23 maggio 1992
Fra pochi giorni ricorre il trentesimo anniversario della strage di Capaci: alla fine della primavera 1992 la mafia aveva ucciso, con una bomba, sia Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo, sia i loro agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Gli attentatori avevano fatto esplodere un tratto dell'autostrada A-29.
Così la signora Maria Falcone ricorda il fratello:
Con qualche giorno di anticipo, colgo l'occasione per presentarvi una recensione di un romanzo di Leonardo Sciascia, intitolato Il giorno della civetta. Si tratta del primo libro di letteratura italiana sulla mafia in Sicilia, pubblicato nel 1961.
Verso la fine del post farò un accenno anche a un romanzo poliziesco contemporaneo particolarmente intrigante. Mi riferisco, e questo già mi sento di anticiparlo, a Una mutevole verità di Gianrico Carofiglio.
IL GIORNO DELLA CIVETTA
1. BREVE RIFLESSIONE SUL TITOLO:
Partiamo proprio dalle principali caratteristiche dell'animale menzionato.
La civetta è un uccello rapace e carnivoro che risiede soprattutto nel continente europeo, in Asia e in Nord Africa. Evita, pensate un po', le zone montane visto che la neve invernale le renderebbe difficoltoso il rifornimento di cibo.
Nell'Antica Grecia la civetta era simbolo di saggezza e la dea Atena veniva di solito rappresentata con una civetta sulla spalla.
Questo animale viene ricondotto anche al mio numero di personalità.
E con tutto ciò, per quale oscuro motivo il giorno dell'assassinio di Salvatore Colasberna viene detto "giorno della civetta"?
La civetta è un animale notturno e cattura le sue prede (rettili e piccoli mammiferi) soprattutto di notte. Negli anni '40 e '50 la mafia commetteva delitti soltanto di notte e agiva in segreto. Ma le prime due pagine di questo libro sono ambientate all'alba, in Piazza Garibaldi a Palermo. Ed è qui e in questo momento che Colasberna, imprenditore edile, viene ucciso, mentre sale su un autobus:
L'autobus stava per partire, rombava sordo con improvvisi raschi e singulti. La piazza era silenziosa nel grigio dell'alba, sfilacce di nebbia ai campanili della Matrice: solo il rombo dell'autobus e la voce del venditore di panelle, panelle calde panelle, implorante e ironica. Il bigliettaio chiuse lo sportello, l'autobus si mosse con un rumore di sfasciume. L'ultima occhiata che il bigliettaio girò sulla piazza colse l'uomo vestito di scuro che veniva correndo; il bigliettaio disse all'autista- un momento- e aprì lo sportello mentre l'autobus ancora si muoveva. Si sentirono due colpi squarciati: l'uomo vestito di scuro, che stava per saltare sul predellino, restò per un attimo sospeso, come tirato su per i capelli da una mano invisibile; gli cadde la cartella di mano e sulla cartella lentamente si afflosciò.
Credo sia bene riferirvi anche che Sciascia conosceva bene e aveva ben presente l'Enrico IV° di Shakespeare, dove si dice a un certo punto: come la civetta/quando di giorno compare.
2. QUESTO ROMANZO E' VEROSIMILE MA NON VERO:
Salvatore Colasberna non è mai esistito. Eppure, Sciascia trae spunto dall'omicidio di Accursio Miraglia, sindacalista assassinato a Sciacca dopo le 22 del 4 gennaio 1947 ad opera di Cosa Nostra.
Molto importante è ricordare però la fondazione, da parte di questo sindacalista, della Madre Terra, cooperativa che destinava i terreni incolti dei latifondisti ai contadini, riuscendo quindi a creare un'occasione preziosa di solidarietà tra lavoratori.
Purtroppo le indagini sull'assassinio di Accursio Miraglia non hanno portato ad alcuna condanna per i mandanti e gli esecutori; ad ogni modo, è facilmente intuibile il coinvolgimento di Cosa Nostra.
3. RIASSUNTO DEI CONTENUTI DELL'OPERA:
Ecco a voi la sfilza dei cognomi e dei soprannomi strani... o almeno, lo penso e lo scrivo io nella mia ottica da polentona dal forte accento veronese.
Le indagini sulla morte, improvvisa e violenta, di Salvatore Colasberna, vengono affidate al capitano Bellodi, ex partigiano e originario di Parma; per questo motivo viene infatti definito dai palermitani un "continentale". Al capitano inoltre non va affatto a genio il clima di omertà del capoluogo siciliano.
Intanto a Roma, un personaggio politico chiede ad un esponente della DC (Democrazia Cristiana) di far trasferire Bellodi, dal momento che viene considerato un carabiniere "problematico" e ostinato nel combattere la mafia. Ben presto comprende che Calogero Dibella non si era mai adattato al sistema di potere della mafia.
