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4 agosto 2022

Le tipologie morfologiche delle lingue:

Bentornata linguistica! Chi non muore si rivede...


Ho terminato lunedì sera la lettura di Opinioni di un clown, ma credo vi illustrerò i contenuti e le tematiche, sfociando un pochino anche nella psicologia, tra un po' di giorni, dopo che ne avrò discusso con Matthias (era questo il nome che fino adesso ho nascosto con le lettere ebraiche), che attualmente è fuori Verona per un'esperienza da scout completamente all'aria aperta. Tra l'altro una parte della sua famiglia è originaria dalla Renania, regione in cui è ambientato questo romanzo di Heinrich Boll.

Adesso invece ritorno ad un argomento di linguistica che concerne la suddivisione delle lingue in base alle loro strutture morfologiche.

A) LINGUE ISOLANTI:

Risultano quasi del tutto prive di morfologia dal momento che i nomi di solito non variano per genere e numero (o variano soltanto per il numero), non ci sono declinazioni né flessioni, sono assenti le coniugazioni verbali e molto spesso manca il modo congiuntivo, gli aggettivi non sono declinabili.

Se il morfema, in linguistica, è la più piccola unità lessicale portatrice di significato, nelle lingue isolanti le parole non possono essere scomposte in unità morfologiche più piccole.

Le lingue prevalentemente isolanti sono indubbiamente caratterizzate da una morfologia piuttosto povera; per questo l'ordine delle parole all'interno di una frase tende ad essere piuttosto rigido.

L'inglese è una lingua prevalentemente isolante per i seguenti motivi: 

-I nomi vengono distinti soltanto per numero ma non per genere: cat sta per "gatto/gatta", cats per "gatti/gatte".

-Gli aggettivi risultano indeclinabili, come nel seguente esempio: A red carpet (=un tappeto rosso)/ Five red carpets.

-Nei tempi verbali è indispensabile assegnare la persona a cui il verbo si riferisce, soprattutto per quel che riguarda il Past Simple dei verbi regolari: la forma al past simple di to walk (camminare) è walked vale per tutte le sei persone (I, you, he, she, it, they). Tuttavia, c'è un'eccezione per quel che riguarda la terza persona singolare del presente: questa minima variazione morfologica prevede l'aggiunta della -s: She walks.

-In diversi paradigmi verbali, che in lingua inglese sono costituiti da presente- past simple- participio passato, il verbo non varia: cut-cut-cut (tagliare), cost cost cost (costare), burst-burst-burst (scoppiare), cast-cast-cast (trasmettere), bet-bet-bet (scommettere), beset-beset-beset (assalire), set-set-set (impostare).

Tuttavia, non è esatto definire l'inglese una lingua esclusivamente isolante. 

Ci sono dei fenomeni agglutinanti, come in alcuni passaggi da aggettivo a sostantivo: lonely=lonely-ness (solo= solitudine), happy= happiness (felicità).

In inglese è presente anche qualche caso di apofonia, fenomeno fonetico-grammaticale che risulta molto frequente nelle lingue prevalentemente flessive. L'apofonia è l'alternanza vocalica all'interno del tema di una parola. Le apofonie avvengono nei paradigmi dei verbi irregolari: drink- drank-drunk ("bere"), begin-began-begun ("iniziare"), eat-ate-eaten ("mangiare"), sing-sang-sung ("cantare"), see-saw-seen ("vedere").

Oltre a ciò, to be si comporta quasi in "modo flessivo": I am, you are, he/she/it is. Ma infine, are vale per tutte le persone plurali.

L'inglese è detto anche "foneticamente opaco" visto che quel che si legge non corrisponde quasi mai a quel che si scrive. E' così dal Cinquecento, dopo che si è verificato il fenomeno della Great Vowel Shift, ovvero, il "grande spostamento vocalico": prima di ciò le vocali dell'inglese medievale venivano pronunciate sempre come erano scritte.

Anche il cinese è stato classificato come lingua prevalentemente isolante.

B) LINGUE AGGLUTINANTI:

Funzionano così: ogni parola contiene tanti affissi quante sono le relazioni grammaticali che devono essere espresse. E' una definizione che ho imparato a memoria durante l'esame di linguistica abilitante per l'insegnamento di Lettere ma ve lo spiego in modo meno complicato: nelle lingue agglutinanti la parola è costituita da più morfemi e quindi ad una radice vengono aggiunti dei determinati suffissi per realizzare delle precise categorie o funzioni grammaticali.

Il turco è una lingua prevalentemente agglutinante, con i casi. Non vi riporto tutta la declinazione di questo sostantivo, ma soltanto i primi tre casi:

NOMINATIVO SINGOLARE: kus (=uccello).    NOMINATIVO PLURALE: kus-lar

GENITIVO SINGOLARE: kus-i                           GENITIVO PLURALE: kus-lar-i

DATIVO SINGOLARE: kus-in                             DATIVO PLURALE: kus-lar-in

Anche il finlandese risulta possedere molte caratteristiche agglutinanti, come in questo esempio:

kirja (libro)= kirja-ni (il mio libro)= kirja-ssa (nel libro).

C) LINGUE FLESSIVE:

Una precisazione devo subito farla: greco e latino sono lingue flessive, non agglutinanti. Questo significa che attraverso un solo morfema si possono esprimere più relazioni grammaticali. Sono lingue costituite da una radice e da molti affissi flessionali. Hanno i modi e, nella coniugazione dei tempi verbali c'è una desinenza per ogni persona, sono dotati di coniugazioni, possono avere declinazioni e casi, i nomi nella maggior parte delle volte variano per genere e numero come gli aggettivi. Le lingue neo-latine presentano molti caratteri flessivi.

