica d'oro e un mantello di porpora. E' seduto su una roccia e con una mano fa una carezza ad una delle pecore che gli stanno intorno. Tutte le sei pecore hanno il muso rivolto verso Cristo.
L'immagine non soltanto di Gesù ma anche di Dio come Buon Pastore compare talvolta anche nell'Antico Testamento, come qui, nei primi versetti del salmo 23, uno dei Salmi di Davide:
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Infine, è interessante accorgersi del fatto che le lunette appena al di sotto della cupola, come questa, presentano coppie di apostoli (tra cui San Pietro e San Paolo) in atto di adorazione. Al di sotto delle figure umane, ci sono delle colombe vicine ad una fonte.
B) CAPPELLA ARCIVESCOVILE DI SANT'ANDREA:
Era il luogo di preghiera privato, riservato ai vescovi. E' molto piccola ma splendida.
Sembra sia stata commissionata dal vescovo Pietro II (494-519).
La pianta è a croce greca e il pavimento in lastre marmoree. Si è incerti se far risalire le seguenti lastre alla fine del V° secolo oppure al pieno medioevo.
La cappella è stata restaurata nel secolo scorso tra il 1911 e il 1930. Al suo interno si conserva una croce d'argento che apparteneva all'arcivescovo Agnello (557-570).
Anche qui gli occhi dei visitatori vengono immediatamente conquistati dal mosaico della volta centrale a vela:
C'è, al di sopra della porta d'entrata, un mosaico che presenta un Gesù guerriero con mantello purpureo chiuso da un fermaglio decorato da una pietra preziosa. Questo Cristo guerriero porta una corona gemmata e una croce sulle spalle, mentre, con una mano regge la scritta: Io sono la via, la verità e la vita. (Gv. 14, 6)
Con i sandali il Cristo calpesta un leone e un serpente, animali simboli della violenza e del male.
Camminerai su aspidi e vipere, schiaccerai leoni e draghi. (Salmo 91).
C) BATTISTERO NEONIANO:
Accanto al museo e alla Cappella arcivescovile si trova questo battistero degli ortodossi di pianta ottagonale. Anche l'otto è un numero simbolico: è il numero dei petali del fiore di loto ed è anche il numero dell'equilibrio cosmico nelle correnti religiose orientali. Ma, oltre a ciò, per noi cristiani è simbolo del Nuovo Testamento e della trasfigurazione: dopo i sei giorni dedicati alla creazione e dopo il settimo giorno di riposo, l'ottavo richiama alla vita eterna e alla risurrezione.
C'è una precisazione che mi preme fare a questo punto: l'immagine della croce, a Ravenna, non è mai legata alla sofferenza di Cristo, bensì, diviene simbolo di speranza in un aldilà oppure, come avviene nel mosaico dell'abside di Sant'Apollinare in Classe, la croce è anche simbolo di trasfigurazione.
La decorazione interna, anche questa a mosaico, è stata ordinata dal vescovo Neone nella seconda metà del V° secolo.
Al centro dell'interno c'è una grande vasca ottagonale di marmo greco e porfido, rifatta nel XVI° secolo. Dell'epoca di Neone resta l'ambone di marmo.
Anche qui, quel che vale la pena notare è il mosaico della cupola:
Vale la pena soffermarsi comunque sulla scena del Battesimo di Cristo, confinata su fondo oro: Gesù è immerso per metà nelle acque del Giordano, personificato da un uomo piuttosto anziano che emerge dalle acque con un panno verde.
San Giovanni Battista è invece in piedi e tiene una croce mentre versa l'acqua sulla fronte del Redentore.
D) BASILICA DI SANT'APOLLINARE IN CLASSE:
Sono entrata da questo ingresso sabato mattina.
Certamente, anche Sant'Apollinare Nuovo è un capolavoro, ma ho preferito la chiesa di Classe (che è anche parrocchia), paese che dista davvero pochi chilometri dalla città.
Il toponimo del paese Classe deriva proprio dal latino classis, is (=flotta). In epoca romana infatti, a Classe c'era un porto (Civitas Classis) che ospitava la flotta militare dell'impero per la difesa del mar Adriatico.
Sant'Apollinare proveniva da Oriente, da Antiochia per la precisione, verso la fine del I° secolo. A Classe aveva fondato la prima comunità cristiana della quale è stato vescovo. Era un martire: è stato picchiato a morte da alcuni fanatici pagani.
Quel che mi preme spiegare di questa basilica è il mosaico dell'abside:
Partirei dal centro: entro un cerchio azzurro, c'è una croce gemmata e, al centro di questa croce, c'è un medaglione con il volto di Cristo.