Grazie ad alcune rivelazioni che gli vengono fatte da Calogero Dibella (soprannominato Parrinieddu), connivente con la mafia ma al contempo collaboratore delle forze dell'ordine, Bellodi riesce a rintracciare Rosario Pizzuco, il possibile mandante dell'omicidio.
Tuttavia, aiutato dal maresciallo, il capitano convoca in caserma Diego Marchìca (detto Zicchinetta), il probabile responsabile del rapimento e dell'omicidio di Paolo Nicolosi, contadino "colpevole" soltanto di aver riconosciuto l'omicida di Colasberna.
Marchìca è stato mandante ed esecutore di più omicidi, ma sempre scagionato per... insufficienza di prove.
Calogero Dibella viene assassinato e il capitano Bellodi fa arrestare Rosario Pizzuco con Don Mariano Arena, mafioso legato tra l'altro ad alcuni esponenti della politica italiana.
Gli interrogatori di Pizzuco e di Don Mariano si rivelano praticamente inutili: Bellodi non ne *cava un ragno dal buco.
Avvilito, il capitano chiede una licenza di un mese e ritorna a Parma. Nel frattempo, tutto il suo lavoro viene distrutto da un alibi falso che viene trovato per Diego Marchìca. E da qui, anche le accuse per Rosario Pizzuco e Don Mariano decadono.
E chi viene accusato per l'assassinio di Paolo Nicolosi? L'amante della moglie di Paolo! Quindi si nega perfino il carattere mafioso dei due omicidi sui quali Bellodi stava indagando.
4. IL TEMA DELL'OMERTA':
All'interno di questo romanzo è molto evidente, sin dal primo capitolo. Sopra ho riportato il passo in cui avviene l'uccisione di Salvatore Colasberna. Ma subito dopo, cosa succede?
Le citazioni dimostrano in maniera perfetta la drammatica presenza di atteggiamenti omertosi.
Ecco a voi alcuni spezzoni significativi:
Il bigliettaio guardava il morto e poi i viaggiatori. (...)
-Chi è?- domandò il bigliettaio indicando il morto. Nessuno rispose. (...)
Vennero i carabinieri, il maresciallo nero di barba e di sonno. L'apparire dei carabinieri squillò come allarme nel letargo dei viaggiatori; e dietro al bigliettaio, dall'altro sportello che l'autista aveva lasciato aperto, cominciarono a scendere. In apparente indolenza (...) si allontanavano verso i margini della piazza e, dopo un'ultimo sguardo, svicolavano. (...)
-E che- domandò il maresciallo all'autista -non viaggiava nessuno oggi?
-Qualcuno c'era- rispose l'autista con faccia smemorata.
-Qualcuno- disse il maresciallo- vuol dire quattro cinque sei persone: io non ho mai visto questo autobus partire che ci fosse un solo posto vuoto.
-Non so- disse l'autista- (...) mi pagano per guardare la strada.
Il maresciallo (...) si voltò inferocito verso il bigliettaio: tu stacchi i biglietti, prendi i soldi, dài il resto: conti le persone e le guardi in faccia... E se non vuoi che te ne faccia ricordare in camera di sicurezza, devi dirmi subito chi c'era sull'autobus, almeno dieci nomi devi dirmeli...
(...)
-Non mi ricordo- disse il bigliettaio- sull'anima di mia madre, non mi ricordo; in questo momento di niente mi ricordo, mi pare che sto sognando.
-Ti sveglio io, ti sveglio- s'infuriò il maresciallo- con un paio d'anni di galera ti sveglio...
Poco dopo viene fermato il panellaro...
- (...) tu stamattina, come al solito, sei venuto a vendere panelle qui: il primo autobus per Palermo, come al solito...
-Ho la licenza- disse il panellaro.
-Lo so- disse il maresciallo alzando al cielo occhi che invocavano pazienza- lo so e non me ne importa della licenza; voglio sapere una cosa sola, me la dici e ti lascio subito andare a vendere le panelle ai ragazzi: chi ha sparato?
-Perché- domandò il panellaro, meravigliato e curioso- hanno sparato?
Devo dirvi la verità, i carabinieri sono una categoria che mi fa soggezione ma a volte mi viene spontaneo pensare: Poveri loro!
Questo è proprio un lavoro che non sceglierei mai (e infatti sono portata per altro), aver a che fare quotidianamente con delinquenza e denunce. (Tutto ciò comporta anche rischi).
5. L'UMANITA' SECONDO DON MARIANO:
Ci sono altri passaggi del libro che mi hanno colpita e che vorrei riportare prima di passare, rapidamente, ad un suggerimento di lettura per voi e per l'estate 2022.