Definirei il latino una lingua iper-flessiva, dal momento che qui frequentissime sono le apofonie (facio, facis, feci, factum, facere) e soprattutto dal momento che tutto viene declinato: ci sono cinque declinazioni nominali (rosa, rosae- donum, doni- dux,ducis- exercitus, exercitus- dies-diei), sei casi (nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo, ablativo), quattro coniugazioni (laudo, laudare- moneo,monère- mitto, mittere- audio, audire), tre generi (maschile, femminile, neutro), due classi di aggettivi (altus, alta, altum e facilis, facile).

Tra le parentesi ho inserito gli esempi che ho mandato a memoria ai tempi del primo biennio.

 

In latino non ci sono articoli. Ci sono sei modi verbali: indicativo, congiuntivo, imperativo, infinito, participio, supino.

So che cosa potrebbero chiedersi alcuni di voi: al liceo andavo meglio in greco o in latino? Al primo biennio nutrivo più simpatia per la lingua latina e lì, anche negli scritti, ottenevo le valutazioni più alte. Avevo 8 in latino e 7 in greco. D'altra parte il liceo classico è fatto così: al biennio bisogna pensare soprattutto ad imparare la grammatica delle due lingue antiche: le ore totali settimanali sono 29 (e quindi avevo il lunedì "light" visto che uscivo sempre alle 11 e 55). Al triennio divengono 32 dal momento che si aggiungono filosofia e scienze naturali, fisica al penultimo anno.

Al triennio mi sono appassionata moltissimo alla letteratura italiana: inizia in effetti la parte più affascinante di questa materia. Si iniziano anche i programmi di letteratura greca e latina e se da una parte Omero, Sofocle, Virgilio e Orazio sono indubbiamente affascinanti da conoscere e da approfondire, dall'altra il tempo per tradurre diminuisce. Al triennio avevo 9 in letteratura e cultura italiana e 7 in entrambe le lingue classiche, però erano voti che scaturivano dal "compromesso dei quartini", come l'ho sempre chiamato: 6.75 in greco e 7,20 in latino.

In ogni caso, con la sua ricchezza morfologica e la sua estrema precisione nelle regole sintattiche, in latino riuscivo di più. 

Come accennavo prima, il greco attico è una lingua prevalentemente flessiva ma risulta più libero e con meno regole rispetto alla lingua degli antichi Romani: le declinazioni sono 3, le coniugazioni due, l'articolo è declinabile per genere, casi e numero, i verbi sono quasi tutti dotati di paradigmi irregolari e di radici verbali che in certi casi non stanno né in cielo né in terra, come negli esempi di questa tabella:

E, come se non bastasse, un sostantivo o un verbo sono portatori di più significati.
Per maturare un certo fascino nei confronti delle sfumature lessicali sono dovuta giungere all'epoca universitaria.
Una volta, ed ero al triennio perché al biennio potevo arrivare anche a 8 e 1/2 o 9  negli scritti, ricordo di aver sbagliato tutta la versione. E' accaduto con greco e sinceramente non so nemmeno come l'insegnante abbia fatto ad arrivare al 4 nel valutarmi. Brutti incidenti di percorso!
 
Il tedesco contemporaneo è prevalentemente flessivo: si articola in quattro casi (nominativo, genitivo, accusativo e dativo) e ci sono tre generi (maschile, femminile e neutro). 
Quel che è anti-convenzionale, in tedesco, è che "sole" è femminile e "luna" è maschile: Die Sonne e Der Mond.
 

L'ebraico è prevalentemente flessivo. Si legge da destra a sinistra ma, come le lingue neolatine, segue l'ordine sintattico S-V-O (soggetto-verbo- oggetto).

In ebraico sono diverse le apofonie:

נר (nir), cioè, "candela" e נרות (neròt), ovvero, "candele".

 כתיבה(ketìba), cioè, "scrivevo" e כתבתי (kitbàti), ovvero, "ho scritto".

Devo passare alle lingue incorporanti come ultima categoria ma prima dovrei accennare all'italiano. L'italiano, pur essendo prevalentemente flessivo, presenta qualche tratto isolante:

-città è un nome invariabile per genere e numero e architetto è un nome invariabile per genere. 

Oltre a ciò ci sono diverse forme di agglutinazione, pensate ad esempio ai nomi derivati:

-forno= forn-aio, giornale= giornal-aio, ombrello= ombrell-one, occhio= occhi-ale.

D) LINGUE POLISINTETICHE:

Sono dette lingue polisintetiche o incorporanti quando in un'unica parola si fondono diversi elementi grammaticali.

Il groenlandese è una lingua soprattutto polisintetica:

-aulisariartorasuarpok significa: "si affretta ad andare a pesca" visto che "aulisar" è "pescare", "iartor" sta per "va a", "suarpok" è invece "si affretta".

Anche nella lingua inuit prevalgono i caratteri polisintetici:

-Quanuppit? è "come stai?"

-Nacaqua invece vuol dire "mangio carne".

Ma le lingue polisintetiche sono presenti soltanto nelle zone polari? Non direi, visto che nell'Africa Sub-Sahariana c'è lo Zulu, che presenta molti caratteri incorporanti:

-Sawubona è "noi ti vediamo".


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