In alto, la mano di Dio Padre che, durante la trasfigurazione di Gesù, aveva detto: questi è il mio figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo. (Mt.17, 5)
Ai lati del cerchio, i due profeti Mosé ed Elia, i cui busti sporgono dalle nubi. Il fondo oro riconduce all'illuminante presenza divina, mentre, nella parte inferiore del cerchio, troviamo la scritta Salus mundi= Salvatore del mondo.
E iniziamo ora con la zona verde, della natura: le tre pecore rivolte verso la grande croce rappresentano i tre apostoli presenti sul monte Tabor: Pietro, isolato a sinistra, e Giacomo con Giovanni a destra.
Al di sotto della croce, tra piante e cespugli, si trova la figura di Sant'Apollinare in atteggiamento di preghiera, attorniato da 12 pecore. Dodici è certamente un simbolo apostolico ma qui rappresentano i fedeli dell'antica comunità cristiana di Classe, fedeli che accettano di farsi guidare dal vescovo Apollinare.
I colori predominanti sono certamente l'oro e il verde. Quest'ultimo è il colore della natura, della rinascita della vita e di parte del paesaggio romagnolo, costituito non soltanto da lidi e paludi ma anche da campi e pinete.
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LA TOMBA DI DANTE:
Ci sono passata davanti. All'esterno è piena di curiosi che si accalcano, in un atteggiamento di scrupoloso rispetto verso un cartello laterale che dice qualcosa come: "niente assembramenti sulle scalinate del sepolcro".
Eccovi dunque l'interno:
Colgo l'occasione per illustrare i contenuti di un sonetto che mi è sempre piaciuto molto, presente nella Vita Nuova, al capitolo XX°:
Amore e ’l cor gentil sono una cosa,
sì come il saggio in suo dittare pone,
e così esser l’un sanza l’altro osa
com’alma razional sanza ragione.
Amor per sire e ’l cor per sua magione,
dentro la qual dormendo si riposa
talvolta poca e tal lunga stagione.
Bieltate appare in saggia donna poi,
che piace a li occhi sì, che dentro al core
nasce un disio de la cosa piacente;
e tanto dura talora in costui,
che fa svegliar lo spirito d’Amore.
E simil face in donna omo valente.
Sin dall'inizio, centrale risulta il tema dell'interdipendenza tra l'amore e l'animo nobile. E' con "nobile" che si deve parafrasare "gentile".
Gentile deriva da gens che, nella romanità, indicava "una stirpe regale" oppure "una famiglia patrizia". Da qui l'aggettivo gentilis, passato, in epoca medievale, ad indicare "il nobile", fino all'epoca contemporanea, dove "gentile" è sinonimo di "educato, affabile, cortese".
Qui Dante si riferisce, senza ombra di dubbio, alla nobiltà d'animo, accessibile a chiunque, non soltanto alle classi sociali alte.
Il saggio del secondo verso è Guido Guinizzelli, poeta bolognese fondatore dello Stilnovo. A conclusione della prima quartina, una proporzione: l'amore sta ad un cuore gentile come la ragione ad un'anima razionale.
Si prosegue poi affermando che l'indole disposta ad amare rende l'amore signore di una dimora particolare: il cuore. All'interno del cuore la predisposizione ad amare si riposa, a volte per un breve periodo, a volte per lungo tempo, finché non è destata dalla bellezza che colpisce gli occhi e infonde desiderio. E qui si ricorda un sonetto di Cavalcanti relativo sia alla passione amorosa che alla sofferenza d'amore: voi che per li occhi mi passaste 'l core/ e destaste la mente che dormìa.
Secondo i concetti aristotelici: l'amore dimora in potenza nei cuori, ma poi viene messo in atto dalla bellezza e da un aspetto piacevole.
Anche in Tanto gentile e tanto onesta pare. Dante tratta della bellezza femminile: qui si specifica che la bellezza esteriore è tipica delle donne di valore morale. Queste piacciono agli uomini e queste suscitano desiderio.
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*Eccola qui, la mia uscita a Ravenna con mio zio Attilio. E pensare che non volevo nemmeno partire considerando che la nonna non sta affatto bene. Alla fine mi hanno convinta e mi sono rifatta gli occhi di arte; e gli orecchi di storia e di cultura.
...Saranno le ultime settimane di vita di mia nonna, di una donna che da giovane ha patito guerra, fame, fascismo, bombardamenti... che con lo zio e il padre (dichiaratamente antifascista, picchiato a manganellate dai fascisti a inizio dittatura) ha nascosto, per alcuni mesi durante la guerra civile, prima un disertore austriaco e poi un ebreo ferito.