C'è un punto, nell'interrogatorio di Don Mariano, che mi ha fatto riflettere. Quando il mafioso dice al capitano Bellodi:
Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi,i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà... (...)
(I Quaquaraquà) dovrebbero vivere con le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre...
Vi traduco io questa singolare classifica:
uomini= forti e giusti
mezz'uomini= abbastanza fragili e insicuri
ominicchi= mediocri e infantili
pigliainculo= scaricano sugli altri le proprie responsabilità
quaquaraquà= gli inetti...
Le ultime tre categorie, purtroppo mi tocca essere d'accordo con un mafioso, comprendono la maggior parte delle persone esistenti in Italia!
Altro spezzone, opportuno da ricopiare in questo paragrafo, che riporta una parte di dialogo serrato tra Don Mariano e Bellodi:
-Certi suoi amici dicono che lei è religiosissimo.
-Vado in chiesa, mando denaro agli orfanotrofi...
-Crede che basti?
-Certo che basta: la Chiesa è grande perché ognuno ci sta dentro a modo proprio.
-Non ha mai letto il Vangelo?
-Lo sento leggere ogni domenica.
-Che gliene pare?
-Belle parole: la Chiesa è tutta una bellezza.
-Per lei, vedo, la bellezza non ha niente a che fare con la verità.
-La verità è nel fondo di un pozzo: lei guarda in un pozzo e vede il sole o la luna; ma se si butta giù non c'è più né il sole né la luna, c'è la verità.
Don Mariano dice: la Chiesa è grande perché ognuno ci sta dentro a modo proprio. E non è ipocrisia questa? Tra l'altro, è la stessa ipocrisia di molti preti che o non si dimostrano coerenti con i doveri che comporta la loro vocazione o si dimostrano incredibilmente superficiali, anzi, come direbbe Dante Alighieri, "ignavi", nel senso che non prendono posizioni, nel senso che non vogliono dare una regolata a che fa servizi in parrocchia per puro esibizionismo e per bisogno di riconoscimento. Servizio per dedizione ed entusiasmo o servizio per mettersi in mostra... per loro cosa cambia?! Tutti "fanno comodo" per mandare avanti la baracca, soprattutto certi burattini bugiardi e ruffiani. Questa è la verità. La verità rende liberi.
-Per lei, vedo, la bellezza non ha niente a che fare con la verità.
Ma è davvero così secondo voi?
Verità... ἀλήθεια, ovvero, ἀ–λήθεια, "non nascosto". Il mito ri-vela la verità, la racconta in modo poetico, includendo elementi fantastici. Al contrario del discorso filosofico, ovvero il λόγος, il mito non può essere dimostrato con le argomentazioni.
La filosofia s-vela la verità. Il termine λόγος corrisponde all'ebraico דבר, "davar".
6. UNA MUTEVOLE VERITA'- G. CAROFIGLIO:
In un coinvolgente racconto lungo poco più di 100 pagine che ho letto in un giorno lo scorso mese, Una mutevole verità racconta le indagini del maresciallo Pietro Fenoglio sull'assassinio di Fraddosio Sabino, pornomane e usuraio.L'assassina, ragazza studentessa-lavoratrice, lo ha ucciso provocata dalle avances ed è stata aiutata dal fidanzato Nicola a coprire le prove, le tracce e l'arma del delitto, un coltello in questo caso.
Come il romanzo di Sciascia, Una mutevole verità è ambientato in Italia meridionale (in Puglia però, non in Sicilia) ma non è un poliziesco sulla mafia.
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A Sommacampagna stamattina è accaduta una cosa molto importante: c'è stata la visita del nostro Presidente del Consiglio, quasi inaspettata, con breve preavviso! E' entrato in quella scuola media nella quale sono stata alunna anch'io (sono uscita da lì con 9).
Questa parte terminale del mio post non arriverà mai né all'onorevole Mario Draghi né ad alcun ministro. Certo, scrivo dal 2010, il mio blog è famoso a livello nazionale, mi scrivono in privato alcuni insegnanti delle scuole secondarie, l'indirizzo di questo sito internet, gestito unicamente da me da quasi 12 anni ormai, è arrivato anche ad alcuni docenti universitari di città italiane importanti (Roma, Torino, Firenze). Però avrei comunque alcune frasi da indirizzare al nostro Presidente. Non una lettera vera e propria, per quella ci hanno già pensato alcuni allievi della seconda media del mio paese.
Grazie, esimio Presidente del Consiglio.
Grazie infinite per la Sua notevole sensibilità, grazie per aver dato tempo e importanza ai pensieri e alle domande, semplici e al contempo profonde, dei ragazzi. Sicuramente la mattinata del 20 maggio 2022 rimarrà un ricordo indelebile per tutti loro.
Sono una semplice laureata in Linguistica Italiana. Ma sono al primo anno di insegnamento e mi sento portata per questa professione, soprattutto per un contatto quasi quotidiano con i pre-adolescenti. Lo sento dal momento che, in questi quattro mesi di insegnamento, sono riuscita ad entrare in empatia con gli alunni più deboli che hanno apprezzato non solo e non tanto la qualità degli argomenti che ho trattato ma... le mie doti umane. Lo sa cosa mi ha detto un ragazzino di prima media che sta affrontando un momento non facile?
"Durante le sue ore, prof., sento di valere qualcosa. Lei mi guarda in faccia quando mi parla, per lei anch'io sono importante".
Da brividi!
Ammetto, con alcune classi, di aver avuto dei problemi di disciplina. Eppure, anche lì penso di aver lasciato il segno. Bambini e ragazzini lo capiscono quando una nuova insegnante si impegna e dà l'anima, gli adulti, o meglio, le adulte no. Soprattutto in una delle quattro scuole in cui sono stata, le adulte sono state molto cieche nei miei confronti. Mi hanno odiata per l'entusiasmo che ci mettevo, per la mia passione educativa. C'è il veleno dell'invidia nell'ambiente scolastico. Non tutte le insegnanti svolgono il loro lavoro per passione.
Lei ha raccomandato ai nostri ragazzi di pensare al futuro con ottimismo. Per quel che mi riguarda, ammetto che l'ottimismo non è il mio forte; eppure, sin dall'adolescenza, mi sono sempre sforzata di vedere il futuro come pieno di possibilità e di opportunità.
Ho trascorso tutto il periodo universitario studiando (e pensando!) con passione, idealizzando alcuni soggetti della componente maschile per un aspetto fisico o per una particolarità del loro carattere, svolgendo varie attività di volontariato stando vicina ai minori e ai loro drammi, senza mai trascurare il contatto con le meraviglie della natura. E ogni anno sentivo che la mia crescita psicologica progrediva, ogni anno sentivo che facevo un piccolo passo avanti.
Fino al 2021, anno in cui ho dovuto affrontare una serie di difficoltà che mi hanno un po' cambiata: ora mi sento più assertiva, mi esprimo in modo più diretto, non ho paura di litigare, per difendere le mie idee e le mie scelte ho alzato la voce qualche volta anche con una collega opportunista e con un'altra gretta e meschina.
A febbraio ho iniziato a frequentare laboratori di socio-politica promossi dal nostro centro pastorale. L'ho ritenuta, e la ritengo tuttora, un'ottima occasione di formazione. Siamo tutti giovani tra i 24 e i 32 anni e, durante questi incontri, non soltanto abbiamo riflettuto, con l'aiuto di studiosi e di religiosi dotati di sale in zucca, su cosa significhi essere cristiani e al contempo impegnarsi in ambito civile ma ci siamo soffermati sulle sfide del nuovo millennio: emergenza climatica, emergenza migranti, sviluppi della robotica, crisi della globalizzazione.
Le ore e le occasioni dedicate ad alcuni dibattiti politici di ambito comunale nei quali dovevamo assumere le parti o di un sindaco o degli assessori o dell'opposizione ci hanno costretti a confrontarci e... proprio questi ci hanno permesso di comprendere le qualità e le risorse di chi ci sta accanto, proprio attraverso quei fittizi dibattiti politici abbiamo iniziato ad instaurare belle amicizie e, soprattutto, sincere.
Questo è un periodo in cui mi sento "centrata". Anche a livello di relazioni. Finalmente!
Ho scoperto un'inclinazione lavorativa e... credo che non ci sia nulla di più dolce al mondo del desiderare la realizzazione, sotto tutti i punti di vista, di qualcuno che non sto idealizzando, visto che lo accetterei, con tutti i suoi difetti. Anche se questo qualcuno non sa che cosa provo. Ma non importa, io per la prima volta provo qualcosa di vero e di disinteressato... Magari la sua felicità è lontana da me e a me va benone comunque.
Io ritengo che dopo la pandemia e dopo la guerra in Ucraina il futuro avrà i colori di un arcobaleno stagliato in un cielo plumbeo, i profumi dei fiori in aprile, i suoni di tutti qui pianoforti e violini che hanno riprodotto un brano incantevole di Ludovico Einaudi intitolato "Divenire".
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Programma blog dal 27 maggio al 10 giugno: pubblicherò quattro puntate sulla storia del romanzo italiano, esame a causa del quale, nell'autunno 2019, mi dimenticavo spesso di pranzare. Mi appassionava troppo.
* periodo 10-16 luglio= non ci sono per nessuno, nemmeno per voi lettori. Sono in servizio ad un campo estivo per ragazzi di prima e seconda media.
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